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Marco Pili – Traslazioni in Rosso
Marco Pili, da pittore – pittore puro nonostante l’utilizzo di materiali spesso non ortodossi – ribalta il processo e trasla in pittura un’idea non-pittorica, consapevole dei rischi e delle trappole insite nel passaggio da un ambito artistico ad un altro.
Comunicato stampa
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È peculiare della musica colta dell’Ottocento tardoromantico la prassi di trasporre in forma musicale componimenti poetici, eventi storici, fenomeni naturali particolarmente coinvolgenti o, ancora, opere d’arte dal forte impatto visivo. È la cosiddetta “musica a programma”, una sorta di traslazione in musica di un’idea non-musicale, amata dal grande pubblico per l’apparente semplicità e/o per l’innegabile suggestione che riesce a suscitare ma vista con diffidenza dalla critica novecentesca perché supportata da elementi letterari non pertinenti alle specificità del medium musicale.
Mutatis mutandi, Marco Pili, da pittore – pittore puro nonostante l’utilizzo di materiali spesso non ortodossi – ribalta il processo e trasla in pittura un’idea non-pittorica, consapevole dei rischi e delle trappole insite nel passaggio da un ambito artistico ad un altro: è la celeberrima Porgy and Bess, in parte il dramma musicale in tre atti di George Gershwin, in parte la suite elaborata e incisa da Gil Evans e Miles Davis. Sotto la suggestione dell’esecuzione del jazzista Paolo Fresu e dell’Orchestra Jazz della Sardegna, l’artista ha elaborato, infatti, un ciclo di dieci tele di grande formato che ripercorrono le tappe salienti della vicenda corale e sanguigna dei due protagonisti, la fragile Bess e lo storpio Porgy.
Sarebbe inutile, tuttavia, cercare in esse riferimenti diretti alla storia narrata nonostante i titoli quanto mai puntuali e prosaici: Il bacio di Porgy e Bess, La capanna di Porgy, L’angelo della morte veglia sui giocatori di dadi, Il commerciante di granchi, Ritratto di Bess, Picnic e Uragano all’isola di Kittiwah… Quella operata da Pili non è una trascrizione in immagini di eventi e situazioni drammaturgiche bensì una traslazione di emozioni e suggestioni che alludono e non descrivono, che evocano atmosfere e amplificano sonorità interiori tutte afferenti all’universo visuale e assolutamente autonome rispetto al testo musicale e operistico.
Traslazioni appunto, ma sotto il segno del rosso. Un rosso dalle valenze plurali sia simboliche sia materiali: rosso è il sangue animale che intride la terra, quella terra che funge anche da strato preparatorio alla tela; rosso è il sangue che segna i momenti topici delle vicende di Porgy, Bess e della piccola comunità di colore che ruota attorno al villaggio-ghetto di Catfish Row; rosso è, fatalmente, il tessuto pittorico, declinato in una timbrica che, per piani geometricamente definiti e plasticamente sincopati, passa dai toni più cupi a quelli più squillanti in un’orchestrazione quanto mai calibrata.
Dopo anni di rigorosa adesione ad una linea di ricerca astratto-lirica arricchita da un’organizzazione spaziale di stampo concretista nonché da un ardito sperimentalismo materico, Pili recupera in questo ciclo grumi di figurazione: alberi, isole, grattacieli, volti e figure talvolta espunte da celebri icone dell’arte del passato, anch’esse evocanti ma allo stesso tempo travalicanti la trama dell’opera in una velata nostalgia citazionista. Sempre utilizzando un linguaggio legato all’ambito musicale – che ben si presta a meglio definire la produzione dell’artista –, tali grumi figurali assumono, all’interno di una tessitura prevalentemente aniconica, il ruolo di un contrappunto che dinamizza e caratterizza ogni singola tela, così come le linee melodiche della tromba di Paolo Fresu e prima ancora di Miles Davis, dialogavano e davano pregnanza drammatica alla complessa partitura orchestrale.
Da tutto ciò si evince che l’ultima produzione di Marco Pili segna una svolta, e non solo nella serie dedicata a Porgy and Bess: è chiara oramai da parte dell’artista la necessità del recupero di un filo narrativo attraverso una dimensione figurale fino ad ora palesata più nei titoli delle opere che non nell’impianto compositivo ma che, tuttavia, non vuole e non può rinunciare a quel rigore astrattivo e geometrizzante che da anni caratterizza la sua ricerca, come dimostra la serie dedicata alle Metropoli e opere quali Fecondazione o Fiore proibito.
Ma si tratta, ancora una volta, di evocazione, non di descrizione. Sono suggestioni legate ad una realtà oggettiva trasfigurata, che rende i suoi rossi paesaggi arroventati paesaggi interiori e le sue tele apparenti mappe territoriali che celano vibranti e profonde mappature dell’anima. Razionalmente disciplinate quanto emozionalmente debordanti.
Ivo Serafino Fenu
Mutatis mutandi, Marco Pili, da pittore – pittore puro nonostante l’utilizzo di materiali spesso non ortodossi – ribalta il processo e trasla in pittura un’idea non-pittorica, consapevole dei rischi e delle trappole insite nel passaggio da un ambito artistico ad un altro: è la celeberrima Porgy and Bess, in parte il dramma musicale in tre atti di George Gershwin, in parte la suite elaborata e incisa da Gil Evans e Miles Davis. Sotto la suggestione dell’esecuzione del jazzista Paolo Fresu e dell’Orchestra Jazz della Sardegna, l’artista ha elaborato, infatti, un ciclo di dieci tele di grande formato che ripercorrono le tappe salienti della vicenda corale e sanguigna dei due protagonisti, la fragile Bess e lo storpio Porgy.
Sarebbe inutile, tuttavia, cercare in esse riferimenti diretti alla storia narrata nonostante i titoli quanto mai puntuali e prosaici: Il bacio di Porgy e Bess, La capanna di Porgy, L’angelo della morte veglia sui giocatori di dadi, Il commerciante di granchi, Ritratto di Bess, Picnic e Uragano all’isola di Kittiwah… Quella operata da Pili non è una trascrizione in immagini di eventi e situazioni drammaturgiche bensì una traslazione di emozioni e suggestioni che alludono e non descrivono, che evocano atmosfere e amplificano sonorità interiori tutte afferenti all’universo visuale e assolutamente autonome rispetto al testo musicale e operistico.
Traslazioni appunto, ma sotto il segno del rosso. Un rosso dalle valenze plurali sia simboliche sia materiali: rosso è il sangue animale che intride la terra, quella terra che funge anche da strato preparatorio alla tela; rosso è il sangue che segna i momenti topici delle vicende di Porgy, Bess e della piccola comunità di colore che ruota attorno al villaggio-ghetto di Catfish Row; rosso è, fatalmente, il tessuto pittorico, declinato in una timbrica che, per piani geometricamente definiti e plasticamente sincopati, passa dai toni più cupi a quelli più squillanti in un’orchestrazione quanto mai calibrata.
Dopo anni di rigorosa adesione ad una linea di ricerca astratto-lirica arricchita da un’organizzazione spaziale di stampo concretista nonché da un ardito sperimentalismo materico, Pili recupera in questo ciclo grumi di figurazione: alberi, isole, grattacieli, volti e figure talvolta espunte da celebri icone dell’arte del passato, anch’esse evocanti ma allo stesso tempo travalicanti la trama dell’opera in una velata nostalgia citazionista. Sempre utilizzando un linguaggio legato all’ambito musicale – che ben si presta a meglio definire la produzione dell’artista –, tali grumi figurali assumono, all’interno di una tessitura prevalentemente aniconica, il ruolo di un contrappunto che dinamizza e caratterizza ogni singola tela, così come le linee melodiche della tromba di Paolo Fresu e prima ancora di Miles Davis, dialogavano e davano pregnanza drammatica alla complessa partitura orchestrale.
Da tutto ciò si evince che l’ultima produzione di Marco Pili segna una svolta, e non solo nella serie dedicata a Porgy and Bess: è chiara oramai da parte dell’artista la necessità del recupero di un filo narrativo attraverso una dimensione figurale fino ad ora palesata più nei titoli delle opere che non nell’impianto compositivo ma che, tuttavia, non vuole e non può rinunciare a quel rigore astrattivo e geometrizzante che da anni caratterizza la sua ricerca, come dimostra la serie dedicata alle Metropoli e opere quali Fecondazione o Fiore proibito.
Ma si tratta, ancora una volta, di evocazione, non di descrizione. Sono suggestioni legate ad una realtà oggettiva trasfigurata, che rende i suoi rossi paesaggi arroventati paesaggi interiori e le sue tele apparenti mappe territoriali che celano vibranti e profonde mappature dell’anima. Razionalmente disciplinate quanto emozionalmente debordanti.
Ivo Serafino Fenu
12
febbraio 2005
Marco Pili – Traslazioni in Rosso
Dal 12 al 26 febbraio 2005
arte contemporanea
Location
LA VECCHIA CASA IN LADRINI
Nurachi, Via Nuraghe, 12, (Oristano)
Nurachi, Via Nuraghe, 12, (Oristano)
Orario di apertura
tutti i giorni 17-20 o per appuntamento (tel. 328-0886383)
Autore
Curatore