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Marcello Fogolino – A Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso
La mostra permetterà al pubblico di ritrovare, in un unico itinerario di vivissima suggestione, le quattro tavole lignee di proprietà della Fondazione, appena restaurate e riportate al fulgore cromatico ed espressivo del loro concepimento, accanto ad altre due tavole che appartengono ai Musei Provinciali di Gorizia e che, secondo la ricostruzione degli studiosi, integravano originariamente il medesimo altare
Comunicato stampa
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GORIZIA – E’ promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, in collaborazione con i Musei Provinciali di Gorizia, l’omaggio espositivo ad uno dei maestri del Rinascimento veneto e friulano, l’artista Marcello Fogolino: un articolato progetto, che ha preso avvio nel corso del 2007 con il restauro di quattro tavole-capolavoro della sua produzione, a cura di un pool di esperti diretto dalla prof. Teresa Perusini, e proseguirà nelle prossime settimane con il percorso espositivo che sarà allestito a Gorizia, negli spazi della Fondazione Carigo di via Carducci, da sabato primo novembre fino al 15 gennaio 2009.
“Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso” titola appunto la mostra, che permetterà al pubblico di ritrovare, in un unico itinerario di vivissima suggestione, le quattro tavole lignee di proprietà della Fondazione, appena restaurate e riportate al fulgore cromatico ed espressivo del loro concepimento, accanto ad altre due tavole che appartengono ai Musei Provinciali di Gorizia e che, secondo la ricostruzione degli studiosi, integravano originariamente il medesimo altare.
Il progetto di restauro, ricomposizione ed esposizione delle tavole attribuite al Fogolino schiuderà agli spettatori non solo un affascinante excursus nell’arte sacra di matrice rinascimentale prodotta in quest’area centro-europea, ma anche un viaggio nella dinamica di ricostruzione e soluzione di un vero e proprio “giallo” di carattere storico-artistico: quello legato alla committenza del capolavoro in mostra, alla collocazione originaria delle tavole in un unico altare, e al successivo smembramento verso diverse destinazioni che, attraverso i secoli, le hanno fatte confluire nelle attuali collezioni della Fondazione Carigo e dei Musei Provinciali di Gorizia. Un’ampia ricerca interdisciplinare, che ha coinvolto storici, chimici, conservatori e storici dell’arte - guidati da Teresa Perusini - ha permesso così di ricostruire molti tasselli del complicato puzzle storico e dottrinale sotteso dal complesso delle tavole. Naturalmente vi sono ancora molti interrogativi aperti, e se alcune acquisizioni appaiono ormai certe (come la provenienza delle due tavole dei Musei Provinciali dallo stesso complesso delle tavole Lantieri ora acquisite dalla Carigo e la loro comune provenienza da un altare a battenti), altri aspetti sono oggi ancora ipotesi di lettura verosimili forse, ma non provate.
Attraverso questa mostra, la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia prosegue un percorso di promozione culturale fortemente legato alla città ed al territorio: il restauro delle opere lignee di Marcello Fogolino consentirà infatti di ritrovare e approfondire una delle personalità artistiche più significative dell’età rinascimentale fra Veneto e Friuli. Condotto dalla EU.CO.RE. di Pavia di Udine attraverso un pool di esperti italiani e tedeschi (Perusini, Coceani, Fantoni, e Krause, coautrice nel catalogo), il restauro ha permesso un interessante confronto tra due grandi tradizioni nazionali ed ha registrato l’impiego di tecniche raffinate ed innovative.
Intorno al progetto avviato dalla Fondazione Carigo, con il coordinamento della prof. Teresa Perusini, ha operato un gruppo di studio composto dagli esperti dott. Alessandro Quinzi, Musei Provinciali di Gorizia; don Alessio Stasi, Curia arcivescovile di Gorizia; prof. Elisabetta Zendri, dott. Francesca Izzo, dott. Marta Melchiorre Di Crescenzo, dott. Alessandra Pulliero, prof. Paolo Spezzani, Università Ca' Foscari di Venezia; dott. Alessandro Princivalle chimico.
La mostra “Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso”, visitabile con ingresso gratuito da martedì a venerdì dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,00 e il sabato e la domenica con orario continuato dalle 10 alle 19, sarà integrata da visite guidate e da numerosi eventi collaterali: incontri con esperti d’arte, concerti di musica sacra ed altre iniziative. Con particolare attenzione sarà valorizzato dalla Fondazione Carigo il ‘focus’ didattico legato al percorso espositivo: per l’intera durata del percorso espositivo saranno infatti predisposte iniziative e visite rivolte specificamente alle scuole di Gorizia e della provincia.
Informazioni: www.fondazionecarigo.it - tel. 0481. 537111.
con cortese preghiera di diffusione
info stampa: ufficiostampa@volpesain.com
(0039) 040.762667 – 392.2067895 – 335.6023988
IL RESTAURO E LE NUOVE IPOTESI SULLE QUATTRO TAVOLE DI MARCELLO FOGOLINO
Le quattro tavole restaurate di proprietà della Fondazione, due delle quali dipinte su entrambi i lati, provengono dalla Collezione Lantieri e furono attribuite al Fogolino da Giovanni Villa, nel 1997.
Il restauro ha offerto l’occasione per uno studio approfondito che, incrociando i dati provenienti dalla ricerca documentaria, quella storico artistica e quella tecnico-scientifica ha portato all’acquisizione di molte nuove informazioni che integrano ed in parte modificano quanto finora pubblicato su questi dipinti. Come sottolinea la curatrice del restauro, prof.ssa Teresa Perusini, «Nuova è l’ipotesi della provenienza da uno stesso altare delle quattro tavole Lantieri e delle due tavole dei Musei provinciali, finora mai messe in relazione tra loro nè con le tavole ora restaurate. Nuova è anche l’attribuzione delle tavole a due distinti maestri: uno, Fogolino, autore delle scene vetero-testamentarie e l’altro, forse oltramontano, autore delle storie della Passione. Nuova è in parte l’individuazione delle fonti iconografiche, con la messa in relazione dei contenuti iconografici al credo del committente. Nuova è anche l’ipotesi della provenienza dell’altare dalla Cappella del castello di Rifembergo, sorretta da alcuni documenti e dati relativi alla storia della cappella e alle sue misure. Nuova infine è l’ipotesi che il committente possa essere il signore del castello negli anni in cui Fogolino era a Gorizia (1548), Gaspare Lantieri, di fede luterana: apre un’interessante interpretazione iconografica del complesso che in effetti può essere interpretato sia in senso cattolico che riformato».
LE TAVOLE DI FOGOLINO: SEI TASSELLI DI UN UNICO ALTARE
L’analisi comparata storica, stilistica e iconografica condotta durante i lavori di restauro, ha portato a deduzioni importanti sull’opera: le tavole provengono con tutta probabilità da un unico complesso, un altare smembrato in una delle chiese con giuspatronato Lantieri del ramo Rifembergo. In particolare, la presenza di due tavole dipinte su entrambi i lati aveva già fatto ipotizzare in passato la loro collocazione originale in un altare a battenti: la misura delle tavole è compatibile con il loro inserimento in cosiddette Standflügel a doppio registro, piuttosto comuni proprio nell’area compresa tra sud Tirolo, Carinzia e Carniola nella prima metà del Cinquecento. Altari come quelli di Maria Elend in Rosental o quello della Santa Croce a Quisca mostrano proprio la forma dell’altare da cui provengono le tavole Lantieri. Le tavole, dunque, furono originariamente inserite nelle portelle e nelle Standflügel di un Flügelaltar, un altare posizionato forse nella cappella del castello di Rifembergo.
Committente dell’altare, secondo le indicazioni più aggiornate, sarebbe Gaspare Lantieri (+1563), che negli anni quaranta del Cinquecento era il giurisdicente del luogo e signore dei Castelli di Rifembergo e Vipacco. Risulta del tutto attendibile che questo nobile goriziano colto, ricco ed amante delle arti, abbia dato a Fogolino una commessa per ornare la cappella di un suo castello, quando il pittore venne a Gorizia a seguito del Capitano Francesco Della Torre per disegnare alcune fortificazioni.
L’IMPIANTO ICONOGRAFICO DELLE TAVOLE
Come osserva la prof. Teresa Perusini, «l’iconografia dell’altare, per quanto si può desumere dalle tavole superstiti, non presenta grande difformità da quanto normalmente rappresentato in un Flügelaltar della metà del Cinquecento. Vi è tuttavia un’accentuazione sul richiamo tra le vicende vetero e neo-testamentarie che acquista particolare significato in relazione alla committenza ed al contesto in cui l’altare si trovava. Sappiamo infatti che Gaspare Lantieri era un luterano e che la riforma negli anni 40/50 del Cinquecento era largamente diffusa nella valle del Vipacco. È quindi pensabile che l’accentuazione cristologica e vetero-testamentaria dell’iconografia siano in relazione con il credo del committente».
Oltre al ciclo raffigurato nelle quattro tavole restaurate, di impianto vetero-testamentario, saranno esposte in mostra le due tavole di proprietà dei Musei Provinciali di Gorizia, che raffigurano Il sacrificio di Isacco e La Crocifissione.
Questa la sequenza iconografica delle tavole restaurate:
Mosè ed Aronne di fronte al Faraone è la prima, in ordine cronologico, delle storie mosaiche rappresentate. Nella finestra aperta dal pittore alle spalle della scena principale non sono vengono riprodotte le 10 piaghe d’Egitto ma la raffigurazione della cattività, con i duri lavori cui erano sottoposti gli ebrei in Egitto”. La scena è bipartita in verticale, con una quinta in primissimo piano che segna un ambiente confinato ove avviene la parte principale del racconto, mentre nell’altra, in un paesaggio verso l’orizzonte, si susseguono gli episodi che descrivono letteralmente, come in un fumetto, l’episodio narrato. Questa metodologia descrittiva si rivela una costante nella produzione tarda di Fogolino, soprattutto nelle tavole di medio e piccolo formato.
Mosè riceve le tavole della legge sul Sinai e gli israeliti adorano il vitello d’oro. Anche la scena raffigurata in questa tavola segue alla lettera, con dovizia di particolari e grande chiarezza narrativo-didascalica, il testo biblico ed anche questo dipinto, secondo uno schema usuale in Fogolino, è costruito per tre piani alternati a zig-zag: una forma comune nelle incisioni usate come modelli. Con un efficace inversione narrativa in primo piano sono raffigurati gli ebrei che adorano il vitello d’oro e sullo sfondo Mosè sul Sinai che riceve le tavole della legge.
Mosè e il serpente di bronzo. Come le precedenti, anche questa scena è scaglionata in un paesaggio con un alto orizzonte. Il racconto, vivace e vignettistico, è diviso tra primo e secondo piano mentre sullo sfondo si apre un ampio paesaggio comparabile con quelli che Fogolino dipinge a Trento ed Ascoli. Lo stile di Fogolino sembra un’esemplificazione di quel rinascimento umbratile che caratterizza i pittori alla corte vescovile del Cles.
Il giudizio di Salomone. Anche questa tavola segue con precisione il testo biblico ed anche in questo caso il Fogolino attualizza il passato con citazioni dalla contemporaneità. Il Re Salomone è rappresentato infatti, come il faraone delle storie mosaiche, vestito come un sovrano del Cinquecento e alla pesante catena d’oro che orna i risvolti del manto foderato di pelliccia, manca solo il toson d’oro per sembrare il ritratto d’un imperatore d’Asburgo. Anche le due donne di fronte al re, che il testo biblico dice espressamente “di mala vita” sono abbigliate come le cortigiane all’epoca del Fogolino.
Il sacrificio di Abramo. La rappresentazione di Fogolino, pur essendo ispirata in parte dall’incisione di Tiziano del 1515-16, se ne discosta profondamente nel modo di impostare la scena che richiama modelli ancora quattrocenteschi e segnatamente düreriani. Iconograficamente la scena è costruita in modo simile alle altre tavole vetero-testamentarie: si svolge su tre piani scaglionati in verticale. Se il giovane Isacco richiama il modello tizianesco nel suo essere poco più di un bambino e nella postura in ginocchio sulla pira a capo chino (nel dipinto di Fogolino però nudo), piuttosto diversa è la posa di Abramo. Fogolino, probabilmente per i suoi problemi con l’anatomia in movimento, lo fissa in un gesto che sembra bloccato già prima che l’angelo gli trattenga la spada a differenza di quanto avviene nella xilografia di Ugo da Carpi in cui il passo ed il volto di Abramo, alzato e volto verso l’angelo, rivelano un moto che il Patriarca di Fogolino non ha più.
Storie della passione: l’Ultima cena, l’Incoronazione di spine, La Crocifissione
Si tratta di citazioni testuali delle scene corrispondenti in due serie diverse di incisioni di Dürer. Anche la Crocifissione dei Musei Provinciali è tratta da un’incisione di Dürer. Nel Quattrocento e Cinquecento, come è noto, era prassi corrente il ricorso a modelli incisori per la composizione sia di dipinti che di sculture o bassorilievi. Il maestro che dipinge le scene della Passione nelle tavole Lantieri copia pedissequamente le incisioni di Dürer secondo una prassi che, come sottolinea Casadio, caratterizza piuttosto i pittori del Quattrocento che quelli cinquecenteschi che tendono ad usare i modelli incisori con maggiore disinvoltura e libertà, spesso contaminando più modelli, o citando motivi singoli in un nuovo contesto. Non stupisce quindi l’impiego di questi modelli nella bottega di Fogolino che lavora a cavallo tra il mondo veneto e quello imperiale. Inoltre Fogolino aveva trascorso all’inizio della sua carriera almeno otto anni a Venezia che, dalla fine del settimo decennio del Quattrocento era diventata una delle capitali del libro a stampa ed illustrato, luogo nel quale gli artisti dell’entroterra potevano conoscere facilmente diverse produzioni a stampa nordiche ed italiane. È difficile dire quindi se il pittore “della Passione” fosse italiano o tedesco. Negli anni trenta Fogolino aveva collaborato con pittori di entrambe le nazioni nella decorazione del Magno Palazzo del Cles a Trento. Non è difficile immaginare dunque che uno di essi possa essere rimasto nella bottega del pittore vicentino o sia stato nuovamente da lui chiamato per terminare rapidamente la commessa “goriziana”.
Gli esperti che hanno seguito il restauro, e in particolare la prof. Teresa Perusini, sono portati a ritenere che il “pittore della passione” non sia lo stesso che dipinge le scene vetero-testamentarie e che non tutte le tavole siano quindi da attribuire allo stesso Fogolino che modifica il suo stile in funzione dei diversi modelli iconografici impiegati. Questo sia per ragioni tecnico-stilistiche (come il disegno soggiacente, la consistenza del colore ed il ductus della pennellata) che per la diversità dei modelli nelle scene vetero e neo-testamentarie.
Appartengono ai Musei Provinciali di Gorizia le ulteriori due tavole, raffiguranti Il sacrificio di Abramo e La Crocifissione. L’esperto del gruppo di studio Alessandro Quinzi ha riconosciuto nella tavola del Sacrificio d’Abramo dei Musei Provinciali di Gorizia l’utilizzo della xilografia di medesimo soggetto incisa da Ugo da Carpi su disegno di Tiziano, fatto che ha permesso di estendere il confronto tra la tavola e la decorazione pittorica dell’organo di Valvasone, opera, quest’ultima, iniziata dal Pordenone e portata a compimento dall’Amalteo all’altezza del viaggio goriziano del Fogolino
ATTRIBUZIONE DELLE TAVOLE A FOGOLINO O AD ALTRI ARTISTI
E’ ipotesi della prof. Perusini che le due tavole dei Musei Provinciali siano da riferire allo stesso altare da cui provengono le tavole Lantieri. Le tavole dei Musei mostrano infatti le “mani” dei due maestri delle tavole Lantieri, nella stessa sequenza: Fogolino per le scene vetero-testamentarie e il “Maestro della Passione” per le altre. Ulteriore prova potrebbe arrivare sulla base delle misure delle tavole, corrispondenti al centimetro con quelle nate per l’altare di Rifembergo, nonchè in considerazione della stessa preparazione e stratigrafia della pellicola pittorica.
Il principale quesito stilistico inerente le tavole Lantieri e quelle dei Musei Provinciali riguarda la loro attribuzione o meno al medesimo pittore, e cioè a Marcello Fogolino. Attribuzione che pare plausibile per le tavole con le Storie del Vecchio Testamento, mentre rispetto alle tavole con Storie della Passione - che pur nascono nell’ambito dello stesso progetto e bottega, come dimostra la perfetta identità costruttiva di supporti, preparazione e materiali pittorici - siano attribuibili ad altro pittore, forse oltramontano, che lavorava per Marcello Fogolino. Il diverso disegno soggiacente, il diverso ductus pittorico e le consuetudini lavorative nelle botteghe cinquecentesche sono tutti elementi che sembrano confermare la diversità di mano che si intravvede all’analisi stilistica.
L’OPERA DEL FOGOLINO NEL CONTESTO STORICO-RELIGIOSO
Come ha evidenziato lo storico Alessio Stasi nel saggio realizzato per il catalogo della mostra, anche nel Goriziano e nella vicina Carniola la riforma luterana attecchì soprattutto nei ceti più alti, la borghesia e la nobiltà. Ma furono soprattutto i nobili, come nel resto dell'Europa centrale, a divenire i più attivi propagatori della nuova dottrina. La nuova dottrina di Lutero esalta il ruolo della nobiltà, giustificando ogni mezzo da essa adoperato ai fini secolari dello stato. Lutero e Calvino assicurano ai nobili che il loro ruolo politico e militare non è, come sembra, in contraddizione con la pietà cristiana. Anzi, il ruolo della nobiltà, come potere intermedio nell'ambito dello stato, è secondo Lutero quello di governare le chiese locali, non a caso incamerandone i beni, di tenere a bada i sudditi riottosi e addirittura, in casi estremi, di revocare gli stessi poteri del sovrano. In questa visione della società scompare il clero, lasciando alla nobiltà un ruolo determinante e quasi sovrano. Non è un caso che Gaspare Lantieri abbia accolto subito i programmi di riforma religiosa, nonostante i forti rischi che questa poteva comportare per lui e la sua famiglia. Pur mantenendo una certa cautela e non apparendo mai in pubblico come seguace di Lutero, Gaspare Lantieri divenne in breve tempo uno dei più tenaci assertori della riforma protestante in ambito goriziano. Ai tempi di Gaspare Lantieri, a Gorizia si ravvisa un certo fermento culturale e religioso. In quest’ambito di circostanze, pur con qualche incertezza sull’anno esatto, andrebbe inserita la commissione a Marcello Fogolino da parte di Gaspare Lantieri dell’altare a battenti per la cappella del castello di Rifembergo, da poco restaurata. E come il castello di Rifembergo era divenuto un vero e proprio simbolo dell’ascesa sociale di Gaspare e della sua famiglia, così la cappella del castello sarebbe diventata una sorta di manifesto delle nuove idee religiose, accolte e diffuse da Gaspare Lantieri. Solo nel 1590, dopo la morte dell’arciduca Carlo, il protestantesimo smette di diffondersi tra i nobili. La Riforma cattolica da un lato, ma forse, su un piano più immediato, il ruolo sempre più definito e radicale dello stato determinarono la fine del luteranesimo. A distanza di quasi cent'anni dalla sua costruzione, l'altare a battenti era ormai irrimediabilmente fuori moda ed in più carico di una memoria sgradevole per l'orgoglio e l'ascesa della nuova dinastia comitale. Così, nel 1676, il nipote di Giovanni Gaspare pensò di sostituirlo con un nuovo altare di marmo, barocco e monumentale. La nuova pala fu commissionata al pittore francese Jean Donat, ospite al castello. Dell'antico altare, la cui struttura lignea era probabilmente in cattivo stato, furono recuperate le otto tavole dipinte. Fornite di ricche cornici lignee, intagliate e dorate, avrebbero d'ora in poi ornato i saloni del castello. In più di un secolo il nome di Marcello Fogolino era ormai svanito dalla memoria di famiglia. D'altra parte qualsiasi traccia scritta dei contatti di Gaspare Lantieri con il pittore era scomparsa ben presto, con il rovinoso incendio dell'archivio di famiglia, divampato a causa di un fulmine che aveva colpito, nel 1550, la torre del palazzo di Schönhaus a Gorizia. Al centro di questo altare luterano, la figura di Cristo morto ed inerme - l'immagine centrale del Christus passus - è l'immagine più immediata di un Dio nascosto, che non è là dove l'uomo lo cercherebbe. Deus absconditus, un Dio che sconfigge la giustizia compiaciuta dell'uomo, che non ha bisogno delle sue opere per salvarlo, ma pretende da lui una resa incondizionata per farlo entrare in comunione con il vangelo della salvezza. A quanto pare, l'altare della cappella di Rifembergo era stato pensato proprio per questo. Ritorna, sfidando il tempo che ne ha dissolto quasi ogni memoria, il fascino artistico e il messaggio di fede di questo smembrato complesso pittorico di casa Lantieri, ora idealmente ricomposto.
MARCELLO FOGOLINO
Marcello Fogolino nacque a Vicenza in una data sconosciuta e collocata fra il 1483 e il 1488.
La sua formazione avvenne presumibilmente presso il padre, anch’egli pittore, integrata dalla frequentazione delle migliori botteghe presenti allora nell’area veneto-friulana.
Dichiara di aver operato per otto anni a Venezia, mentre nei primi anni Venti risulta essere a Pordenone dove esegue alcuni dipinti, fra cui due pale per il Duomo. Nel 1526 viene accusato, insieme al fratello Matteo, di aver assassinato un barbiere in Friuli; chiamati a presentarsi in giudizio a Udine, i due fratelli fuggono invece a Trento, venendo banditi da tutto il territorio della Repubblica veneta. Arrivati in città nel 1527, subito si diedero da fare per ottenere un salvacondotto, concesso e più volte rinnovato dal governo veneziano in cambio di informazioni politiche. Dopo un iniziale periodo di difficoltà a causa della mancanza di lavoro, per il Fogolino si presentò l’occasione di partecipare alla decorazione del Magno Palazzo di Bernardo Cles. Ottenuta la fiducia del cardinale, il pittore veneto, a partire dal 1531, si mise al suo servizio, affrescando dapprima alcuni fregi sul prospetto dell’edificio, in seguito la serie degli imperatori romani e gli episodi della vita di Giulio Cesare nella Camera terrena del Torrion da basso, mostrando di non essere indifferente alle suggestioni derivanti dallo stile degli altri due pittori protagonisti, Dosso e Romanino, impegnati come lui nella decorazione del palazzo. L’attività per conto del Principe Vescovo, tuttavia, non si limitò ai lavori al Buonconsiglio, ma lo vide attivo, almeno fino al 1535-36, nelle proprietà vescovili anche in centri più periferici, come Castel Selva presso Levico, il Palazzo di Cavalese, Castel Cles e Castel Toblino nelle omonime località.
È successivamente documentato ad Ascoli Piceno e a Bressanone, ma le sue ultime stagioni artistiche sono parche di notizie. Di nuovo a Trento negli anni Quaranta, il pittore portò a termine per il nuovo Principe Vescovo, Cristoforo Madruzzo, la decorazione della sua villa suburbana appena edificata, il Palazzo delle Albere. Nel 1558, in una lettera spedita a Trento da Innsbruck si chiedevano notizie sul suo conto, in previsione di un incarico concernente la decorazione della residenza imperiale di quella città. E’ l’ultimo documento intorno al Fogolino, che tuttavia non sappiamo se fosse ancora in vita quando la lettera arrivò a Trento.
“Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso” titola appunto la mostra, che permetterà al pubblico di ritrovare, in un unico itinerario di vivissima suggestione, le quattro tavole lignee di proprietà della Fondazione, appena restaurate e riportate al fulgore cromatico ed espressivo del loro concepimento, accanto ad altre due tavole che appartengono ai Musei Provinciali di Gorizia e che, secondo la ricostruzione degli studiosi, integravano originariamente il medesimo altare.
Il progetto di restauro, ricomposizione ed esposizione delle tavole attribuite al Fogolino schiuderà agli spettatori non solo un affascinante excursus nell’arte sacra di matrice rinascimentale prodotta in quest’area centro-europea, ma anche un viaggio nella dinamica di ricostruzione e soluzione di un vero e proprio “giallo” di carattere storico-artistico: quello legato alla committenza del capolavoro in mostra, alla collocazione originaria delle tavole in un unico altare, e al successivo smembramento verso diverse destinazioni che, attraverso i secoli, le hanno fatte confluire nelle attuali collezioni della Fondazione Carigo e dei Musei Provinciali di Gorizia. Un’ampia ricerca interdisciplinare, che ha coinvolto storici, chimici, conservatori e storici dell’arte - guidati da Teresa Perusini - ha permesso così di ricostruire molti tasselli del complicato puzzle storico e dottrinale sotteso dal complesso delle tavole. Naturalmente vi sono ancora molti interrogativi aperti, e se alcune acquisizioni appaiono ormai certe (come la provenienza delle due tavole dei Musei Provinciali dallo stesso complesso delle tavole Lantieri ora acquisite dalla Carigo e la loro comune provenienza da un altare a battenti), altri aspetti sono oggi ancora ipotesi di lettura verosimili forse, ma non provate.
Attraverso questa mostra, la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia prosegue un percorso di promozione culturale fortemente legato alla città ed al territorio: il restauro delle opere lignee di Marcello Fogolino consentirà infatti di ritrovare e approfondire una delle personalità artistiche più significative dell’età rinascimentale fra Veneto e Friuli. Condotto dalla EU.CO.RE. di Pavia di Udine attraverso un pool di esperti italiani e tedeschi (Perusini, Coceani, Fantoni, e Krause, coautrice nel catalogo), il restauro ha permesso un interessante confronto tra due grandi tradizioni nazionali ed ha registrato l’impiego di tecniche raffinate ed innovative.
Intorno al progetto avviato dalla Fondazione Carigo, con il coordinamento della prof. Teresa Perusini, ha operato un gruppo di studio composto dagli esperti dott. Alessandro Quinzi, Musei Provinciali di Gorizia; don Alessio Stasi, Curia arcivescovile di Gorizia; prof. Elisabetta Zendri, dott. Francesca Izzo, dott. Marta Melchiorre Di Crescenzo, dott. Alessandra Pulliero, prof. Paolo Spezzani, Università Ca' Foscari di Venezia; dott. Alessandro Princivalle chimico.
La mostra “Marcello Fogolino a Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso”, visitabile con ingresso gratuito da martedì a venerdì dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 19,00 e il sabato e la domenica con orario continuato dalle 10 alle 19, sarà integrata da visite guidate e da numerosi eventi collaterali: incontri con esperti d’arte, concerti di musica sacra ed altre iniziative. Con particolare attenzione sarà valorizzato dalla Fondazione Carigo il ‘focus’ didattico legato al percorso espositivo: per l’intera durata del percorso espositivo saranno infatti predisposte iniziative e visite rivolte specificamente alle scuole di Gorizia e della provincia.
Informazioni: www.fondazionecarigo.it - tel. 0481. 537111.
con cortese preghiera di diffusione
info stampa: ufficiostampa@volpesain.com
(0039) 040.762667 – 392.2067895 – 335.6023988
IL RESTAURO E LE NUOVE IPOTESI SULLE QUATTRO TAVOLE DI MARCELLO FOGOLINO
Le quattro tavole restaurate di proprietà della Fondazione, due delle quali dipinte su entrambi i lati, provengono dalla Collezione Lantieri e furono attribuite al Fogolino da Giovanni Villa, nel 1997.
Il restauro ha offerto l’occasione per uno studio approfondito che, incrociando i dati provenienti dalla ricerca documentaria, quella storico artistica e quella tecnico-scientifica ha portato all’acquisizione di molte nuove informazioni che integrano ed in parte modificano quanto finora pubblicato su questi dipinti. Come sottolinea la curatrice del restauro, prof.ssa Teresa Perusini, «Nuova è l’ipotesi della provenienza da uno stesso altare delle quattro tavole Lantieri e delle due tavole dei Musei provinciali, finora mai messe in relazione tra loro nè con le tavole ora restaurate. Nuova è anche l’attribuzione delle tavole a due distinti maestri: uno, Fogolino, autore delle scene vetero-testamentarie e l’altro, forse oltramontano, autore delle storie della Passione. Nuova è in parte l’individuazione delle fonti iconografiche, con la messa in relazione dei contenuti iconografici al credo del committente. Nuova è anche l’ipotesi della provenienza dell’altare dalla Cappella del castello di Rifembergo, sorretta da alcuni documenti e dati relativi alla storia della cappella e alle sue misure. Nuova infine è l’ipotesi che il committente possa essere il signore del castello negli anni in cui Fogolino era a Gorizia (1548), Gaspare Lantieri, di fede luterana: apre un’interessante interpretazione iconografica del complesso che in effetti può essere interpretato sia in senso cattolico che riformato».
LE TAVOLE DI FOGOLINO: SEI TASSELLI DI UN UNICO ALTARE
L’analisi comparata storica, stilistica e iconografica condotta durante i lavori di restauro, ha portato a deduzioni importanti sull’opera: le tavole provengono con tutta probabilità da un unico complesso, un altare smembrato in una delle chiese con giuspatronato Lantieri del ramo Rifembergo. In particolare, la presenza di due tavole dipinte su entrambi i lati aveva già fatto ipotizzare in passato la loro collocazione originale in un altare a battenti: la misura delle tavole è compatibile con il loro inserimento in cosiddette Standflügel a doppio registro, piuttosto comuni proprio nell’area compresa tra sud Tirolo, Carinzia e Carniola nella prima metà del Cinquecento. Altari come quelli di Maria Elend in Rosental o quello della Santa Croce a Quisca mostrano proprio la forma dell’altare da cui provengono le tavole Lantieri. Le tavole, dunque, furono originariamente inserite nelle portelle e nelle Standflügel di un Flügelaltar, un altare posizionato forse nella cappella del castello di Rifembergo.
Committente dell’altare, secondo le indicazioni più aggiornate, sarebbe Gaspare Lantieri (+1563), che negli anni quaranta del Cinquecento era il giurisdicente del luogo e signore dei Castelli di Rifembergo e Vipacco. Risulta del tutto attendibile che questo nobile goriziano colto, ricco ed amante delle arti, abbia dato a Fogolino una commessa per ornare la cappella di un suo castello, quando il pittore venne a Gorizia a seguito del Capitano Francesco Della Torre per disegnare alcune fortificazioni.
L’IMPIANTO ICONOGRAFICO DELLE TAVOLE
Come osserva la prof. Teresa Perusini, «l’iconografia dell’altare, per quanto si può desumere dalle tavole superstiti, non presenta grande difformità da quanto normalmente rappresentato in un Flügelaltar della metà del Cinquecento. Vi è tuttavia un’accentuazione sul richiamo tra le vicende vetero e neo-testamentarie che acquista particolare significato in relazione alla committenza ed al contesto in cui l’altare si trovava. Sappiamo infatti che Gaspare Lantieri era un luterano e che la riforma negli anni 40/50 del Cinquecento era largamente diffusa nella valle del Vipacco. È quindi pensabile che l’accentuazione cristologica e vetero-testamentaria dell’iconografia siano in relazione con il credo del committente».
Oltre al ciclo raffigurato nelle quattro tavole restaurate, di impianto vetero-testamentario, saranno esposte in mostra le due tavole di proprietà dei Musei Provinciali di Gorizia, che raffigurano Il sacrificio di Isacco e La Crocifissione.
Questa la sequenza iconografica delle tavole restaurate:
Mosè ed Aronne di fronte al Faraone è la prima, in ordine cronologico, delle storie mosaiche rappresentate. Nella finestra aperta dal pittore alle spalle della scena principale non sono vengono riprodotte le 10 piaghe d’Egitto ma la raffigurazione della cattività, con i duri lavori cui erano sottoposti gli ebrei in Egitto”. La scena è bipartita in verticale, con una quinta in primissimo piano che segna un ambiente confinato ove avviene la parte principale del racconto, mentre nell’altra, in un paesaggio verso l’orizzonte, si susseguono gli episodi che descrivono letteralmente, come in un fumetto, l’episodio narrato. Questa metodologia descrittiva si rivela una costante nella produzione tarda di Fogolino, soprattutto nelle tavole di medio e piccolo formato.
Mosè riceve le tavole della legge sul Sinai e gli israeliti adorano il vitello d’oro. Anche la scena raffigurata in questa tavola segue alla lettera, con dovizia di particolari e grande chiarezza narrativo-didascalica, il testo biblico ed anche questo dipinto, secondo uno schema usuale in Fogolino, è costruito per tre piani alternati a zig-zag: una forma comune nelle incisioni usate come modelli. Con un efficace inversione narrativa in primo piano sono raffigurati gli ebrei che adorano il vitello d’oro e sullo sfondo Mosè sul Sinai che riceve le tavole della legge.
Mosè e il serpente di bronzo. Come le precedenti, anche questa scena è scaglionata in un paesaggio con un alto orizzonte. Il racconto, vivace e vignettistico, è diviso tra primo e secondo piano mentre sullo sfondo si apre un ampio paesaggio comparabile con quelli che Fogolino dipinge a Trento ed Ascoli. Lo stile di Fogolino sembra un’esemplificazione di quel rinascimento umbratile che caratterizza i pittori alla corte vescovile del Cles.
Il giudizio di Salomone. Anche questa tavola segue con precisione il testo biblico ed anche in questo caso il Fogolino attualizza il passato con citazioni dalla contemporaneità. Il Re Salomone è rappresentato infatti, come il faraone delle storie mosaiche, vestito come un sovrano del Cinquecento e alla pesante catena d’oro che orna i risvolti del manto foderato di pelliccia, manca solo il toson d’oro per sembrare il ritratto d’un imperatore d’Asburgo. Anche le due donne di fronte al re, che il testo biblico dice espressamente “di mala vita” sono abbigliate come le cortigiane all’epoca del Fogolino.
Il sacrificio di Abramo. La rappresentazione di Fogolino, pur essendo ispirata in parte dall’incisione di Tiziano del 1515-16, se ne discosta profondamente nel modo di impostare la scena che richiama modelli ancora quattrocenteschi e segnatamente düreriani. Iconograficamente la scena è costruita in modo simile alle altre tavole vetero-testamentarie: si svolge su tre piani scaglionati in verticale. Se il giovane Isacco richiama il modello tizianesco nel suo essere poco più di un bambino e nella postura in ginocchio sulla pira a capo chino (nel dipinto di Fogolino però nudo), piuttosto diversa è la posa di Abramo. Fogolino, probabilmente per i suoi problemi con l’anatomia in movimento, lo fissa in un gesto che sembra bloccato già prima che l’angelo gli trattenga la spada a differenza di quanto avviene nella xilografia di Ugo da Carpi in cui il passo ed il volto di Abramo, alzato e volto verso l’angelo, rivelano un moto che il Patriarca di Fogolino non ha più.
Storie della passione: l’Ultima cena, l’Incoronazione di spine, La Crocifissione
Si tratta di citazioni testuali delle scene corrispondenti in due serie diverse di incisioni di Dürer. Anche la Crocifissione dei Musei Provinciali è tratta da un’incisione di Dürer. Nel Quattrocento e Cinquecento, come è noto, era prassi corrente il ricorso a modelli incisori per la composizione sia di dipinti che di sculture o bassorilievi. Il maestro che dipinge le scene della Passione nelle tavole Lantieri copia pedissequamente le incisioni di Dürer secondo una prassi che, come sottolinea Casadio, caratterizza piuttosto i pittori del Quattrocento che quelli cinquecenteschi che tendono ad usare i modelli incisori con maggiore disinvoltura e libertà, spesso contaminando più modelli, o citando motivi singoli in un nuovo contesto. Non stupisce quindi l’impiego di questi modelli nella bottega di Fogolino che lavora a cavallo tra il mondo veneto e quello imperiale. Inoltre Fogolino aveva trascorso all’inizio della sua carriera almeno otto anni a Venezia che, dalla fine del settimo decennio del Quattrocento era diventata una delle capitali del libro a stampa ed illustrato, luogo nel quale gli artisti dell’entroterra potevano conoscere facilmente diverse produzioni a stampa nordiche ed italiane. È difficile dire quindi se il pittore “della Passione” fosse italiano o tedesco. Negli anni trenta Fogolino aveva collaborato con pittori di entrambe le nazioni nella decorazione del Magno Palazzo del Cles a Trento. Non è difficile immaginare dunque che uno di essi possa essere rimasto nella bottega del pittore vicentino o sia stato nuovamente da lui chiamato per terminare rapidamente la commessa “goriziana”.
Gli esperti che hanno seguito il restauro, e in particolare la prof. Teresa Perusini, sono portati a ritenere che il “pittore della passione” non sia lo stesso che dipinge le scene vetero-testamentarie e che non tutte le tavole siano quindi da attribuire allo stesso Fogolino che modifica il suo stile in funzione dei diversi modelli iconografici impiegati. Questo sia per ragioni tecnico-stilistiche (come il disegno soggiacente, la consistenza del colore ed il ductus della pennellata) che per la diversità dei modelli nelle scene vetero e neo-testamentarie.
Appartengono ai Musei Provinciali di Gorizia le ulteriori due tavole, raffiguranti Il sacrificio di Abramo e La Crocifissione. L’esperto del gruppo di studio Alessandro Quinzi ha riconosciuto nella tavola del Sacrificio d’Abramo dei Musei Provinciali di Gorizia l’utilizzo della xilografia di medesimo soggetto incisa da Ugo da Carpi su disegno di Tiziano, fatto che ha permesso di estendere il confronto tra la tavola e la decorazione pittorica dell’organo di Valvasone, opera, quest’ultima, iniziata dal Pordenone e portata a compimento dall’Amalteo all’altezza del viaggio goriziano del Fogolino
ATTRIBUZIONE DELLE TAVOLE A FOGOLINO O AD ALTRI ARTISTI
E’ ipotesi della prof. Perusini che le due tavole dei Musei Provinciali siano da riferire allo stesso altare da cui provengono le tavole Lantieri. Le tavole dei Musei mostrano infatti le “mani” dei due maestri delle tavole Lantieri, nella stessa sequenza: Fogolino per le scene vetero-testamentarie e il “Maestro della Passione” per le altre. Ulteriore prova potrebbe arrivare sulla base delle misure delle tavole, corrispondenti al centimetro con quelle nate per l’altare di Rifembergo, nonchè in considerazione della stessa preparazione e stratigrafia della pellicola pittorica.
Il principale quesito stilistico inerente le tavole Lantieri e quelle dei Musei Provinciali riguarda la loro attribuzione o meno al medesimo pittore, e cioè a Marcello Fogolino. Attribuzione che pare plausibile per le tavole con le Storie del Vecchio Testamento, mentre rispetto alle tavole con Storie della Passione - che pur nascono nell’ambito dello stesso progetto e bottega, come dimostra la perfetta identità costruttiva di supporti, preparazione e materiali pittorici - siano attribuibili ad altro pittore, forse oltramontano, che lavorava per Marcello Fogolino. Il diverso disegno soggiacente, il diverso ductus pittorico e le consuetudini lavorative nelle botteghe cinquecentesche sono tutti elementi che sembrano confermare la diversità di mano che si intravvede all’analisi stilistica.
L’OPERA DEL FOGOLINO NEL CONTESTO STORICO-RELIGIOSO
Come ha evidenziato lo storico Alessio Stasi nel saggio realizzato per il catalogo della mostra, anche nel Goriziano e nella vicina Carniola la riforma luterana attecchì soprattutto nei ceti più alti, la borghesia e la nobiltà. Ma furono soprattutto i nobili, come nel resto dell'Europa centrale, a divenire i più attivi propagatori della nuova dottrina. La nuova dottrina di Lutero esalta il ruolo della nobiltà, giustificando ogni mezzo da essa adoperato ai fini secolari dello stato. Lutero e Calvino assicurano ai nobili che il loro ruolo politico e militare non è, come sembra, in contraddizione con la pietà cristiana. Anzi, il ruolo della nobiltà, come potere intermedio nell'ambito dello stato, è secondo Lutero quello di governare le chiese locali, non a caso incamerandone i beni, di tenere a bada i sudditi riottosi e addirittura, in casi estremi, di revocare gli stessi poteri del sovrano. In questa visione della società scompare il clero, lasciando alla nobiltà un ruolo determinante e quasi sovrano. Non è un caso che Gaspare Lantieri abbia accolto subito i programmi di riforma religiosa, nonostante i forti rischi che questa poteva comportare per lui e la sua famiglia. Pur mantenendo una certa cautela e non apparendo mai in pubblico come seguace di Lutero, Gaspare Lantieri divenne in breve tempo uno dei più tenaci assertori della riforma protestante in ambito goriziano. Ai tempi di Gaspare Lantieri, a Gorizia si ravvisa un certo fermento culturale e religioso. In quest’ambito di circostanze, pur con qualche incertezza sull’anno esatto, andrebbe inserita la commissione a Marcello Fogolino da parte di Gaspare Lantieri dell’altare a battenti per la cappella del castello di Rifembergo, da poco restaurata. E come il castello di Rifembergo era divenuto un vero e proprio simbolo dell’ascesa sociale di Gaspare e della sua famiglia, così la cappella del castello sarebbe diventata una sorta di manifesto delle nuove idee religiose, accolte e diffuse da Gaspare Lantieri. Solo nel 1590, dopo la morte dell’arciduca Carlo, il protestantesimo smette di diffondersi tra i nobili. La Riforma cattolica da un lato, ma forse, su un piano più immediato, il ruolo sempre più definito e radicale dello stato determinarono la fine del luteranesimo. A distanza di quasi cent'anni dalla sua costruzione, l'altare a battenti era ormai irrimediabilmente fuori moda ed in più carico di una memoria sgradevole per l'orgoglio e l'ascesa della nuova dinastia comitale. Così, nel 1676, il nipote di Giovanni Gaspare pensò di sostituirlo con un nuovo altare di marmo, barocco e monumentale. La nuova pala fu commissionata al pittore francese Jean Donat, ospite al castello. Dell'antico altare, la cui struttura lignea era probabilmente in cattivo stato, furono recuperate le otto tavole dipinte. Fornite di ricche cornici lignee, intagliate e dorate, avrebbero d'ora in poi ornato i saloni del castello. In più di un secolo il nome di Marcello Fogolino era ormai svanito dalla memoria di famiglia. D'altra parte qualsiasi traccia scritta dei contatti di Gaspare Lantieri con il pittore era scomparsa ben presto, con il rovinoso incendio dell'archivio di famiglia, divampato a causa di un fulmine che aveva colpito, nel 1550, la torre del palazzo di Schönhaus a Gorizia. Al centro di questo altare luterano, la figura di Cristo morto ed inerme - l'immagine centrale del Christus passus - è l'immagine più immediata di un Dio nascosto, che non è là dove l'uomo lo cercherebbe. Deus absconditus, un Dio che sconfigge la giustizia compiaciuta dell'uomo, che non ha bisogno delle sue opere per salvarlo, ma pretende da lui una resa incondizionata per farlo entrare in comunione con il vangelo della salvezza. A quanto pare, l'altare della cappella di Rifembergo era stato pensato proprio per questo. Ritorna, sfidando il tempo che ne ha dissolto quasi ogni memoria, il fascino artistico e il messaggio di fede di questo smembrato complesso pittorico di casa Lantieri, ora idealmente ricomposto.
MARCELLO FOGOLINO
Marcello Fogolino nacque a Vicenza in una data sconosciuta e collocata fra il 1483 e il 1488.
La sua formazione avvenne presumibilmente presso il padre, anch’egli pittore, integrata dalla frequentazione delle migliori botteghe presenti allora nell’area veneto-friulana.
Dichiara di aver operato per otto anni a Venezia, mentre nei primi anni Venti risulta essere a Pordenone dove esegue alcuni dipinti, fra cui due pale per il Duomo. Nel 1526 viene accusato, insieme al fratello Matteo, di aver assassinato un barbiere in Friuli; chiamati a presentarsi in giudizio a Udine, i due fratelli fuggono invece a Trento, venendo banditi da tutto il territorio della Repubblica veneta. Arrivati in città nel 1527, subito si diedero da fare per ottenere un salvacondotto, concesso e più volte rinnovato dal governo veneziano in cambio di informazioni politiche. Dopo un iniziale periodo di difficoltà a causa della mancanza di lavoro, per il Fogolino si presentò l’occasione di partecipare alla decorazione del Magno Palazzo di Bernardo Cles. Ottenuta la fiducia del cardinale, il pittore veneto, a partire dal 1531, si mise al suo servizio, affrescando dapprima alcuni fregi sul prospetto dell’edificio, in seguito la serie degli imperatori romani e gli episodi della vita di Giulio Cesare nella Camera terrena del Torrion da basso, mostrando di non essere indifferente alle suggestioni derivanti dallo stile degli altri due pittori protagonisti, Dosso e Romanino, impegnati come lui nella decorazione del palazzo. L’attività per conto del Principe Vescovo, tuttavia, non si limitò ai lavori al Buonconsiglio, ma lo vide attivo, almeno fino al 1535-36, nelle proprietà vescovili anche in centri più periferici, come Castel Selva presso Levico, il Palazzo di Cavalese, Castel Cles e Castel Toblino nelle omonime località.
È successivamente documentato ad Ascoli Piceno e a Bressanone, ma le sue ultime stagioni artistiche sono parche di notizie. Di nuovo a Trento negli anni Quaranta, il pittore portò a termine per il nuovo Principe Vescovo, Cristoforo Madruzzo, la decorazione della sua villa suburbana appena edificata, il Palazzo delle Albere. Nel 1558, in una lettera spedita a Trento da Innsbruck si chiedevano notizie sul suo conto, in previsione di un incarico concernente la decorazione della residenza imperiale di quella città. E’ l’ultimo documento intorno al Fogolino, che tuttavia non sappiamo se fosse ancora in vita quando la lettera arrivò a Trento.
31
ottobre 2008
Marcello Fogolino – A Gorizia. Ricostruzione di un capolavoro disperso
Dal 31 ottobre 2008 al 15 gennaio 2009
arte antica
Location
PALAZZO DELLA TORRE – FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI GORIZIA
Gorizia, Via Giosuè Carducci, 2, (Gorizia)
Gorizia, Via Giosuè Carducci, 2, (Gorizia)
Orario di apertura
da martedì a venerdì, 10.00 / 13.00 e 16.00 / 19.00 Sabato e domenica 10.00 / 19.00. Chiuso lunedì e 25 dicembre 2008 e primo gennaio 2009
Vernissage
31 Ottobre 2008, ore 18
Ufficio stampa
VOLPE&SAIN
Autore
Curatore