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Mario Cancelli – Eredità, Io, Gesto
Non usa il pennello, “mi fa orrore”, dipinge con la spatola, a olio e acrilico, su piccole tele, ma anche cartone telato e tavoletta. Mario Cancelli, romano ma bolognese da sempre, ha un’altra caratteristica: è un critico d’arte che si fa pittore, come capitò anche a Roberto Loghi, a Giovanni Testori, a Pier Paolo Pasolini. Schiodarsi da quel mirare, da quel contemplare, è stato per Cancelli il lavoro di una parte della vita, che una mostra, la prima, documenterà, dal prossimo 1 dicembre, al Cafè de la Paix
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Eredità, Io, gesto: Cancelli, il critico che si fece artista
A Bologna il critico di Congdon espone per la prima volta le sue opere
Non usa il pennello, “mi fa orrore”, dipinge con la spatola, a olio e
acrilico, su piccole tele, ma anche cartone telato e tavoletta. Mario Cancelli,
romano ma bolognese da sempre, ha un’altra caratteristica: è un critico d’arte
che si fa pittore, come capitò anche a Roberto Loghi, a Giovanni Testori, a
Pier Paolo Pasolini. Schiodarsi da quel mirare, da quel contemplare, è stato
per Cancelli il lavoro di una parte della vita, che una mostra, la prima,
documenterà, dal prossimo 1 dicembre, al Cafè de la Paix. La critica, cioè, ha
generato la pittura, la lettura del segno ha prodotto il gesto creativo.
Quando Cancelli inizia a dipingere, è a William Congdon che pensa: il
grande artista americano lo ha incontrato negli anni ’80, a Milano, e la sua
opera è stata al centro di molta parte della sua riflessione , avendo scritto la
critica all’intero corpus delle opere su commissione della Foundation for
improving and understatement of arts , erede di tutta l’opera del pittore.
“Ma mentre Congdon procede per sottrazione”, scrive Patrizia
Pizzirani nella brochure che presenta l’esposizione petroniana, “aspira
all'essenziale pittorico per denudare l'immagine, Cancelli procede per
accumulazione, talvolta per superfetazione o abuso edilizio in corpo pittorico”.
Nelle trenta opera in mostra, a cura di Sandro Malossini e Tomaso
Mario Bolis di Falsina Factory, anche una lunga teoria di piccoli paesaggi,
“dove l'evento è solo l'orizzonte, in agguato sulla terra, ristretto o sconfinato
tramonto o giorno notturno”, e una piccola serie dei super-io essendo
Cancelli, laureato in Estetica con Luciano Anceschi, anche appassionato del
pensiero di Freud, tanto da frequentare da molti anni a Milano la Società
Amici del Pensiero dello psicoanalista Giacomo B. Contri.
Super-io che evolvono da antichi, disfatti asfalti di estati bolognesi, e
da Tentazioni – resurrezioni, queste sì pittoricamente ancora
congdonianissime, dove il nero si ritirava davanti alla luce”.
Quel catrame, “reale o metaforico, è per Cancelli quasi la garanzia del
gesto che forse è così tanto ribadito proprio per scappare alla contemplazione
di cui egli sente il rovinoso invito: io ci sono, non per una platonica eternità,ma
in saecula saeculorum”.
A Bologna il critico di Congdon espone per la prima volta le sue opere
Non usa il pennello, “mi fa orrore”, dipinge con la spatola, a olio e
acrilico, su piccole tele, ma anche cartone telato e tavoletta. Mario Cancelli,
romano ma bolognese da sempre, ha un’altra caratteristica: è un critico d’arte
che si fa pittore, come capitò anche a Roberto Loghi, a Giovanni Testori, a
Pier Paolo Pasolini. Schiodarsi da quel mirare, da quel contemplare, è stato
per Cancelli il lavoro di una parte della vita, che una mostra, la prima,
documenterà, dal prossimo 1 dicembre, al Cafè de la Paix. La critica, cioè, ha
generato la pittura, la lettura del segno ha prodotto il gesto creativo.
Quando Cancelli inizia a dipingere, è a William Congdon che pensa: il
grande artista americano lo ha incontrato negli anni ’80, a Milano, e la sua
opera è stata al centro di molta parte della sua riflessione , avendo scritto la
critica all’intero corpus delle opere su commissione della Foundation for
improving and understatement of arts , erede di tutta l’opera del pittore.
“Ma mentre Congdon procede per sottrazione”, scrive Patrizia
Pizzirani nella brochure che presenta l’esposizione petroniana, “aspira
all'essenziale pittorico per denudare l'immagine, Cancelli procede per
accumulazione, talvolta per superfetazione o abuso edilizio in corpo pittorico”.
Nelle trenta opera in mostra, a cura di Sandro Malossini e Tomaso
Mario Bolis di Falsina Factory, anche una lunga teoria di piccoli paesaggi,
“dove l'evento è solo l'orizzonte, in agguato sulla terra, ristretto o sconfinato
tramonto o giorno notturno”, e una piccola serie dei super-io essendo
Cancelli, laureato in Estetica con Luciano Anceschi, anche appassionato del
pensiero di Freud, tanto da frequentare da molti anni a Milano la Società
Amici del Pensiero dello psicoanalista Giacomo B. Contri.
Super-io che evolvono da antichi, disfatti asfalti di estati bolognesi, e
da Tentazioni – resurrezioni, queste sì pittoricamente ancora
congdonianissime, dove il nero si ritirava davanti alla luce”.
Quel catrame, “reale o metaforico, è per Cancelli quasi la garanzia del
gesto che forse è così tanto ribadito proprio per scappare alla contemplazione
di cui egli sente il rovinoso invito: io ci sono, non per una platonica eternità,ma
in saecula saeculorum”.
01
dicembre 2016
Mario Cancelli – Eredità, Io, Gesto
Dal primo dicembre 2016 al 15 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
CAFE’ DE LA PAIX
Bologna, Via Collegio Di Spagna, 5b, (Bologna)
Bologna, Via Collegio Di Spagna, 5b, (Bologna)
Vernissage
1 Dicembre 2016, h 18.30
Autore
Curatore