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Maria Grazia Medda – Il dolore svelato
Maria Grazia Medda espone al Museo del Grano di Ortacesus, dal 25 novembre 2023 al 6 gennaio 2024, Il dolore svelato, a cura di Caterina Ghisu e Simone Mereu, con la partecipazione di Progresso donna e il patrocinio del Comune di Ortacesus.
Comunicato stampa
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Maria Grazia Medda espone al Museo del Grano di Ortacesus, dal 25 novembre 2023 al 6 gennaio 2024, Il dolore svelato, a cura di Caterina Ghisu e Simone Mereu, con la partecipazione di Progresso donna e il patrocinio del Comune di Ortacesus.
Le opere sono scaturite dalle riflessioni dell’artista su un fatto di cronaca del 1975, tristemente noto come il massacro del Circeo. Due ragazze di 17 e 19 anni vennero recluse, stuprate e seviziate in una villa del litorale laziale, fino a provocare la morte di una e la sopravvivenza - in un’agonia prolungata - dell’altra. Un fatto di cronaca che non si è mai cancellato dalla memoria degli italiani e delle italiane, sia per la sua barbarie ed efferatezza sia perché ne sono stati tratti documentari, romanzi, film e serie. Ai tempi del massacro del Circeo non esisteva ancora la parola femminicidio, e gli stupri e violenze sulle donne erano delitti contro la pubblica morale e non contro la persona, bisognerà infatti aspettare la Legge 66 del 15 febbraio 1996 perché il reato di violenza sessuale (o stupro) venisse riconosciuto come delitto contro la persona e contro la libera autodeterminazione della donna nella propria sfera sessuale.
In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, grazie allo spirito organizzativo di Angelica Baldus e di Progresso donna, abbiamo deciso di invitare Maria Grazia Medda ad esporre una selezione di questa sue serie di opere, esposta per la prima volta con il titolo Cantando sussurrati gridi, a cura di Alessandra Menesini, perché riteniamo che queste tele, iniziate nel 1989, siano oggi quanto mai attuali. Alcune recano sul retro la data 1996, anno della mostra ma anche della legge 66.
Quotidianamente le storie di violenza sulle donna ci propongono i brandelli di un’esistenza piegata, di un sentimento furiosamente interrotto, di una fiducia tradita, essi ci si mostrano straziati; Maria Grazia non li esibisce sfacciatamente ma li sussurra e li accoglie per ricomporli in forme armoniche, provando a riparare, ritessere e rammendare quel dolore svelato in nuove forme, come fa la vita, come sanno fare le donne.
Ecco le sue mani, che tirano fili di nylon, divenire subito dopo magico telaio, che cura, sana e ricostruisce in delicate forme ciò che la brutalità degli uomini ha profanato.
Del nylon dei collant non è rimasto che qualche brandello, ma nel cuore nessuna croce manca, viene da pensare, con le parole di Ungaretti. Collant tesi sulla tela come l’ostensione delle reliquie di un martirio, incrostati di sangue, lacrime e umori, spartiacque tra una vita precedente e una posteriore alla violenza. Unicamente una donna può raccontare le lacerazioni, gli strappi e le stramature dell’anima che la violenza sulle donne porta con sé. Solo una donna sensibile, quale Maria Grazia Medda è, può rivelare il senso profondo di quel dolore attraverso la metafora, forte nel senso ma delicata alla vista, delle calze velate strappate, bucate e sfilate, come la vita delle persone cui appartenevano. Collant che diventano la parte per il tutto, l’emblema della violenza, come ci racconta Maria Grazia: “Ho sempre pensato che i collant per noi donne sono un indumento intimo, quasi una seconda pelle, così le usai come strumento di denuncia. Sui collant feci tutto ciò che di male quei carnefici fecero sul corpo delle loro vittime: le bruciai, le strappai, le straziai, ma le ricucii anche con fili d’oro, perché noi donne siamo capaci di lenire e suturare le ferite. I collant che usai per la mostra “Cantando sussurrati gridi” del 1996, erano esclusivamente neri, con qualche pezzo di calza rossa; violenza ma anche forza di rinascita”.
Le abili dita di Maria Grazia con fili d’oro e d’argento segnano nuove trame e vestono di preziosità le lacune e le cicatrici interiori. Questa ricucitura con i fili d’oro rimanda all’arte giapponese del kintsugi, le riparazioni con l'oro delle tazze in ceramica per la cerimonia del tè, risalente al XV secolo, che suggerisce il valore conferito a una ferita, l’inizio del suo riscatto.
L’arte di Maria Grazia Medda interpreta il tema della violenza sulle donne con una drammaticità che si fa poesia e compianto, sceglie di dare voce al linguaggio della materia, e di adottare un canone astratto, per suscitare stati d'animo che muovono il pubblico verso sentimenti plurivoci come la rabbia, la pietas, la commozione, l’impotenza, la desolazione e lo sconforto. E se i sentimenti sono astratti, come il linguaggio artistico scelto da Maria Grazia Medda, la realtà che descrive è profondamente tangibile.
Il dolore svelato è una mostra che ha l’intento di dialogare con una cittadinanza che non smette di credere nel valore dell’impegno civile e della sua progettualità, e che, attraverso l’arte e grazie al supporto dell’associazionismo e del volontariato, tiene vigile e viva un’intera comunità.
Le opere sono scaturite dalle riflessioni dell’artista su un fatto di cronaca del 1975, tristemente noto come il massacro del Circeo. Due ragazze di 17 e 19 anni vennero recluse, stuprate e seviziate in una villa del litorale laziale, fino a provocare la morte di una e la sopravvivenza - in un’agonia prolungata - dell’altra. Un fatto di cronaca che non si è mai cancellato dalla memoria degli italiani e delle italiane, sia per la sua barbarie ed efferatezza sia perché ne sono stati tratti documentari, romanzi, film e serie. Ai tempi del massacro del Circeo non esisteva ancora la parola femminicidio, e gli stupri e violenze sulle donne erano delitti contro la pubblica morale e non contro la persona, bisognerà infatti aspettare la Legge 66 del 15 febbraio 1996 perché il reato di violenza sessuale (o stupro) venisse riconosciuto come delitto contro la persona e contro la libera autodeterminazione della donna nella propria sfera sessuale.
In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, grazie allo spirito organizzativo di Angelica Baldus e di Progresso donna, abbiamo deciso di invitare Maria Grazia Medda ad esporre una selezione di questa sue serie di opere, esposta per la prima volta con il titolo Cantando sussurrati gridi, a cura di Alessandra Menesini, perché riteniamo che queste tele, iniziate nel 1989, siano oggi quanto mai attuali. Alcune recano sul retro la data 1996, anno della mostra ma anche della legge 66.
Quotidianamente le storie di violenza sulle donna ci propongono i brandelli di un’esistenza piegata, di un sentimento furiosamente interrotto, di una fiducia tradita, essi ci si mostrano straziati; Maria Grazia non li esibisce sfacciatamente ma li sussurra e li accoglie per ricomporli in forme armoniche, provando a riparare, ritessere e rammendare quel dolore svelato in nuove forme, come fa la vita, come sanno fare le donne.
Ecco le sue mani, che tirano fili di nylon, divenire subito dopo magico telaio, che cura, sana e ricostruisce in delicate forme ciò che la brutalità degli uomini ha profanato.
Del nylon dei collant non è rimasto che qualche brandello, ma nel cuore nessuna croce manca, viene da pensare, con le parole di Ungaretti. Collant tesi sulla tela come l’ostensione delle reliquie di un martirio, incrostati di sangue, lacrime e umori, spartiacque tra una vita precedente e una posteriore alla violenza. Unicamente una donna può raccontare le lacerazioni, gli strappi e le stramature dell’anima che la violenza sulle donne porta con sé. Solo una donna sensibile, quale Maria Grazia Medda è, può rivelare il senso profondo di quel dolore attraverso la metafora, forte nel senso ma delicata alla vista, delle calze velate strappate, bucate e sfilate, come la vita delle persone cui appartenevano. Collant che diventano la parte per il tutto, l’emblema della violenza, come ci racconta Maria Grazia: “Ho sempre pensato che i collant per noi donne sono un indumento intimo, quasi una seconda pelle, così le usai come strumento di denuncia. Sui collant feci tutto ciò che di male quei carnefici fecero sul corpo delle loro vittime: le bruciai, le strappai, le straziai, ma le ricucii anche con fili d’oro, perché noi donne siamo capaci di lenire e suturare le ferite. I collant che usai per la mostra “Cantando sussurrati gridi” del 1996, erano esclusivamente neri, con qualche pezzo di calza rossa; violenza ma anche forza di rinascita”.
Le abili dita di Maria Grazia con fili d’oro e d’argento segnano nuove trame e vestono di preziosità le lacune e le cicatrici interiori. Questa ricucitura con i fili d’oro rimanda all’arte giapponese del kintsugi, le riparazioni con l'oro delle tazze in ceramica per la cerimonia del tè, risalente al XV secolo, che suggerisce il valore conferito a una ferita, l’inizio del suo riscatto.
L’arte di Maria Grazia Medda interpreta il tema della violenza sulle donne con una drammaticità che si fa poesia e compianto, sceglie di dare voce al linguaggio della materia, e di adottare un canone astratto, per suscitare stati d'animo che muovono il pubblico verso sentimenti plurivoci come la rabbia, la pietas, la commozione, l’impotenza, la desolazione e lo sconforto. E se i sentimenti sono astratti, come il linguaggio artistico scelto da Maria Grazia Medda, la realtà che descrive è profondamente tangibile.
Il dolore svelato è una mostra che ha l’intento di dialogare con una cittadinanza che non smette di credere nel valore dell’impegno civile e della sua progettualità, e che, attraverso l’arte e grazie al supporto dell’associazionismo e del volontariato, tiene vigile e viva un’intera comunità.
25
novembre 2023
Maria Grazia Medda – Il dolore svelato
Dal 25 novembre 2023 al 06 gennaio 2024
arte contemporanea
Location
Museo del Grano
Ortacesus, Via Sassari, (SU)
Ortacesus, Via Sassari, (SU)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10 - 20
Vernissage
25 Novembre 2023, ore 16:30
Ufficio stampa
Cooperativa Su Corongiu
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico
Produzione organizzazione