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Maria Pia Daidone / Salvatore Starace – Sguardi e Sagome
Opere recenti in tecnica mista degli artisti napoletani Maria Pia Daidone e Salvatore Starace.
Comunicato stampa
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Dopo le mostre di Ciro Barbaro Balducci, Decio Carelli, Daria Musso ed Antonio Fomez seguono a “Il Soppalco”, diretto da Nuccia Pulpo, le personali di Maria Pia Daidone e Salvatore Starace e seguirà quella di Alfredo Cordova e, così, si amplia la rassegna di mostre-scambio tra artisti di Caserta, Aversa, Ragusa, Catania, Milano, Napoli e Taranto, che sto curando.
Maria Pia Daidone , partendo dalla serie dedicata ai birilli, ha elaborato, oggi, una sagoma certa, di sapore antico e magico. E la nostra memoria critica ci accompagna a ricordare una serie di oggetti, provenienti dalla zona di Rocca San Felice, in genere dedicati alla dea Mefite e a Cerere, conservati al Museo Provinciale di Avellino. Il grande “Xoanon” e gli altri reperti di intaglio in legno, collocabili tra il VI e il V secolo a.C., furono rinvenuti nella Valle dell’Ansanto, presso il tempio dedicato alla dea Mefite. Furono ritrovati in perfetto stato di conservazione, favorito, probabilmente, dalla natura del terreno. “Xoanon”, in greco, significava intaglio e con questo nome si finì per indicare i volti delle divinità intagliate. I fenomeni geologici, i pericolosi soffioni velenosi e le polle di fango ribollenti impressionarono fortemente le popolazioni di quella zona che trovarono nel culto della dea Mefite la loro protettrice. I lavori attuali dell’artista serbano umori ancestrali e riferimenti antropologici e richiamano, in parallelo, le opere succitate.
Le sagome, incise o disposte su legno, su cui insistono segni, segnacoli, segnature, graffi, incisioni, strofinature, accostamenti di sacro e profano, condensano sintesi estreme e rivelano trattamenti di privilegiati cromatismi “noir”. Le opere, quindi, risultano in parte lucide, perché riscontro di accarezzamenti di cere, smalti, inchiostri e vernici, ed in parte matte, perché ombreggiate dalla grafite e da misurate sottrazioni opache. Qu este magiche sagome, esposte di recente al Museo Mineralogico Campano di Vico Equense, raccolgono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano a tempi antichi, in cui un graffito si poneva come primo elemento segnico-simbolico di interpretazione del mondo e di comunicazione sociale.
Salvatore Starace è riuscito a fissare la parte costitutiva della ringhiera del ponte di Seiano (amena frazione del Comune di Vico Equense, sulla costiera sorrentina) in segno estetico. Si sa che le ringhiere dei ponti proteggono la vita di chi vi transita o di chi vi si sofferma, ad esempio, a rimirare panorami. Il ponte unisce, attraversa, ma può anche dividere, e può essere rotto, interrotto, ricostruito, superato, scavalcato, sollevato, affondato, sbriciolato, sospeso, risistemato, abbellito, colorato ..... Insomma, il ponte, oltre ad essere via di comunicazione, presenta tutte le caratteristiche per alimentare punti d'osservazione. E il nostro contemporaneo, con le sue luci e le sue ombre, è valutato e riportato da Salvatore Starace in fresche elaborazioni, in tecnica mista. L'artista, fondamentalmente, annoda, accoppia, stringe, associa elementi vari, diversi e variegati con il riporto segnico-grafico dei modulo della ringhiera dei ponte di Seiano. Il fruitore vedrà sempre nelle sue opere il modulo della ringhiera, riproposto, talvolta, con tagli di sezione, associato a ritagli fantasiosi o legato a fatti contemporanei, ripresi da giornali o da riviste. Quindi, un segno della propria identità territoriale fatto proprio e metabolizzato in senso creativo assiste agli eventi del mondo o accompagna ricerche, squisitamente impostate, di intelligente caratura e di notevole carattere. Salvatore Starace racconta con tocco premiante. Abbiamo controllato, a lungo, la sua ultima produzione, che ha accolto ulteriori istanze e risulta ben impostata negli equilibri, e l'abbiamo considerata, immediatamente, di qualità per gli esiti raggiunti. L'artista, estrapolando sintesi e toni da accorsate o quasi sconosciute pubblicazioni, dispone carte, toccate o invase da colori, affiancandole ad una base modulare, e calibra, così, rapsodiche tracce iconiche. Addizioni fotografiche di oggetti comuni, in qualità di cunei mediatici, e rilevate particolarità estetiche di elezione, come il modulo della ringhiera del ponte di Seiano, ricombinate in tagli estremi e definite in brillanti soluzioni, segni fantasiosi, segnali politici ed etici, segnacoli di realtà caleidoscopiche costituiscono una cifra corsiva, imbevuta di alcuni tratti correnti e di intriganti velocizzazioni di notazioni corsare. Le misurate immagini di Salvatore Starace coagulano reliquati visivi ed informazioni attuali, ma, soprattutto, corroborano una sapiente sintassi che sfuma la dimensione figurativa ed impaginano sintetici colloqui col mondo.
Maurizio Vitiello
Maria Pia Daidone , partendo dalla serie dedicata ai birilli, ha elaborato, oggi, una sagoma certa, di sapore antico e magico. E la nostra memoria critica ci accompagna a ricordare una serie di oggetti, provenienti dalla zona di Rocca San Felice, in genere dedicati alla dea Mefite e a Cerere, conservati al Museo Provinciale di Avellino. Il grande “Xoanon” e gli altri reperti di intaglio in legno, collocabili tra il VI e il V secolo a.C., furono rinvenuti nella Valle dell’Ansanto, presso il tempio dedicato alla dea Mefite. Furono ritrovati in perfetto stato di conservazione, favorito, probabilmente, dalla natura del terreno. “Xoanon”, in greco, significava intaglio e con questo nome si finì per indicare i volti delle divinità intagliate. I fenomeni geologici, i pericolosi soffioni velenosi e le polle di fango ribollenti impressionarono fortemente le popolazioni di quella zona che trovarono nel culto della dea Mefite la loro protettrice. I lavori attuali dell’artista serbano umori ancestrali e riferimenti antropologici e richiamano, in parallelo, le opere succitate.
Le sagome, incise o disposte su legno, su cui insistono segni, segnacoli, segnature, graffi, incisioni, strofinature, accostamenti di sacro e profano, condensano sintesi estreme e rivelano trattamenti di privilegiati cromatismi “noir”. Le opere, quindi, risultano in parte lucide, perché riscontro di accarezzamenti di cere, smalti, inchiostri e vernici, ed in parte matte, perché ombreggiate dalla grafite e da misurate sottrazioni opache. Qu este magiche sagome, esposte di recente al Museo Mineralogico Campano di Vico Equense, raccolgono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano a tempi antichi, in cui un graffito si poneva come primo elemento segnico-simbolico di interpretazione del mondo e di comunicazione sociale.
Salvatore Starace è riuscito a fissare la parte costitutiva della ringhiera del ponte di Seiano (amena frazione del Comune di Vico Equense, sulla costiera sorrentina) in segno estetico. Si sa che le ringhiere dei ponti proteggono la vita di chi vi transita o di chi vi si sofferma, ad esempio, a rimirare panorami. Il ponte unisce, attraversa, ma può anche dividere, e può essere rotto, interrotto, ricostruito, superato, scavalcato, sollevato, affondato, sbriciolato, sospeso, risistemato, abbellito, colorato ..... Insomma, il ponte, oltre ad essere via di comunicazione, presenta tutte le caratteristiche per alimentare punti d'osservazione. E il nostro contemporaneo, con le sue luci e le sue ombre, è valutato e riportato da Salvatore Starace in fresche elaborazioni, in tecnica mista. L'artista, fondamentalmente, annoda, accoppia, stringe, associa elementi vari, diversi e variegati con il riporto segnico-grafico dei modulo della ringhiera dei ponte di Seiano. Il fruitore vedrà sempre nelle sue opere il modulo della ringhiera, riproposto, talvolta, con tagli di sezione, associato a ritagli fantasiosi o legato a fatti contemporanei, ripresi da giornali o da riviste. Quindi, un segno della propria identità territoriale fatto proprio e metabolizzato in senso creativo assiste agli eventi del mondo o accompagna ricerche, squisitamente impostate, di intelligente caratura e di notevole carattere. Salvatore Starace racconta con tocco premiante. Abbiamo controllato, a lungo, la sua ultima produzione, che ha accolto ulteriori istanze e risulta ben impostata negli equilibri, e l'abbiamo considerata, immediatamente, di qualità per gli esiti raggiunti. L'artista, estrapolando sintesi e toni da accorsate o quasi sconosciute pubblicazioni, dispone carte, toccate o invase da colori, affiancandole ad una base modulare, e calibra, così, rapsodiche tracce iconiche. Addizioni fotografiche di oggetti comuni, in qualità di cunei mediatici, e rilevate particolarità estetiche di elezione, come il modulo della ringhiera del ponte di Seiano, ricombinate in tagli estremi e definite in brillanti soluzioni, segni fantasiosi, segnali politici ed etici, segnacoli di realtà caleidoscopiche costituiscono una cifra corsiva, imbevuta di alcuni tratti correnti e di intriganti velocizzazioni di notazioni corsare. Le misurate immagini di Salvatore Starace coagulano reliquati visivi ed informazioni attuali, ma, soprattutto, corroborano una sapiente sintassi che sfuma la dimensione figurativa ed impaginano sintetici colloqui col mondo.
Maurizio Vitiello
13
marzo 2004
Maria Pia Daidone / Salvatore Starace – Sguardi e Sagome
Dal 13 al 27 marzo 2004
arte contemporanea
Location
SPAZIOARTE IL SOPPALCO
Taranto, Corso Umberto I, 136, (Taranto)
Taranto, Corso Umberto I, 136, (Taranto)
Orario di apertura
l1/12 – 17/20; chiuso: domenica e lunedì mattino
Vernissage
13 Marzo 2004, ore 18