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Mario Bessarione – Espressionismo riflessivo
personale
Comunicato stampa
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Mario Bessarione
“Espressionismo riflessivo”
…nel controluce della conoscenza.
Dino Del Vecchio
Il flusso temporale della natura concorre dinamicamente a cogliere il grado poetico da cui estrarre nuove immagini… Mario Bessarione sembra ritrovare nell’oggi il senso della dualità nel riproporre “modelli” che ravvisano “l’espressione del pensiero” da contrapporre agli stereotipi del tripudio anacronistico nelle vicende artistiche degli anni Ottanta-Novanta.
Una straordinaria vitalità sostenta il fine della trasformazione, indicata nel pensiero che illumina il gesto, evidente espressione di una ricerca colta in forme polimateriche per tradurre in immagini una realtà “altra” destinata ad essere “collocata” nello spazio tridimensionale.
Una policromia plastica di assoluta originalità sorregge il dettato esperenziale della ricerca i cui esiti si fanno evidenti per la molteplicità dei suoi interessi che incrociano tracce di memoria storica nell’atto di preordinare l’origine del suo “progetto”; nella postura concettuale la base del suo annunzio quando introduce l’enunciato “riflessivo” nella sfera intima in cui soggiace ogni radice che origina l’espressività.
In questo procedere l’artista concretizza un contrappunto che, per la complessità degli aggetti materici, ibridati con il supporto, declina relazioni percettive per l’intreccio che coagula leggerezza vibratile d’ali trasvolanti da nativi trasalimenti, corpi e lacerti di terragna tenebrosità. Un’antinomia tra sogno e realtà, il punto di fusione che attinge reversibilità, quindi di dilatazione delle potenzialità espressive, il simbolo della commistione, nella dialettica tra conoscenza e mistero, contrapposto a un mondo incolore e piatto. Si chiarisce il senso e il significato dei “Macrosegni” esasperati nella prepotenza della luce che genera l’ansia, per la possibilità di accadimenti. Essi assumono un valore simbolico, consentendo il perdurare di una dimensione salvifica, che avvertiamo quando Bessarione mira a scomporre il colore che de-fluisce nel bianco: la matrice di ogni luce il correlato del processo astrattivo del pensiero che genera la “riflessione”
Su questa sconfinata potenzialità dell’accadimento, la sensibilità del poeta e l’intuito del matematico segnano il principio di una mitica povertà che, nel richiamare il fatidico storico “recupero”, concilia istinto e calcolo in una sorta di espressionismo ambiguo direi improprio, per i referenti oggettivi che Mario Bessarione utilizza per le sue alchimie. Nuclei di forme e di colore di vitalità reattiva accendono acute dissonanze, sussulti e impennate nel controluce della conoscenza e del mistero che riscattano l’inerzia della materia proiettata per occupare lo spazio della suggestione.
In fondo gli accadimenti generano un valore simbolico quando nei componimenti, la “prepotenza” della luce esaspera i contrasti che correlati di azione soggettiva, esplicitano con chiarezza che tali implosioni rifluiscono dalle radici esistenziali per i nessi che generano altre presenze e altra luce.
Queste personali esperienze alimentano le interrogazioni metafisiche che si acutizzano, (nel momento in cui compie l’atto del dipingere) nella “corrispondenza” fra significato e significante che si fa corpo nell’immagine per quelle forze catalizzatrici espresse nella fisicità del linguaggio e per la totalità del pensiero, “deiscenza dell’istante” indicata da Merleau-Ponty quale premessa di una avvenuta maturazione che anticipa il futuro.
In ogni caso, il proliferare dei materiali in una sorta di variegata plasticità precisa una visione, direi totemica, che assume la clausola froidiana dove l’ultimo diaframma (il tabù) ancora separa gli strati intimi dalla energia formativa. Nella sostanza, le simulazioni sono i nuclei che irradiano nei confini dove inaspettate impellenze pongono altri interrogativi sulla natura del linguaggio proficuo di relazioni, che consente di reimmettere nella produzione dell’arte la riflessione che origina l’azione fisica.
Lo statuto fondativo che introduce ai temi segnala la presenza di un background di storia personale nel momento in cui la sperimentazione alimenta la ricerca, frutto di ogni nuova esperienza e inconfutabile dato oggettivo che distende nella centralità del contesto storico-culturale. Bessarione avverte l’esigenza di proferire un deliberato che fa orbitare l’empatia nel “prelievo” che incrocia la riflessione; metodologia del “ready-made”, per l’impiego dei materiali poveri che posiziona per il suo “espressionismo”, dalla forte presa concettuale (già indicato a monte del ragionamento), che introduce un percorso arricchito di rivelazioni. La “costruzione” presiede l’evidenza di un riscontro immaginario che caratterizza la consistenza oggettiva della scelta strutturale in termini nuovi attraverso il controllo del gesto pittorico che arricchisce le soluzioni esteticho-formali individuate per il dinamismo plastico che qualifica lo spazio.
Ma all’artista non interessano le lusinghe delle tautologie o gli eccessi speculativi di stampo concettuale; egli identifica, nella complessità strutturale, la sospensione e la transitorietà, il riflesso della persistenza del fare che accredita valore umano in una prospettiva che incrocia le ragioni della propria esistenza. La tensione progettuale presuppone la naturale propensione per una spiccata versatilità conquistata ad ogni latitudine, che avvicenda l’esperienza figurale al dato aniconico. Oggi per il tramite della espressività si annotano i simboli di una “cosmogonia” che ripara nell’aura sacrale quando le pitto-sculture intersecano la sostanza materica del legno con le impalpabili preziosità aggettanti della carta strappata e innervata nello spazio elettivo di altra simbologia anche per le variazioni stroboscopiche di un luminismo cangiante che provoca la riflessione essenza stessa della vita per Bessarione.
Sul piano della visione “laica” prende corpo il procedimento di Assemblaggio - adottato fin dagli anni 70 - che imprime un’altra direzione di senso per la sua identità di artista di rara effervescenza creativa e per la modalità operativa sostenuta da notevole spiccata esuberante manualità. Definirei pionieristica, come lo sono state altre sue esperienze artistiche elencate nelle biografia, la propensione (direi divenuta metodo) ad inoltrare complessi strumenti teorici per il suo “Espressionismo Riflessivo”, una “Dichiarazione” che dilata - per la visione collettiva - i concetti fondativi di un “Manifesto” che sembrano avere sufficiente presa per l’attualità dei contenuti, che occorreva documentare (a torto o a ragione) con l’ausilio di un proprio dizionario immaginario: l’universo naturale in cui ci sentiamo profondamente coinvolti.
Esiste quindi una eredità che incide sulla scelta stilistica e da cui prende le mosse la radicale innovazione linguistica. Si configura un più marcato interesse che punta sulla continuità con le sue precedenti esperienze artistiche (l’utilizzo di occhioli a vite) per la strutturazione della superficie infittita di elementi, da cui si delinea lungo alcune direttrici virtuali o reali la sperimentazione che, applicata alla manualità, configura la presenza di una struttura della visione che indica il valore intrinseco dell’astrazione per l’abbandono progressivo di lateralità perimetrali del quadro/scultura che, sottolineando i limiti discontinui nella sagomatura, sostituisce il luogo tradizionale della comunicazione formale.
La destrutturazione di quei modelli allarga l’orizzonte operativo che risolve nella creazione di uno spazio totale, attingendo dalla corporeità primaria mito-poetica di un’arte che riconsidera i dati costitutivi della rappresentazione corrispondenza per riflessioni sulla condizione dell’artista che tenta di smascherare le assurde convenzioni estese nel contemporaneo, con i mezzi tecnologici e con la fotografia che propone immagini analoghe alla realtà nel precisare forme stantie, nonostante sottili e sofisticati procedimenti tecnici.
Le opere di Mario Bessarione riflettono una intensa esperienza personale per aver messo in atto, al di là delle sterili concezioni meta-linguistiche che hanno provocato negli anni ‘70 notevoli rotture con la post-avanguardia, una costante parallela azione di rivisitazione storicistica, conflittuale con quelle tendenze nichiliste. Un potenziale privo di ambiguità sottende la ri-definizione del manufatto a partire dalla superficie-supporto e con altre “relazioni” per costruire lo spazio dentro cui una serie di elementi, accostati l’un l’altro, dis-velano una marcata presenza di simboli e allegorie.
Ma altri segnali di significazione espressiva – profondi ed essenziali - intersecano natura e scienza: l’inedito posizionamento dei materiali legnosi, l’aspetto antropologico; l’uso della carta strappata e colorata un vero e proprio livello di sperimentazione che incrocia, per il tramite della luce naturale o artificiale, l’invenzione di un campo cinetico elaborato per provocare più livelli di percezione.
La volumetria di chiara origine fantastica sembra lasciare spazio all’evento illusionistico per l’inclusione nella rappresentazione/simulazione del medium pittorico (l’acquarello) che riverbera nella ripiegatura aggettante della carta: afflato con le straordinarie invenzioni optical. Bessarione ha più volte confermato che la fonte ispirativa, naturalmente dilatata e rielaborata per alcune creazioni, sussiste per la contiguità con i caratteri della struttura formale segnalata all’interno dei processi creativi di Tomasello ma, una parallela visione suggerisce sul versante italiano, la lettura di altre presenze: lo Spazialismo di Lucio Fontana per il gesto di strappare e bucare la carta e le “volumetrie” cinetiche di Bridget Riley.
Queste confluenze ipotizzano un coincidente valore in grado di recuperare connessioni da inserire all’interno dell’esperienza “progettuale” che incide nella specificità del messaggio e nelle concezioni espressive e quindi lungo un “territorio”che si fa sito di segrete lateralità che solo l’animo sensibile dell’artista precisa, quando ci rivela che la ragione dell’accadimento estetico (il riverbero luminescente) risiede nelle opportunità che ravvisano la trascendenza che rivela il vero senso dell’esistenza.
L’ intreccio formale incontra l’ambiguità del teorema per la cifra scientista messa in campo con il colore che diviene il significante specificativo di un luogo aperto e in progress e per la fisicità, liberata dal peso e dal volume, che lievitando avrà visto nascere la corrispondente ansiosità di assolutezza in un clima di tensione e di travaglio intellettuale che implica la collusione del gesto che si fa segno/materia. Il senso inedito delle interazioni spaziali riversa nella intenzione di ottenere certi rapporti cromatici con l’esercizio del duplo-collage che può richiamare umori dadaisti, quando la carta lacerata e incollata è trasposta all’interno degli elementi di natura inerte. Il “recupero” estende oltre il piano compositivo nella sfera concettuale e mentale per innescare processi simultanei di percezione ottica e di unità figurale nella misura in cui la lacerazione è accolta per unificare colore, materia, forma: l’energia creativa concentrata nella trasmutazione espressiva che sostiene la riflessione per la “grazia” dell’arte.
“Espressionismo riflessivo”
…nel controluce della conoscenza.
Dino Del Vecchio
Il flusso temporale della natura concorre dinamicamente a cogliere il grado poetico da cui estrarre nuove immagini… Mario Bessarione sembra ritrovare nell’oggi il senso della dualità nel riproporre “modelli” che ravvisano “l’espressione del pensiero” da contrapporre agli stereotipi del tripudio anacronistico nelle vicende artistiche degli anni Ottanta-Novanta.
Una straordinaria vitalità sostenta il fine della trasformazione, indicata nel pensiero che illumina il gesto, evidente espressione di una ricerca colta in forme polimateriche per tradurre in immagini una realtà “altra” destinata ad essere “collocata” nello spazio tridimensionale.
Una policromia plastica di assoluta originalità sorregge il dettato esperenziale della ricerca i cui esiti si fanno evidenti per la molteplicità dei suoi interessi che incrociano tracce di memoria storica nell’atto di preordinare l’origine del suo “progetto”; nella postura concettuale la base del suo annunzio quando introduce l’enunciato “riflessivo” nella sfera intima in cui soggiace ogni radice che origina l’espressività.
In questo procedere l’artista concretizza un contrappunto che, per la complessità degli aggetti materici, ibridati con il supporto, declina relazioni percettive per l’intreccio che coagula leggerezza vibratile d’ali trasvolanti da nativi trasalimenti, corpi e lacerti di terragna tenebrosità. Un’antinomia tra sogno e realtà, il punto di fusione che attinge reversibilità, quindi di dilatazione delle potenzialità espressive, il simbolo della commistione, nella dialettica tra conoscenza e mistero, contrapposto a un mondo incolore e piatto. Si chiarisce il senso e il significato dei “Macrosegni” esasperati nella prepotenza della luce che genera l’ansia, per la possibilità di accadimenti. Essi assumono un valore simbolico, consentendo il perdurare di una dimensione salvifica, che avvertiamo quando Bessarione mira a scomporre il colore che de-fluisce nel bianco: la matrice di ogni luce il correlato del processo astrattivo del pensiero che genera la “riflessione”
Su questa sconfinata potenzialità dell’accadimento, la sensibilità del poeta e l’intuito del matematico segnano il principio di una mitica povertà che, nel richiamare il fatidico storico “recupero”, concilia istinto e calcolo in una sorta di espressionismo ambiguo direi improprio, per i referenti oggettivi che Mario Bessarione utilizza per le sue alchimie. Nuclei di forme e di colore di vitalità reattiva accendono acute dissonanze, sussulti e impennate nel controluce della conoscenza e del mistero che riscattano l’inerzia della materia proiettata per occupare lo spazio della suggestione.
In fondo gli accadimenti generano un valore simbolico quando nei componimenti, la “prepotenza” della luce esaspera i contrasti che correlati di azione soggettiva, esplicitano con chiarezza che tali implosioni rifluiscono dalle radici esistenziali per i nessi che generano altre presenze e altra luce.
Queste personali esperienze alimentano le interrogazioni metafisiche che si acutizzano, (nel momento in cui compie l’atto del dipingere) nella “corrispondenza” fra significato e significante che si fa corpo nell’immagine per quelle forze catalizzatrici espresse nella fisicità del linguaggio e per la totalità del pensiero, “deiscenza dell’istante” indicata da Merleau-Ponty quale premessa di una avvenuta maturazione che anticipa il futuro.
In ogni caso, il proliferare dei materiali in una sorta di variegata plasticità precisa una visione, direi totemica, che assume la clausola froidiana dove l’ultimo diaframma (il tabù) ancora separa gli strati intimi dalla energia formativa. Nella sostanza, le simulazioni sono i nuclei che irradiano nei confini dove inaspettate impellenze pongono altri interrogativi sulla natura del linguaggio proficuo di relazioni, che consente di reimmettere nella produzione dell’arte la riflessione che origina l’azione fisica.
Lo statuto fondativo che introduce ai temi segnala la presenza di un background di storia personale nel momento in cui la sperimentazione alimenta la ricerca, frutto di ogni nuova esperienza e inconfutabile dato oggettivo che distende nella centralità del contesto storico-culturale. Bessarione avverte l’esigenza di proferire un deliberato che fa orbitare l’empatia nel “prelievo” che incrocia la riflessione; metodologia del “ready-made”, per l’impiego dei materiali poveri che posiziona per il suo “espressionismo”, dalla forte presa concettuale (già indicato a monte del ragionamento), che introduce un percorso arricchito di rivelazioni. La “costruzione” presiede l’evidenza di un riscontro immaginario che caratterizza la consistenza oggettiva della scelta strutturale in termini nuovi attraverso il controllo del gesto pittorico che arricchisce le soluzioni esteticho-formali individuate per il dinamismo plastico che qualifica lo spazio.
Ma all’artista non interessano le lusinghe delle tautologie o gli eccessi speculativi di stampo concettuale; egli identifica, nella complessità strutturale, la sospensione e la transitorietà, il riflesso della persistenza del fare che accredita valore umano in una prospettiva che incrocia le ragioni della propria esistenza. La tensione progettuale presuppone la naturale propensione per una spiccata versatilità conquistata ad ogni latitudine, che avvicenda l’esperienza figurale al dato aniconico. Oggi per il tramite della espressività si annotano i simboli di una “cosmogonia” che ripara nell’aura sacrale quando le pitto-sculture intersecano la sostanza materica del legno con le impalpabili preziosità aggettanti della carta strappata e innervata nello spazio elettivo di altra simbologia anche per le variazioni stroboscopiche di un luminismo cangiante che provoca la riflessione essenza stessa della vita per Bessarione.
Sul piano della visione “laica” prende corpo il procedimento di Assemblaggio - adottato fin dagli anni 70 - che imprime un’altra direzione di senso per la sua identità di artista di rara effervescenza creativa e per la modalità operativa sostenuta da notevole spiccata esuberante manualità. Definirei pionieristica, come lo sono state altre sue esperienze artistiche elencate nelle biografia, la propensione (direi divenuta metodo) ad inoltrare complessi strumenti teorici per il suo “Espressionismo Riflessivo”, una “Dichiarazione” che dilata - per la visione collettiva - i concetti fondativi di un “Manifesto” che sembrano avere sufficiente presa per l’attualità dei contenuti, che occorreva documentare (a torto o a ragione) con l’ausilio di un proprio dizionario immaginario: l’universo naturale in cui ci sentiamo profondamente coinvolti.
Esiste quindi una eredità che incide sulla scelta stilistica e da cui prende le mosse la radicale innovazione linguistica. Si configura un più marcato interesse che punta sulla continuità con le sue precedenti esperienze artistiche (l’utilizzo di occhioli a vite) per la strutturazione della superficie infittita di elementi, da cui si delinea lungo alcune direttrici virtuali o reali la sperimentazione che, applicata alla manualità, configura la presenza di una struttura della visione che indica il valore intrinseco dell’astrazione per l’abbandono progressivo di lateralità perimetrali del quadro/scultura che, sottolineando i limiti discontinui nella sagomatura, sostituisce il luogo tradizionale della comunicazione formale.
La destrutturazione di quei modelli allarga l’orizzonte operativo che risolve nella creazione di uno spazio totale, attingendo dalla corporeità primaria mito-poetica di un’arte che riconsidera i dati costitutivi della rappresentazione corrispondenza per riflessioni sulla condizione dell’artista che tenta di smascherare le assurde convenzioni estese nel contemporaneo, con i mezzi tecnologici e con la fotografia che propone immagini analoghe alla realtà nel precisare forme stantie, nonostante sottili e sofisticati procedimenti tecnici.
Le opere di Mario Bessarione riflettono una intensa esperienza personale per aver messo in atto, al di là delle sterili concezioni meta-linguistiche che hanno provocato negli anni ‘70 notevoli rotture con la post-avanguardia, una costante parallela azione di rivisitazione storicistica, conflittuale con quelle tendenze nichiliste. Un potenziale privo di ambiguità sottende la ri-definizione del manufatto a partire dalla superficie-supporto e con altre “relazioni” per costruire lo spazio dentro cui una serie di elementi, accostati l’un l’altro, dis-velano una marcata presenza di simboli e allegorie.
Ma altri segnali di significazione espressiva – profondi ed essenziali - intersecano natura e scienza: l’inedito posizionamento dei materiali legnosi, l’aspetto antropologico; l’uso della carta strappata e colorata un vero e proprio livello di sperimentazione che incrocia, per il tramite della luce naturale o artificiale, l’invenzione di un campo cinetico elaborato per provocare più livelli di percezione.
La volumetria di chiara origine fantastica sembra lasciare spazio all’evento illusionistico per l’inclusione nella rappresentazione/simulazione del medium pittorico (l’acquarello) che riverbera nella ripiegatura aggettante della carta: afflato con le straordinarie invenzioni optical. Bessarione ha più volte confermato che la fonte ispirativa, naturalmente dilatata e rielaborata per alcune creazioni, sussiste per la contiguità con i caratteri della struttura formale segnalata all’interno dei processi creativi di Tomasello ma, una parallela visione suggerisce sul versante italiano, la lettura di altre presenze: lo Spazialismo di Lucio Fontana per il gesto di strappare e bucare la carta e le “volumetrie” cinetiche di Bridget Riley.
Queste confluenze ipotizzano un coincidente valore in grado di recuperare connessioni da inserire all’interno dell’esperienza “progettuale” che incide nella specificità del messaggio e nelle concezioni espressive e quindi lungo un “territorio”che si fa sito di segrete lateralità che solo l’animo sensibile dell’artista precisa, quando ci rivela che la ragione dell’accadimento estetico (il riverbero luminescente) risiede nelle opportunità che ravvisano la trascendenza che rivela il vero senso dell’esistenza.
L’ intreccio formale incontra l’ambiguità del teorema per la cifra scientista messa in campo con il colore che diviene il significante specificativo di un luogo aperto e in progress e per la fisicità, liberata dal peso e dal volume, che lievitando avrà visto nascere la corrispondente ansiosità di assolutezza in un clima di tensione e di travaglio intellettuale che implica la collusione del gesto che si fa segno/materia. Il senso inedito delle interazioni spaziali riversa nella intenzione di ottenere certi rapporti cromatici con l’esercizio del duplo-collage che può richiamare umori dadaisti, quando la carta lacerata e incollata è trasposta all’interno degli elementi di natura inerte. Il “recupero” estende oltre il piano compositivo nella sfera concettuale e mentale per innescare processi simultanei di percezione ottica e di unità figurale nella misura in cui la lacerazione è accolta per unificare colore, materia, forma: l’energia creativa concentrata nella trasmutazione espressiva che sostiene la riflessione per la “grazia” dell’arte.
25
marzo 2006
Mario Bessarione – Espressionismo riflessivo
Dal 25 marzo al 13 aprile 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA POLIN
Villorba, (Treviso)
Villorba, (Treviso)
Orario di apertura
da Martedì a Domenica 10.00-12.30 e 16.00-19.30 e su appuntamento
Vernissage
25 Marzo 2006, ore 17.30
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