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Marika Carniti Bollea – Realismo Magico in Scena e nell’Abitare
Una mostra unica, evocativa che celebra il talento di una persona da sempre schiva che ha deciso finalmente di farsi conoscere anche dal grande pubblico.
Comunicato stampa
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La mostra “Realismo magico in scena e nell’abitare di Marika Carniti Bollea”, ospitata al Complesso del Vittoriano dal 6 settembre al 7 ottobre 2012, vuole far conoscere l’universo creativo della outsider Marika Carniti Bollea, interior designer, scenografa costumista, magnetica esponente del design artigianale, attraverso oggetti, disegni, progetti, scenografie, fotografie delle case realizzate, degli interni, degli arredi, delle architetture che hanno come filo conduttore quello di una artigianalità made in Italy non disgiunta da echi di grandi Maestri del passato e del presente in una visone che si fa incantata e magica. Nell’opera di Marika Carniti Bollea motivi classici sono uniti a motivi barocchi, a sogno, a luce, a disegni ora lineari e purissimi ora romantici ed evocativi.
“... continui ad inventare questi Suoi interni deliziosi, soavi; leggeri, utopici e anacronistici, reazionari e d’avanguardia, bianchi e neri, nazi-fascisti e stalinisti, incantevoli e raccapriccianti, oggetto adatto a qualsiasi parola in libertà e al suo contrario.” (Bruno Zevi).
La mostra è promossa da Roma Capitale con il Patrocinio della Regione Lazio – Assessorato alla Cultura, Arte e Sport – e della Provincia di Roma – Assessorato alle Politiche Culturali. L’esposizione, che è a cura di Claudio Strinati, è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando e sarà inaugurata mercoledì 5 settembre alle ore 17.30 presso il Complesso del Vittoriano.
Marika Carniti Bollea nasce da un’antica famiglia genovese. L’educazione severissima, chiusa a qualsiasi stimolo esterno, le sviluppa quel profondo bisogno di evasione che si manifesterà poi da adulta in quel realismo magico e surreale, sedimentato nei suoi sogni di collegiale indisciplinata e ribelle. Inizia a frequentare i Musei e il Teatro alla Scala di Milano al quale suo padre, intellettuale colto e raffinato, aveva donato una parte dei suoi risparmi per la ricostruzione. A 17 anni torna in famiglia a Milano dove sposa uno dei più affermati industriali di macchine tessili e motori marini, Dario Carniti, che la travolge in una dinamica internazionale e dal quale avrà tre figli. Dal 1956 al 1970 visita gli USA e soggiorna spesso a New York, dove assiste alla nascita delle varie avanguardie locali. Nel 1970 inizia la sua reale solitaria attività che continuerà a Roma dove, ritrovando gli ideali del padre nella straordinaria figura di Giovanni Bollea, fondatore della neuropsichiatria infantile italiana, si risposa, dedicandosi in primis al suo impegno sociale e ai valori della sua causa e poi al suo lavoro di interior designer.
La mostra
La mostra ospitata al Complesso del Vittoriano fa trapelare come, alternando perfezione ad imperfezione, costruzione a decostruzione, si possa proporre l’idea entusiasmante e provocatoria di fuggire dalle ossessioni della routine per rifugiarsi nel sublime, senza ancorarsi alle leggi del consumismo.
Marika Carniti Bollea inizia già adulta, a Milano, il suo viaggio fantastico nel realismo visionario, che oltrepassa il razionalismo, incoraggiata da maestri appartenenti a scuole diametralmente opposte come l’architetto Caneva, Gae Aulenti e Renzo Mongiardino. Ed è proprio Mongiardino ad inserire nelle sue case le famose lampade a conchiglia. Il fondatore di AD Italia, Ettore Mocchetti, ne scopre il talento e vuole subito farla conoscere negli Usa pubblicandone i primi lavori, su Architectural Digest a Los Angeles. Gli americani titolano così il famoso tempietto di San Babila: “Innovation in Milan” e AD in Italia: “Miracolo a Milano”. I suoi scenari sono sempre segnati da un movimento surreale, che ribalta continuamente la realtà delle cose. Marika Carniti Bollea, testimone di un’altissima cultura, spazia dalla pittura alla scenografia teatrale, applaudita nei vari teatri, da Bonn alla Washington Opera e alla Fenice di Venezia, al Real di Madrid e all’Opera di Trieste sempre con la regia del figlio Marco Carniti.
Incoraggia le impostazioni artistico - culturali di alcuni giovani, tra i quali Ron Arad, cantore in libertà, che segue puntualmente fin dai suoi esordi. Da quando conosce giovanissima Richard Mayer a New York, non allenta mai l’attenzione sui volumi esterni, entusiasmandosi della poetica di Zaha Adid e Dominique Perrault che –potendo tornare indietro nell’adolescenza - avrebbe desiderato come maestri. Nelle case si esprime in scenari sempre assolutamente diversi, stimolando artificialmente la realtà e accelerandone le prospettive, in un processo metafisico che la committenza non le chiede - ma che inconsciamente desidera - e lei sa interpretare. Gillo Dorfles la definisce un outsider sia per la strada che ha scelto sia per aver avuto il coraggio di seguirla, senza cercar la commercializzazione e senza assecondare nessuna scuola. Teatrale ed allusiva, anticipa per prima il ritorno all’artigianato totale. Al Piccolo Teatro di Milano, Giorgio Strehler la ospita nella scena del “Come tu mi vuoi” di Pirandello per presentare il libro sui suoi lavori “Interni fantastici”.
Strehler dice: “Carniti Bollea ha inventato il teatro nella casa ed ha saputo giocare con l’infanzia dell’arte e con la propria cultura visiva, mantenendosi sempre però sotto le righe. Ella accondiscende, infatti, ad una visibilità professionale, affidata soltanto alla gioia della realizzazione del suo mondo fantastico.”
Renzo Piano rimane colpito dalla sua fantasia artistica e la spinge a continuare nell’interpretazione degli interni con lo stesso equilibrio che riusce a creare nel teatro. Commenta: “il suo bellissimo lavoro mi ha molto divertito e affascinato: veramente pieno di idee; molto interessante la sua apparente ingenuità nel continuare il cammino tra le grandi opere della pittura moderna, oggi messe un po’ in disparte dall’arte contemporanea; l’emozione nel riproporla all’interno della casa mi sembra pura scenografia che nasce dallo stupore e dall’incanto.”
E Paolo Portoghesi scrive: “Marika farà sognare molte persone che desiderano una casa, nel senso che rompe totalmente con la tradizione, non tanto per il fatto che abbia inventato una formula, ma quanto per il fatto che i suoi arredamenti sono in realtà dei racconti, dei fatti teatrali, sono delle messe in scena in cui tuttavia non è protagonista chi ha disegnato l’arredo, ma le persone che l’hanno chiesto: sicuramente una galleria di ritratti”.
Il critico d’arte Gerard Fontaine dichiara il suo realismo astratto nella casa come la nuova Strada praticabile, anche nell’espressione teatrale e lirica. Una strada mitteleuropea che in Italia Giorgio Strehler aveva proposto lungo tutto il suo emozionante percorso artistico. Lei ne segue l’iter e tenta di trasferire nelle sue case quel sentimento poetico e misterioso che si respirava al Piccolo Teatro dove intuisce come il realismo totale sia volgare, mentre il tutto astratto incompatibile con la funzione quotidiana. Ne cerca quindi la giusta equidistanza. Oggi parlano di lei come di un’autodidatta che ha cercato l’equilibrio tra intelligenza emotiva e contenuto relazionale, scoprendo la strada della fuga visionaria nel disegno e nei colori. Cesare Cunaccia afferma che “incrocia simboli e arcani, fugaci suggestioni, sottile ironia e sontuose, imprendibili morgane di idee”; Alfio Mongelli sottolinea che “Marika abbina parti classiche ed invenzioni nuove, forme geometriche definite e movimenti barocchi, linee e curve. In ogni spazio da lei immaginato ci si può immergere in interessanti percorsi tra arte visiva ed architetture dello spazio, in cui la sensibilità sprigiona sofisticate visioni da vivere” e Giulio Carlo Argan esclama “gli interni di Marika Carniti Bollea invitano a riunirsi, sedere, conversare e sognare.”
“... continui ad inventare questi Suoi interni deliziosi, soavi; leggeri, utopici e anacronistici, reazionari e d’avanguardia, bianchi e neri, nazi-fascisti e stalinisti, incantevoli e raccapriccianti, oggetto adatto a qualsiasi parola in libertà e al suo contrario.” (Bruno Zevi).
La mostra è promossa da Roma Capitale con il Patrocinio della Regione Lazio – Assessorato alla Cultura, Arte e Sport – e della Provincia di Roma – Assessorato alle Politiche Culturali. L’esposizione, che è a cura di Claudio Strinati, è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando e sarà inaugurata mercoledì 5 settembre alle ore 17.30 presso il Complesso del Vittoriano.
Marika Carniti Bollea nasce da un’antica famiglia genovese. L’educazione severissima, chiusa a qualsiasi stimolo esterno, le sviluppa quel profondo bisogno di evasione che si manifesterà poi da adulta in quel realismo magico e surreale, sedimentato nei suoi sogni di collegiale indisciplinata e ribelle. Inizia a frequentare i Musei e il Teatro alla Scala di Milano al quale suo padre, intellettuale colto e raffinato, aveva donato una parte dei suoi risparmi per la ricostruzione. A 17 anni torna in famiglia a Milano dove sposa uno dei più affermati industriali di macchine tessili e motori marini, Dario Carniti, che la travolge in una dinamica internazionale e dal quale avrà tre figli. Dal 1956 al 1970 visita gli USA e soggiorna spesso a New York, dove assiste alla nascita delle varie avanguardie locali. Nel 1970 inizia la sua reale solitaria attività che continuerà a Roma dove, ritrovando gli ideali del padre nella straordinaria figura di Giovanni Bollea, fondatore della neuropsichiatria infantile italiana, si risposa, dedicandosi in primis al suo impegno sociale e ai valori della sua causa e poi al suo lavoro di interior designer.
La mostra
La mostra ospitata al Complesso del Vittoriano fa trapelare come, alternando perfezione ad imperfezione, costruzione a decostruzione, si possa proporre l’idea entusiasmante e provocatoria di fuggire dalle ossessioni della routine per rifugiarsi nel sublime, senza ancorarsi alle leggi del consumismo.
Marika Carniti Bollea inizia già adulta, a Milano, il suo viaggio fantastico nel realismo visionario, che oltrepassa il razionalismo, incoraggiata da maestri appartenenti a scuole diametralmente opposte come l’architetto Caneva, Gae Aulenti e Renzo Mongiardino. Ed è proprio Mongiardino ad inserire nelle sue case le famose lampade a conchiglia. Il fondatore di AD Italia, Ettore Mocchetti, ne scopre il talento e vuole subito farla conoscere negli Usa pubblicandone i primi lavori, su Architectural Digest a Los Angeles. Gli americani titolano così il famoso tempietto di San Babila: “Innovation in Milan” e AD in Italia: “Miracolo a Milano”. I suoi scenari sono sempre segnati da un movimento surreale, che ribalta continuamente la realtà delle cose. Marika Carniti Bollea, testimone di un’altissima cultura, spazia dalla pittura alla scenografia teatrale, applaudita nei vari teatri, da Bonn alla Washington Opera e alla Fenice di Venezia, al Real di Madrid e all’Opera di Trieste sempre con la regia del figlio Marco Carniti.
Incoraggia le impostazioni artistico - culturali di alcuni giovani, tra i quali Ron Arad, cantore in libertà, che segue puntualmente fin dai suoi esordi. Da quando conosce giovanissima Richard Mayer a New York, non allenta mai l’attenzione sui volumi esterni, entusiasmandosi della poetica di Zaha Adid e Dominique Perrault che –potendo tornare indietro nell’adolescenza - avrebbe desiderato come maestri. Nelle case si esprime in scenari sempre assolutamente diversi, stimolando artificialmente la realtà e accelerandone le prospettive, in un processo metafisico che la committenza non le chiede - ma che inconsciamente desidera - e lei sa interpretare. Gillo Dorfles la definisce un outsider sia per la strada che ha scelto sia per aver avuto il coraggio di seguirla, senza cercar la commercializzazione e senza assecondare nessuna scuola. Teatrale ed allusiva, anticipa per prima il ritorno all’artigianato totale. Al Piccolo Teatro di Milano, Giorgio Strehler la ospita nella scena del “Come tu mi vuoi” di Pirandello per presentare il libro sui suoi lavori “Interni fantastici”.
Strehler dice: “Carniti Bollea ha inventato il teatro nella casa ed ha saputo giocare con l’infanzia dell’arte e con la propria cultura visiva, mantenendosi sempre però sotto le righe. Ella accondiscende, infatti, ad una visibilità professionale, affidata soltanto alla gioia della realizzazione del suo mondo fantastico.”
Renzo Piano rimane colpito dalla sua fantasia artistica e la spinge a continuare nell’interpretazione degli interni con lo stesso equilibrio che riusce a creare nel teatro. Commenta: “il suo bellissimo lavoro mi ha molto divertito e affascinato: veramente pieno di idee; molto interessante la sua apparente ingenuità nel continuare il cammino tra le grandi opere della pittura moderna, oggi messe un po’ in disparte dall’arte contemporanea; l’emozione nel riproporla all’interno della casa mi sembra pura scenografia che nasce dallo stupore e dall’incanto.”
E Paolo Portoghesi scrive: “Marika farà sognare molte persone che desiderano una casa, nel senso che rompe totalmente con la tradizione, non tanto per il fatto che abbia inventato una formula, ma quanto per il fatto che i suoi arredamenti sono in realtà dei racconti, dei fatti teatrali, sono delle messe in scena in cui tuttavia non è protagonista chi ha disegnato l’arredo, ma le persone che l’hanno chiesto: sicuramente una galleria di ritratti”.
Il critico d’arte Gerard Fontaine dichiara il suo realismo astratto nella casa come la nuova Strada praticabile, anche nell’espressione teatrale e lirica. Una strada mitteleuropea che in Italia Giorgio Strehler aveva proposto lungo tutto il suo emozionante percorso artistico. Lei ne segue l’iter e tenta di trasferire nelle sue case quel sentimento poetico e misterioso che si respirava al Piccolo Teatro dove intuisce come il realismo totale sia volgare, mentre il tutto astratto incompatibile con la funzione quotidiana. Ne cerca quindi la giusta equidistanza. Oggi parlano di lei come di un’autodidatta che ha cercato l’equilibrio tra intelligenza emotiva e contenuto relazionale, scoprendo la strada della fuga visionaria nel disegno e nei colori. Cesare Cunaccia afferma che “incrocia simboli e arcani, fugaci suggestioni, sottile ironia e sontuose, imprendibili morgane di idee”; Alfio Mongelli sottolinea che “Marika abbina parti classiche ed invenzioni nuove, forme geometriche definite e movimenti barocchi, linee e curve. In ogni spazio da lei immaginato ci si può immergere in interessanti percorsi tra arte visiva ed architetture dello spazio, in cui la sensibilità sprigiona sofisticate visioni da vivere” e Giulio Carlo Argan esclama “gli interni di Marika Carniti Bollea invitano a riunirsi, sedere, conversare e sognare.”
05
settembre 2012
Marika Carniti Bollea – Realismo Magico in Scena e nell’Abitare
Dal 05 settembre al 07 ottobre 2012
arte contemporanea
Location
COMPLESSO DEL VITTORIANO
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni 9.30 – 19.30
Vernissage
5 Settembre 2012, ore 17.30
Sito web
www.marikacarnitibollea.it
Editore
CHRISTIAN MARETTI
Ufficio stampa
EQUA
Ufficio stampa
COMUNICAREORGANIZZANDO
Autore
Curatore