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Marianne Flotron / Pilvi Takala
Quali trasformazioni sta subendo il mondo del lavoro a livello
globale? Che rapporto c’è tra i modelli della flessibilità
diffusa e il lavoro creativo? La fine della rigidità del
modello fordista ha prodotto uno scenario realmente più
libero, dinamico e a misura d’uomo o ha solo superficialmente
mutato i propri metodi per perseguire i medesimi obiettivi di
produzione?
Comunicato stampa
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Quali trasformazioni sta subendo il mondo del lavoro a livello
globale? Che rapporto c’è tra i modelli della flessibilità
diffusa e il lavoro creativo? La fine della rigidità del
modello fordista ha prodotto uno scenario realmente più
libero, dinamico e a misura d’uomo o ha solo superficialmente
mutato i propri metodi per perseguire i medesimi obiettivi di
produzione?
Il
progetto
espositivo
affronta
questo
complesso
di
interrogativi dando spazio alle opere di due artiste che
vi stanno dedicando particolare attenzione e profondità
di analisi. Nella diversità delle loro ricerche, Marianne
Flotron (Svizzera, 1970) e Pilvi Takala (Finlandia, 1981)
applicano modelli di analisi affini, come il role-playing e
la simulazione di identità fittizie, al fine di penetrare
all’interno di sistemi professionali chiusi e analizzarne le
caratteristiche. Dalle loro ricerche, il lavoro dipendente si
configura oggi come un laboratorio avanzato di programmazione
sociale, di controllo psicologico e sottomissione mentale,
finalizzato a trasformare il singolo sempre più in un
addomesticato strumento di profitto, incapace di opporre
resistenza al sistema nel quale è vincolato.
Fired (2007) è stato realizzato da Flotron all’interno
di
un’azienda
olandese
durante
una
reale
sessione
di
addestramento tecnico e psicologico finalizzato ad insegnare
ai manager la prassi per licenziare i dipendenti. Adottando la
tecnica del role-playing, un’istruttrice inscena un colloquio
con uno dei manager inscenando il ruolo di un’impiegata
convocata per avere la notizia del licenziamento. La parola
“licenziamento” non viene mai pronunciata nel corso del
dialogo, in accordo a una prassi che evita miratamente ogni
termine troppo diretto per favorire piuttosto un approccio
sfuggente, mirato a disarmare l’aggressività emotiva del
dipendente
sino
a
soggiogarlo
all’ineluttabilità
della
decisione dell’azienda.
Work (2011) è il risultato di una ricerca a lungo termine
condotta da Flotron nel contesto di una grande compagnia
assicurativa privata ad Amsterdam. Struttura esemplare del
lavoro creativo in un grande contesto aziendale del nuovo
millennio, l’azienda offre ai suoi dipendenti retribuzioni
salariali consistenti, benefit e una grande flessibilità di
orario, che consente ai lavoratori di usare l’ufficio in
grande libertà nel rispetto degli obiettivi di produzioni.
Realizzata in forma di workshop con i dipendenti dell’azienda,
l’opera mostra come il modello aziendalista contemporaneo,
fondato
su
creatività,
flessibilità,
orari
fluidi
e
identificazione emotiva e personale nel lavoro, sia fondato
su una logica antidemocratica e fortemente verticistica,
finalizzata a rendere il lavoratore una pedina addestrata
al consenso volontario e alla passività intellettuale nei
confronti dell’azienda.
Per realizzare The Trainee (2008), Pilvi Takala ha trascorso
un mese come stagista presso la sede finlandese di Deloitte,
una grande multinazionale di consulenza. Durante il mese,
sotto la copertura di un nome fittizio, l’artista ha
trascorso intere giornate seduta senza fare nulla alla
sua scrivania, motivando tale comportamento come opera
creativa di brain work. Takala ha operato come un virus,
decostruendo dall’interno in termini provocatori la logica
della produttività aziendale, sino a mettere in dubbio il
senso stesso degli obiettivi corporate. L’inattività da brain
work appare ai dipendenti di Deloitte come una minaccia verso
la loro identità professionale e una faglia aperta nel culto
dell’obbedienza e dell’autoidentificazione verso l’azienda.
In tal modo la critica di Takala assume il sapore di un
consapevole attivismo nichilista, dove proprio il non far
nulla, l’inazione assoluta, diventa il gesto più radicale
possibile, la denuncia di una mancanza di senso assoluta
che diventa l’antitesi più forte all’ideologia del lavoro
corporate del nuovo millennio.
Con il gentile sostegno:
Provincia Autonoma di Bolzano, Alto Adige, Deutsche Kultur
Fondazione Cassa di Risparmio, Alto Adige
Città di Bolzano, Ufficio Cultura
Mondriaan Fund, Amsterdam
Pro Helvetia, Zurigo
boConcept Store, Bolzano
globale? Che rapporto c’è tra i modelli della flessibilità
diffusa e il lavoro creativo? La fine della rigidità del
modello fordista ha prodotto uno scenario realmente più
libero, dinamico e a misura d’uomo o ha solo superficialmente
mutato i propri metodi per perseguire i medesimi obiettivi di
produzione?
Il
progetto
espositivo
affronta
questo
complesso
di
interrogativi dando spazio alle opere di due artiste che
vi stanno dedicando particolare attenzione e profondità
di analisi. Nella diversità delle loro ricerche, Marianne
Flotron (Svizzera, 1970) e Pilvi Takala (Finlandia, 1981)
applicano modelli di analisi affini, come il role-playing e
la simulazione di identità fittizie, al fine di penetrare
all’interno di sistemi professionali chiusi e analizzarne le
caratteristiche. Dalle loro ricerche, il lavoro dipendente si
configura oggi come un laboratorio avanzato di programmazione
sociale, di controllo psicologico e sottomissione mentale,
finalizzato a trasformare il singolo sempre più in un
addomesticato strumento di profitto, incapace di opporre
resistenza al sistema nel quale è vincolato.
Fired (2007) è stato realizzato da Flotron all’interno
di
un’azienda
olandese
durante
una
reale
sessione
di
addestramento tecnico e psicologico finalizzato ad insegnare
ai manager la prassi per licenziare i dipendenti. Adottando la
tecnica del role-playing, un’istruttrice inscena un colloquio
con uno dei manager inscenando il ruolo di un’impiegata
convocata per avere la notizia del licenziamento. La parola
“licenziamento” non viene mai pronunciata nel corso del
dialogo, in accordo a una prassi che evita miratamente ogni
termine troppo diretto per favorire piuttosto un approccio
sfuggente, mirato a disarmare l’aggressività emotiva del
dipendente
sino
a
soggiogarlo
all’ineluttabilità
della
decisione dell’azienda.
Work (2011) è il risultato di una ricerca a lungo termine
condotta da Flotron nel contesto di una grande compagnia
assicurativa privata ad Amsterdam. Struttura esemplare del
lavoro creativo in un grande contesto aziendale del nuovo
millennio, l’azienda offre ai suoi dipendenti retribuzioni
salariali consistenti, benefit e una grande flessibilità di
orario, che consente ai lavoratori di usare l’ufficio in
grande libertà nel rispetto degli obiettivi di produzioni.
Realizzata in forma di workshop con i dipendenti dell’azienda,
l’opera mostra come il modello aziendalista contemporaneo,
fondato
su
creatività,
flessibilità,
orari
fluidi
e
identificazione emotiva e personale nel lavoro, sia fondato
su una logica antidemocratica e fortemente verticistica,
finalizzata a rendere il lavoratore una pedina addestrata
al consenso volontario e alla passività intellettuale nei
confronti dell’azienda.
Per realizzare The Trainee (2008), Pilvi Takala ha trascorso
un mese come stagista presso la sede finlandese di Deloitte,
una grande multinazionale di consulenza. Durante il mese,
sotto la copertura di un nome fittizio, l’artista ha
trascorso intere giornate seduta senza fare nulla alla
sua scrivania, motivando tale comportamento come opera
creativa di brain work. Takala ha operato come un virus,
decostruendo dall’interno in termini provocatori la logica
della produttività aziendale, sino a mettere in dubbio il
senso stesso degli obiettivi corporate. L’inattività da brain
work appare ai dipendenti di Deloitte come una minaccia verso
la loro identità professionale e una faglia aperta nel culto
dell’obbedienza e dell’autoidentificazione verso l’azienda.
In tal modo la critica di Takala assume il sapore di un
consapevole attivismo nichilista, dove proprio il non far
nulla, l’inazione assoluta, diventa il gesto più radicale
possibile, la denuncia di una mancanza di senso assoluta
che diventa l’antitesi più forte all’ideologia del lavoro
corporate del nuovo millennio.
Con il gentile sostegno:
Provincia Autonoma di Bolzano, Alto Adige, Deutsche Kultur
Fondazione Cassa di Risparmio, Alto Adige
Città di Bolzano, Ufficio Cultura
Mondriaan Fund, Amsterdam
Pro Helvetia, Zurigo
boConcept Store, Bolzano
01
febbraio 2013
Marianne Flotron / Pilvi Takala
Dal primo al 23 febbraio 2013
arte contemporanea
Location
AR/GE KUNST GALLERIA MUSEO
Bolzano, Via Museo, 29, (Bolzano)
Bolzano, Via Museo, 29, (Bolzano)
Orario di apertura
Ma-Ve 10 – 13, 15 – 19 e Sa 10 – 13
Vernissage
1 Febbraio 2013, h 18
Autore
Curatore