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Maria Mulas – Anni ’70 – 20mm
Sono ritratti che non intrudono, ma nascono da una partecipazione profonda; che sanno coniugare una relazione empatica e una consapevolezza critica, mai supponente; che congelano il soggetto per ricordarcelo, non lo fossilizzano per “conservarlo, ma lo trasmettono vivo e, come intento a un dialogo.
Comunicato stampa
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Biennale di Venezia 1978, PAC 1979, momenti topici per la cultura decennio fecondo; inaugurazioni, mondanità, lo jet set internazionale; due set fotografici per Maria Mulas che partecipa e scatti; attività, nel suo caso, sempre profondamente correlate. Perché Maria Mulas la fotografa non è distacco né ammiccamento, ma adesione. E’ un modo di esserci, di condividere il contesto, di testimoniare il proprio esserci stata.
Maria Mulas vive profondamente calata nell’ambiente della cultura, degli intellettuali e degli artisti; un mondo di sperimentazione, d’intelligenza, in molti casi - perché no - di successo. Un mondo fatto di scambi , di incontri, di conversazioni, che lei stessa contribuisce ad animare, e che sente come avventura quotidiana, ma non per questo meno impegnativa e appassionante.
Con acume e con intelligenza, con ironica consapevolezza, Maria guarda e riprende il teatro della vita: uno spettacolo in cui ognuno recita la propria parte, lei stessa per prima. Del resto è proprio dal teatro che inizia la sua avventura di fotografia.
Dalle sue fotografie è sistematicamente espunto ogni elemento aneddotico. E sebbene spesso intorno al soggetto si stiano svolgendo riti sociali significativi, quello sfondo tende per lo più a scomparire.
Ciò che la interessa sono gli individui; che dai suoi ritratti emergono nella singolarità e unicità; ognuno un protagonista con un nome e una biografia, una specificità. Il caleidoscopio di soggetti che ci offre non è soltanto un atlante sul quale esercitare lo sguardo; l’altro fotografato, non è mai appiattito in posizione passiva; è sempre a sua volta investito da un ruolo attivo, consapevole di essere guardato; in molti casi a sua volta ci guarda. Ciononostante dai ritratti di Maria Mulas emerge l’idea dell’individuo sempre inteso all’interno di una rete sociale.
E’ la dimensione pubblica della società, una dimensione in cui individualità e senso di cittadinanza risultano tra loro strettamente interconnesse. Nelle sue fotografie si sente fortemente il senso di un’esperienza vissuta. Maria Mulas conosce e riconosce, dice, ridice, si contraddice, vive e ritrae il proprio ambiente, ma dall’interno, con naturalezza, con consapevolezza e disinvoltura, con rigore e nonchalance, con precisione, ma senza retorica,
E come lei è unica, singolare ed eccentrica, mentre in torno a lei tutto- dagli abiti ai soprammobili- si moltiplica, prolifera, si fa plurale, così i suoi ritratti finiscono per scomporsi in una situazione corale, un insieme, seppur composto di personalità uniche e irripetibili.
Dunque durante l’inaugurazione della Biennale di Venezia del 1978 e del PAC nel 1979 Maria Mulas con la sua Nikon fotografa in bianco e nero artisti e intellettuali che circolano e flirtano in quei luoghi. Sperimenta una nuova tecnica utilizzando un obiettivo grandangolare 20 millimetri; ne risultano tratti alterati, dilatati e in risalto i visi e le mani, piccole le estremità inferiori, come fossero di scorcio.
Sono ritratti che non intrudono, ma nascono da una partecipazione profonda; che sanno coniugare una relazione empatica e una consapevolezza critica, mai supponente; che congelano il soggetto per ricordarcelo, non lo fossilizzano per “conservarlo, ma lo trasmettono vivo e, come intento a un dialogo.
E’ cronaca, ma non necessariamente legata all’attualità, bensì a ciò che lasciamo oggi a chi verrà dopo. E’ una storia visuale di un ambiente filtrata attraverso l’occhio di una persona, Maria Mulas, che, profondamente, sa scegliere “a prima vista”, con immediatezza, con naturalezza, che si guarda intorno con spirito positivo e con lucidità critica; e se alla cronaca attribuisce un significato che va oltre il presente, all’apparenza affida la possibilità di esprimere la sostanza.
testo critico di Gabi Scardi
Maria Mulas vive profondamente calata nell’ambiente della cultura, degli intellettuali e degli artisti; un mondo di sperimentazione, d’intelligenza, in molti casi - perché no - di successo. Un mondo fatto di scambi , di incontri, di conversazioni, che lei stessa contribuisce ad animare, e che sente come avventura quotidiana, ma non per questo meno impegnativa e appassionante.
Con acume e con intelligenza, con ironica consapevolezza, Maria guarda e riprende il teatro della vita: uno spettacolo in cui ognuno recita la propria parte, lei stessa per prima. Del resto è proprio dal teatro che inizia la sua avventura di fotografia.
Dalle sue fotografie è sistematicamente espunto ogni elemento aneddotico. E sebbene spesso intorno al soggetto si stiano svolgendo riti sociali significativi, quello sfondo tende per lo più a scomparire.
Ciò che la interessa sono gli individui; che dai suoi ritratti emergono nella singolarità e unicità; ognuno un protagonista con un nome e una biografia, una specificità. Il caleidoscopio di soggetti che ci offre non è soltanto un atlante sul quale esercitare lo sguardo; l’altro fotografato, non è mai appiattito in posizione passiva; è sempre a sua volta investito da un ruolo attivo, consapevole di essere guardato; in molti casi a sua volta ci guarda. Ciononostante dai ritratti di Maria Mulas emerge l’idea dell’individuo sempre inteso all’interno di una rete sociale.
E’ la dimensione pubblica della società, una dimensione in cui individualità e senso di cittadinanza risultano tra loro strettamente interconnesse. Nelle sue fotografie si sente fortemente il senso di un’esperienza vissuta. Maria Mulas conosce e riconosce, dice, ridice, si contraddice, vive e ritrae il proprio ambiente, ma dall’interno, con naturalezza, con consapevolezza e disinvoltura, con rigore e nonchalance, con precisione, ma senza retorica,
E come lei è unica, singolare ed eccentrica, mentre in torno a lei tutto- dagli abiti ai soprammobili- si moltiplica, prolifera, si fa plurale, così i suoi ritratti finiscono per scomporsi in una situazione corale, un insieme, seppur composto di personalità uniche e irripetibili.
Dunque durante l’inaugurazione della Biennale di Venezia del 1978 e del PAC nel 1979 Maria Mulas con la sua Nikon fotografa in bianco e nero artisti e intellettuali che circolano e flirtano in quei luoghi. Sperimenta una nuova tecnica utilizzando un obiettivo grandangolare 20 millimetri; ne risultano tratti alterati, dilatati e in risalto i visi e le mani, piccole le estremità inferiori, come fossero di scorcio.
Sono ritratti che non intrudono, ma nascono da una partecipazione profonda; che sanno coniugare una relazione empatica e una consapevolezza critica, mai supponente; che congelano il soggetto per ricordarcelo, non lo fossilizzano per “conservarlo, ma lo trasmettono vivo e, come intento a un dialogo.
E’ cronaca, ma non necessariamente legata all’attualità, bensì a ciò che lasciamo oggi a chi verrà dopo. E’ una storia visuale di un ambiente filtrata attraverso l’occhio di una persona, Maria Mulas, che, profondamente, sa scegliere “a prima vista”, con immediatezza, con naturalezza, che si guarda intorno con spirito positivo e con lucidità critica; e se alla cronaca attribuisce un significato che va oltre il presente, all’apparenza affida la possibilità di esprimere la sostanza.
testo critico di Gabi Scardi
04
maggio 2009
Maria Mulas – Anni ’70 – 20mm
Dal 04 al 30 maggio 2009
fotografia
Location
TUFANO STUDIO 25
Milano, Via Monfalcone, 34/a, (Milano)
Milano, Via Monfalcone, 34/a, (Milano)
Biglietti
libero
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle ore 16,00 alle ore 19,00 solo per appuntamento
Vernissage
4 Maggio 2009, dalle ore 18,00
Autore
Curatore