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Marc Giloux – Celebrità
Queste ragnatele prodotte da Giloux, involontariamente delineano delle relazioni che possono apparire inesistenti ad una prima analisi e che con ogni probabilità resteranno tali
Comunicato stampa
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Come Marc Giloux rubò un palco e ne fece uno show.
Genesi di un’opera tra celebrità, ragnatele e attitudine popolare.
Cosa c’è in comune tra Agata Christie, Eros Ramazzotti e Gigliola Cinquetti?
Che sono tutte e tre delle celebrità e che (almeno pronunciate da Marc) finiscono con la stessa sillaba. Ma aldilà di tutto, si tratta sostanzialmente di nomi, ovvero di suoni che pronunciati all’infinito, trascendono il loro ruolo primario: quello di rappresentare qualcuno.
Quando parliamo di celebrità, in realtà stiamo parlando del nome della celebrità, di una specie di marchio registrato, di un logo che rappresenta la celebrità stessa. Quindi il nome oltre che essere un suono quando viene pronunciato, può diventare un segno allorché scritto.
Essere noti ovunque, per una celebrità, si rivela facilmente un arma a doppio taglio, dandogli notorietà e al tempo stesso esponendolo al mondo.
Quando una celebrità ha fondato la sua fama sulla notorietà, deve per forza accettare di essere un personaggio pubblico, di dominio della collettività che di lui può farci quello che vuole. È qui che Marc Giloux diventa egli stesso celebrità, spettatore celebre per l’esattezza, testimone privilegiato con l’arbitrio di appropriarsi dei propri celebri feticci , risultato ultimo di chi li ha creati, usandoli invece come materia prima per costruire altro, come elemento grezzo da cui partire per arrivare altrove. È una riflessione sul riciclaggio mediatico ancorché sull’inutilità di aggiungere altri nomi ad un mondo che di nomi è già sovrappopolato. Ci sono scrittori che impiegano anni per scrivere il loro capolavoro e c’è chi usa il loro lavoro di anni per compensare la gamba rotta di un tavolo. Quando si è alla mercé del mondo, bisogna anche accettare che tutto ciò che produciamo sia relativo.
Al diritto di essere celebri corrisponde quindi il diritto a fare ciò che si vuole della celebrità degli altri: la celebrità si dona al pubblico e questi da quel momento la considera una sua proprietà, un oggetto di cui fare qualunque cosa.
Una costante nel lavoro di Marc Giloux è lo spostamento, il vagabondaggio all’interno di uno spazio―tempo di per sé statico: un tutt’uno che rende relative domande quali: dove? e quando? Ci troviamo infatti di fronte ad una enorme ragnatela che indistintamente cattura cose utili ed inutili, cose amate e cose odiate, cose che il ragno di casa Giloux può decidere di mangiare o semplicemente lasciare morire attaccate alla sua grande trappola. Ancora una volta la vera celebrità non è il protagonista dell’azione, ma lo spettatore ― il ragno ― che, forte di essere al di fuori della visibilità e neutrale in quanto non coinvolto in nulla di ciò che si agita fuori, si trasforma in giudice parziale che sentenzia su tutto e tutti.
Queste ragnatele prodotte da Giloux, involontariamente delineano delle relazioni che possono apparire inesistenti ad una prima analisi e che con ogni probabilità resteranno tali, dal momento che un nesso viene sì insinuato, senza che però debba esserci sul serio. Semplicemente Giloux ha sequestrato a casaccio delle celebrità che possono essere ora dei nomi, ora delle opere, ora dei suoni, con l’arbitrio di poterci fare quello che gli pare, essendo ormai in suo potere. Lui ripete i nomi di queste presunte celebrità, sino a renderli dei suoni ridicoli, prendendosi gioco di loro e smascherando la loro inconsistenza.
Prende in mano personaggi noti come fossero delle barbie e gli fa fare e dire qualunque cosa.
Giloux obbliga ad un face à face Laura Pausini e Bridget Jones, perché i loro nomi sono tanto più conosciuti quanto più ridicoli e poi perché se non fosse per Giloux loro non si sarebbero mai incontrate. E ancora: per quale motivo ci sono anche Snoopy e Tarzan? La risposta è che non c’è un motivo, così come non c’è un motivo per cui Jeff Koons si chiami così. E Jeff Koons, secondo Giloux, è un nome stupido, un nome da cartone animato, un nome che suona come Tom & Jerry.
Ovunque, nel grande mosaico spazio-temporale di Giloux, ci sono punti d’interrogazione che pongono domande su cos’è in effetti una celebrità, se quella che hanno davanti è la celebrità vera o una simulata. E ancora si chiedono cosa sia una vera celebrità.
Nella moltitudine di immagini e suoni presenti, c’è anche una piccola foto che mi ritrae. Marc ci ha scritto sopra con un pennarello Courtney Love? e poi mi ha dato da indossare una targhetta con su scritto Courtney Love est mon amie. Gli ho chiesto come mai sulla targhetta non ci fosse nessun punto interrogativo e Marc mi ha risposto: ― Perché sei un amico di Courtney Love! ―
Christian Rainer
Genesi di un’opera tra celebrità, ragnatele e attitudine popolare.
Cosa c’è in comune tra Agata Christie, Eros Ramazzotti e Gigliola Cinquetti?
Che sono tutte e tre delle celebrità e che (almeno pronunciate da Marc) finiscono con la stessa sillaba. Ma aldilà di tutto, si tratta sostanzialmente di nomi, ovvero di suoni che pronunciati all’infinito, trascendono il loro ruolo primario: quello di rappresentare qualcuno.
Quando parliamo di celebrità, in realtà stiamo parlando del nome della celebrità, di una specie di marchio registrato, di un logo che rappresenta la celebrità stessa. Quindi il nome oltre che essere un suono quando viene pronunciato, può diventare un segno allorché scritto.
Essere noti ovunque, per una celebrità, si rivela facilmente un arma a doppio taglio, dandogli notorietà e al tempo stesso esponendolo al mondo.
Quando una celebrità ha fondato la sua fama sulla notorietà, deve per forza accettare di essere un personaggio pubblico, di dominio della collettività che di lui può farci quello che vuole. È qui che Marc Giloux diventa egli stesso celebrità, spettatore celebre per l’esattezza, testimone privilegiato con l’arbitrio di appropriarsi dei propri celebri feticci , risultato ultimo di chi li ha creati, usandoli invece come materia prima per costruire altro, come elemento grezzo da cui partire per arrivare altrove. È una riflessione sul riciclaggio mediatico ancorché sull’inutilità di aggiungere altri nomi ad un mondo che di nomi è già sovrappopolato. Ci sono scrittori che impiegano anni per scrivere il loro capolavoro e c’è chi usa il loro lavoro di anni per compensare la gamba rotta di un tavolo. Quando si è alla mercé del mondo, bisogna anche accettare che tutto ciò che produciamo sia relativo.
Al diritto di essere celebri corrisponde quindi il diritto a fare ciò che si vuole della celebrità degli altri: la celebrità si dona al pubblico e questi da quel momento la considera una sua proprietà, un oggetto di cui fare qualunque cosa.
Una costante nel lavoro di Marc Giloux è lo spostamento, il vagabondaggio all’interno di uno spazio―tempo di per sé statico: un tutt’uno che rende relative domande quali: dove? e quando? Ci troviamo infatti di fronte ad una enorme ragnatela che indistintamente cattura cose utili ed inutili, cose amate e cose odiate, cose che il ragno di casa Giloux può decidere di mangiare o semplicemente lasciare morire attaccate alla sua grande trappola. Ancora una volta la vera celebrità non è il protagonista dell’azione, ma lo spettatore ― il ragno ― che, forte di essere al di fuori della visibilità e neutrale in quanto non coinvolto in nulla di ciò che si agita fuori, si trasforma in giudice parziale che sentenzia su tutto e tutti.
Queste ragnatele prodotte da Giloux, involontariamente delineano delle relazioni che possono apparire inesistenti ad una prima analisi e che con ogni probabilità resteranno tali, dal momento che un nesso viene sì insinuato, senza che però debba esserci sul serio. Semplicemente Giloux ha sequestrato a casaccio delle celebrità che possono essere ora dei nomi, ora delle opere, ora dei suoni, con l’arbitrio di poterci fare quello che gli pare, essendo ormai in suo potere. Lui ripete i nomi di queste presunte celebrità, sino a renderli dei suoni ridicoli, prendendosi gioco di loro e smascherando la loro inconsistenza.
Prende in mano personaggi noti come fossero delle barbie e gli fa fare e dire qualunque cosa.
Giloux obbliga ad un face à face Laura Pausini e Bridget Jones, perché i loro nomi sono tanto più conosciuti quanto più ridicoli e poi perché se non fosse per Giloux loro non si sarebbero mai incontrate. E ancora: per quale motivo ci sono anche Snoopy e Tarzan? La risposta è che non c’è un motivo, così come non c’è un motivo per cui Jeff Koons si chiami così. E Jeff Koons, secondo Giloux, è un nome stupido, un nome da cartone animato, un nome che suona come Tom & Jerry.
Ovunque, nel grande mosaico spazio-temporale di Giloux, ci sono punti d’interrogazione che pongono domande su cos’è in effetti una celebrità, se quella che hanno davanti è la celebrità vera o una simulata. E ancora si chiedono cosa sia una vera celebrità.
Nella moltitudine di immagini e suoni presenti, c’è anche una piccola foto che mi ritrae. Marc ci ha scritto sopra con un pennarello Courtney Love? e poi mi ha dato da indossare una targhetta con su scritto Courtney Love est mon amie. Gli ho chiesto come mai sulla targhetta non ci fosse nessun punto interrogativo e Marc mi ha risposto: ― Perché sei un amico di Courtney Love! ―
Christian Rainer
25
marzo 2005
Marc Giloux – Celebrità
Dal 25 marzo al 13 aprile 2005
arte contemporanea
Location
ORFEO HOTEL
Bologna, Via Orfeo, 4A, (Bologna)
Bologna, Via Orfeo, 4A, (Bologna)
Orario di apertura
ore 17-20
Vernissage
25 Marzo 2005, ore 18,30
Autore
Curatore