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Mario Cresci – Forse fotografia
A Bologna, oggetto di elaborazione dell’Artista e luogo della specifica realizzazione di opere, è la Pinacoteca Nazionale. I dipinti della collezione, la loro discendenza dall’Accademia di Belle Arti, le incongruenze dell’apparato attuale del museo, il rito tradizionale e ogni volta nuovo che il visitatore attiva con la sua contemplazione, sono le varie facce ideali e reali della Pinacoteca che hanno ispirato l’inventiva artistica di Cresci e prodotto la disseminazione dei suoi interventi installativi lungo il percorso espositivo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Mostra è il primo episodio di un progetto, ideato da Luigi Ficacci, che comprende due ulteriori edizioni: una a Roma, all’Istituto Nazionale per la Grafica, e la successiva a Matera, al Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata.
Ogni mostra presenterà un nucleo di lavori inediti realizzati specificatamente per ogni sede espositiva e una parte retrospettiva comune alle tre edizioni.
A Bologna, oggetto di elaborazione dell’Artista e luogo della specifica realizzazione di opere, è la Pinacoteca Nazionale. I dipinti della collezione, la loro discendenza dall’Accademia di Belle Arti, le incongruenze dell’apparato attuale del museo, il rito tradizionale e ogni volta nuovo che il visitatore attiva con la sua contemplazione, sono le varie facce ideali e reali della Pinacoteca che hanno ispirato l’inventiva artistica di Cresci e prodotto la disseminazione dei suoi interventi installativi lungo il percorso espositivo.
Curata da Luigi Ficacci in collaborazione con l’Artista, questa prima edizione è stata realizzata dalla Soprintendenza di Bologna, ed è prodotta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune di Bologna, dalla Fondazione Carisbo e dall’Associazione degli Amici della Pinacoteca Nazionale “Società di S. Cecilia”.
Mario Cresci è uno dei protagonisti della ricerca fotografica italiana degli ultimi quattro decenni del XX secolo, ma è anche una figura di punta dell’attualità. Nel suo lavoro più recente infatti, unisce al rigore e alla leggerezza ludica e dissacratoria, che sono tipici dell’avanguardia italiana di fine anni sessanta e settanta, una inesauribile curiosità sperimentale, particolarmente mossa dalle innovazioni della tecnica e dall’attrazione verso il confronto con l’inventiva di altri artisti. Nel panorama italiano odierno, queste componenti e la costante aspirazione di Cresci a “superare la divisione tra il mondo delle idee e il mondo delle cose”, assumono una individuale e pungente originalità.
In considerazione di questi caratteri, Cresci è stato chiamato, nel progetto odierno, a applicare la propria inventiva sulla Pinacoteca Nazionale di Bologna, nella convinzione che l’arte sia una categoria di pensiero indispensabile per il raggiungimento di significati originali e per la risoluzione di problematiche che normalmente vengono riservate alla sola scienza storiografica e alle tecniche museologiche che ne derivano.
La mostra si compone di una parte antologica, in cui circa 90 opere fotografiche dimostrano l’eccezionale rilevanza complessiva del suo lavoro.
Si inizia con immagini appartenenti alla ricerca sulla forma geometrica. Alterazione del cerchio, Venezia, 1964 e Alterazione del quadrato , Venezia, 1964 - Matera, 1972 testimoniano la prima fase di sperimentazione, conseguente la formazione presso il corso superiore di Disegno Industriale a Venezia. Sono immagini che indagano il potere di alterazione del mezzo fotografico nei confronti della realtà visibile. Emergono alcune fondamentali riflessioni sull’importanza del punto di vista e più in generale sull’ambiguità dei processi visivi relativamente alle esperienze della percezione.
Una scelta di opere appartenenti alle serie Ritratti reali, Tricarico, 1967-72 e Interni mossi, Tricarico, 1967 introducono il lavoro fotografico sulla figura, che Cresci affronta dal momento del suo trasferimento in Basilicata. Lo orienta su tematiche dell’umano sociale, estese all’impegno politico e progettuale. L’evoluzione successiva della sua opera dimostra una costante dialettica tra questi due estremi della geometria e dell’umano, culminante in un raccordo superiore, rintracciato nella tradizione dell’Arte. Soprattutto dalla fine degli anni ottanta, Cresci trova nel ricorso all’ideale dell’arte e alla riflessione sulla sua storia, un percorso originale per trattare l’assoluto con la concretezza della materia e L’umiltà del soggettivo. Gli strumenti della didattica artistica e l’esperienza dell’Accademia di Belle Arti, quale luogo dello studio e della riflessione filosofica sul Bello artistico, diventano da quel momento per lui uno dei motivi di ispirazione più fertili. A Bologna, questo aspetto della riflessione di Cresci sull’arte, risulta particolarmente significativo in considerazione della contiguità storica e attuale della Pinacoteca con l’Accademia di Belle Arti, sia per ideali che per spazi fisici. I cicli condotti su questo tema da Cresci nel periodo del suo impegno come direttore dell’Accademia di Bergamo, trovano i loro esiti nel lavoro originale svolto nel percorso espositivo della Pinacoteca, coinvolta globalmente quale teatro della sua opera e della mostra.
Al termine del ciclo espositivo è prevista la pubblicazione di un volume monografico dedicato all’intero progetto.
NOTIZIE UTILI
Sedi ed Orari Bologna, Pinacoteca Nazionale
Martedì – Domenica e festivi ore 9 - 19
Lunedì chiuso
Info: +39 051 4209411
Ingresso intero € 6, ridotto €4
Comprensivo di visita alla Pinacoteca
Ufficio Stampa StudioBegnini tel. +39 06 69190880 studiobegnini@gmail.com
EDIZIONI SUCCESSIVE:
ATTRAVERSO LA TRACCIA
25 Marzo – 22 Maggio 2011
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica – Via Poli 54
Info: +39 06 69980242 - 69980257
ATTRAVERSO L’UMANO
Giugno – Settembre 2011
Matera,– Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata - Piazza G. Pascoli, 1
Info: +39 0835 256262
CENNI BIOGRAFICI
Mario Cresci è nato a Chiavari nel 1942. Dal 1963 al 1966 studia design e fotografia al “Corso Superiore di Industrial Design” di Venezia e presto si interessa di sperimentazione nell’ambito della grafica e dei diversi linguaggi visivi, in un’ottica di analisi e interscambio delle varie forme espressive.
Nel 1966 entra nel gruppo di architettura e design “Il Politecnico”, con il quale avvia una ricerca etno-fotografica che si svolgerà a Venezia e poi soprattutto in Basilicata, dove, dapprima a Tricarico, quindi a Matera, dal 1970 alla fine degli anni Ottanta, Cresci lavorerà stabilmente, usando la fotografia come strumento di relazione concettuale tra lo sguardo e il proprio personale coinvolgimento nella realtà e nelle problematiche dei luoghi in cui vive. Qui, accanto alle proprie ricerche come fotografo, impegnato in una grande rilevazione ambientale e culturale che sfocerà nel libro Matera, immagini e documenti (Matera, Meta, 1975), inizierà anche una importante attività come operatore culturale, promuovendo iniziative attente soprattutto alle tematiche del territorio, che svilupperà poi nell’arco di tutta la sua carriera artistica, partecipando a diverse mostre in Italia e all’estero, e realizzando numerose pubblicazioni.
Alla fine degli anni Sessanta inizia una stretta collaborazione con artisti quali Kounellis, Pascali, Mattiacci e, nel 1968, a Roma, incontra i torinesi Paolini, Pistoletto, Boetti e collabora con Fabio Sargentini all’Attico, con Mara Coccia all’Arco d’Alibert, oltre che con la rivista di arte contemporanea “Cartabianca”. Successivamente è a Parigi e poi a Milano dove, nell’ambito del suo impegno tra politica e arte, realizza, alla Galleria Il Diaframma, uno dei primi environnement fotografici in Europa.
Dal 1974 partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia e a molte esposizioni d’arte e di fotografia in Italia e all’estero. Dal 1975 unisce all’attività di ricerca fotografica (condotta in particolare sui temi della memoria, l’identità, l’architettura e il paesaggio), un’attività di sperimentazione didattica nelle scuole di design dell’Italia meridionale e in ambito etnografico e antropologico.
Nel 1977 riceve il Premio Bolaffi per la Fotografia e nel 1984 collabora con Luigi Ghirri per la mostra “Viaggio in Italia” (cfr. M. Cresci, Mettere al mondo il mondo, in R. Valtorta, a cura di, Racconti dal paesaggio. 1984-2004 A vent’anni da Viaggio in Italia, Milano, Museo di Fotografia Contemporanea-Lupetti, 2004, pp. 188-194).
Nel 1989 si trasferisce a Milano e, per alcuni anni, insegna Comunicazione visiva e fotografia all’Istituto Europeo di Design. Dal 1992 al 2000 dirige l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e dal 1996 al 1999 il Festival di fotografia di Savignano. Nel 1995 viene organizzata la prima rassegna della sua produzione artistica alle Stelline di Milano e nel 1998 cura per i “Rencontres de la photographie” di Arles una rassegna di giovani fotografi italiani. Insegna Storia della fotografia presso l’Università di Parma (2000-2003), e nel corso di Design della Comunicazione al Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura (2003-2004). Attualmente insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nei corsi di specializzazione post-laurea e di “Teoria e metodo della fotografia”.
Tra le principali mostre a lui dedicate, si ricorda l’antologica “Le Case della fotografia: Mario Cresci 1966-2003” (alla GAM di Torino, 2004) e la recente “Sottotraccia. Bergamo. Immagini della città e del suo territorio” (Bergamo, Elleni Gallerie d’arte, 2009).
Forse fotografia: toccare e disegnare con la luce
Quando Duchamp disegnò i baffi alla Gioconda di Leonardo compì un atto in apparenza provocatorio perché in realtà il suo intento era quello di un invito a “riguardare” il dipinto, rivolto agli sguardi opachi e frettolosi di gran parte del pubblico che passa velocemente nei musei senza fermarsi a pensare a ciò che ha davanti agli occhi. Questo pensiero mi ha sempre seguito soprattutto nei momenti in cui potevo avvicinarmi alle opere d’arte osservando da vicino ciò che non si vede nelle loro riproduzioni.
Vedere e rivedere l’oggetto artistico nella sua realtà e nel suo contesto sia un dipinto, una scultura o un’architettura è un po’ come ascoltare e riascoltare più volte un brano musicale. Non basta mai e tutte le occasioni sono preziose!
Credo sia questa una delle principali ragioni che mi hanno avvicinato all’idea dell’atto duchampiano ma seguendo una diversa modalità espressiva che appartiene alla mia formazione e al mio tempo. Ho costruito un percorso ideale nella Pinacoteca di Bologna, un luogo d’arte per eccellenza. Mi si è così rivelato uno spazio percorribile liberamente con il piacere di passare da una sala all’altra guardando e riguardando più volte le stesse opere osservate da vicino con il desiderio di capirne il senso ancor prima di fotografare.
“Forse Fotografia”, ho detto al Soprintendente che aveva accolto il mio progetto con entusiasmo e mi aveva aperto le porte delle sale. O “Forse non solo fotografia” ma anche scrittura, videoarte e musica, naturalmente!
Mario Cresci
Bergamo 2010
Abbiamo chiamato Mario Cresci e ne abbiamo applicato l’opera e l’inventiva alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Nostro compito è rinnovare elementi di originalità, nella consapevolezza che la categoria cui questo museo appartiene è tra le più rigide e esclusive, tanto nella teoria che nella gestione. Spesso, questo tipo di museo, risulta incapace di dare risposta a quelle multiformi inquietudini del nostro tempo che si articolano nel bisogno d’arte. La scienza storica che lo regge impone regole all’approccio dell’individuo all’arte. Come un binario obbligato, manovra con fiduciosa pre-definizione il visitatore, ogni volta che riesce a catturarlo nel suo presente percettivo. Inevitabile che finisca per circondare l’esperienza dell’arte di sovrastrutture condizionanti e inamovibili. Allora può accadere che nel concreto, tra l’ingresso fisico e mentale nel museo e la contemplazione fronte all’opera, l’osservatore traversi un territorio di incongruenze. Un po’ dipendenti dall’assurdo della sua condizione di transito dal quotidiano a uno stato di alterazione emotiva, un po’ da una deprimente carenza di disegno, in senso metaforico come in senso letterale, del paesaggio intermedio. Involontario e senz’arte, il passaggio intermedio è opera nostra. Ciò procura disagio e questa mostra nasce infatti da un moto di insofferenza. Abbiamo voluto condividere con un artista le inquietudini della nostra professione specialistica. Abbiamo scelto Cresci perché la sua poetica aspira a “superare la divisione tra il mondo delle idee e il mondo delle cose” e ama collocare il prodotto artistico nel contesto che ne ha provocato la formazione. Perché ha iniziato la sua ricerca applicando il proprio disegno del mondo alla geometria , per individuarne un ordine potenziale, preventivo dell’eventuale libertà di azione della forma. E perché, lungo il suo percorso, ha poi incontrato l’umano, nella sua più reale manifestazione antropologica e sociale, nel mondo contadino e nella povertà. Perché, infine, ha posto in costante dialettica questi due estremi della geometria e dell’umano, finché non ha reperito nell’arte, nella sua storia e nella sua teoria, un raccordo superiore tra queste due entità: è il suo modo per trattare l’assoluto con la concretezza della materia e l’umiltà del soggettivo.
Queste sono le ragioni della nostra scelta odierna. Per esprimerle, abbiamo raccontato la storia artistica di Mario Cresci in una esposizione retrospettiva. Ne risulta che, per l’intera durata della sua vita artistica, egli ha sviluppato gli stessi strumenti inventivi con cui oggi, nei lavori specificamente realizzati per la Pinacoteca e allestiti nei suoi percorsi, ha ripristinato una ragione di forma, autentica e significativa, proprio nei punti di debolezza e inadeguatezza del nostro lavoro funzionale: lì dove la nostra scienza rivela tutte le migliori metodologie della circostanza, ma carenza di inventiva; e rimane schiacciata dal confronto con la storia. Cresci, ha condotto un atto creativo prolungato, senza conoscerne preventivamente il risultato; non è stato mai tecnico, come noi siamo: con chiarezza semplice e geometrica ha accolto, nell’applicarsi alla Pinacoteca, ogni elemento del vero e del reale colpisse la sua percezione e fosse per lui trasformabile in immagine. Nello svolgimento spaziale del suo percorso espositivo, ha disseminato segni e tracce di forma. Sensibile all’accidentale e capace di riconoscerne la trama perfetta nel necessario geometrico, ha rivelato che la quantità inesauribile di immagini che sgorga dalla sua esuberanza inventiva, deriva e torna su tre motivi portanti, che strutturano come un insieme tutto il suo lavoro artistico. Tre successive tappe segnano allora l’ordine di questa mostra, identiche per la parte retrospettiva ma differenziate da una diversa produzione creativa, ciascuna specificamente prodotta sulla singolarità del luogo espositivo, interpretato fino a condurlo all’universalità di un problema. A Bologna, l’arte: nella Pinacoteca proveniente dalla storia dell’Accademia di Belle Arti, che ancora oggi, nello stesso edificio, svolge la sua funzione formativa e idealmente educa alle tecniche antiche e attuali, al fine assurdo di realizzare il bello artistico. A Roma, la traccia fotografica come indizio e indice del reale: alla Calcografia dell’Istituto Nazionale per la Grafica, il luogo museale e operativo che studia la derivazione dell’immagine dal segno. A Matera, infine, l’umano: nel Museo Nazionale della Basilicata, la terra dove, nella circostanza di contribuire a portare alla vita comunitaria la geometria del progetto sociale e urbano, Cresci aveva scoperto la memoria mitica dell’esistere. In tre soggetti istituzionali dunque, tra Bologna, Roma e Matera, assieme a Antonella Fusco e Francesca Bonetti, Marta Ragazzino e Fabrizio Vona, stiamo indagando noi stessi attraverso l’opera di Mario Cresci.
Ogni mostra presenterà un nucleo di lavori inediti realizzati specificatamente per ogni sede espositiva e una parte retrospettiva comune alle tre edizioni.
A Bologna, oggetto di elaborazione dell’Artista e luogo della specifica realizzazione di opere, è la Pinacoteca Nazionale. I dipinti della collezione, la loro discendenza dall’Accademia di Belle Arti, le incongruenze dell’apparato attuale del museo, il rito tradizionale e ogni volta nuovo che il visitatore attiva con la sua contemplazione, sono le varie facce ideali e reali della Pinacoteca che hanno ispirato l’inventiva artistica di Cresci e prodotto la disseminazione dei suoi interventi installativi lungo il percorso espositivo.
Curata da Luigi Ficacci in collaborazione con l’Artista, questa prima edizione è stata realizzata dalla Soprintendenza di Bologna, ed è prodotta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune di Bologna, dalla Fondazione Carisbo e dall’Associazione degli Amici della Pinacoteca Nazionale “Società di S. Cecilia”.
Mario Cresci è uno dei protagonisti della ricerca fotografica italiana degli ultimi quattro decenni del XX secolo, ma è anche una figura di punta dell’attualità. Nel suo lavoro più recente infatti, unisce al rigore e alla leggerezza ludica e dissacratoria, che sono tipici dell’avanguardia italiana di fine anni sessanta e settanta, una inesauribile curiosità sperimentale, particolarmente mossa dalle innovazioni della tecnica e dall’attrazione verso il confronto con l’inventiva di altri artisti. Nel panorama italiano odierno, queste componenti e la costante aspirazione di Cresci a “superare la divisione tra il mondo delle idee e il mondo delle cose”, assumono una individuale e pungente originalità.
In considerazione di questi caratteri, Cresci è stato chiamato, nel progetto odierno, a applicare la propria inventiva sulla Pinacoteca Nazionale di Bologna, nella convinzione che l’arte sia una categoria di pensiero indispensabile per il raggiungimento di significati originali e per la risoluzione di problematiche che normalmente vengono riservate alla sola scienza storiografica e alle tecniche museologiche che ne derivano.
La mostra si compone di una parte antologica, in cui circa 90 opere fotografiche dimostrano l’eccezionale rilevanza complessiva del suo lavoro.
Si inizia con immagini appartenenti alla ricerca sulla forma geometrica. Alterazione del cerchio, Venezia, 1964 e Alterazione del quadrato , Venezia, 1964 - Matera, 1972 testimoniano la prima fase di sperimentazione, conseguente la formazione presso il corso superiore di Disegno Industriale a Venezia. Sono immagini che indagano il potere di alterazione del mezzo fotografico nei confronti della realtà visibile. Emergono alcune fondamentali riflessioni sull’importanza del punto di vista e più in generale sull’ambiguità dei processi visivi relativamente alle esperienze della percezione.
Una scelta di opere appartenenti alle serie Ritratti reali, Tricarico, 1967-72 e Interni mossi, Tricarico, 1967 introducono il lavoro fotografico sulla figura, che Cresci affronta dal momento del suo trasferimento in Basilicata. Lo orienta su tematiche dell’umano sociale, estese all’impegno politico e progettuale. L’evoluzione successiva della sua opera dimostra una costante dialettica tra questi due estremi della geometria e dell’umano, culminante in un raccordo superiore, rintracciato nella tradizione dell’Arte. Soprattutto dalla fine degli anni ottanta, Cresci trova nel ricorso all’ideale dell’arte e alla riflessione sulla sua storia, un percorso originale per trattare l’assoluto con la concretezza della materia e L’umiltà del soggettivo. Gli strumenti della didattica artistica e l’esperienza dell’Accademia di Belle Arti, quale luogo dello studio e della riflessione filosofica sul Bello artistico, diventano da quel momento per lui uno dei motivi di ispirazione più fertili. A Bologna, questo aspetto della riflessione di Cresci sull’arte, risulta particolarmente significativo in considerazione della contiguità storica e attuale della Pinacoteca con l’Accademia di Belle Arti, sia per ideali che per spazi fisici. I cicli condotti su questo tema da Cresci nel periodo del suo impegno come direttore dell’Accademia di Bergamo, trovano i loro esiti nel lavoro originale svolto nel percorso espositivo della Pinacoteca, coinvolta globalmente quale teatro della sua opera e della mostra.
Al termine del ciclo espositivo è prevista la pubblicazione di un volume monografico dedicato all’intero progetto.
NOTIZIE UTILI
Sedi ed Orari Bologna, Pinacoteca Nazionale
Martedì – Domenica e festivi ore 9 - 19
Lunedì chiuso
Info: +39 051 4209411
Ingresso intero € 6, ridotto €4
Comprensivo di visita alla Pinacoteca
Ufficio Stampa StudioBegnini tel. +39 06 69190880 studiobegnini@gmail.com
EDIZIONI SUCCESSIVE:
ATTRAVERSO LA TRACCIA
25 Marzo – 22 Maggio 2011
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica – Via Poli 54
Info: +39 06 69980242 - 69980257
ATTRAVERSO L’UMANO
Giugno – Settembre 2011
Matera,– Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata - Piazza G. Pascoli, 1
Info: +39 0835 256262
CENNI BIOGRAFICI
Mario Cresci è nato a Chiavari nel 1942. Dal 1963 al 1966 studia design e fotografia al “Corso Superiore di Industrial Design” di Venezia e presto si interessa di sperimentazione nell’ambito della grafica e dei diversi linguaggi visivi, in un’ottica di analisi e interscambio delle varie forme espressive.
Nel 1966 entra nel gruppo di architettura e design “Il Politecnico”, con il quale avvia una ricerca etno-fotografica che si svolgerà a Venezia e poi soprattutto in Basilicata, dove, dapprima a Tricarico, quindi a Matera, dal 1970 alla fine degli anni Ottanta, Cresci lavorerà stabilmente, usando la fotografia come strumento di relazione concettuale tra lo sguardo e il proprio personale coinvolgimento nella realtà e nelle problematiche dei luoghi in cui vive. Qui, accanto alle proprie ricerche come fotografo, impegnato in una grande rilevazione ambientale e culturale che sfocerà nel libro Matera, immagini e documenti (Matera, Meta, 1975), inizierà anche una importante attività come operatore culturale, promuovendo iniziative attente soprattutto alle tematiche del territorio, che svilupperà poi nell’arco di tutta la sua carriera artistica, partecipando a diverse mostre in Italia e all’estero, e realizzando numerose pubblicazioni.
Alla fine degli anni Sessanta inizia una stretta collaborazione con artisti quali Kounellis, Pascali, Mattiacci e, nel 1968, a Roma, incontra i torinesi Paolini, Pistoletto, Boetti e collabora con Fabio Sargentini all’Attico, con Mara Coccia all’Arco d’Alibert, oltre che con la rivista di arte contemporanea “Cartabianca”. Successivamente è a Parigi e poi a Milano dove, nell’ambito del suo impegno tra politica e arte, realizza, alla Galleria Il Diaframma, uno dei primi environnement fotografici in Europa.
Dal 1974 partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia e a molte esposizioni d’arte e di fotografia in Italia e all’estero. Dal 1975 unisce all’attività di ricerca fotografica (condotta in particolare sui temi della memoria, l’identità, l’architettura e il paesaggio), un’attività di sperimentazione didattica nelle scuole di design dell’Italia meridionale e in ambito etnografico e antropologico.
Nel 1977 riceve il Premio Bolaffi per la Fotografia e nel 1984 collabora con Luigi Ghirri per la mostra “Viaggio in Italia” (cfr. M. Cresci, Mettere al mondo il mondo, in R. Valtorta, a cura di, Racconti dal paesaggio. 1984-2004 A vent’anni da Viaggio in Italia, Milano, Museo di Fotografia Contemporanea-Lupetti, 2004, pp. 188-194).
Nel 1989 si trasferisce a Milano e, per alcuni anni, insegna Comunicazione visiva e fotografia all’Istituto Europeo di Design. Dal 1992 al 2000 dirige l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e dal 1996 al 1999 il Festival di fotografia di Savignano. Nel 1995 viene organizzata la prima rassegna della sua produzione artistica alle Stelline di Milano e nel 1998 cura per i “Rencontres de la photographie” di Arles una rassegna di giovani fotografi italiani. Insegna Storia della fotografia presso l’Università di Parma (2000-2003), e nel corso di Design della Comunicazione al Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura (2003-2004). Attualmente insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nei corsi di specializzazione post-laurea e di “Teoria e metodo della fotografia”.
Tra le principali mostre a lui dedicate, si ricorda l’antologica “Le Case della fotografia: Mario Cresci 1966-2003” (alla GAM di Torino, 2004) e la recente “Sottotraccia. Bergamo. Immagini della città e del suo territorio” (Bergamo, Elleni Gallerie d’arte, 2009).
Forse fotografia: toccare e disegnare con la luce
Quando Duchamp disegnò i baffi alla Gioconda di Leonardo compì un atto in apparenza provocatorio perché in realtà il suo intento era quello di un invito a “riguardare” il dipinto, rivolto agli sguardi opachi e frettolosi di gran parte del pubblico che passa velocemente nei musei senza fermarsi a pensare a ciò che ha davanti agli occhi. Questo pensiero mi ha sempre seguito soprattutto nei momenti in cui potevo avvicinarmi alle opere d’arte osservando da vicino ciò che non si vede nelle loro riproduzioni.
Vedere e rivedere l’oggetto artistico nella sua realtà e nel suo contesto sia un dipinto, una scultura o un’architettura è un po’ come ascoltare e riascoltare più volte un brano musicale. Non basta mai e tutte le occasioni sono preziose!
Credo sia questa una delle principali ragioni che mi hanno avvicinato all’idea dell’atto duchampiano ma seguendo una diversa modalità espressiva che appartiene alla mia formazione e al mio tempo. Ho costruito un percorso ideale nella Pinacoteca di Bologna, un luogo d’arte per eccellenza. Mi si è così rivelato uno spazio percorribile liberamente con il piacere di passare da una sala all’altra guardando e riguardando più volte le stesse opere osservate da vicino con il desiderio di capirne il senso ancor prima di fotografare.
“Forse Fotografia”, ho detto al Soprintendente che aveva accolto il mio progetto con entusiasmo e mi aveva aperto le porte delle sale. O “Forse non solo fotografia” ma anche scrittura, videoarte e musica, naturalmente!
Mario Cresci
Bergamo 2010
Abbiamo chiamato Mario Cresci e ne abbiamo applicato l’opera e l’inventiva alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Nostro compito è rinnovare elementi di originalità, nella consapevolezza che la categoria cui questo museo appartiene è tra le più rigide e esclusive, tanto nella teoria che nella gestione. Spesso, questo tipo di museo, risulta incapace di dare risposta a quelle multiformi inquietudini del nostro tempo che si articolano nel bisogno d’arte. La scienza storica che lo regge impone regole all’approccio dell’individuo all’arte. Come un binario obbligato, manovra con fiduciosa pre-definizione il visitatore, ogni volta che riesce a catturarlo nel suo presente percettivo. Inevitabile che finisca per circondare l’esperienza dell’arte di sovrastrutture condizionanti e inamovibili. Allora può accadere che nel concreto, tra l’ingresso fisico e mentale nel museo e la contemplazione fronte all’opera, l’osservatore traversi un territorio di incongruenze. Un po’ dipendenti dall’assurdo della sua condizione di transito dal quotidiano a uno stato di alterazione emotiva, un po’ da una deprimente carenza di disegno, in senso metaforico come in senso letterale, del paesaggio intermedio. Involontario e senz’arte, il passaggio intermedio è opera nostra. Ciò procura disagio e questa mostra nasce infatti da un moto di insofferenza. Abbiamo voluto condividere con un artista le inquietudini della nostra professione specialistica. Abbiamo scelto Cresci perché la sua poetica aspira a “superare la divisione tra il mondo delle idee e il mondo delle cose” e ama collocare il prodotto artistico nel contesto che ne ha provocato la formazione. Perché ha iniziato la sua ricerca applicando il proprio disegno del mondo alla geometria , per individuarne un ordine potenziale, preventivo dell’eventuale libertà di azione della forma. E perché, lungo il suo percorso, ha poi incontrato l’umano, nella sua più reale manifestazione antropologica e sociale, nel mondo contadino e nella povertà. Perché, infine, ha posto in costante dialettica questi due estremi della geometria e dell’umano, finché non ha reperito nell’arte, nella sua storia e nella sua teoria, un raccordo superiore tra queste due entità: è il suo modo per trattare l’assoluto con la concretezza della materia e l’umiltà del soggettivo.
Queste sono le ragioni della nostra scelta odierna. Per esprimerle, abbiamo raccontato la storia artistica di Mario Cresci in una esposizione retrospettiva. Ne risulta che, per l’intera durata della sua vita artistica, egli ha sviluppato gli stessi strumenti inventivi con cui oggi, nei lavori specificamente realizzati per la Pinacoteca e allestiti nei suoi percorsi, ha ripristinato una ragione di forma, autentica e significativa, proprio nei punti di debolezza e inadeguatezza del nostro lavoro funzionale: lì dove la nostra scienza rivela tutte le migliori metodologie della circostanza, ma carenza di inventiva; e rimane schiacciata dal confronto con la storia. Cresci, ha condotto un atto creativo prolungato, senza conoscerne preventivamente il risultato; non è stato mai tecnico, come noi siamo: con chiarezza semplice e geometrica ha accolto, nell’applicarsi alla Pinacoteca, ogni elemento del vero e del reale colpisse la sua percezione e fosse per lui trasformabile in immagine. Nello svolgimento spaziale del suo percorso espositivo, ha disseminato segni e tracce di forma. Sensibile all’accidentale e capace di riconoscerne la trama perfetta nel necessario geometrico, ha rivelato che la quantità inesauribile di immagini che sgorga dalla sua esuberanza inventiva, deriva e torna su tre motivi portanti, che strutturano come un insieme tutto il suo lavoro artistico. Tre successive tappe segnano allora l’ordine di questa mostra, identiche per la parte retrospettiva ma differenziate da una diversa produzione creativa, ciascuna specificamente prodotta sulla singolarità del luogo espositivo, interpretato fino a condurlo all’universalità di un problema. A Bologna, l’arte: nella Pinacoteca proveniente dalla storia dell’Accademia di Belle Arti, che ancora oggi, nello stesso edificio, svolge la sua funzione formativa e idealmente educa alle tecniche antiche e attuali, al fine assurdo di realizzare il bello artistico. A Roma, la traccia fotografica come indizio e indice del reale: alla Calcografia dell’Istituto Nazionale per la Grafica, il luogo museale e operativo che studia la derivazione dell’immagine dal segno. A Matera, infine, l’umano: nel Museo Nazionale della Basilicata, la terra dove, nella circostanza di contribuire a portare alla vita comunitaria la geometria del progetto sociale e urbano, Cresci aveva scoperto la memoria mitica dell’esistere. In tre soggetti istituzionali dunque, tra Bologna, Roma e Matera, assieme a Antonella Fusco e Francesca Bonetti, Marta Ragazzino e Fabrizio Vona, stiamo indagando noi stessi attraverso l’opera di Mario Cresci.
19
novembre 2010
Mario Cresci – Forse fotografia
Dal 19 novembre 2010 al 31 gennaio 2011
fotografia
Location
PINACOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA
Bologna, Via Delle Belle Arti, 56, (Bologna)
Bologna, Via Delle Belle Arti, 56, (Bologna)
Biglietti
intero € 6, ridotto €4 Comprensivo di visita alla Pinacoteca
Orario di apertura
Martedì – Domenica 10 – 19, Lunedì chiuso
Vernissage
19 Novembre 2010, ore 18
Ufficio stampa
STUDIO BEGNINI
Autore
Curatore