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Maria Cristina Spinao – Echi e silenzi
Personale di Maria Cristina Spinato
Comunicato stampa
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ECHI E SILENZI
leggeramente
inquietante e imprendibile…
Vorrei trovarmi, una mattina di novembre, nel bosco. E intravedere una pura agnizione, una danzatrice, nero-antracite, che mi si staglia, improvvisamente, di contro al cielo lattiginoso, fra tronchi e rami secchi, ingannandomi perfettamente sulla visione che mi offre: vorrei insomma credere, una volta per tutte, che il mondo dell’illusoria realtà esistesse davvero e fosse possibile, almeno per un istante, fondersi e confondersi con l’oltre, passare in un aldilà…
Non sono parole di follia. È semplicemente la riflessione dell’età che ormai sa separare l’essenziale dall’accessorio, sa distinguere ciò che vuole come punto di fuga all’interno del quadro della vita.
E di quadri della vita, nel lavoro di Maria Cristina Spinato, ce n’è tutta una scelta circolare e ricadente in se stessa.
Sono foto, di fatto: ma in realtà quadri. Perché lei, la ‘mano’ che ha deciso gli interventi sulla realtà fino a ricrearne una più sfuggente e più vera, ha riplasmato l’opera della natura o di Dio; l’ha ricondotta a un sé che ha deciso cosa vedere e cosa farci vedere, come vederlo e come farcelo vedere.
Echi e silenzi, dunque.
Si è parlato insieme – ma non più di un istante, di una mail – di titoli. Lei scettica e stancata dalla difficile scelta dei soggetti rivisitati e ricreati; io dall’esterno e, quindi, più pronto a suggerire perché meno bruciato dall’ansia che attraversa l’artista.
È uscita una ‘iscrizione’ suggestiva, un’epigrafe che indica, alla perfezione, la matura personalità di questa donna palpitante di un suo mondo nascosto dentro una ben serrata cassaforte, da cui ha estratto certi suoi tesori.
Lei non ama mostrarsi per ciò che la attraversa come un turbolento torrente montano. Preferisce sfumare le cascate delle emozioni in aperture lunghe di obiettivi che trasformano l’acqua dell’impeto in soffice nebbia, in pura inconsistenza: l’acqua della sua vita, leggeramente.
Così accade in questi ‘soggetti’ che arrivano come frecce alla nostra carne: o come sassi scagliati da fionde di popoli dei boschi nascosti negli alberi stessi della montagna, il suo vero elemento naturale. Dardi e sassi che colpiscono e stordiscono perché sono, al tempo stesso, echi di un mondo interiore e silenzi di una intimità vissuta che lei, la domina di queste dimensioni, percepisce, vive e condivide in maniera totale solo con se stessa e dopo essersi fatta occhio del silenzio e della fissità.
Nelle foto-quadri di questa mostra stupita e stupefacente, si intravedono tre filoni conduttori: nature morte, nature astratte, nature vere ma sottratte alla verità.
I fiori addormentano come in una sottilissima ipnosi. Sono un’orgia di essenze che suggeriscono decadenti emozioni alle quali abbandonarsi senza porsi domande.
Gli ‘alberi delle due radici’, diritte e rovesce, che reggono il mondo di cui non si sa quale sia l’alto e il basso, ci ammaliano additandoci l’incomprensibilità dell’essere fino ai limiti del reale: insieme alle rocce, alle erbe specchiate e, in un caso davvero emblematico, alla ‘doppia foresta della fata’, in cui lei, l’attrice del mondo, compare a dare motivazione e consistenza all’abbaglio con la sua veste rossa che parla, per simbolo, di passione e di forza.
Le Ninfe, come fuggite dalle illustrazioni del libro della Natura, sono lì, infine, in carne e ossa: ma solo per essere strappate dal concreto che ha un peso corporeo, ed essere fissate eternamente nella pura agnizione redenta dalla forza di gravità: ecco perché nature vere, ma astratte dalla verità.
Così vorrei trovarmi, una mattina di novembre, nel bosco. E intravedere una pura agnizione, una danzatrice che mi si staglia, di contro al cielo lattiginoso di nebbia, fra tronchi e rami secchi.
E finalmente sarei pronto a fondermi e confondermi con l’oltre, a passare in un aldilà…
Edoardo Bianchini
"..Maria Cristina Spinato dedica la propria ricerca artistica alla natura, con una predilezione e dedizione tutte “emersoniane” e trovando in essa la sua ideale dimensione esistenziale e creativa.
La fotografia digitale è il medium utilizzato dall’artista, la quale, partendo dal dato oggettivo, elabora immagini suggestive e dalle atmosfere vagamente “tardo romantiche”, nelle quali una natura incommensurabile si impossessa totalmente del campo visivo e lo domina incontrastata.."
Alessandro Trabucco
leggeramente
inquietante e imprendibile…
Vorrei trovarmi, una mattina di novembre, nel bosco. E intravedere una pura agnizione, una danzatrice, nero-antracite, che mi si staglia, improvvisamente, di contro al cielo lattiginoso, fra tronchi e rami secchi, ingannandomi perfettamente sulla visione che mi offre: vorrei insomma credere, una volta per tutte, che il mondo dell’illusoria realtà esistesse davvero e fosse possibile, almeno per un istante, fondersi e confondersi con l’oltre, passare in un aldilà…
Non sono parole di follia. È semplicemente la riflessione dell’età che ormai sa separare l’essenziale dall’accessorio, sa distinguere ciò che vuole come punto di fuga all’interno del quadro della vita.
E di quadri della vita, nel lavoro di Maria Cristina Spinato, ce n’è tutta una scelta circolare e ricadente in se stessa.
Sono foto, di fatto: ma in realtà quadri. Perché lei, la ‘mano’ che ha deciso gli interventi sulla realtà fino a ricrearne una più sfuggente e più vera, ha riplasmato l’opera della natura o di Dio; l’ha ricondotta a un sé che ha deciso cosa vedere e cosa farci vedere, come vederlo e come farcelo vedere.
Echi e silenzi, dunque.
Si è parlato insieme – ma non più di un istante, di una mail – di titoli. Lei scettica e stancata dalla difficile scelta dei soggetti rivisitati e ricreati; io dall’esterno e, quindi, più pronto a suggerire perché meno bruciato dall’ansia che attraversa l’artista.
È uscita una ‘iscrizione’ suggestiva, un’epigrafe che indica, alla perfezione, la matura personalità di questa donna palpitante di un suo mondo nascosto dentro una ben serrata cassaforte, da cui ha estratto certi suoi tesori.
Lei non ama mostrarsi per ciò che la attraversa come un turbolento torrente montano. Preferisce sfumare le cascate delle emozioni in aperture lunghe di obiettivi che trasformano l’acqua dell’impeto in soffice nebbia, in pura inconsistenza: l’acqua della sua vita, leggeramente.
Così accade in questi ‘soggetti’ che arrivano come frecce alla nostra carne: o come sassi scagliati da fionde di popoli dei boschi nascosti negli alberi stessi della montagna, il suo vero elemento naturale. Dardi e sassi che colpiscono e stordiscono perché sono, al tempo stesso, echi di un mondo interiore e silenzi di una intimità vissuta che lei, la domina di queste dimensioni, percepisce, vive e condivide in maniera totale solo con se stessa e dopo essersi fatta occhio del silenzio e della fissità.
Nelle foto-quadri di questa mostra stupita e stupefacente, si intravedono tre filoni conduttori: nature morte, nature astratte, nature vere ma sottratte alla verità.
I fiori addormentano come in una sottilissima ipnosi. Sono un’orgia di essenze che suggeriscono decadenti emozioni alle quali abbandonarsi senza porsi domande.
Gli ‘alberi delle due radici’, diritte e rovesce, che reggono il mondo di cui non si sa quale sia l’alto e il basso, ci ammaliano additandoci l’incomprensibilità dell’essere fino ai limiti del reale: insieme alle rocce, alle erbe specchiate e, in un caso davvero emblematico, alla ‘doppia foresta della fata’, in cui lei, l’attrice del mondo, compare a dare motivazione e consistenza all’abbaglio con la sua veste rossa che parla, per simbolo, di passione e di forza.
Le Ninfe, come fuggite dalle illustrazioni del libro della Natura, sono lì, infine, in carne e ossa: ma solo per essere strappate dal concreto che ha un peso corporeo, ed essere fissate eternamente nella pura agnizione redenta dalla forza di gravità: ecco perché nature vere, ma astratte dalla verità.
Così vorrei trovarmi, una mattina di novembre, nel bosco. E intravedere una pura agnizione, una danzatrice che mi si staglia, di contro al cielo lattiginoso di nebbia, fra tronchi e rami secchi.
E finalmente sarei pronto a fondermi e confondermi con l’oltre, a passare in un aldilà…
Edoardo Bianchini
"..Maria Cristina Spinato dedica la propria ricerca artistica alla natura, con una predilezione e dedizione tutte “emersoniane” e trovando in essa la sua ideale dimensione esistenziale e creativa.
La fotografia digitale è il medium utilizzato dall’artista, la quale, partendo dal dato oggettivo, elabora immagini suggestive e dalle atmosfere vagamente “tardo romantiche”, nelle quali una natura incommensurabile si impossessa totalmente del campo visivo e lo domina incontrastata.."
Alessandro Trabucco
20
luglio 2012
Maria Cristina Spinao – Echi e silenzi
Dal 20 luglio al 31 agosto 2012
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MARINO MARINI
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Orario di apertura
10-18
Vernissage
20 Luglio 2012, h 18.00
Autore
Curatore