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Marco Rea – Carillon Muto
Marco Rea propone una serie di opere pittoriche di grande e piccolo formato, elaborate con l’uso di vernice spray a partire da immagini preesistenti, prelevate dal magma di stimoli della comunicazione pubblicitaria.
Comunicato stampa
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Una sequenza di teste senza corpo. Corpi senza testa. Turgori sessuali che si specchiano in orbite di occhi vuoti, in una dissolvenza senza parole. Farsi esangue di passioni. Ossimori, in cui si aprono spazi di percezione che interrogano i sensi, oltre la ragione e la forma. Offrendosi agli spettatori come un catalogo di perturbazioni impregnato di un’asettica malia, la mostra personale CARILLON MUTO dell’artista Marco Rea, curata da Francesco Paolo Del Re, inaugura la stagione espositiva della romana Galleria RGB46, in Piazza Santa Maria Liberatrice 46, nel cuore del quartiere Testaccio.
Il vernissage è previsto venerdì 24 settembre a partire dalle ore 19.00 e la mostra è visitabile fino al 14 ottobre.
Marco Rea propone una serie di opere pittoriche di grande e piccolo formato, elaborate con l’uso di vernice spray a partire da immagini preesistenti, prelevate dal magma di stimoli della comunicazione pubblicitaria. Protagoniste dei lavori di Marco Rea sono figure femminili, mai colte nella loro interezza, soppesate nel tentativo di coglierne uno spessore psicologico: volti o corpi abbandonati in una liquida immaterialità che allude tanto al rapimento sensuale quanto allo sciogliersi della vita nella non-vita.
Oltre ai quadri, la mostra si arricchisce di un intervento installativo: una composizione di tre carillon, lasciati a disposizione del pubblico, con gli ingranaggi meccanici in vista e senza possibilità di emettere suoni, come un piccolo omaggio a John Cage.
Il mondo di Marco Rea – scrive il curatore della mostra Francesco Paolo Del Re – è una dimensione oltreumana in cui corpi, cose e contesti si amalgamano, senza pretese di armonia, ripiegando gli uni sugli altri in un estatico flirt di neutro erotismo. Qualcosa del suo lavoro, con un certo vago sgomento, partecipa dell’osceno proprio della sovraesposizione del corpo, risucchiato nel tritacarne della comunicazione fatta spettacolo totale e trionfo della merce – vanitas assoluta. Sgocciola un sentimento di pietà, forse, di compassione, di partecipazione all’urlo muto, allo smembramento quotidiano e presente. Un molcente desiderio di dissolvenza al bianco o dissolvenza al nero, un sentimento in sé mediale, che scorre oltre i limiti della regione dell’arte; desiderio di una stasi informe che non potrà mai essere requie definitiva, nell’inevitabile e mai sazio affannarsi dell’eterno vorticare del tutto. In un moto di abdicazione rispetto alle ragioni storiche della soggettività, le figure sfigurate, sfumate, vaporizzate di Marco Rea ci parlano senza suoni, si confessano afasiche, con lo stesso struggente tono di Paolo e Francesca nel poema dantesco, rapite e quietate dallo stesso vento depurato da ogni ipotesi di salvezza.
Il vernissage è previsto venerdì 24 settembre a partire dalle ore 19.00 e la mostra è visitabile fino al 14 ottobre.
Marco Rea propone una serie di opere pittoriche di grande e piccolo formato, elaborate con l’uso di vernice spray a partire da immagini preesistenti, prelevate dal magma di stimoli della comunicazione pubblicitaria. Protagoniste dei lavori di Marco Rea sono figure femminili, mai colte nella loro interezza, soppesate nel tentativo di coglierne uno spessore psicologico: volti o corpi abbandonati in una liquida immaterialità che allude tanto al rapimento sensuale quanto allo sciogliersi della vita nella non-vita.
Oltre ai quadri, la mostra si arricchisce di un intervento installativo: una composizione di tre carillon, lasciati a disposizione del pubblico, con gli ingranaggi meccanici in vista e senza possibilità di emettere suoni, come un piccolo omaggio a John Cage.
Il mondo di Marco Rea – scrive il curatore della mostra Francesco Paolo Del Re – è una dimensione oltreumana in cui corpi, cose e contesti si amalgamano, senza pretese di armonia, ripiegando gli uni sugli altri in un estatico flirt di neutro erotismo. Qualcosa del suo lavoro, con un certo vago sgomento, partecipa dell’osceno proprio della sovraesposizione del corpo, risucchiato nel tritacarne della comunicazione fatta spettacolo totale e trionfo della merce – vanitas assoluta. Sgocciola un sentimento di pietà, forse, di compassione, di partecipazione all’urlo muto, allo smembramento quotidiano e presente. Un molcente desiderio di dissolvenza al bianco o dissolvenza al nero, un sentimento in sé mediale, che scorre oltre i limiti della regione dell’arte; desiderio di una stasi informe che non potrà mai essere requie definitiva, nell’inevitabile e mai sazio affannarsi dell’eterno vorticare del tutto. In un moto di abdicazione rispetto alle ragioni storiche della soggettività, le figure sfigurate, sfumate, vaporizzate di Marco Rea ci parlano senza suoni, si confessano afasiche, con lo stesso struggente tono di Paolo e Francesca nel poema dantesco, rapite e quietate dallo stesso vento depurato da ogni ipotesi di salvezza.
24
settembre 2010
Marco Rea – Carillon Muto
Dal 24 settembre al 14 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
RGB46
Roma, Piazza Di Santa Maria Liberatrice, 46, (Roma)
Roma, Piazza Di Santa Maria Liberatrice, 46, (Roma)
Orario di apertura
Lunedì e sabato 16-01
dal martedì al venerdì 10-13 e 16-01
Domenica CHIUSO
Vernissage
24 Settembre 2010, ore 19:00
Autore
Curatore