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Margherita Moscardini – Una stanza/fuori luogo
Margherita Moscardini (Piombino 1981) in occasione della sua seconda mostra personale alla Galleria SpazioA, parte da un intervento che ebbe luogo nel 2008 nella vecchia sede della galleria.
Comunicato stampa
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Voler misurare l’appartenenza di un oggetto al contesto in cui è inserito, implica la determinazione e la considerazione di un paesaggio. A prescindere dalla sua entità e dalle sue dimensioni.
La capacità di trasformarsi del paesaggio, fa in modo che spazio e tempo coincidano in ogni istante nella sua forma presente, in tutto necessaria perché senza residui, e soprattutto incapace di ricordare quello che è stata.
La cancellazione provocata da un processo di trasformazione, dove il tempo è libero di agire in assenza di intenzioni, somiglia alla nostra capacità di dimenticare le fonti una volta che il dato è stato assorbito in un pensiero. Si tratta di un ordine di tipo naturale. Se non altro per una certa forma di indifferenza.
Di altra categoria la cancellazione per giustapposizione, per accumulazione, per devastazione.
In Storia Naturale della Distruzione W. G. Sebald riporta che ‘in base all’altezza delle piante cresciute sopra le rovine, si poteva dedurre la data del bombardamento. Era un problema botanico […]’.
C’è chi sostiene che solo un disastro oggi possa provocare effetti paragonabili alla lenta azione del tempo.
Nel presente trionfo della versatilità, che può significare anche accanimento verso la conservazione, è difficile sperare di poter considerare gli strati di storia depositati sulle facciate dei nostri edifici, come un sistema attendibile di misurazione del tempo: questo tempo con difficoltà ci permette di assistere agli effetti del proprio passaggio. Rispettare le condizioni di sedimentazione di un pensiero, o lavorare ad un’opera che non abbia fine, poi, non è quasi mai contemplato.
In che misura (o in base a quali misure) un oggetto dichiara la propria appartenenza ad uno spazio? E quindi in che modo quest’oggetto potrà mostrare tutta la propria indifferenza, verso questo spazio? Dopodiché, e nel frattempo, affinché uno spazio funzionale ad un’attività -non questo e non adesso-, possa comportarsi come il paesaggio, è necessario che venga evacuato, abbandonato, bombardato?
Vale a dire, dato che ogni intenzione, ogni progetto, si distanzia per definizione dallo spontaneo comportarsi che è del paesaggio, come può uno spazio offrirsi alla propria trasformazione, definitivamente?
Nel trionfo della versatilità, forse la sola possibilità che un oggetto o una struttura, possa totalmente appartenere al proprio contesto, partecipando al suo modificarsi, sta nel desiderio di permanenza. E quindi di definitiva scomparsa.
Margherita Moscardini (Piombino 1981) in occasione della sua seconda mostra personale alla Galleria SpazioA, intende dare forma a questo pensiero partendo da un intervento che ebbe luogo nel 2008 nella vecchia sede della galleria, adesso tornata ad ospitare il progetto Uscita Pistoia.
In mostra è presente un oggetto. Il materiale utilizzato per la realizzazione della figura è stato visibilmente ricavato dall’uso esclusivo di parti funzionali ma non strutturali della galleria.
Si tratta di due pareti divisorie di cartongesso, le sole strutture aggiunte allo spazio originario per isolare gli ambienti del magazzino e degli uffici.
Moscardini utilizza lo spazio espositivo per mostrare la struttura di quello che ora si presenta come una scultura, capace di appartenere a questo contesto solo letteralmente.
In questo senso il progetto di mostra è da intendersi come un evento che nella sua temporaneità, significhi il passaggio necessario tra un fatto e la possibilità che questo possa accadere nuovamente e definitivamente. Un intervallo tra una documentazione e un’intenzione.
La capacità di trasformarsi del paesaggio, fa in modo che spazio e tempo coincidano in ogni istante nella sua forma presente, in tutto necessaria perché senza residui, e soprattutto incapace di ricordare quello che è stata.
La cancellazione provocata da un processo di trasformazione, dove il tempo è libero di agire in assenza di intenzioni, somiglia alla nostra capacità di dimenticare le fonti una volta che il dato è stato assorbito in un pensiero. Si tratta di un ordine di tipo naturale. Se non altro per una certa forma di indifferenza.
Di altra categoria la cancellazione per giustapposizione, per accumulazione, per devastazione.
In Storia Naturale della Distruzione W. G. Sebald riporta che ‘in base all’altezza delle piante cresciute sopra le rovine, si poteva dedurre la data del bombardamento. Era un problema botanico […]’.
C’è chi sostiene che solo un disastro oggi possa provocare effetti paragonabili alla lenta azione del tempo.
Nel presente trionfo della versatilità, che può significare anche accanimento verso la conservazione, è difficile sperare di poter considerare gli strati di storia depositati sulle facciate dei nostri edifici, come un sistema attendibile di misurazione del tempo: questo tempo con difficoltà ci permette di assistere agli effetti del proprio passaggio. Rispettare le condizioni di sedimentazione di un pensiero, o lavorare ad un’opera che non abbia fine, poi, non è quasi mai contemplato.
In che misura (o in base a quali misure) un oggetto dichiara la propria appartenenza ad uno spazio? E quindi in che modo quest’oggetto potrà mostrare tutta la propria indifferenza, verso questo spazio? Dopodiché, e nel frattempo, affinché uno spazio funzionale ad un’attività -non questo e non adesso-, possa comportarsi come il paesaggio, è necessario che venga evacuato, abbandonato, bombardato?
Vale a dire, dato che ogni intenzione, ogni progetto, si distanzia per definizione dallo spontaneo comportarsi che è del paesaggio, come può uno spazio offrirsi alla propria trasformazione, definitivamente?
Nel trionfo della versatilità, forse la sola possibilità che un oggetto o una struttura, possa totalmente appartenere al proprio contesto, partecipando al suo modificarsi, sta nel desiderio di permanenza. E quindi di definitiva scomparsa.
Margherita Moscardini (Piombino 1981) in occasione della sua seconda mostra personale alla Galleria SpazioA, intende dare forma a questo pensiero partendo da un intervento che ebbe luogo nel 2008 nella vecchia sede della galleria, adesso tornata ad ospitare il progetto Uscita Pistoia.
In mostra è presente un oggetto. Il materiale utilizzato per la realizzazione della figura è stato visibilmente ricavato dall’uso esclusivo di parti funzionali ma non strutturali della galleria.
Si tratta di due pareti divisorie di cartongesso, le sole strutture aggiunte allo spazio originario per isolare gli ambienti del magazzino e degli uffici.
Moscardini utilizza lo spazio espositivo per mostrare la struttura di quello che ora si presenta come una scultura, capace di appartenere a questo contesto solo letteralmente.
In questo senso il progetto di mostra è da intendersi come un evento che nella sua temporaneità, significhi il passaggio necessario tra un fatto e la possibilità che questo possa accadere nuovamente e definitivamente. Un intervallo tra una documentazione e un’intenzione.
06
marzo 2010
Margherita Moscardini – Una stanza/fuori luogo
Dal 06 marzo al 30 aprile 2010
arte contemporanea
Location
SPAZIOA GALLERY
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Vernissage
6 Marzo 2010, ore 17.30
Autore
Curatore