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Marcello Darbo – Dove è pietà
In questa serialità indeterminata bisogna, ripartendo dal discorso iniziale, trovare il vero significato di questo titolo, che se facilmente e intuitivamente può essere accostato a un’idea di tristezza,insoddisfazione, altrettanto può essere ricondotto a un’interpretazione di limitazione di vita…
Comunicato stampa
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DOVE E’ PIETA’
Analizzare, giudicare e approfondire un qualsiasi tema in positivo altro non è che una procedura ormai conosciuta, uno standard affermato, un procedimento ormai individuabile nonché quasi prevedibile; così non è però quando si tratta di partire da un’altra ottica, o per meglio dire, dal suo opposto.
Rilevare i caratteri portanti di un fenomeno o comunque descriverlo nella sua essenzialità partendo da ciò che esso non è o non rappresenta, ci appare infatti come un processo singolare e fuori dagli schemi, ma non per questo privo di accenti originali o accattivanti nel suo svilupparsi.
L’ultima produzione di Marcello Darbo, invero portatrice di legami piuttosto forti ed evidenti con alcune serie del recente passato, si situa così sotto un titolo che proprio dalla negatività prende spunto, e in essa deve trovare una sintesi semantica nonché di contenuto.
Non c’è dubbio che, osservando le varie opere (sorprendentemente più armoniche se viste come una sequenza in verticale che non in orizzontale) la parola chiave diventi serialità: il tocco del pennello sulla tela diventa fattore primario per la creazione di una serie di figure che, in un gioco di varianti complesso e mai uguale a sé stesso, da corpo a un processo sequenziale che vibra di forme curve e difficilmente inquadrabili.
Alla precedente si ricollega una seconda parola chiave: indeterminatezza sembra essere il faro che guida la distribuzione di figure che solo per qualche accenno qui e là possono suggerire forme umane, lasciando però deliberatamente in sospeso la nostra capacità di definizione, non sposandosi mai con il processo figurativo di stampo espressionista --che già l’ha visto protagonista in precedenza con la serie dei volti e dei corpi femminili soprattutto--, ma piuttosto rimanendo un segno che, ispirandosi prevalentemente a semplici composizioni rupestri della preistoria, si nutre di energia e carattere, sottolineati dalla frequenti venature colorate che come lampi e fulmini illuminano e rendono unici gli scenari, apparentemente tranquilli, di una composizione altrimenti bicromica.
In questa serialità indeterminata bisogna dunque, ripartendo dal discorso iniziale, trovare il vero significato di questo titolo, che se facilmente e intuitivamente può essere accostato a un’idea di tristezza o insoddisfazione, altrettanto può essere ricondotto a un’interpretazione di limitazione di vita vissuta da parte dei soggetti ritratti, mai completamente definiti, che suggeriscono instabilità nel nostro modo di guardarli e magari nel modo in cui noi stessi ci rispecchiamo in loro trovando elementi di disorientamento…
Guido Cagnoni
Analizzare, giudicare e approfondire un qualsiasi tema in positivo altro non è che una procedura ormai conosciuta, uno standard affermato, un procedimento ormai individuabile nonché quasi prevedibile; così non è però quando si tratta di partire da un’altra ottica, o per meglio dire, dal suo opposto.
Rilevare i caratteri portanti di un fenomeno o comunque descriverlo nella sua essenzialità partendo da ciò che esso non è o non rappresenta, ci appare infatti come un processo singolare e fuori dagli schemi, ma non per questo privo di accenti originali o accattivanti nel suo svilupparsi.
L’ultima produzione di Marcello Darbo, invero portatrice di legami piuttosto forti ed evidenti con alcune serie del recente passato, si situa così sotto un titolo che proprio dalla negatività prende spunto, e in essa deve trovare una sintesi semantica nonché di contenuto.
Non c’è dubbio che, osservando le varie opere (sorprendentemente più armoniche se viste come una sequenza in verticale che non in orizzontale) la parola chiave diventi serialità: il tocco del pennello sulla tela diventa fattore primario per la creazione di una serie di figure che, in un gioco di varianti complesso e mai uguale a sé stesso, da corpo a un processo sequenziale che vibra di forme curve e difficilmente inquadrabili.
Alla precedente si ricollega una seconda parola chiave: indeterminatezza sembra essere il faro che guida la distribuzione di figure che solo per qualche accenno qui e là possono suggerire forme umane, lasciando però deliberatamente in sospeso la nostra capacità di definizione, non sposandosi mai con il processo figurativo di stampo espressionista --che già l’ha visto protagonista in precedenza con la serie dei volti e dei corpi femminili soprattutto--, ma piuttosto rimanendo un segno che, ispirandosi prevalentemente a semplici composizioni rupestri della preistoria, si nutre di energia e carattere, sottolineati dalla frequenti venature colorate che come lampi e fulmini illuminano e rendono unici gli scenari, apparentemente tranquilli, di una composizione altrimenti bicromica.
In questa serialità indeterminata bisogna dunque, ripartendo dal discorso iniziale, trovare il vero significato di questo titolo, che se facilmente e intuitivamente può essere accostato a un’idea di tristezza o insoddisfazione, altrettanto può essere ricondotto a un’interpretazione di limitazione di vita vissuta da parte dei soggetti ritratti, mai completamente definiti, che suggeriscono instabilità nel nostro modo di guardarli e magari nel modo in cui noi stessi ci rispecchiamo in loro trovando elementi di disorientamento…
Guido Cagnoni
13
febbraio 2010
Marcello Darbo – Dove è pietà
Dal 13 al 28 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL CARBONE
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 17.00-20.00 martedì chiuso
Vernissage
13 Febbraio 2010, ore 18.30
Autore
Curatore