Le opere che Maria Martinelli espone al Modì sono tratte dal Diario di viaggio, raccolta di foto scattate dall'autrice nei suoi viaggi, spesso in città del nord Europa, e poi sottoposte ad una complessa elaborazione, che invecchia e sbiadisce alcune zone: sembra così che gli elementi affiorino a poco a poco sulla tela, come avviene nel corso della stampa fotografica, quando l’immagine, presente ma ancora invisibile, appare lentamente sulla carta che galleggia nel liquido acido.
Il risultato finale è frutto di un approfondito lavoro di ricerca e di introspezione, visto che il proposito è quello di unire luoghi diversi e lontani tra di loro, visitati e ripresi a notevole distanza di tempo. A volte i luoghi si accostano da soli nella mente (è il ricordo stesso che li fa affiorare insieme), altre volte la ricerca di possibili accostamenti si fa occasione per una attenta analisi dei particolari, altre volte ancora il confronto fra le innumerevoli fotografie pone in risalto aspetti in precedenza trascurati e fa emergere con prepotenza le analogie tra luoghi molto distanti tra di loro, la mescolanza di culture, la stratificazione di eventi storici che lega, nel bene e nel male, città e popoli.
Ma lo spazio e il tempo sono concetti che l’essere umano ha creato per decodificare, classificare, interpretare il mondo e rassicurare (e incasellare) se stesso. Se eliminiamo i filtri sensoriali e concettuali, spazio e tempo sono illusioni: nel sogno, nella memoria, nel pensiero le immagini si sovrappongono, si mescolano, si fondono. E così è anche nel processo della creazione, che le opere in mostra riproducono nei vari aspetti e su diversi piani.