Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Mario Costantini – Codici ad intreccio
Inaugura venerdì 21 aprile alle ore 18.00 presso Spazio Inangolo la personale di Mario Costantini dal titolo
Codici ad intreccio a cura di Antonio Zimarino.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Le strutture geometriche sembrano avere la funzione di contenere e gestire internamente alla “geometria logica”, al segno nitido del contorno, una sorta di caotica agitazione interna espressa con fili, tensioni e sovrapposizioni illogiche, intrecciate e confuse.
Con la sua ricerca nella cosiddetta “fiber art” sembra che Costantini stia oggi lavorando su due aspetti formali fondamentali del minimalismo, un approccio da lui costantemente approfondito e riscoperto nella sua parabola di ricerca artistica: da un lato c’è la forma, la struttura di un’opera che si scarnifica fino alle sue linee, ovvero al suo“disegno” nello spazio; dall’altra, il contenuto, i volumi le eventuali rappresentazioni che ugualmente si sfrangiano e si frantumano contraendo sia loro volta in segni e in linee cromatiche di ciò che resta della realtà stessa.
Molte le domande che questi “testi” pongono sia a livello di scelta formale che di possibile lettura: tendono a contraddire o forse ad esasperare i limiti della tradizionali concezioni di scultura o del disegno, che pure Costantini ha sempre praticato nel suo percorso artistico. Volumi e disegno sono degli strumenti che si adattano in genere, all’illusione mimetica ma qui non vogliono essere usati come tali ma “al contrario” come strumenti per superare il realismo e accedere ad un linguaggio “base”, ad una sorta di “codice a barre” capace di giocare tra percezione emotiva e costruzione razionale.
Ridurre il linguaggio all’estremo delle linee (anche di colore) pone l’osservatore in una condizione molto interessante: stabilire la relazione simbolica tra quando esse vengono disposte dall’artista per “regolarità” equilibrata di forma (percezione logica ordinativa) e quando invece le dispone in un rapporto caotico/irregolare (percezione a-logica emotiva). L’artista vuol farci lavorare simbolicamente sui codici essenziali della visione che sono anche i codici essenziali della percezione e la radici stesse dei processi percettivi / immaginali: dal disordine all’ordine e viceversa, ovvero, l’essenziale rapporto generativo trakhaosΧάος,/kosmos κόσμος all’origine del pensiero occidentale quindi, costante condizione generativa delle forme stesse.
Ma dove ci porta questa riduzione minimale linguistica? Ci porta esattamente a destrutturare il consueto e ad aprire la nostra possibilità di “simbolizzazione”, che per altro appare in questa mostra orientata in due direzioni davvero interessanti: alcune opere ad es. Homo (2012); Divina Commedia (2020) richiamano il “libro” come simbolo - contenitore di saperi evidentemente confusi confondibili, contraddittori, intersecati, inestricabili; altri lavori richiamano strutture cosmiche, stellari, vettoriali o “mappe” ma costituite esattamente dalla stessa inestricabile complessità di una pagina di un libro.
Vogliamo leggere, mappare, viaggiare, conoscere, definire ma al massimo riusciamo a delineare un’area senza mai arrivare esattamente a capire cosa essa possa o debba contenere, se non a sua volta, altri universi, suggestioni ipotesi indeterminabili ma che pure possono tenere insieme quella “ipotesi” di struttura. E’ un continuo gioco di ipotesi e possibilità, di connessioni intuibili ma inestricabili, di forze “interne” che cercano di tenere insieme delineazioni, comunque pronte ad esplodere se quello stesso intreccio interiore perda coesione. L’interiorità e confusa e irrazionale, ma tiene insieme ipotesi di senso, di conoscenze e di viaggi.
Credo che questo strenuo lavoro di equilibri tra ipotesi e tensioni (per altro non percepibili se non attraverso la scarnificazione stessa dei tradizionali linguaggi della rappresentazione) possa essere meglio compreso analizzando proprio il lavoro intitolato Divina Commedia: una struttura solida composta da tre “pagine” (le cantiche, le terzine) fili multicolori che tengono insieme tre “simboli” costituiti da altrettanti fili in cui riconoscere alternativamente, cerchi concentrici, elementi conici o circolari ascendenti/discendenti; le trame lasciano intravvedere e riescono a legare realmente e visivamente da ogni punto di vista, ciascun simbolo, uno nell’altro, uno attraverso l’altro senza che nessuno sia realmente dominante e preponderante. Una perfetta rappresentazione dell’Uno e del molteplice e delle loro connessioni infinite.
Con la sua ricerca nella cosiddetta “fiber art” sembra che Costantini stia oggi lavorando su due aspetti formali fondamentali del minimalismo, un approccio da lui costantemente approfondito e riscoperto nella sua parabola di ricerca artistica: da un lato c’è la forma, la struttura di un’opera che si scarnifica fino alle sue linee, ovvero al suo“disegno” nello spazio; dall’altra, il contenuto, i volumi le eventuali rappresentazioni che ugualmente si sfrangiano e si frantumano contraendo sia loro volta in segni e in linee cromatiche di ciò che resta della realtà stessa.
Molte le domande che questi “testi” pongono sia a livello di scelta formale che di possibile lettura: tendono a contraddire o forse ad esasperare i limiti della tradizionali concezioni di scultura o del disegno, che pure Costantini ha sempre praticato nel suo percorso artistico. Volumi e disegno sono degli strumenti che si adattano in genere, all’illusione mimetica ma qui non vogliono essere usati come tali ma “al contrario” come strumenti per superare il realismo e accedere ad un linguaggio “base”, ad una sorta di “codice a barre” capace di giocare tra percezione emotiva e costruzione razionale.
Ridurre il linguaggio all’estremo delle linee (anche di colore) pone l’osservatore in una condizione molto interessante: stabilire la relazione simbolica tra quando esse vengono disposte dall’artista per “regolarità” equilibrata di forma (percezione logica ordinativa) e quando invece le dispone in un rapporto caotico/irregolare (percezione a-logica emotiva). L’artista vuol farci lavorare simbolicamente sui codici essenziali della visione che sono anche i codici essenziali della percezione e la radici stesse dei processi percettivi / immaginali: dal disordine all’ordine e viceversa, ovvero, l’essenziale rapporto generativo trakhaosΧάος,/kosmos κόσμος all’origine del pensiero occidentale quindi, costante condizione generativa delle forme stesse.
Ma dove ci porta questa riduzione minimale linguistica? Ci porta esattamente a destrutturare il consueto e ad aprire la nostra possibilità di “simbolizzazione”, che per altro appare in questa mostra orientata in due direzioni davvero interessanti: alcune opere ad es. Homo (2012); Divina Commedia (2020) richiamano il “libro” come simbolo - contenitore di saperi evidentemente confusi confondibili, contraddittori, intersecati, inestricabili; altri lavori richiamano strutture cosmiche, stellari, vettoriali o “mappe” ma costituite esattamente dalla stessa inestricabile complessità di una pagina di un libro.
Vogliamo leggere, mappare, viaggiare, conoscere, definire ma al massimo riusciamo a delineare un’area senza mai arrivare esattamente a capire cosa essa possa o debba contenere, se non a sua volta, altri universi, suggestioni ipotesi indeterminabili ma che pure possono tenere insieme quella “ipotesi” di struttura. E’ un continuo gioco di ipotesi e possibilità, di connessioni intuibili ma inestricabili, di forze “interne” che cercano di tenere insieme delineazioni, comunque pronte ad esplodere se quello stesso intreccio interiore perda coesione. L’interiorità e confusa e irrazionale, ma tiene insieme ipotesi di senso, di conoscenze e di viaggi.
Credo che questo strenuo lavoro di equilibri tra ipotesi e tensioni (per altro non percepibili se non attraverso la scarnificazione stessa dei tradizionali linguaggi della rappresentazione) possa essere meglio compreso analizzando proprio il lavoro intitolato Divina Commedia: una struttura solida composta da tre “pagine” (le cantiche, le terzine) fili multicolori che tengono insieme tre “simboli” costituiti da altrettanti fili in cui riconoscere alternativamente, cerchi concentrici, elementi conici o circolari ascendenti/discendenti; le trame lasciano intravvedere e riescono a legare realmente e visivamente da ogni punto di vista, ciascun simbolo, uno nell’altro, uno attraverso l’altro senza che nessuno sia realmente dominante e preponderante. Una perfetta rappresentazione dell’Uno e del molteplice e delle loro connessioni infinite.
21
aprile 2023
Mario Costantini – Codici ad intreccio
Dal 21 aprile al 06 maggio 2023
arte contemporanea
Location
Inangolo
Penne, Largo San Giovanni Battista, 1, (PE)
Penne, Largo San Giovanni Battista, 1, (PE)
Orario di apertura
venerdì e sabato dalle 18.00 alle 20.00
Vernissage
21 Aprile 2023, vernissage venerdì 21 aprile ore 18.00
Sito web
Autore
Curatore