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Marco Stefanucci – Hic et Nunc
Marco Stefanucci fa una ricerca sul volto umano e nelle sale del Museo di Anticoli, il famoso borgo degli artisti e delle modelle, allestisce una galleria di ritratti dipinti apparentemente all’antica, ma in realtà moderne pittosculture risultato di una sperimentazione a tutto campo
Comunicato stampa
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E’ fissata per sabato 21 giugno alle 11.00, nell’esatto momento del solstizio, l’inaugurazione della mostra estiva del Museo Civico di Arte Moderna e Contemporanea di Anticoli Corrado, evento colto e festoso che ogni anno registra, per tutta la durata della bella stagione, un afflusso di visitatori del tutto inusitato per il museo di un borgo da un migliaio di anime. Ma Anticoli, si sa, non è un borgo come tutti gli altri. Il minuscolo paese alle porte di Roma venne infatti investito, sin dall’inizio dell’800, da un singolare fenomeno di transito di artisti e intellettuali provenienti da ogni parte del mondo. La lista dei pittori, degli scultori e dei letterati presenti nella cittadina laziale tra ‘800 e ‘900 è strabiliante: Oscar Kokoschka, Pablo Picasso, Luigi Pirandello, Auguste Rodin e via di questo passo. Non sorprende pertanto la notizia che, grazie ai lasciti di tutti quegli ospiti e dei loro eredi, il Museo di Anticoli compaia tra le prime dieci raccolte pubbliche d’arte contemporanea in Italia.
L’invito ad esporre nelle sale di questa speciale galleria è un riconoscimento ambito tributato con parsimonia dai curatori del Museo, artefici di esposizioni mai convenzionali e di gusto assai fine. Quest’anno la scelta è caduta su Marco Stefanucci, 44 anni, romano, un artista fuori dal coro che dipinge da quando era bambino, solo ritratti, però. “Ho provato a dipingere altro, ma quello che mi interessa veramente è il volto umano, lo sguardo in modo particolare”.
Per Anticoli ha selezionato una quindicina dei lavori più significativi realizzati nell’ultimo decennio: una singolare galleria di ritratti, monocromi e di rilevata matericità, abbigliati e acconciati all’antica, prevalentemente secondo fogge in uso in ambiente fiammingo durante il ‘600. Non che Stefanucci si dilunghi troppo sulla descrizione dell’abito, appena accennata, mentre la sua attenzione è tutta protesa a cogliere l’espressività del volto e ad elaborare un personalissimo tarlo iconografico da sempre al centro della sua pittura, quello del Velo della Veronica, il ritratto acheropita del Cristo. Da un gesto di pietà, una donna che con un panno asciuga il volto imbrattato di sangue di un suppliziato, sortisce un ritratto miracoloso, una suggestione da cui Stefanucci non sa liberarsi: “Mi rendo conto che tutto il mio laborioso sperimentare alla fine produce sempre lo stesso soggetto: un volto dipinto su un velo bagnato, combusto, ulcerato dal tempo”. Si potrebbe dunque parlare di effetto sindone per quella sequenza di volti fatti emergere dall’inconscio, da una memoria visionaria nutrita di studi profondi e talvolta eccentrici, e poi catturati con un velo. O così perlomeno sembra, perché a quella parvenza di panno spiegazzato, passato attraverso le offese del tempo Stefanucci perviene inventando tecniche da alchimista.
Consapevole della natura scivolosa ed ambigua del suo lavoro, Stefanucci sceglie per la sua personale di Anticoli un titolo che è un indizio di comprensione : Hic et Nunc, qui ed ora. Come dire di non farsi tradire dai richiami all’antica tradizione della pittura che al primo impatto visivo sono quelli di maggiore evidenza, perché il suo lavoro è invece saldamente ancorato al contemporaneo. Certo, i soggetti rimandano ad altre epoche e i supporti sono quelli classici della tela e della tavola, che imprime con la colla di coniglio e le tecniche in uso qualche centinaio d’anni fa nelle botteghe dei pittori, ma agli osservatori più esperti non sfuggirà la circostanza che quello di Stefanucci è un lavoro di sperimentazione a tutto campo in cui materie e tecniche antiche si fondono con altre tipiche dell’arte contemporanea. Usa ad esempio solo colori acrilici, ricorre alle combustioni, soffre la bidimensionalità come una prigione e tende ad estroflettersi nello spazio in un amalgama felicemente equilibrato che interpreta alla perfezione lo spirito di fusione e contaminazione tipico del nostro tempo.
Nei suoi ritratti aggettanti, pittosculture la cui deformazione plastica si accentua nel progredire degli anni, prevale un effetto di pieghe, stropicciatura, accartocciamento. Per creare le sue suggestioni di sindoni tessili ha cominciato applicando sul supporto rigido fogli di carta bagnata e raggrinzita. Si è poi spinto oltre liberando la tela dipinta dal supporto ligneo, panneggiandola e cristallizzandola in quella postura con effetto di forte resa scultorea. Di recente per ottenere analogo effetto è ricorso al colore elaborando una tecnica di pittura su materia cromatica stratificata e fatta poi crollare ad arte.
Costruire con amorevole perizia e decostruire con ragionato furore. Manipolare la materia. Introdurre con una pittura dell’inconscio al mondo ctonio e fantasmico che alberga in ognuno di noi, un mondo sommerso ma, nella visione di Stefanucci, proteso verso la luce.
Diavolerie da alchimisti, quest’estate, al Museo di Anticoli Corrado.
L’invito ad esporre nelle sale di questa speciale galleria è un riconoscimento ambito tributato con parsimonia dai curatori del Museo, artefici di esposizioni mai convenzionali e di gusto assai fine. Quest’anno la scelta è caduta su Marco Stefanucci, 44 anni, romano, un artista fuori dal coro che dipinge da quando era bambino, solo ritratti, però. “Ho provato a dipingere altro, ma quello che mi interessa veramente è il volto umano, lo sguardo in modo particolare”.
Per Anticoli ha selezionato una quindicina dei lavori più significativi realizzati nell’ultimo decennio: una singolare galleria di ritratti, monocromi e di rilevata matericità, abbigliati e acconciati all’antica, prevalentemente secondo fogge in uso in ambiente fiammingo durante il ‘600. Non che Stefanucci si dilunghi troppo sulla descrizione dell’abito, appena accennata, mentre la sua attenzione è tutta protesa a cogliere l’espressività del volto e ad elaborare un personalissimo tarlo iconografico da sempre al centro della sua pittura, quello del Velo della Veronica, il ritratto acheropita del Cristo. Da un gesto di pietà, una donna che con un panno asciuga il volto imbrattato di sangue di un suppliziato, sortisce un ritratto miracoloso, una suggestione da cui Stefanucci non sa liberarsi: “Mi rendo conto che tutto il mio laborioso sperimentare alla fine produce sempre lo stesso soggetto: un volto dipinto su un velo bagnato, combusto, ulcerato dal tempo”. Si potrebbe dunque parlare di effetto sindone per quella sequenza di volti fatti emergere dall’inconscio, da una memoria visionaria nutrita di studi profondi e talvolta eccentrici, e poi catturati con un velo. O così perlomeno sembra, perché a quella parvenza di panno spiegazzato, passato attraverso le offese del tempo Stefanucci perviene inventando tecniche da alchimista.
Consapevole della natura scivolosa ed ambigua del suo lavoro, Stefanucci sceglie per la sua personale di Anticoli un titolo che è un indizio di comprensione : Hic et Nunc, qui ed ora. Come dire di non farsi tradire dai richiami all’antica tradizione della pittura che al primo impatto visivo sono quelli di maggiore evidenza, perché il suo lavoro è invece saldamente ancorato al contemporaneo. Certo, i soggetti rimandano ad altre epoche e i supporti sono quelli classici della tela e della tavola, che imprime con la colla di coniglio e le tecniche in uso qualche centinaio d’anni fa nelle botteghe dei pittori, ma agli osservatori più esperti non sfuggirà la circostanza che quello di Stefanucci è un lavoro di sperimentazione a tutto campo in cui materie e tecniche antiche si fondono con altre tipiche dell’arte contemporanea. Usa ad esempio solo colori acrilici, ricorre alle combustioni, soffre la bidimensionalità come una prigione e tende ad estroflettersi nello spazio in un amalgama felicemente equilibrato che interpreta alla perfezione lo spirito di fusione e contaminazione tipico del nostro tempo.
Nei suoi ritratti aggettanti, pittosculture la cui deformazione plastica si accentua nel progredire degli anni, prevale un effetto di pieghe, stropicciatura, accartocciamento. Per creare le sue suggestioni di sindoni tessili ha cominciato applicando sul supporto rigido fogli di carta bagnata e raggrinzita. Si è poi spinto oltre liberando la tela dipinta dal supporto ligneo, panneggiandola e cristallizzandola in quella postura con effetto di forte resa scultorea. Di recente per ottenere analogo effetto è ricorso al colore elaborando una tecnica di pittura su materia cromatica stratificata e fatta poi crollare ad arte.
Costruire con amorevole perizia e decostruire con ragionato furore. Manipolare la materia. Introdurre con una pittura dell’inconscio al mondo ctonio e fantasmico che alberga in ognuno di noi, un mondo sommerso ma, nella visione di Stefanucci, proteso verso la luce.
Diavolerie da alchimisti, quest’estate, al Museo di Anticoli Corrado.
21
giugno 2014
Marco Stefanucci – Hic et Nunc
Dal 21 giugno al 30 settembre 2014
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI ANTICOLI CORRADO
Anticoli Corrado, Via Santa Vittoria, 2, (Roma)
Anticoli Corrado, Via Santa Vittoria, 2, (Roma)
Orario di apertura
Mar-ven 10/13 - Sab e dom 10/13 - 15/18
Vernissage
21 Giugno 2014, ore 11,00
Ufficio stampa
SCARLETT MATASSI
Autore
Curatore