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Mario Deluigi – Grattages
La Mostra espone 50 grattages e le fotografie dei plastici critico-visuali realizzati nel 1964 dagli studenti dello IUAV sotto la guida di Deluigi per il IV Centenario della morte di Michelangiolo.
Comunicato stampa
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“Quarant’anni di attività, tesa di decennio in decennio ad appuntamenti regolarmente mancati con la cultura italiana; ogni volta in ritardo per distrazione, per malizia, per ignavia…Hanno fatto eccezione pochi ‘intelligenti’, e sono architetti: Frank Lloyd Wright, Max Bill, Giuseppe Samonà, Carlo Scarpa, Bruno Zevi, Ignazio Gardella, Franco Albini, Egle Trincanato e, venuto a Venezia negli ultimi mesi della sua vita, Le Corbusier… Non si può superare così lo stupore, pari solo al grande silenzio che isola tanto fervore di pensiero, di opere, di magistero instancabile, di autentica, sofferta, generosa umanità”. Così scrive Giuseppe Mazzariol, attento esegeta di Mario Deluigi, in occasione della mostra dell’artista alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia nel 1966.
Quei “pochi intelligenti” sono i “colleghi” dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV), a Palazzo Giustinian di San Trovaso, dove Deluigi è chiamato a insegnare Scenografia nel 1946 e dove rimarrà fino al 1971, trasferendovi il suo studio.
Il sodalizio con Carlo Scarpa è in realtà precedente: risale agli anni giovanili all’Accademia di Belle Arti, prosegue con la realizzazione nel 1929 del mosaico Il bagno, con numerosi arredamenti, come quello per la casa di Ferruccio Asta nel 1931, segnalato da Edoardo Persico in “La Casa Bella”, e per la mostra di Arturo Martini alla Biennale del 1942. L’amicizia fraterna con Bruno Zevi e la collaborazione con il corso di Storia dell’architettura da lui tenuto alla IUAV dal 1948 al 1964, trovano invece un momento fondamentale di verifica nel 1964, in occasione della celebrazione del quarto centenario della morte di Michelangiolo al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Deluigi pilota infatti gli studenti nella costruzione di plastici critico-visuali che restituiscono l’eresia spaziale delle opere michelangiolesche.
Anche quando Deluigi lascerà lo IUAV per altre avventure didattiche, la collaborazione con gli architetti resterà costante, come attestano i mosaici per la centrale idroelettrica di Somplago, la partecipazione a piani regolatori e ai congressi di urbanistica. Una collaborazione fruttuosa e stimolante perché radicata nello specifico pittorico, coltivato da Deluigi nel corso di un’intero secolo.
Mario Deluigi nasce infatti a Treviso nel 1901; il primo maestro all’accademia, Ettore Tito, gli addita la via di una luce antinaturalistica, mentre l’incontro con Gino Severini, nel 1926 tramite Scarpa, è decisivo per il passaggio, tra il 1929 e il 1935, al cubismo. Di tale poetica Deluigi offre però una declinazione originale: non anela infatti alla scomposizione bidimensionale, ma alla resa dello spazio tridimensionale oltre la rappresentazione mimetica. L’indagine si avvale, dal 1941, di un interlocutore privilegiato come Arturo Martini, chiamato alla cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti. Tra il 1944, quando espone nella prima personale a Il Cavallino, la prestigiosa galleria diretta da Carlo Cardazzo, e il 1954, quando approda alla straordinaria stagione dei grattages, Deluigi attraversa diversi periodi: quello “fisiologico”, dove masse astratte, fluttuanti, fortemente chiaroscurate, si muovono ormai libere dalle coordinate spaziali tradizionali; gli Amori, dal 1950, dove le stesse masse si aprono e dissolvono sul piano: senza appiattirsi né insterilirsi, traducono la tridimensionalità plastica in quella luminosa e cromatica. L’incontro, proprio attraverso Cardazzo, con Lucio Fontana e lo Spazialismo, alla galleria Il Naviglio di Renato Cardazzo a Milano, è decisivo.
Firma nel 1951 il Manifesto dell’Arte Spaziale e l’anno successivo il Manifesto del Movimento Spaziale per la televisione, partecipando alle collettive milanesi e veneziane, come la Biennale del 1952. Lo accomuna a Fontana l’anelito “a una via d’uscita all’arido bi-dimensionalismo post-cubista e astrattista”, la ricerca affannosa, attraverso la riduzione dei mezzi espressivi, dell’essenza della pittura: lo spazio prima, la luce poi. Ma, schivo e solitario, Deluigi è inadatto ad avventure di gruppo e riprende presto il suo percorso isolato, austero e tenace.
Motivo sui vuoti, il ciclo presentato alla Biennale veneziana del 1954, inaugura la stagione del grattage. Alla stesura iniziale di un colore sulla tela segue la sua effrazione per catturarne la luce. “Dovevo cercare la luce, cioè il valore strutturale. Ho capito che distruggendo il segno toglievo tutto quello che poteva essere significativo e così facendo appariva la luce. È una costruzione quella che faccio: vado avanti eliminando i segni man mano che li eseguo perché questi segni li devo vedere solo con il pensiero”. Come Fontana a proposito di Concetto spaziale, anche Deluigi insiste sul valore costruttivo e concettuale della sottrazione di materia dalla superficie pittorica.
Come in architettura la luce coincide con lo spazio, ne è valore precipuo e intrinseco, così, nei grattages di Deluigi, essa non è tonale ma strutturale: “Non sarà che dal colore scaturisca la luce; vero il contrario: solo la luce è colore”. Alla realizzazione dei grattages si dedicherà sino alla morte, avvenuta nel 1978.
La mostra che si propone si focalizza esclusivamente sulla stagione dei grattages.
Come nel caso di Fontana, ma anche di grandi artisti quali Piero Manzoni, Enrico Castellani, Robert Ryman, il grattage attesta quale ricchezza, in chiave formale e cromatica, possa scaturire da un unico e rigoroso assunto poetico.
La mostra è parte di un unico progetto che comprende il convegno internazionale sulla storia dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia negli anni della direzione di Giuseppe Samonà, in cui Deluigi è protagonista indiscusso.
La mostra, allestita dall’architetto Maurizio Di Puolo, sarà composta da circa cinquanta quadri.
A cura della Fondazione Bruno Zevi, in collaborazione con l’Archivio Mario Deluigi, sarà accompagnata da un catalogo di circa 150 pagine contenente un saggio di Adachiara Zevi, il testo di Giovanni Bianchi su Deluigi e lo IUAV, il testo di Arnaldo Bruschi sui plastici critico-visuali delle opere di Michelangiolo, l’epistolario inedito tra Mario Deluigi e Bruno Zevi introdotto da Luca Massimo Barbero, le fotografie a colori delle opere in mostra, la biografia ragionata e illustrata redatta da Caterina De Luigi Bianchi.
L’inaugurazione della mostra avrà luogo il 13 dicembre 2004 alle ore 12,00, come momento centrale del convegno sull’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, presso il Complesso monumentale San Michele a Ripa Grande, Ex Carcere Minorile, a Roma.
Quei “pochi intelligenti” sono i “colleghi” dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV), a Palazzo Giustinian di San Trovaso, dove Deluigi è chiamato a insegnare Scenografia nel 1946 e dove rimarrà fino al 1971, trasferendovi il suo studio.
Il sodalizio con Carlo Scarpa è in realtà precedente: risale agli anni giovanili all’Accademia di Belle Arti, prosegue con la realizzazione nel 1929 del mosaico Il bagno, con numerosi arredamenti, come quello per la casa di Ferruccio Asta nel 1931, segnalato da Edoardo Persico in “La Casa Bella”, e per la mostra di Arturo Martini alla Biennale del 1942. L’amicizia fraterna con Bruno Zevi e la collaborazione con il corso di Storia dell’architettura da lui tenuto alla IUAV dal 1948 al 1964, trovano invece un momento fondamentale di verifica nel 1964, in occasione della celebrazione del quarto centenario della morte di Michelangiolo al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Deluigi pilota infatti gli studenti nella costruzione di plastici critico-visuali che restituiscono l’eresia spaziale delle opere michelangiolesche.
Anche quando Deluigi lascerà lo IUAV per altre avventure didattiche, la collaborazione con gli architetti resterà costante, come attestano i mosaici per la centrale idroelettrica di Somplago, la partecipazione a piani regolatori e ai congressi di urbanistica. Una collaborazione fruttuosa e stimolante perché radicata nello specifico pittorico, coltivato da Deluigi nel corso di un’intero secolo.
Mario Deluigi nasce infatti a Treviso nel 1901; il primo maestro all’accademia, Ettore Tito, gli addita la via di una luce antinaturalistica, mentre l’incontro con Gino Severini, nel 1926 tramite Scarpa, è decisivo per il passaggio, tra il 1929 e il 1935, al cubismo. Di tale poetica Deluigi offre però una declinazione originale: non anela infatti alla scomposizione bidimensionale, ma alla resa dello spazio tridimensionale oltre la rappresentazione mimetica. L’indagine si avvale, dal 1941, di un interlocutore privilegiato come Arturo Martini, chiamato alla cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti. Tra il 1944, quando espone nella prima personale a Il Cavallino, la prestigiosa galleria diretta da Carlo Cardazzo, e il 1954, quando approda alla straordinaria stagione dei grattages, Deluigi attraversa diversi periodi: quello “fisiologico”, dove masse astratte, fluttuanti, fortemente chiaroscurate, si muovono ormai libere dalle coordinate spaziali tradizionali; gli Amori, dal 1950, dove le stesse masse si aprono e dissolvono sul piano: senza appiattirsi né insterilirsi, traducono la tridimensionalità plastica in quella luminosa e cromatica. L’incontro, proprio attraverso Cardazzo, con Lucio Fontana e lo Spazialismo, alla galleria Il Naviglio di Renato Cardazzo a Milano, è decisivo.
Firma nel 1951 il Manifesto dell’Arte Spaziale e l’anno successivo il Manifesto del Movimento Spaziale per la televisione, partecipando alle collettive milanesi e veneziane, come la Biennale del 1952. Lo accomuna a Fontana l’anelito “a una via d’uscita all’arido bi-dimensionalismo post-cubista e astrattista”, la ricerca affannosa, attraverso la riduzione dei mezzi espressivi, dell’essenza della pittura: lo spazio prima, la luce poi. Ma, schivo e solitario, Deluigi è inadatto ad avventure di gruppo e riprende presto il suo percorso isolato, austero e tenace.
Motivo sui vuoti, il ciclo presentato alla Biennale veneziana del 1954, inaugura la stagione del grattage. Alla stesura iniziale di un colore sulla tela segue la sua effrazione per catturarne la luce. “Dovevo cercare la luce, cioè il valore strutturale. Ho capito che distruggendo il segno toglievo tutto quello che poteva essere significativo e così facendo appariva la luce. È una costruzione quella che faccio: vado avanti eliminando i segni man mano che li eseguo perché questi segni li devo vedere solo con il pensiero”. Come Fontana a proposito di Concetto spaziale, anche Deluigi insiste sul valore costruttivo e concettuale della sottrazione di materia dalla superficie pittorica.
Come in architettura la luce coincide con lo spazio, ne è valore precipuo e intrinseco, così, nei grattages di Deluigi, essa non è tonale ma strutturale: “Non sarà che dal colore scaturisca la luce; vero il contrario: solo la luce è colore”. Alla realizzazione dei grattages si dedicherà sino alla morte, avvenuta nel 1978.
La mostra che si propone si focalizza esclusivamente sulla stagione dei grattages.
Come nel caso di Fontana, ma anche di grandi artisti quali Piero Manzoni, Enrico Castellani, Robert Ryman, il grattage attesta quale ricchezza, in chiave formale e cromatica, possa scaturire da un unico e rigoroso assunto poetico.
La mostra è parte di un unico progetto che comprende il convegno internazionale sulla storia dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia negli anni della direzione di Giuseppe Samonà, in cui Deluigi è protagonista indiscusso.
La mostra, allestita dall’architetto Maurizio Di Puolo, sarà composta da circa cinquanta quadri.
A cura della Fondazione Bruno Zevi, in collaborazione con l’Archivio Mario Deluigi, sarà accompagnata da un catalogo di circa 150 pagine contenente un saggio di Adachiara Zevi, il testo di Giovanni Bianchi su Deluigi e lo IUAV, il testo di Arnaldo Bruschi sui plastici critico-visuali delle opere di Michelangiolo, l’epistolario inedito tra Mario Deluigi e Bruno Zevi introdotto da Luca Massimo Barbero, le fotografie a colori delle opere in mostra, la biografia ragionata e illustrata redatta da Caterina De Luigi Bianchi.
L’inaugurazione della mostra avrà luogo il 13 dicembre 2004 alle ore 12,00, come momento centrale del convegno sull’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, presso il Complesso monumentale San Michele a Ripa Grande, Ex Carcere Minorile, a Roma.
13
dicembre 2004
Mario Deluigi – Grattages
Dal 13 dicembre 2004 al 30 gennaio 2005
arte contemporanea
Location
COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN MICHELE IN RIPA – EX CASA DI CORREZIONE DI CARLO FONTANA
Roma, Via Di San Michele, 25, (Roma)
Roma, Via Di San Michele, 25, (Roma)
Vernissage
13 Dicembre 2004, ore 12
Autore
Curatore