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Marina Mazzega – Infiniti flussi
Presenti in mostra una ventina di opere di piccole e medie dimensioni realizzate con una nuova tecnica esecutiva sperimentale che, pur realizzandosi con gli strumenti propri della pittura (tele e colori), ridiscute il concetto stesso del dipingere, fondendo riflessione e azione, idea e materia.
Comunicato stampa
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Si inaugura sabato 21 ottobre 2017, alle ore 18, presso gli spazi espositivi della Galleria San Lorenzo di Venezia Mestre (Piazza Ferretto, 119; vedi scheda evento allegata), Infiniti flussi, personale della pittrice Marina Mazzega.
La mostra, visitabile fino a domenica 29 ottobre 2017, è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Quelli della Macchia e Segnoperenne.
Infiniti flussi presenterà al pubblico una selezione critica di lavori tratti dall’ultimo ciclo di ricerca di Marina Mazzega, realizzati per l’appuntamento mestrino ed esposti per la prima volta.
Il lungo percorso artistico di Marina Mazzega, da sempre incentrato sul colore e sul segno grafico e condotto con libertà espressiva alla ricerca di armoniche coesistenze formali sulla tela, è infatti determinato oggi da una significativa svolta linguistica concettuale e da una profonda riflessione sulla propria condizione esistenziale; un nuovo filone di analisi che non interrompe il tragitto fin qui compiuto dalla pittrice, piuttosto lo evolve, espandendolo verso nuove direzioni, per contemplare un campo di analisi più vasto e assoluto e aprirsi a nuove strategie d’indagine di quella stessa realtà che ora necessita, per essere colta nella sua interezza, di nuovi metaforici punti di vista.
Presenti in mostra una ventina di opere di piccole e medie dimensioni realizzate con una nuova tecnica esecutiva sperimentale che, pur realizzandosi con gli strumenti propri della pittura (tele e colori), ridiscute il concetto stesso del dipingere, fonde riflessione e azione, idea e materia, tesi e antitesi, flussi e reflussi, per condurre il pubblico in un percorso sospeso tra forme pittoriche e forme scultoree, verso una scoperta di una nuova percezione del mondo materico analizzato attraverso percorsi multisensoriali di riflessione sulle molte e potenziali verità della visione e del guardare.
Scrive Gaetano Salerno, a proposito della nuova ricerca dell’artista, nel testo critico Infiniti flussi:
“ […] Una simbolica operazione mentale di decostruzione e ricostruzione del testo pittorico (sintetizzato in Flussi e reflussi, il dittico che simbolicamente introduce il nuovo ciclo di lavori) per trovare nella struttura stessa della tela, nel materiale che in un passato recente ne aveva docilmente accolto il segno, nuovi pretesti testuali e nuove forme d’utilizzo, prima d’ora mai sperimentate.
La tela pittorica, ora affrontata nella sua condizione primordiale e virginale (un bianco embrione che tutto può ancora potenzialmente accogliere), viene tagliata in lunghe e sottili strisce; ciascuna striscia poi, con l’ausilio di grossi ferri da maglia, è arrotolata, contorta, piegata, ricomposta in intricate strutture arabescate e arricciate che l’artista, con circoscritta casualità, riattacca su una nuova superficie pittorica, saturandola non più mediante la ricca e articolata tavolozza con la quale era solita procedere bensì delineando flussi ininterrotti di nastri di canapa o juta, di pieni e di vuoti, di estroflessioni e introflessioni, di piegamenti e ripiegamenti; (di)segni armonici marcati da rialzi e avvallamenti della materia che ora, autoreferenziale, rinuncia definitivamente a qualsiasi forma del comprensibile per divenire pura astrazione della propria essenza, unico contenitore di significato e significante, e determinare enunciati e fraseggi ritmici e ipnotici, scanditi da accumuli che esprimono ciascuno un sintagma inscindibile di una nuova e infinita forma del narrare e, come tale, deve essere percepito e inteso per comprendere la complessa verità dell’insieme, tortuosa ma lineare come il lungo e infinito flusso di strisce di tela.
L’esigenza dell’artista di individuare nel materiale destituito della sua funzione primaria, distaccato dal telaio e restituito lungo questo ininterrotto filo del nulla aggrappato al nulla (privato della sua funzione comunicativa e della sua potenzialità comunicativa), lascia così emergere, da questi recenti, lavori una nuova ragion d’essere e di esistere, estranea alle possibili icone nelle quali la precisa ma statica definizione pittorica ne avrebbe condotto e relegato il senso, e una nuova connotazione soggettiva nel mondo delle immagini, introdotta da evocativi titoli e decretata da strutture dinamiche, intrinsecamente ed estrinsecamente modificate da un’azione che sulla tela non termina ma proprio dalla tela muove ed evolve.
Operare il taglio della tela e impedirne un utilizzo ortodosso diviene il gesto manuale e meccanico per instaurare un differente grado di affinità elettiva con l’oggetto metamorfizzato e riappropriarsi della propria vis espressiva approfondendo nuove variabili grazie alle quali la materia, ridotta a brandelli e dunque apparentemente inutilizzabile, si apre invece e significativamente a nuovi utilizzi, prestata a un simbolico riciclo che diviene espressione del passaggio con il quale Marina Mazzega rivede se stessa e attraverso il quale fronteggia e supera le difficoltà conoscitive imposte da uno strumento percettivo (l’occhio) non più totalmente percipiente.
La ricerca vitale dell’artista viene così ricondotta allo stesso processo di ri-semantizzazione della tela che rivive nel riflusso (citazione - ironica e tragica - di ciò che è stata) della sua essenza e sopravvive nel ricorso a nuove strategie strutturali per non giacere, privata del segno, vuota e abbandonata.
Gli spazi bianchi delle tele, già ricolmi di lunghi e debordanti segmenti di tessuto intrecciato, elementi sia narrativi sia decorativi, vengono poi ricolmati dal flusso omogeneo delle vernici spray.
Iperboli cromatiche cancellano così ciascuno spazio vitale, occultano ciascun vuoto esistenziale; una seconda azione manuale e meccanica dunque, anch’essa dichiaratamente impersonale e rapida (estranea a chi, come Marina, era invece solita realizzare nella lenta riflessione dell’azione del pennello il proprio lavoro), ricopre e cela così il candore primordiale, uniforma il fronte e retro di questi sottili fili fino a realizzare opere significativamente monocrome che tra i simbolici non-colori bianco e nero (l’inizio e la fine di questa ricerca) attraversano tutto lo spettro cromatico.
Tra rimandi spazialisti di fontaniana memoria e spunti burriani ispirati ai codici dell’arte povera - laddove cioè l’oggetto-tela si presta a significative e tautologiche azioni dissacratorie divenendo contemporaneamente mezzo e fine della speculazione filosofica - la ricerca di Marina Mazzega si caratterizza, a sua volta, per l’atto perentorio, dal forte valore concettuale (il taglio che lacera, il taglio che modifica, il taglio che non concede rammarichi né ripensamenti), ormai unidirezionale […]”.
(testo critico completo, a cura di Gaetano Salerno, disponibile in galleria)
Marina Mazzega
Dipinge dagli anni ' 80, dopo aver frequentato la Scuola Steineriana.
Negli anni si è imposta grazie alla capacità di rinnovare continuamente il proprio linguaggio e il proprio segno, facendo della pittura un continuo campo di ricerca.
E' stata allieva del pittore Carlo Mialich dal quale ha appreso la tecnica dell'acquarello, poi ha studiato grafica con Alberto Benvenuti, ha appreso la tecnica della pittura a olio da Giorgio De Battista e infine il maestro Pietro Barbieri le ha insegnato i vari modi di usare il colore conducendola a una nuova libertà interpretativa.
Ha esposto in prestigiose gallerie d’arte pubbliche e private, ha partecipato a vari concorsi nazionali e internazionali riscuotendo sempre vivo consenso sia di pubblico sia di critica.
La sua ricerca artistica si basa sull'interpretazione dei grandi classici e sulla ricerca del colore che l’artista usa per mostrare le proprie emozioni e i propri sentimenti, tentando di superare il limite imposto dalle tecniche espressive usuali.
La pittrice Marina Mazzega sarà presente presso la Galleria San Lorenzo di Venezia Mestre, sabato 21 ottobre 2017, introdotta dal critico d’arte Gaetano Salerno.
La mostra, visitabile fino a domenica 29 ottobre 2017, è curata dal critico d’arte Gaetano Salerno e realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Quelli della Macchia e Segnoperenne.
Infiniti flussi presenterà al pubblico una selezione critica di lavori tratti dall’ultimo ciclo di ricerca di Marina Mazzega, realizzati per l’appuntamento mestrino ed esposti per la prima volta.
Il lungo percorso artistico di Marina Mazzega, da sempre incentrato sul colore e sul segno grafico e condotto con libertà espressiva alla ricerca di armoniche coesistenze formali sulla tela, è infatti determinato oggi da una significativa svolta linguistica concettuale e da una profonda riflessione sulla propria condizione esistenziale; un nuovo filone di analisi che non interrompe il tragitto fin qui compiuto dalla pittrice, piuttosto lo evolve, espandendolo verso nuove direzioni, per contemplare un campo di analisi più vasto e assoluto e aprirsi a nuove strategie d’indagine di quella stessa realtà che ora necessita, per essere colta nella sua interezza, di nuovi metaforici punti di vista.
Presenti in mostra una ventina di opere di piccole e medie dimensioni realizzate con una nuova tecnica esecutiva sperimentale che, pur realizzandosi con gli strumenti propri della pittura (tele e colori), ridiscute il concetto stesso del dipingere, fonde riflessione e azione, idea e materia, tesi e antitesi, flussi e reflussi, per condurre il pubblico in un percorso sospeso tra forme pittoriche e forme scultoree, verso una scoperta di una nuova percezione del mondo materico analizzato attraverso percorsi multisensoriali di riflessione sulle molte e potenziali verità della visione e del guardare.
Scrive Gaetano Salerno, a proposito della nuova ricerca dell’artista, nel testo critico Infiniti flussi:
“ […] Una simbolica operazione mentale di decostruzione e ricostruzione del testo pittorico (sintetizzato in Flussi e reflussi, il dittico che simbolicamente introduce il nuovo ciclo di lavori) per trovare nella struttura stessa della tela, nel materiale che in un passato recente ne aveva docilmente accolto il segno, nuovi pretesti testuali e nuove forme d’utilizzo, prima d’ora mai sperimentate.
La tela pittorica, ora affrontata nella sua condizione primordiale e virginale (un bianco embrione che tutto può ancora potenzialmente accogliere), viene tagliata in lunghe e sottili strisce; ciascuna striscia poi, con l’ausilio di grossi ferri da maglia, è arrotolata, contorta, piegata, ricomposta in intricate strutture arabescate e arricciate che l’artista, con circoscritta casualità, riattacca su una nuova superficie pittorica, saturandola non più mediante la ricca e articolata tavolozza con la quale era solita procedere bensì delineando flussi ininterrotti di nastri di canapa o juta, di pieni e di vuoti, di estroflessioni e introflessioni, di piegamenti e ripiegamenti; (di)segni armonici marcati da rialzi e avvallamenti della materia che ora, autoreferenziale, rinuncia definitivamente a qualsiasi forma del comprensibile per divenire pura astrazione della propria essenza, unico contenitore di significato e significante, e determinare enunciati e fraseggi ritmici e ipnotici, scanditi da accumuli che esprimono ciascuno un sintagma inscindibile di una nuova e infinita forma del narrare e, come tale, deve essere percepito e inteso per comprendere la complessa verità dell’insieme, tortuosa ma lineare come il lungo e infinito flusso di strisce di tela.
L’esigenza dell’artista di individuare nel materiale destituito della sua funzione primaria, distaccato dal telaio e restituito lungo questo ininterrotto filo del nulla aggrappato al nulla (privato della sua funzione comunicativa e della sua potenzialità comunicativa), lascia così emergere, da questi recenti, lavori una nuova ragion d’essere e di esistere, estranea alle possibili icone nelle quali la precisa ma statica definizione pittorica ne avrebbe condotto e relegato il senso, e una nuova connotazione soggettiva nel mondo delle immagini, introdotta da evocativi titoli e decretata da strutture dinamiche, intrinsecamente ed estrinsecamente modificate da un’azione che sulla tela non termina ma proprio dalla tela muove ed evolve.
Operare il taglio della tela e impedirne un utilizzo ortodosso diviene il gesto manuale e meccanico per instaurare un differente grado di affinità elettiva con l’oggetto metamorfizzato e riappropriarsi della propria vis espressiva approfondendo nuove variabili grazie alle quali la materia, ridotta a brandelli e dunque apparentemente inutilizzabile, si apre invece e significativamente a nuovi utilizzi, prestata a un simbolico riciclo che diviene espressione del passaggio con il quale Marina Mazzega rivede se stessa e attraverso il quale fronteggia e supera le difficoltà conoscitive imposte da uno strumento percettivo (l’occhio) non più totalmente percipiente.
La ricerca vitale dell’artista viene così ricondotta allo stesso processo di ri-semantizzazione della tela che rivive nel riflusso (citazione - ironica e tragica - di ciò che è stata) della sua essenza e sopravvive nel ricorso a nuove strategie strutturali per non giacere, privata del segno, vuota e abbandonata.
Gli spazi bianchi delle tele, già ricolmi di lunghi e debordanti segmenti di tessuto intrecciato, elementi sia narrativi sia decorativi, vengono poi ricolmati dal flusso omogeneo delle vernici spray.
Iperboli cromatiche cancellano così ciascuno spazio vitale, occultano ciascun vuoto esistenziale; una seconda azione manuale e meccanica dunque, anch’essa dichiaratamente impersonale e rapida (estranea a chi, come Marina, era invece solita realizzare nella lenta riflessione dell’azione del pennello il proprio lavoro), ricopre e cela così il candore primordiale, uniforma il fronte e retro di questi sottili fili fino a realizzare opere significativamente monocrome che tra i simbolici non-colori bianco e nero (l’inizio e la fine di questa ricerca) attraversano tutto lo spettro cromatico.
Tra rimandi spazialisti di fontaniana memoria e spunti burriani ispirati ai codici dell’arte povera - laddove cioè l’oggetto-tela si presta a significative e tautologiche azioni dissacratorie divenendo contemporaneamente mezzo e fine della speculazione filosofica - la ricerca di Marina Mazzega si caratterizza, a sua volta, per l’atto perentorio, dal forte valore concettuale (il taglio che lacera, il taglio che modifica, il taglio che non concede rammarichi né ripensamenti), ormai unidirezionale […]”.
(testo critico completo, a cura di Gaetano Salerno, disponibile in galleria)
Marina Mazzega
Dipinge dagli anni ' 80, dopo aver frequentato la Scuola Steineriana.
Negli anni si è imposta grazie alla capacità di rinnovare continuamente il proprio linguaggio e il proprio segno, facendo della pittura un continuo campo di ricerca.
E' stata allieva del pittore Carlo Mialich dal quale ha appreso la tecnica dell'acquarello, poi ha studiato grafica con Alberto Benvenuti, ha appreso la tecnica della pittura a olio da Giorgio De Battista e infine il maestro Pietro Barbieri le ha insegnato i vari modi di usare il colore conducendola a una nuova libertà interpretativa.
Ha esposto in prestigiose gallerie d’arte pubbliche e private, ha partecipato a vari concorsi nazionali e internazionali riscuotendo sempre vivo consenso sia di pubblico sia di critica.
La sua ricerca artistica si basa sull'interpretazione dei grandi classici e sulla ricerca del colore che l’artista usa per mostrare le proprie emozioni e i propri sentimenti, tentando di superare il limite imposto dalle tecniche espressive usuali.
La pittrice Marina Mazzega sarà presente presso la Galleria San Lorenzo di Venezia Mestre, sabato 21 ottobre 2017, introdotta dal critico d’arte Gaetano Salerno.
21
ottobre 2017
Marina Mazzega – Infiniti flussi
Dal 21 al 29 ottobre 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA SAN LORENZO
Venezia, Piazza Erminio Ferretto, 119, (Venezia)
Venezia, Piazza Erminio Ferretto, 119, (Venezia)
Orario di apertura
lunedì - sabato 17 – 19
domenica 10 - 12
Vernissage
21 Ottobre 2017, ore 18
Autore
Curatore