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Marco Zagaria
L’artista esporrà 7 opere scelte dal 1999 al 2003
Comunicato stampa
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Corpi presenti
di Massimo Bignardi
La soglia del Ventunesimo secolo è definitivamente varcata; alle nostre spalle pian piano lasciamo l’accomodante “crisi”, questione (o accarezzata come tale) che ogni fin de siècle ha prospettato alla cultura ed in generale ai comportamenti sociali. Non ci sono scuse, né rimproveri da accreditare. L’orizzonte è esteso per accogliere nuove prospettive di ricerca, tali da consentirci un tempo “storico”, annotava Furet, capace di offrire la possibilità di elaborare ulteriori sensori che andranno a rilevare la tossica “alienazione degli individui rispetto all’economia” e tutto ciò senza, però, obbligare nessuno - in particolare gli storici e i critici - a “recitare la parte di profeti”. Questo non significa aver azzerato i conti, né tanto meno autorizza a pensare che non ci siano eredità sulle quali “riflettere” o, meglio ancora, rispetto alle quali porsi in senso dialettico. Voglio dire che abbiamo lasciato - come un corpo presente - alle nostre spalle il Novecento, senza, però, e diversamente non poteva essere, trattenere la nostalgia di quella sua aria sulfurea, disposta a surrogare sollecitazioni immaginative che mettevano in fibrillazione il cuore. Ciò vale in modo specifico per il campo delle arti e più precisamente per l’esteso emisfero della creatività, che nell’ultimo decennio ha registrato velate atmosfere ancora intrise di quei fluidi esistenziali, ereditati (da lontano) dalla cultura romantica. Il serrato confronto con la sfera scientifica e tecnologica ha attivato, quale misura propria del Novecento, ulteriori processi di manipolazione della realtà, suggerendo percorsi all’immaginario, tracciando possibili strade di attraversamento che ci portano a riconsiderare sia il significato (soprattutto inteso quale valore) di una tridimensionalità pittorica, verificata nell’esteso spazio del monitor, legata ad un “tempo” non naturale perché veicolata dalle alte velocità dei processori, sia il valore di un’etica, vale a dire di un comportamento all’interno di processi sociali, ove si fa sempre più avanti il profilo dell’individualismo contemporaneo, cifra di quel narcisismo e edonismo falsamente interpretati come “possesso – scrive Jacqueline Russ - di un’autonomia…conquista della libertà”. Corpi presenti si offre come piccola postazione di analisi nel gran mare della creatività contemporanea: essa misura, innanzi tutto, l’oscillazione fra le due polarità poc'anzi accennate, territori creativi nei quali oggi opera Marco Zagaria. Sono due punti, provvisoriamente segnati a matita sulla libera carta del viandante, che segnano, però, le linee di itinerari nell’inquietudine di una generazione, per certi versi sospesa agli ultimi fili di un secolo, amaro e doloroso ma che ha saputo guardarsi, drammaticamente, nello specchio degli eventi. Marco Zagaria lavora sull’immagine, interprete, questa, del bisogno (necessità) di andare oltre il “realismo naturale” al quale guardano ancora molte delle esperienze inscritte nell’ambito delle ricerche in area del digitale, in particolare quelle ove maggiormente si accentua l’ ”imperio” della fotografia. Infatti, il valore formale di essa è affidato ad un piano narrativo tenacemente legato alle pulsioni della pittura, ai suoi dettati espressivi, alle sue valenze immaginifiche che spostano lo sguardo dalla “configurazione” alla “formulazione”. In pratica Zagaria insiste sulla magica pratica di rendere presente l’immateriale corpo delle figurazioni mentali. Il giovane artista napoletano opera sulla dualità, vale a dire sulla coscienza e sull’inconscio: azzardando un esempio sembra che il suo lavoro insista sulla metafora picassiana del Minotauro, ove la parte nascosta è già svelata, è presente senza, però, offrire un suo delineato profilo, lasciando, cioè, margini ulteriori. Il buio non è più, quindi, la materia che costruisce le forme dell’inconscio, il luogo dal quale lasciar liberamente affiorare il magma dell’Io. L’istinto è la curiosità (intesa come naufragio) di muovere nello spazio offerto, dal digitale, all’immaginario. Le sue figure - avverte l’artista - sono “realtà concreta” o, meglio, corpi di una presenza interiore.
di Massimo Bignardi
La soglia del Ventunesimo secolo è definitivamente varcata; alle nostre spalle pian piano lasciamo l’accomodante “crisi”, questione (o accarezzata come tale) che ogni fin de siècle ha prospettato alla cultura ed in generale ai comportamenti sociali. Non ci sono scuse, né rimproveri da accreditare. L’orizzonte è esteso per accogliere nuove prospettive di ricerca, tali da consentirci un tempo “storico”, annotava Furet, capace di offrire la possibilità di elaborare ulteriori sensori che andranno a rilevare la tossica “alienazione degli individui rispetto all’economia” e tutto ciò senza, però, obbligare nessuno - in particolare gli storici e i critici - a “recitare la parte di profeti”. Questo non significa aver azzerato i conti, né tanto meno autorizza a pensare che non ci siano eredità sulle quali “riflettere” o, meglio ancora, rispetto alle quali porsi in senso dialettico. Voglio dire che abbiamo lasciato - come un corpo presente - alle nostre spalle il Novecento, senza, però, e diversamente non poteva essere, trattenere la nostalgia di quella sua aria sulfurea, disposta a surrogare sollecitazioni immaginative che mettevano in fibrillazione il cuore. Ciò vale in modo specifico per il campo delle arti e più precisamente per l’esteso emisfero della creatività, che nell’ultimo decennio ha registrato velate atmosfere ancora intrise di quei fluidi esistenziali, ereditati (da lontano) dalla cultura romantica. Il serrato confronto con la sfera scientifica e tecnologica ha attivato, quale misura propria del Novecento, ulteriori processi di manipolazione della realtà, suggerendo percorsi all’immaginario, tracciando possibili strade di attraversamento che ci portano a riconsiderare sia il significato (soprattutto inteso quale valore) di una tridimensionalità pittorica, verificata nell’esteso spazio del monitor, legata ad un “tempo” non naturale perché veicolata dalle alte velocità dei processori, sia il valore di un’etica, vale a dire di un comportamento all’interno di processi sociali, ove si fa sempre più avanti il profilo dell’individualismo contemporaneo, cifra di quel narcisismo e edonismo falsamente interpretati come “possesso – scrive Jacqueline Russ - di un’autonomia…conquista della libertà”. Corpi presenti si offre come piccola postazione di analisi nel gran mare della creatività contemporanea: essa misura, innanzi tutto, l’oscillazione fra le due polarità poc'anzi accennate, territori creativi nei quali oggi opera Marco Zagaria. Sono due punti, provvisoriamente segnati a matita sulla libera carta del viandante, che segnano, però, le linee di itinerari nell’inquietudine di una generazione, per certi versi sospesa agli ultimi fili di un secolo, amaro e doloroso ma che ha saputo guardarsi, drammaticamente, nello specchio degli eventi. Marco Zagaria lavora sull’immagine, interprete, questa, del bisogno (necessità) di andare oltre il “realismo naturale” al quale guardano ancora molte delle esperienze inscritte nell’ambito delle ricerche in area del digitale, in particolare quelle ove maggiormente si accentua l’ ”imperio” della fotografia. Infatti, il valore formale di essa è affidato ad un piano narrativo tenacemente legato alle pulsioni della pittura, ai suoi dettati espressivi, alle sue valenze immaginifiche che spostano lo sguardo dalla “configurazione” alla “formulazione”. In pratica Zagaria insiste sulla magica pratica di rendere presente l’immateriale corpo delle figurazioni mentali. Il giovane artista napoletano opera sulla dualità, vale a dire sulla coscienza e sull’inconscio: azzardando un esempio sembra che il suo lavoro insista sulla metafora picassiana del Minotauro, ove la parte nascosta è già svelata, è presente senza, però, offrire un suo delineato profilo, lasciando, cioè, margini ulteriori. Il buio non è più, quindi, la materia che costruisce le forme dell’inconscio, il luogo dal quale lasciar liberamente affiorare il magma dell’Io. L’istinto è la curiosità (intesa come naufragio) di muovere nello spazio offerto, dal digitale, all’immaginario. Le sue figure - avverte l’artista - sono “realtà concreta” o, meglio, corpi di una presenza interiore.
27
aprile 2005
Marco Zagaria
Dal 27 aprile al 10 maggio 2005
arte contemporanea
Location
ZEN
Salerno, Via Roma, 260, (Salerno)
Salerno, Via Roma, 260, (Salerno)
Orario di apertura
tutti i giorni 20,30-02. Martedì chiuso
Vernissage
27 Aprile 2005, ore 20,30
Sito web
www.marcozagaria.it
Autore
Curatore