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Marco Tronci Lepagier – Come fosse…morire
l’ultimo lavoro dell’artista Marco Tronci Lepagier
Comunicato stampa
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IDENTITA’ BORDER LINE
Scrivendo di Marco Tronci Lepagier mi viene spontaneo elaborare questa teoria: “ Se il tuo vissuto emozionale va oltre la velocità della luce ( 300.000 km/sec ) la visione di una cosa che ti emoziona può cambiare la tua identità”. L’identità, difatti, è sia un’affermazione di ciò che si è in base a dati contingenti ( i denti, le impronte digitali, il DNA, il colore degli occhi, l’altezza, la data di nascita, lo stato sociale ) che una captazione di emozioni, di frammenti di significato distillati dal reale sulla base della memoria.
In questo senso va il “Cammino di Ricerca” di Marco Tronci Lepagier, inverso a quello solitamente conosciuto e storico dell’arte e degli artisti.
L’arte storica, difatti, superate le vette del realismo e dell’iperrealismo, è approdata, nel secolo scorso, all’astrazione ed al fascino dell’informe o alla destrutturazione del quadro, scomposto dal concettuale nei suoi elementi di base.
In Tronci Lepagier questa evoluzione della storia dell’arte parte rovesciata e si capovolge nel momento finale, mantenendo tuttavia un centro costante, quello dell’identità.
E’ anche una sotterranea e sottaciuta passione per la memoria o per la sua rarefazione dentro l’amalgama complessa e sfaccettata della materia che si fa corpo o del corpo che si disfa nella materia.
Marco Tronci Lepagier parte dall’informale, lo pratica attivamente negli anni della formazione, lo percorre concettualmente e continua a subirne il fascino scoperto inizialmente nella frequentazione dei materiali. Poi, a un dato punto, attraverso un passaggio ”fotografico”, che propriamente fotografico non è, l’artista giunge alla forma definita, raffigurata sempre in un corpo disteso. Il passaggio dalla pietra o pietre assemblate, facsimile di corpo, al corpo umano tout court avviene attraverso la fotografia, e su questo passaggio o sul mezzo utilizzato per attuarlo non ci sono dubbi. Anche se chi scrive, invece, di dubbi ne ha. Perché la scelta del mezzo fotografico, praticamente obbligatoria per un artista che usa la VISIONE o la VISIONARIETA’ come svolta di percorso, non è casuale.
Non siamo, nella nostra definizione contrattuale di identità, sintesi di BIOLOGIA e di CULTURA e per carpire l’identità ad una persona di solito fai una foto. Su questi poli fluttua ed agisce tutta l’opera dell’artista Tronci Lepagier.
Se le scienze naturali hanno a che fare con la nostra essenza, e le scienze COGNITIVE con il progresso della mente umana, quello che Tronci Lepagier ci mostra è il regresso della mente che fotografa la materia della nostra verità identitaria cioè UNA VERITA’ MATERIALE CHE SUSCITA VISIONI, DUNQUE UN PARADOSSO.
E’ certamente un lavoro paradossale quello artistico di Tronci Lepagier, perché nessuno crea consapevolmente uno stile, una misura, una identità, per poi distruggerli.
“Tutto si crea e tutto si distrugge”potrebbe essere il suo motto, inverso a quello che ci dà l’imput più inutile del millennio ed al contempo più geniale.
La scoperta dell’energia, difatti non ci serve a nulla essendo evoluzionisti e materialisti come siamo. A che serve, difatti, ad un progettista di navicelle spaziali pensare che siamo fatti di materia e che la materia è eterna? A lui interessa solo il buon esito della sua architettura materiale e che si comporti nel modo migliore per il tempo del viaggio.
Contro questa filosofia “da parcheggio” utilitaristica e materialistica, ora estremizzata, si levano le profetiche visioni artistiche di Tronci Lepagier.
Tutto è materia, ma la materia diventa corpo. Il corpo però si chiude alla luce del mondo e si cela in forma transitoria sotto un lenzuolo per ritornare, già durante la vita, parte della pulsante materia indistinta da cui viene, già dissociato dal suo sé cognitivo, identitario, sociale ed estetico e solo funzionale al momento storico vissuto.
La figura che permette a Tronci Lepagier di attivare questo suo rerum natura originale e
repentinamente trasformare e disattivare la materia appena incarnata è quella del barbone, dell’homeless.
Quindi non si devono confondere i barboni su cui si esercitano molti oggi, occasionalmente, attratti ciecamente da questa figura dal destino particolare con gli homeless di Marco Tronci Lepagier, che percorrono un cammino immensamente solitario ma non per questo meno grande, un cammino strettamente originale e perciò di marca artistica più forte e più densa. Un cammino difficile, che forse non premia subito, ma che alla lunga vince perché rimane e racconta cose vere.
La situazione artistica di Tronci Lepagier ha difatti un suo luogo ed una sua cifra particolare. A differenza di quella di molti o dei troppi pseudoartisti che riempiono le pagine dei rotocalchi d’arte ( un tempo nati come riviste ) non gonfia l’IO e non lo amplifica a dismisura, come oggi è la tendenza dominante, ma lo sgonfia e lo cela magari dentro ad un sacco a pelo o dietro ad un lenzuolo, negandogli l’identità manifesta o l’ovvia sessualità, oppure la rappresentazione effimera.
Il suo io homeless è dunque l’io di un soggetto storico reale e realistico più di qualsiasi altro, cioè di un border line che ha perso la misura e la memoria delle cose, l’equilibrio e la gioia, il sapere e il piacere dello stare al mondo, di un io perennemente depresso che non sa e non vuole realizzarsi perché durante il viaggio si è smarrito. In effetti, nonostante l’apparenza, è proprio, un io che non c’è quello di cui parla Tronci Lepagier e che per questo tende di nuovo alla materia, mai dimenticata, mai abbandonata, mai tradita o forse tradibile.
Direi che il simbolismo di Tronci Lepagier, scelto già nelle materie delle sue opere iniziali ( sabbia, cemento) pur diventando la produzione antropomorfa di adesso, non è mai andato perduto.
La parte più interessante di questa scelta estetica ma anche storica, è forse proprio la scelta dell’homeless, palese rifiuto di una società che non costruisce memoria e quindi che non sa produrre identità né forgiare adeguatamente materia animata.
PERCIO’ NON BASTA AVERE UNA MEMORIA BIOLOGICA O UN’EVOLUZIONE ECCELLENTE PER COSTRUIRE UN IO, E L’IO CREATIVO OGGI E’ FONDAMENTALE. E’ PIU’ IMPORTANTE DELL’IO SOCIALE E DI QUELLO COGNITIVO PERCHE’ STABILISCE UNA CONTINUITA’ PSICOESTETICA COL PROPRIO IO PRECEDENTE E CREA IDENTITA’ PER SOPRAVVIVERE AL TEMPO SENZA DISFARSI, FORMANDO DNA SANO.
MARIA GRAZIA TORRI 2006
Scrivendo di Marco Tronci Lepagier mi viene spontaneo elaborare questa teoria: “ Se il tuo vissuto emozionale va oltre la velocità della luce ( 300.000 km/sec ) la visione di una cosa che ti emoziona può cambiare la tua identità”. L’identità, difatti, è sia un’affermazione di ciò che si è in base a dati contingenti ( i denti, le impronte digitali, il DNA, il colore degli occhi, l’altezza, la data di nascita, lo stato sociale ) che una captazione di emozioni, di frammenti di significato distillati dal reale sulla base della memoria.
In questo senso va il “Cammino di Ricerca” di Marco Tronci Lepagier, inverso a quello solitamente conosciuto e storico dell’arte e degli artisti.
L’arte storica, difatti, superate le vette del realismo e dell’iperrealismo, è approdata, nel secolo scorso, all’astrazione ed al fascino dell’informe o alla destrutturazione del quadro, scomposto dal concettuale nei suoi elementi di base.
In Tronci Lepagier questa evoluzione della storia dell’arte parte rovesciata e si capovolge nel momento finale, mantenendo tuttavia un centro costante, quello dell’identità.
E’ anche una sotterranea e sottaciuta passione per la memoria o per la sua rarefazione dentro l’amalgama complessa e sfaccettata della materia che si fa corpo o del corpo che si disfa nella materia.
Marco Tronci Lepagier parte dall’informale, lo pratica attivamente negli anni della formazione, lo percorre concettualmente e continua a subirne il fascino scoperto inizialmente nella frequentazione dei materiali. Poi, a un dato punto, attraverso un passaggio ”fotografico”, che propriamente fotografico non è, l’artista giunge alla forma definita, raffigurata sempre in un corpo disteso. Il passaggio dalla pietra o pietre assemblate, facsimile di corpo, al corpo umano tout court avviene attraverso la fotografia, e su questo passaggio o sul mezzo utilizzato per attuarlo non ci sono dubbi. Anche se chi scrive, invece, di dubbi ne ha. Perché la scelta del mezzo fotografico, praticamente obbligatoria per un artista che usa la VISIONE o la VISIONARIETA’ come svolta di percorso, non è casuale.
Non siamo, nella nostra definizione contrattuale di identità, sintesi di BIOLOGIA e di CULTURA e per carpire l’identità ad una persona di solito fai una foto. Su questi poli fluttua ed agisce tutta l’opera dell’artista Tronci Lepagier.
Se le scienze naturali hanno a che fare con la nostra essenza, e le scienze COGNITIVE con il progresso della mente umana, quello che Tronci Lepagier ci mostra è il regresso della mente che fotografa la materia della nostra verità identitaria cioè UNA VERITA’ MATERIALE CHE SUSCITA VISIONI, DUNQUE UN PARADOSSO.
E’ certamente un lavoro paradossale quello artistico di Tronci Lepagier, perché nessuno crea consapevolmente uno stile, una misura, una identità, per poi distruggerli.
“Tutto si crea e tutto si distrugge”potrebbe essere il suo motto, inverso a quello che ci dà l’imput più inutile del millennio ed al contempo più geniale.
La scoperta dell’energia, difatti non ci serve a nulla essendo evoluzionisti e materialisti come siamo. A che serve, difatti, ad un progettista di navicelle spaziali pensare che siamo fatti di materia e che la materia è eterna? A lui interessa solo il buon esito della sua architettura materiale e che si comporti nel modo migliore per il tempo del viaggio.
Contro questa filosofia “da parcheggio” utilitaristica e materialistica, ora estremizzata, si levano le profetiche visioni artistiche di Tronci Lepagier.
Tutto è materia, ma la materia diventa corpo. Il corpo però si chiude alla luce del mondo e si cela in forma transitoria sotto un lenzuolo per ritornare, già durante la vita, parte della pulsante materia indistinta da cui viene, già dissociato dal suo sé cognitivo, identitario, sociale ed estetico e solo funzionale al momento storico vissuto.
La figura che permette a Tronci Lepagier di attivare questo suo rerum natura originale e
repentinamente trasformare e disattivare la materia appena incarnata è quella del barbone, dell’homeless.
Quindi non si devono confondere i barboni su cui si esercitano molti oggi, occasionalmente, attratti ciecamente da questa figura dal destino particolare con gli homeless di Marco Tronci Lepagier, che percorrono un cammino immensamente solitario ma non per questo meno grande, un cammino strettamente originale e perciò di marca artistica più forte e più densa. Un cammino difficile, che forse non premia subito, ma che alla lunga vince perché rimane e racconta cose vere.
La situazione artistica di Tronci Lepagier ha difatti un suo luogo ed una sua cifra particolare. A differenza di quella di molti o dei troppi pseudoartisti che riempiono le pagine dei rotocalchi d’arte ( un tempo nati come riviste ) non gonfia l’IO e non lo amplifica a dismisura, come oggi è la tendenza dominante, ma lo sgonfia e lo cela magari dentro ad un sacco a pelo o dietro ad un lenzuolo, negandogli l’identità manifesta o l’ovvia sessualità, oppure la rappresentazione effimera.
Il suo io homeless è dunque l’io di un soggetto storico reale e realistico più di qualsiasi altro, cioè di un border line che ha perso la misura e la memoria delle cose, l’equilibrio e la gioia, il sapere e il piacere dello stare al mondo, di un io perennemente depresso che non sa e non vuole realizzarsi perché durante il viaggio si è smarrito. In effetti, nonostante l’apparenza, è proprio, un io che non c’è quello di cui parla Tronci Lepagier e che per questo tende di nuovo alla materia, mai dimenticata, mai abbandonata, mai tradita o forse tradibile.
Direi che il simbolismo di Tronci Lepagier, scelto già nelle materie delle sue opere iniziali ( sabbia, cemento) pur diventando la produzione antropomorfa di adesso, non è mai andato perduto.
La parte più interessante di questa scelta estetica ma anche storica, è forse proprio la scelta dell’homeless, palese rifiuto di una società che non costruisce memoria e quindi che non sa produrre identità né forgiare adeguatamente materia animata.
PERCIO’ NON BASTA AVERE UNA MEMORIA BIOLOGICA O UN’EVOLUZIONE ECCELLENTE PER COSTRUIRE UN IO, E L’IO CREATIVO OGGI E’ FONDAMENTALE. E’ PIU’ IMPORTANTE DELL’IO SOCIALE E DI QUELLO COGNITIVO PERCHE’ STABILISCE UNA CONTINUITA’ PSICOESTETICA COL PROPRIO IO PRECEDENTE E CREA IDENTITA’ PER SOPRAVVIVERE AL TEMPO SENZA DISFARSI, FORMANDO DNA SANO.
MARIA GRAZIA TORRI 2006
21
marzo 2006
Marco Tronci Lepagier – Come fosse…morire
Dal 21 marzo all'undici aprile 2006
arte contemporanea
Location
STUDIO TRONCI
Milano, Via Cola Montano, 6, (Milano)
Milano, Via Cola Montano, 6, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 16-20, sabato su appuntamento
Vernissage
21 Marzo 2006, ore 19
Autore
Curatore