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Margherita Benetti
una ventina d’incisioni tra le circa cinquecento che Margherita Benetti ha realizzato. Le prime incisioni risalgono al 1955
Comunicato stampa
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Ho cominciato a fare acquaforte nel 1955, due anni prima che nascesse mio figlio, sperimentando senza scuole né maestri i segreti di questa Arte fino a tagliarmi le lastre di zinco, trovare la cera giusta, avere un torchio in legno. Nata nel centro della bassa padana, sul Po, guardare e pensare le cose era vedere il paesaggio intorno. I boschi, le acque, le nebbie, la neve sono stati la prima astrazione figurativa da cui è iniziato il viaggio del sogno attraversando poi le aspre superfici della realtà informale e le immagini di una archeologia viva fino a questo orizzonte sempre più rarefatto che l’Oriente ancora trattiene. Non l’avventura del viaggio, ma la spinta imperiosa e tranquilla, a entrare nel sempre più profondo. La bellezza e la potenza degli Archi di Trionfo, a Roma, mi hanno portato in Algeria, a Djamila, in Siria, Giordania, Turchia. Tutto movendo sempre dalla Grecia, capolavoro assoluto di bellezza e pensiero. Da lì, arrivando alle sgretolate preziosità di Angkor, allo splendore dorato della Persia.
“Forse ad Angkor non andrò mai; resterà comunque un approdo fantastico di tanti sentieri che non so da dove abbiano avuto inizio, se da là ritornino o se da là passino soltanto”....”entrando e uscendo dalle città d’oro, tracce alessandrine giungono quasi alle porte di Persepoli. La Persia è un filo colorato che si disegna e ridisegna a chiudere e a riaprire. Qui la trama della sua leggenda appare in tutta la bellezza della sua idea più profonda; i colori e il disegno creano la forma stessa”.
“Ci mostrano un mondo di alberi foglie e fiori, nella sua grazia e nella sua indeterminatezza vegetale” così Carlo Levi scriveva nel 1967 in una sua presentazione alla mostra di Margherita Benetti per la galleria Hollar di Praga. Molte altre mostre hanno seguito con presentazioni di A.Trombadori, E.Schloss, C.Terenzi, U.Galeano, S. Giannattasio, G.Giuffrè, A. Bertolucci, G. Torelli. La Galleria Studio DR, su indicazione di Giannina Angioletti (ex Galleria Trifalco) in una mostra “Quasi ad Oriente…” del 2005 ha riproposto l’opera di Margherita Benetti e nel 2007 è seguita una grande Mostra antologica a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e contemporaneamente a Correggio nel Palazzo dei Principi con un catalogo ragionato a cura di Sandro Parmiggiani.
“Ornamenti, fregi, ricami, reperti archeologici, motivi di civiltà esotiche, sono i temi che, variamente intrecciati, affollano in modo originale i fogli di Margherita Benetti. Il suo lavoro d’incisore è frutto di un lungo e rigoroso impegno nel campo dei mezzi espressivi (aghi, bulini, cere, inchiostri….) al fine di raggiungere il massimo dei risultati”. Una continuità ed una coerenza artistica uniscono tutte le opere di Margherita, dalle prime lastre alle più recenti. In questa mostra si può verificare con quanta tenacia e perseveranza, lavorando in modo sereno e indifferente alle mode, l’artista ha operato.
La sua parabola artistica è così ritratta dal critico Duccio Trombadori:
“Prima di tutto lo sguardo registra una emozione della mente e poi la mano esegue accuratamente, come trascinata da una smania desiderosa di incidere vaporose forme, misurando tra luce ed ombra, per tratteggi sicuri, ondulazioni ritmate dello spazio profondo e gravido di misteriose insenature. Così Margherita Benetti esegue il rituale di un’arte antica e sempre ricca di buona messe visiva, lastre impressionate dal suo potere immaginante che riguardano un Oriente sospeso tra sogno e verità, eco di narrazioni fantastiche. Paesaggi, architetture, accenni di movenze umane sulla soglia di un indugiare quasi piranesiano nella penombra o nella imminenza di squarci luminosi radenti la prospettiva appena accennata: tutto il visibile rientra nella cartografia di questa magistrale e delicata artista sensitiva che si apre con un occhio al mondo e con l’altro al forziere delle sue indeclinabili impronte emotive. Il deserto, con le sue impassibili serenità, dà voce alla indagine minuziosa di un occhio impietosamente desideroso di sapere: attaccato alla indagine del tempo che corre nonché alle fantasmagorie leggendarie di muraglioni abbandonati e corrosi dai venti caldi, tra portali di città invisibili, o immaginarie quanto tangibili testimonianze di un passato capace di durare fin dentro le peripezie del presente. Margherita Benetti è un’orafa della incisione meticolosa e sintetica. Traccia le sue visioni per amore dello spettacolo naturale rivissuto dentro una immaginazione formativa e densa di intuizione sentimentale. Le sue impressioni vanno oltre il dato narrativo e naturale per far traboccare il contenuto sentimentale. E ci troviamo depositati subito di fronte a un prezioso geroglifico dove i segni sono immagini-parola, sussurrati o scolpiti come scabre verità incise sulla pietra.
Comunicare è un’arte difficile. Ed è soprattutto un’arte che travalica le condizioni di spazio e tempo in cui si verifica. Perché in questa impresa non è soltanto questione di trasmettere mediante tecnica il diagramma di una cosa vista o pensata. Qui si tratta infatti di ricostruire, documentare e al tempo stesso di interpretare. Non a caso lo sguardo e il tracciato immaginifico di Margherita Benetti si esprimono non solo e non tanto per far veder qualcosa, ma per rivelare l’anima profonda delle cose. Si compendia in questa intima qualità il suo stile di incisore, la sua maniera di vedere, il gioco cangiante e pure così fermo e puro di certe forme rapprese sulla carta da una mano sicura e veggente. Così per Margherita Benetti comunicare immaginando non si limita soltanto ad esercitare una virtù di alto cesello e di artigianato preziosamente definito. Ma significa prima di tutto un modo di sentire compiuto, di vivere e di indicare agli altri gli autentici valori in cui il mistero della vita formalmente si riconosce e si riassume.”
“Forse ad Angkor non andrò mai; resterà comunque un approdo fantastico di tanti sentieri che non so da dove abbiano avuto inizio, se da là ritornino o se da là passino soltanto”....”entrando e uscendo dalle città d’oro, tracce alessandrine giungono quasi alle porte di Persepoli. La Persia è un filo colorato che si disegna e ridisegna a chiudere e a riaprire. Qui la trama della sua leggenda appare in tutta la bellezza della sua idea più profonda; i colori e il disegno creano la forma stessa”.
“Ci mostrano un mondo di alberi foglie e fiori, nella sua grazia e nella sua indeterminatezza vegetale” così Carlo Levi scriveva nel 1967 in una sua presentazione alla mostra di Margherita Benetti per la galleria Hollar di Praga. Molte altre mostre hanno seguito con presentazioni di A.Trombadori, E.Schloss, C.Terenzi, U.Galeano, S. Giannattasio, G.Giuffrè, A. Bertolucci, G. Torelli. La Galleria Studio DR, su indicazione di Giannina Angioletti (ex Galleria Trifalco) in una mostra “Quasi ad Oriente…” del 2005 ha riproposto l’opera di Margherita Benetti e nel 2007 è seguita una grande Mostra antologica a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e contemporaneamente a Correggio nel Palazzo dei Principi con un catalogo ragionato a cura di Sandro Parmiggiani.
“Ornamenti, fregi, ricami, reperti archeologici, motivi di civiltà esotiche, sono i temi che, variamente intrecciati, affollano in modo originale i fogli di Margherita Benetti. Il suo lavoro d’incisore è frutto di un lungo e rigoroso impegno nel campo dei mezzi espressivi (aghi, bulini, cere, inchiostri….) al fine di raggiungere il massimo dei risultati”. Una continuità ed una coerenza artistica uniscono tutte le opere di Margherita, dalle prime lastre alle più recenti. In questa mostra si può verificare con quanta tenacia e perseveranza, lavorando in modo sereno e indifferente alle mode, l’artista ha operato.
La sua parabola artistica è così ritratta dal critico Duccio Trombadori:
“Prima di tutto lo sguardo registra una emozione della mente e poi la mano esegue accuratamente, come trascinata da una smania desiderosa di incidere vaporose forme, misurando tra luce ed ombra, per tratteggi sicuri, ondulazioni ritmate dello spazio profondo e gravido di misteriose insenature. Così Margherita Benetti esegue il rituale di un’arte antica e sempre ricca di buona messe visiva, lastre impressionate dal suo potere immaginante che riguardano un Oriente sospeso tra sogno e verità, eco di narrazioni fantastiche. Paesaggi, architetture, accenni di movenze umane sulla soglia di un indugiare quasi piranesiano nella penombra o nella imminenza di squarci luminosi radenti la prospettiva appena accennata: tutto il visibile rientra nella cartografia di questa magistrale e delicata artista sensitiva che si apre con un occhio al mondo e con l’altro al forziere delle sue indeclinabili impronte emotive. Il deserto, con le sue impassibili serenità, dà voce alla indagine minuziosa di un occhio impietosamente desideroso di sapere: attaccato alla indagine del tempo che corre nonché alle fantasmagorie leggendarie di muraglioni abbandonati e corrosi dai venti caldi, tra portali di città invisibili, o immaginarie quanto tangibili testimonianze di un passato capace di durare fin dentro le peripezie del presente. Margherita Benetti è un’orafa della incisione meticolosa e sintetica. Traccia le sue visioni per amore dello spettacolo naturale rivissuto dentro una immaginazione formativa e densa di intuizione sentimentale. Le sue impressioni vanno oltre il dato narrativo e naturale per far traboccare il contenuto sentimentale. E ci troviamo depositati subito di fronte a un prezioso geroglifico dove i segni sono immagini-parola, sussurrati o scolpiti come scabre verità incise sulla pietra.
Comunicare è un’arte difficile. Ed è soprattutto un’arte che travalica le condizioni di spazio e tempo in cui si verifica. Perché in questa impresa non è soltanto questione di trasmettere mediante tecnica il diagramma di una cosa vista o pensata. Qui si tratta infatti di ricostruire, documentare e al tempo stesso di interpretare. Non a caso lo sguardo e il tracciato immaginifico di Margherita Benetti si esprimono non solo e non tanto per far veder qualcosa, ma per rivelare l’anima profonda delle cose. Si compendia in questa intima qualità il suo stile di incisore, la sua maniera di vedere, il gioco cangiante e pure così fermo e puro di certe forme rapprese sulla carta da una mano sicura e veggente. Così per Margherita Benetti comunicare immaginando non si limita soltanto ad esercitare una virtù di alto cesello e di artigianato preziosamente definito. Ma significa prima di tutto un modo di sentire compiuto, di vivere e di indicare agli altri gli autentici valori in cui il mistero della vita formalmente si riconosce e si riassume.”
15
aprile 2016
Margherita Benetti
Dal 15 al 29 aprile 2016
arte contemporanea
Location
STUDIO DR SPAZIO VISIVO
Roma, Via Tolemaide, 19A, (Roma)
Roma, Via Tolemaide, 19A, (Roma)
Orario di apertura
ore 11-13 e 17-20 tutti i giorni salvo i festivi e lunedì mattina. Per altri orari su appuntamento
Vernissage
15 Aprile 2016, dalle ore 18:00 alle 21:00
Autore
Curatore