Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Maria Carla Mancinelli / Massimo Melloni – Apparenze
Due artisti, accomunati dall’attenzione alla tecnica, molto accurata, che si dispiega nei dipinti in vari strati di materiali e colore, e da una poetica che mischia il disincanto con la meraviglia. Nelle sculture Melloni enfatizza a un livello antropologico le sue tre grandi Prefiche, mentre Maria Carla Mancinelli propone un piccolo popolo di sei figurazioni attonite, tra cui “L’attesa”.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
APPARENZE (e figurazioni) con Maria Carla Mancinelli e Massimo Melloni
di Stefania Fabri
Niente si addice più dei versi di Rimbaud a questi due artisti intelligenti e profondi, nonché
abili tecnicamente ma visionari. In “Veglie” il poeta all’inizio dice “È il riposo illuminato, né
febbre né languore, sul letto o sul prato”. E conclude “Sogno intenso e rapido di gruppi
sentimentali con esseri di tutti i caratteri tra tutte le apparenze.”
Ma tutta la mostra può essere descritta con le parole dei poeti.
“Dall’immagine tesa” alla luce “della memoria fredda e planetaria”
Clemente Rebora ha detto qualcosa che si attaglia bene ai paesaggi apparentemente
tranquilli di Maria Carla Mancinelli, in cui possiamo riscontrare la presenza di ‘immagini
tese’. Nella sua poesia “Dall’immagine tesa” troviamo una chiave interpretativa:
“Dall’immagine tesa/ vigilo l’istante/ con imminenza di attesa – e non aspetto nessuno” e
poi: “fra quattro mura/ stupefatte di spazio/ più che un deserto/ non aspetto nessuno”. È
questa l’emozione estetica trasmessa dai dipinti di Maria Carla Mancinelli, realizzati con
garze, strati di cemento bianco e bitume: non c’è nessuno da aspettare in questi spazi
apparentemente tranquilli. I paesaggi di città geometriche ma intrinsecamente caotiche,
rischiarati da una luna invadente o da un sole pallido emergono dalla creatività di Maria
Carla Mancinelli con un’ingannevole senso di calma e di attesa. Come dice Silvia Plath
in “The moon and the yew tree”, “La luna non è una porta, ma precisamente una faccia/
bianca come una nocca e terribilmente sconvolta. / Attira il mare come un buio relitto,
tranquilla/nell’O della sua bocca spalancata e disperata.” E all’inizio aveva detto “Questa è
la luce della memoria fredda e planetaria”. Questa luce straordinaria per essere allo stesso
tempo fredda e quieta è la cifra intensa e significativa di queste opere. E anche le piccole
sculture sembrano partecipare di questo senso di attesa e di mancanza di aspettative allo
stesso tempo, partecipi di una memoria antica, ‘fredda e planetaria’, che ci lascia come
risorsa solo una concentrata contemplazione di un caos ordinato e misterioso.
“Figurazioni di un’antichissima libera vita”: Prefiche, Erinni e colonne
Nei “Canti Orfici” Dino Campana evoca qualcosa che Massimo Melloni ha saputo
avverare nelle opere di questa mostra: “E allora figurazioni di un’antichissima libera
vita, di enormi miti solari, di stragi di orgie si crearono davanti al mio spirito. Rividi
un’antica immagine, una forma scheletrica vivente per la forza misteriosa di un mito
barbaro, gli occhi gorghi cangianti vividi di linfe oscure, nella tortura del sogno scoprire
il corpo vulcanizzato”. Le sue tre grandi Prefiche, così oscure e incombenti sono
straordinariamente solitarie e, attorniate dai dipinti, denominati ‘colonne’, configurano uno
spazio unico, dove assieme alla reverenza che implicano le tre incombenti figure proviamo
anche un senso di ‘teatro’, nella figurazione di un tempio che intende soggiogarci più
irridendo alle nostre incertezze che puntando alle nostre paure. E allora ci viene in mente
Rudyard Kipling e la sua bella poesia “I creatori di favole”: “Quando tutto il mondo vuol
tenere segreto qualcosa, / poiché la Verità è di rado amica della folla,/ Gli uomini scrivono
favole, come fece il vecchio Esopo/ Irridendo ciò che nessuno osa nominare ad alta voce.”
Così le tre grandi Prefiche assieme alle piccole Erinni attorniate dalle astratte ‘colonne’ e
dai lontani ‘orizzonti’ sono lì forse per prenderci in giro, soggiogandoci con il loro rituale
astratto.
di Stefania Fabri
Niente si addice più dei versi di Rimbaud a questi due artisti intelligenti e profondi, nonché
abili tecnicamente ma visionari. In “Veglie” il poeta all’inizio dice “È il riposo illuminato, né
febbre né languore, sul letto o sul prato”. E conclude “Sogno intenso e rapido di gruppi
sentimentali con esseri di tutti i caratteri tra tutte le apparenze.”
Ma tutta la mostra può essere descritta con le parole dei poeti.
“Dall’immagine tesa” alla luce “della memoria fredda e planetaria”
Clemente Rebora ha detto qualcosa che si attaglia bene ai paesaggi apparentemente
tranquilli di Maria Carla Mancinelli, in cui possiamo riscontrare la presenza di ‘immagini
tese’. Nella sua poesia “Dall’immagine tesa” troviamo una chiave interpretativa:
“Dall’immagine tesa/ vigilo l’istante/ con imminenza di attesa – e non aspetto nessuno” e
poi: “fra quattro mura/ stupefatte di spazio/ più che un deserto/ non aspetto nessuno”. È
questa l’emozione estetica trasmessa dai dipinti di Maria Carla Mancinelli, realizzati con
garze, strati di cemento bianco e bitume: non c’è nessuno da aspettare in questi spazi
apparentemente tranquilli. I paesaggi di città geometriche ma intrinsecamente caotiche,
rischiarati da una luna invadente o da un sole pallido emergono dalla creatività di Maria
Carla Mancinelli con un’ingannevole senso di calma e di attesa. Come dice Silvia Plath
in “The moon and the yew tree”, “La luna non è una porta, ma precisamente una faccia/
bianca come una nocca e terribilmente sconvolta. / Attira il mare come un buio relitto,
tranquilla/nell’O della sua bocca spalancata e disperata.” E all’inizio aveva detto “Questa è
la luce della memoria fredda e planetaria”. Questa luce straordinaria per essere allo stesso
tempo fredda e quieta è la cifra intensa e significativa di queste opere. E anche le piccole
sculture sembrano partecipare di questo senso di attesa e di mancanza di aspettative allo
stesso tempo, partecipi di una memoria antica, ‘fredda e planetaria’, che ci lascia come
risorsa solo una concentrata contemplazione di un caos ordinato e misterioso.
“Figurazioni di un’antichissima libera vita”: Prefiche, Erinni e colonne
Nei “Canti Orfici” Dino Campana evoca qualcosa che Massimo Melloni ha saputo
avverare nelle opere di questa mostra: “E allora figurazioni di un’antichissima libera
vita, di enormi miti solari, di stragi di orgie si crearono davanti al mio spirito. Rividi
un’antica immagine, una forma scheletrica vivente per la forza misteriosa di un mito
barbaro, gli occhi gorghi cangianti vividi di linfe oscure, nella tortura del sogno scoprire
il corpo vulcanizzato”. Le sue tre grandi Prefiche, così oscure e incombenti sono
straordinariamente solitarie e, attorniate dai dipinti, denominati ‘colonne’, configurano uno
spazio unico, dove assieme alla reverenza che implicano le tre incombenti figure proviamo
anche un senso di ‘teatro’, nella figurazione di un tempio che intende soggiogarci più
irridendo alle nostre incertezze che puntando alle nostre paure. E allora ci viene in mente
Rudyard Kipling e la sua bella poesia “I creatori di favole”: “Quando tutto il mondo vuol
tenere segreto qualcosa, / poiché la Verità è di rado amica della folla,/ Gli uomini scrivono
favole, come fece il vecchio Esopo/ Irridendo ciò che nessuno osa nominare ad alta voce.”
Così le tre grandi Prefiche assieme alle piccole Erinni attorniate dalle astratte ‘colonne’ e
dai lontani ‘orizzonti’ sono lì forse per prenderci in giro, soggiogandoci con il loro rituale
astratto.
16
settembre 2014
Maria Carla Mancinelli / Massimo Melloni – Apparenze
Dal 16 al 21 settembre 2014
arte contemporanea
Location
IL LABORATORIO
Roma, Via Del Moro, 49/50, (Roma)
Roma, Via Del Moro, 49/50, (Roma)
Orario di apertura
18-21
Vernissage
16 Settembre 2014, ore 18-21
Autore
Curatore