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Maria Laet – Gesto Minimo
La Galleria Riccardo Crespi presenta Gesto Minimo, la prima personale in Italia dell’artista brasiliana Maria Laet. Il percorso espositivo è cadenzato da gesti leggeri, talvolta impalpabili, che tracciano le impressioni che l’artista ritrova nella natura e nella realtà che la circonda.
Comunicato stampa
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La galleria Riccardo Crespi presenta Gesto Minimo, la prima personale in Italia dell’artista brasiliana Maria Laet.
Il percorso espositivo è cadenzato da gesti leggeri, talvolta impalpabili, che tracciano le impressioni che l’artista ritrova nella natura e nella realtà che la circonda. Gesti silenziosi che si traducono su semplici supporti dalla carta fotografica, al video, alla carta di riso giapponese.
Il primo ambiente della galleria è caratterizzato dal soffio, un’azione delicata, il segno di una performance che cerca una relazione attraverso un dialogo muto: l’artista e una sua coetanea soffiano l’inchiostro sulla carta cotone disegnando così i contorni imprevedibili di una loro presenza nel tempo. Un lavoro, Dialogue Series. Blowing (2008), che si compone di una serie di disegni dove il colore progressivamente si assottiglia per lasciare spazio alle impronte astratte frutto del loro incontro, oltre che delle fotografie di documentazione.
Un lungo respiro le fa da contrappunto, nel cavedio, con la proiezione del film Untitled (2010), dove la Laet ritrae un musicista nell’atto di suonare uno strumento a fiato cieco, coperto alle sue estremità da una membrana opaca, che ne impedisce un qualsiasi passaggio d’aria. Una poetica corrispondenza si crea tra il suono profondo che proviene dal ventre della tuba e l’immagine fluida del tessuto attentato dal soffio continuo, persistente, aprendo la percezione visiva e uditiva a uno spettro di intensità riconducibili all’incedere ondulato del mare.
Il mezzanino e il piano inferiore introducono il visitatore ai lavori fotografici dell’artista -Milk on pavement, 2008; Untitled (Polaroid Series), 2009; Untitled (Dialogue Series, Balloon and body), 2007- immagini che, ancora una volta, risentono della vitalità di azioni concrete (disegni e fotografie originate dal movimento incerto del corpo tra i palloncini e composizioni create scoprendo gli umidi interni delle polaroid) e dell’organicità dei materiali utilizzati che vengono da lei manipolati per esprimere una presenza fisica, anche se estemporanea, sulla terra.
Nata nel 1982 a Rio de Janeiro, Brasile. Vive e lavora a Rio de Janeiro.
Mostre personali: 2010 ‘Desenhos de Ar’, Centro Universitário Maria Antonia, San Paolo, Brasile
2010 ‘Eu fiz o nada aparecer’ (verso de Manoel de Barros) – Galeria A Gentil Carioca, Rio de Janeiro, Brasile.
Mostre collettive: 2010 ‘O lugar da linha’, Museu de Arte Contemporânea, Niterói, Brasile
2010 ‘O lugar da linha’, Paço das Artes, San Paolo, Brasile 2010 ‘Natura e destino’, Galleria Riccardo Crespi, Milano, Italia 2009 ‘TrAIN to Bad Ems’, Galerie Nord, Berlino, Germania 2008 ‘O contrato do Desenhista’, Plataforma Revolver, Lisbona, Portogallo 2008 ‘Little things’, The Parlour Project Space Gallery, Londra, Gran Bretagna 2008 ‘Reflect refract’, Rich Gallery, Londra, Gran Bretagna.
Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente.
Friedrich Nietzsche1
Esiste un tempo accelerato e limitato su cui l’uomo ha costruito la propria esistenza e c’è un tempo arcaico e percettivamente infinito che sfugge al controllo dell’essere umano: è l’istante perpetuo della natura, un fluire ininterrotto i cui effetti si palesano al nostro sguardo come tracce lasciate da un passaggio. Come la punteggiatura, le tracce definiscono un prima e un dopo, fissano un intervallo temporale e attribuiscono significato agli avvenimenti. Così l’impronta, ad esempio, ci permette di capire quando un animale è passato e che direzione ha preso. Allo stesso modo l’uomo moderno ha costruito monumenti e palazzi per punteggiare la sua presenza in un determinato luogo e uno specifico momento.
Il segno o anche ciò s’intende per gesto minimo è dunque l’elemento che interseca e percorre orizzontalmente prospettive temporali diverse: nella visione animista è la manifestazione dello spirito, nella cultura contemporanea è l’affermazione del punto di vista singolare e soggettivo. In questo senso, come poetica del gesto può essere letta la ricerca della giovane artista brasiliana Maria Laet. Attraverso l’uso di materiali con qualità organiche (come la garza, i palloncini, il filo tessile o la sabbia, il vento, il respiro e il latte) e servendosi prevalentemente del mezzo fotografico e del disegno, i suoi lavori esprimono la necessaria e insieme possibile riconciliazione del gesto umano alla natura.
Come l’artista stessa suggerisce “tutti gli elementi in natura esprimono i diversi modi con cui noi ci relazioniamo al mondo, agli altri e a noi stessi. Personalmente sono attratta dai materiali fluidi perché possiedono un certo grado di malleabilità in relazione al contesto. Hanno la capacità di riprodurre ed essere parte del movimento del reale, di qualcosa che è organico, mutevole e impalpabile.”
La traccia lasciata da un palloncino, dal corpo stesso dell’artista, dalla grafite sul foglio, dal latte sull’asfalto, sono il residuo a-temporale di un’azione performata, ma da cui lo spettatore è sistematicamente escluso, un’allusione continua ad un gesto che scivola sfuggente tra le dita.
Le opere di Maria Laet sono un esercizio d’essenzialità ed eleganza, che mentre sottraggono alla vista dello spettatore, ammiccano ad una processualità come accumulo di momenti.
D’altra parte la traccia è il tempo presente di ciò che è già avvenuto, è la memoria dell’azione fissata, ad esempio, sulla porosità della carta come nella serie Untitled (Dialogue Series. Blowing) 2008, in cui l’artista soffia su piccole quantità d’inchiostro dando vita a forme non calcolate e del
1 La Filosofia nell’epoca tragica dei Greci e scritti dal 1870 al 1873, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, tr. di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 1973.
tutto casuali o ancora le impronte tracciate da palloncini nello spazio di una stanza, come nel lavoro Untitled (Dialogue Series. Balloon and Body), 2007.
La poetica del gesto, come l’immaginazione materiale di Gaston Bachelard, richiede di individuare ed analizzare le forme specifiche attraverso cui la realtà si manifesta. In questo senso Maria Laet è stata influenza, seppur in modo del tutto indiretto, dalle spinte costruttiviste e gestaltiche del movimento neoconcreto, che riconosceva l’opera d’arte come organismo vivente, come quasi-corpus. E’ questa la radice storico-culturale che l’artista continua sistematicamente a ri-pensare e ri-elaborare attraverso il proprio lavoro. Così Untitled, 2010, video che mostra un performer nell’atto di suonare una tuba alla cui estremità è stata applicata una membrana trasparente, nella sua essenzialità spoglia esprime il senso poetico della realtà fenomenica, quella dell’affannoso respirare che si riflette nel contrarsi e rilassarsi della sottile membrana.
Maria Laet non crede dunque alla scomparsa della natura rimpiazzata dall’esclusivo potere della relazione sociale, come invece immaginava il filosofo francese Gabriel Tarde in Frammenti di storia futura. Se l’umano e il naturale devono necessariamente coesistere per la sopravvivenza reciproca è perché, afferma l’artista stessa, c’è una corrispondenza reale di forme e di movimenti, un’architettura totale ed organica che è allo stesso tempo prerogativa dell’uomo e della natura.
L’artista riesce a catturare i momenti di maggiore tensione e attrazione tra sostanze vitali diverse e lo fa fissando su carta o su fotografia l’evento nel momento dell’approssimarsi. La semplicità e la decisione del gesto, inoltre, esprimono la consapevolezza di una totalità vivente in cui l’uomo e la natura sono parti di un insieme eterogeneo.
Ogni tentativo di separazione è dunque soltanto un nuovo motivo per riaffermare la loro inscindibile unione.
Federica Bueti
Il percorso espositivo è cadenzato da gesti leggeri, talvolta impalpabili, che tracciano le impressioni che l’artista ritrova nella natura e nella realtà che la circonda. Gesti silenziosi che si traducono su semplici supporti dalla carta fotografica, al video, alla carta di riso giapponese.
Il primo ambiente della galleria è caratterizzato dal soffio, un’azione delicata, il segno di una performance che cerca una relazione attraverso un dialogo muto: l’artista e una sua coetanea soffiano l’inchiostro sulla carta cotone disegnando così i contorni imprevedibili di una loro presenza nel tempo. Un lavoro, Dialogue Series. Blowing (2008), che si compone di una serie di disegni dove il colore progressivamente si assottiglia per lasciare spazio alle impronte astratte frutto del loro incontro, oltre che delle fotografie di documentazione.
Un lungo respiro le fa da contrappunto, nel cavedio, con la proiezione del film Untitled (2010), dove la Laet ritrae un musicista nell’atto di suonare uno strumento a fiato cieco, coperto alle sue estremità da una membrana opaca, che ne impedisce un qualsiasi passaggio d’aria. Una poetica corrispondenza si crea tra il suono profondo che proviene dal ventre della tuba e l’immagine fluida del tessuto attentato dal soffio continuo, persistente, aprendo la percezione visiva e uditiva a uno spettro di intensità riconducibili all’incedere ondulato del mare.
Il mezzanino e il piano inferiore introducono il visitatore ai lavori fotografici dell’artista -Milk on pavement, 2008; Untitled (Polaroid Series), 2009; Untitled (Dialogue Series, Balloon and body), 2007- immagini che, ancora una volta, risentono della vitalità di azioni concrete (disegni e fotografie originate dal movimento incerto del corpo tra i palloncini e composizioni create scoprendo gli umidi interni delle polaroid) e dell’organicità dei materiali utilizzati che vengono da lei manipolati per esprimere una presenza fisica, anche se estemporanea, sulla terra.
Nata nel 1982 a Rio de Janeiro, Brasile. Vive e lavora a Rio de Janeiro.
Mostre personali: 2010 ‘Desenhos de Ar’, Centro Universitário Maria Antonia, San Paolo, Brasile
2010 ‘Eu fiz o nada aparecer’ (verso de Manoel de Barros) – Galeria A Gentil Carioca, Rio de Janeiro, Brasile.
Mostre collettive: 2010 ‘O lugar da linha’, Museu de Arte Contemporânea, Niterói, Brasile
2010 ‘O lugar da linha’, Paço das Artes, San Paolo, Brasile 2010 ‘Natura e destino’, Galleria Riccardo Crespi, Milano, Italia 2009 ‘TrAIN to Bad Ems’, Galerie Nord, Berlino, Germania 2008 ‘O contrato do Desenhista’, Plataforma Revolver, Lisbona, Portogallo 2008 ‘Little things’, The Parlour Project Space Gallery, Londra, Gran Bretagna 2008 ‘Reflect refract’, Rich Gallery, Londra, Gran Bretagna.
Il mondo non è nè vero nè reale, ma vivente.
Friedrich Nietzsche1
Esiste un tempo accelerato e limitato su cui l’uomo ha costruito la propria esistenza e c’è un tempo arcaico e percettivamente infinito che sfugge al controllo dell’essere umano: è l’istante perpetuo della natura, un fluire ininterrotto i cui effetti si palesano al nostro sguardo come tracce lasciate da un passaggio. Come la punteggiatura, le tracce definiscono un prima e un dopo, fissano un intervallo temporale e attribuiscono significato agli avvenimenti. Così l’impronta, ad esempio, ci permette di capire quando un animale è passato e che direzione ha preso. Allo stesso modo l’uomo moderno ha costruito monumenti e palazzi per punteggiare la sua presenza in un determinato luogo e uno specifico momento.
Il segno o anche ciò s’intende per gesto minimo è dunque l’elemento che interseca e percorre orizzontalmente prospettive temporali diverse: nella visione animista è la manifestazione dello spirito, nella cultura contemporanea è l’affermazione del punto di vista singolare e soggettivo. In questo senso, come poetica del gesto può essere letta la ricerca della giovane artista brasiliana Maria Laet. Attraverso l’uso di materiali con qualità organiche (come la garza, i palloncini, il filo tessile o la sabbia, il vento, il respiro e il latte) e servendosi prevalentemente del mezzo fotografico e del disegno, i suoi lavori esprimono la necessaria e insieme possibile riconciliazione del gesto umano alla natura.
Come l’artista stessa suggerisce “tutti gli elementi in natura esprimono i diversi modi con cui noi ci relazioniamo al mondo, agli altri e a noi stessi. Personalmente sono attratta dai materiali fluidi perché possiedono un certo grado di malleabilità in relazione al contesto. Hanno la capacità di riprodurre ed essere parte del movimento del reale, di qualcosa che è organico, mutevole e impalpabile.”
La traccia lasciata da un palloncino, dal corpo stesso dell’artista, dalla grafite sul foglio, dal latte sull’asfalto, sono il residuo a-temporale di un’azione performata, ma da cui lo spettatore è sistematicamente escluso, un’allusione continua ad un gesto che scivola sfuggente tra le dita.
Le opere di Maria Laet sono un esercizio d’essenzialità ed eleganza, che mentre sottraggono alla vista dello spettatore, ammiccano ad una processualità come accumulo di momenti.
D’altra parte la traccia è il tempo presente di ciò che è già avvenuto, è la memoria dell’azione fissata, ad esempio, sulla porosità della carta come nella serie Untitled (Dialogue Series. Blowing) 2008, in cui l’artista soffia su piccole quantità d’inchiostro dando vita a forme non calcolate e del
1 La Filosofia nell’epoca tragica dei Greci e scritti dal 1870 al 1873, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, tr. di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 1973.
tutto casuali o ancora le impronte tracciate da palloncini nello spazio di una stanza, come nel lavoro Untitled (Dialogue Series. Balloon and Body), 2007.
La poetica del gesto, come l’immaginazione materiale di Gaston Bachelard, richiede di individuare ed analizzare le forme specifiche attraverso cui la realtà si manifesta. In questo senso Maria Laet è stata influenza, seppur in modo del tutto indiretto, dalle spinte costruttiviste e gestaltiche del movimento neoconcreto, che riconosceva l’opera d’arte come organismo vivente, come quasi-corpus. E’ questa la radice storico-culturale che l’artista continua sistematicamente a ri-pensare e ri-elaborare attraverso il proprio lavoro. Così Untitled, 2010, video che mostra un performer nell’atto di suonare una tuba alla cui estremità è stata applicata una membrana trasparente, nella sua essenzialità spoglia esprime il senso poetico della realtà fenomenica, quella dell’affannoso respirare che si riflette nel contrarsi e rilassarsi della sottile membrana.
Maria Laet non crede dunque alla scomparsa della natura rimpiazzata dall’esclusivo potere della relazione sociale, come invece immaginava il filosofo francese Gabriel Tarde in Frammenti di storia futura. Se l’umano e il naturale devono necessariamente coesistere per la sopravvivenza reciproca è perché, afferma l’artista stessa, c’è una corrispondenza reale di forme e di movimenti, un’architettura totale ed organica che è allo stesso tempo prerogativa dell’uomo e della natura.
L’artista riesce a catturare i momenti di maggiore tensione e attrazione tra sostanze vitali diverse e lo fa fissando su carta o su fotografia l’evento nel momento dell’approssimarsi. La semplicità e la decisione del gesto, inoltre, esprimono la consapevolezza di una totalità vivente in cui l’uomo e la natura sono parti di un insieme eterogeneo.
Ogni tentativo di separazione è dunque soltanto un nuovo motivo per riaffermare la loro inscindibile unione.
Federica Bueti
11
novembre 2010
Maria Laet – Gesto Minimo
Dall'undici novembre all'undici dicembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA RICCARDO CRESPI
Milano, Via Giacomo Mellerio, 1, (Milano)
Milano, Via Giacomo Mellerio, 1, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 15-19.30
Vernissage
11 Novembre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore