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Mario Dondero
Il festival FotoGrafia dedica un ampio omaggio alla figura di Mario Dondero,uno degli uomini che hanno fatto la storia della fotografia in Italia
Comunicato stampa
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Il festival FotoGrafia dedica un ampio omaggio alla figura di Mario Dondero,uno degli uomini che hanno fatto la storia della fotografia in Italia. Nella sua carriera, tra Parigi e il resto del mondo, ha raccontato storie di gente comune e ritratto i più grandi intellettuali europei di cui, spesso, è diventato amico. Dondero è uno dei maggiori fotografi italiani del dopoguerra, uno dei fondatori del fotogiornalismo, un maestro il cui modo di fotografare non assomiglia a quello di nessun altro: possiede uno sguardo unico, caldo e umano, colto e intelligente. Ogni suo scatto è un momento di vita sensibile, dai ritratti di Pasolini ai reportage di guerra, le sue immagini possiedono qualcosa di assoluto.
Le immagini di Dondero sono esposte alla Sala Santa Rita, al Teatro Tor Bella Monaca e alla Libreria-Galleria il Museo del Louvre.
Libreria-Galleria il Museo del Louvre Mario Dondero. Foto romanzi
a cura di Giuseppe Casetti.
Per Mario Dondero, l’incontro con artisti e scrittori ha acquisito spesso il valore di un riconoscimento reciproco, spesso dal tono giocoso. La mostra si propone appunto di valorizzare gli esiti più originali, a volte bizzarri, di questo metodo di lavoro, capace a volte di dar vita a delle vere e proprie “leggende fotografiche”. Tra i protagonisti di questi fotoromanzi: Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Dacia Maraini, Sandro Penna, Roland Topor.
Per tutta la durata della mostra, sarà possibile vedere il ritratto di Mario Dondero realizzato per la serie televisiva di RAISAT EXTRA “I migliori anni della nostra vita”.
Sala Santa Rita Mario Dondero Vocazione reporter
a cura di Giuseppe Casetti.
Nato professionalmente come giornalista ma votatosi presto alla comunicazione per immagini, Mario Dondero ha poi sempre voluto intendere il proprio lavoro di fotoreporter come una scelta di vita.La mostra è l’occasione per cogliere, attraverso un nucleo ristretto ma significativo di opere, le diverse sollecitazioni che hanno scandito il percorso di questo autore, in cinquant’anni di viaggi, impegno civile e sociale, e incontri con donne e uomini straordinari.
Teatro Tor Bella Monaca I set di Mario Dondero
a cura di Giuseppe Casetti.
L'omaggio del Festival al padre del fotogiornalismo italiano, prosegue con questa sezione dedicata al suo rapporto con la scena. Dondero è stato il ritrattista della comunità di artisti che ha animato la stagione più fiorente del cinema e del teatro italiani del novecento, da Gian Maria Volontè a Pier Paolo Pasolini.
Testo di Giuseppe Casetti
“Deve sempre rimanere chiaro che per me fotografare non è mai stato l’interesse principale. Ancora oggi non mi reputo un fotografo tout court. A me le foto interessano come collante delle relazioni umane, o come testimonianza delle situazioni. Non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono...”
Mario Dondero ha cominciato a fotografare nel ‘52. Era allora un giornalista di “Milano Sera,” ma quando Salvato Cappelli e Giulio Trevisani fondarono un giornale fotografico che si chiamava “Le Ore” e aveva per motto “una foto più di mille parole” diventò fotoreporter.
In quegli anni (primi anni cinquanta) è col gruppo dei “giamaicani” (i frequentatori del mitico bar Giamaica) di Milano: Ugo Mulas, Alfa Castaldi, Camilla Cederna, Luciano Bianciardi, Giulia Nicolai, Carlo Bavagnoli, Piero Manzoni.
“ Siccome al liceo andava bene in italiano, era venuto su con l’idea di farsi giornalista, ma poi qualcuno gli consigliò, proprio per via della sua mole e della pratica nel gioco del rugby, di scegliere invece il reportaggio, un mestiere che richiede buone spalle, se vuoi farti largo nella calca e scattare il flash al momento buono. Carlone aveva accettato, e adesso lo vedevo, rincasando, steso sul letto a sfogliare vecchi numeri di Life: così, diceva, per trovare un’idea, uno spunto. Qualche volta, se non avevo voglia di salire in biblioteca per le mie ricerche, lo accompagnavo fino alla Mondialpicts, l’agenzia fotografica dove lavorava insieme ad altri due ragazzi, alloggiati nella camera accanto alla nostra, Mario e Ugo. Alla Mondialpicts comandava un ragioniere con gli occhiali, basso e tondo, che tratteneva il cinquanta per cento su tutto il fatturato, e in cambio dava a nolo le macchine e i rotolini, anticipava le spese e prestava la camera oscura per lo sviluppo. Nient’altro: i servizi ciascun fotografo doveva cercarseli da sé, girando per le redazioni, inventarli, con la speranza che poi qualcuno li comprasse…” (da “La vita agra” di Luciano Bianciardi Rizzoli, Milano 1962). Mario, il personaggio de La vita agra, è Mario Dondero.
Nel romanzo di Bianciardi si accenna ad una agenzia fotografica che in realtà era la Interpix nata dal sodalizio di Mario Dondero con Pippo Gaja, Ugo Mulas e Carlo Bavagnoli.
“Lavorammo insieme fino a quando non partii per la Francia alla fine del ‘54…ho vissuto a Parigi per tutti gli anni cinquanta e parte degli anni sessanta”.
A Parigi diventa amico di molti scrittori e intellettuali francesi. Notissima e ormai entrata a pieno titolo nella mitologia letteraria del Novecento, la foto di gruppo degli scrittori del cosiddetto Nouveau roman (Nathalie Serraute, Samuel Beckett, Alain Robbe-Grillet, Claude Mauriac, Claude Simon, Jerome Lindon, Robert Pinget, Claude Ollier) ripresi a Parigi nell’ottobre del 1959, davanti la sede di Les Editions de Minuit.
Alain Robbe-Grillet ha detto in un’intervista che il gruppo del Nouveau Roman non è mai esistito: l’ha inventato Mario Dondero una mattina in cui era lì, appunto, a Parigi, davanti alle Editions de Minuti mentre ne uscivano Robbe-Grillet, Beckett, Nathalie Serraute, Claude Simon e anche qualcuno che non c’entrava. E ha fatto la fotografia, e facendola ha “inventato” un movimento letterario
“Tornando dalla Francia, ho vissuto a Roma per circa nove anni e quella è l’epoca in cui ho frequentato Pasolini incontrandolo con i comuni amici che erano Alberto Moravia, Dacia Maraini, Laura Betti, Enzo Siciliano,Goffredo Parise: pranzavamo spessissimo insieme da “Cesaretto” in via della Croce…Era un formidabile luogo di aggregazione, ci veniva Gian Maria Volontè e altra gente del cinema…poi ci capitavano Giovannino Russo, Corrado Stajano, Ennio Flaiano, Mino Maccari, Gianbattista Vicari, Giuseppe Berto, perché Roma lì si riduceva a un piccolo villaggio di cui “Cesaretto” era appunto un epicentro…”.
Mario ha viaggiato moltissimo: in Algeria negli anni della tortura,a Stoccolma con il tribunale Russell, tra i medici cinesi del Mali, in Russia, a Cuba, in Cina, in Afghanistan per Emergency.
In collaborazione con lo scrittore del Mali Makan Diabaté, ha realizzato un documentario nel territorio dell’antico impero Mandingo.
“Nei villaggi perduti delle savane e nelle più remote aree forestali del Mali, del Senegal, del Burkina-Faso, della Guinea e in tutti gli antichi paesi dell’Africa nera, da secoli la storia si racconta a voce sotto gli”alberi delle parole” e a narrarla ai giovani sono i grandi vecchi, membri della casta dei griots i custodi della memoria. Sono musici e cantori e anche esperti delle arti incantatorie. Ho spesso pensato che nel nostro mondo senza memoria i fotografi - sia gli oscuri artigiani radicati da generazioni nello stesso paese che i fotografi giornalisti dediti a registrare il divenire della società, le lotte e le fatiche degli uomini- sono anch’essi dei griots.
Le immagini di Dondero sono esposte alla Sala Santa Rita, al Teatro Tor Bella Monaca e alla Libreria-Galleria il Museo del Louvre.
Libreria-Galleria il Museo del Louvre Mario Dondero. Foto romanzi
a cura di Giuseppe Casetti.
Per Mario Dondero, l’incontro con artisti e scrittori ha acquisito spesso il valore di un riconoscimento reciproco, spesso dal tono giocoso. La mostra si propone appunto di valorizzare gli esiti più originali, a volte bizzarri, di questo metodo di lavoro, capace a volte di dar vita a delle vere e proprie “leggende fotografiche”. Tra i protagonisti di questi fotoromanzi: Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Dacia Maraini, Sandro Penna, Roland Topor.
Per tutta la durata della mostra, sarà possibile vedere il ritratto di Mario Dondero realizzato per la serie televisiva di RAISAT EXTRA “I migliori anni della nostra vita”.
Sala Santa Rita Mario Dondero Vocazione reporter
a cura di Giuseppe Casetti.
Nato professionalmente come giornalista ma votatosi presto alla comunicazione per immagini, Mario Dondero ha poi sempre voluto intendere il proprio lavoro di fotoreporter come una scelta di vita.La mostra è l’occasione per cogliere, attraverso un nucleo ristretto ma significativo di opere, le diverse sollecitazioni che hanno scandito il percorso di questo autore, in cinquant’anni di viaggi, impegno civile e sociale, e incontri con donne e uomini straordinari.
Teatro Tor Bella Monaca I set di Mario Dondero
a cura di Giuseppe Casetti.
L'omaggio del Festival al padre del fotogiornalismo italiano, prosegue con questa sezione dedicata al suo rapporto con la scena. Dondero è stato il ritrattista della comunità di artisti che ha animato la stagione più fiorente del cinema e del teatro italiani del novecento, da Gian Maria Volontè a Pier Paolo Pasolini.
Testo di Giuseppe Casetti
“Deve sempre rimanere chiaro che per me fotografare non è mai stato l’interesse principale. Ancora oggi non mi reputo un fotografo tout court. A me le foto interessano come collante delle relazioni umane, o come testimonianza delle situazioni. Non è che a me le persone interessino per fotografarle, mi interessano perché esistono...”
Mario Dondero ha cominciato a fotografare nel ‘52. Era allora un giornalista di “Milano Sera,” ma quando Salvato Cappelli e Giulio Trevisani fondarono un giornale fotografico che si chiamava “Le Ore” e aveva per motto “una foto più di mille parole” diventò fotoreporter.
In quegli anni (primi anni cinquanta) è col gruppo dei “giamaicani” (i frequentatori del mitico bar Giamaica) di Milano: Ugo Mulas, Alfa Castaldi, Camilla Cederna, Luciano Bianciardi, Giulia Nicolai, Carlo Bavagnoli, Piero Manzoni.
“ Siccome al liceo andava bene in italiano, era venuto su con l’idea di farsi giornalista, ma poi qualcuno gli consigliò, proprio per via della sua mole e della pratica nel gioco del rugby, di scegliere invece il reportaggio, un mestiere che richiede buone spalle, se vuoi farti largo nella calca e scattare il flash al momento buono. Carlone aveva accettato, e adesso lo vedevo, rincasando, steso sul letto a sfogliare vecchi numeri di Life: così, diceva, per trovare un’idea, uno spunto. Qualche volta, se non avevo voglia di salire in biblioteca per le mie ricerche, lo accompagnavo fino alla Mondialpicts, l’agenzia fotografica dove lavorava insieme ad altri due ragazzi, alloggiati nella camera accanto alla nostra, Mario e Ugo. Alla Mondialpicts comandava un ragioniere con gli occhiali, basso e tondo, che tratteneva il cinquanta per cento su tutto il fatturato, e in cambio dava a nolo le macchine e i rotolini, anticipava le spese e prestava la camera oscura per lo sviluppo. Nient’altro: i servizi ciascun fotografo doveva cercarseli da sé, girando per le redazioni, inventarli, con la speranza che poi qualcuno li comprasse…” (da “La vita agra” di Luciano Bianciardi Rizzoli, Milano 1962). Mario, il personaggio de La vita agra, è Mario Dondero.
Nel romanzo di Bianciardi si accenna ad una agenzia fotografica che in realtà era la Interpix nata dal sodalizio di Mario Dondero con Pippo Gaja, Ugo Mulas e Carlo Bavagnoli.
“Lavorammo insieme fino a quando non partii per la Francia alla fine del ‘54…ho vissuto a Parigi per tutti gli anni cinquanta e parte degli anni sessanta”.
A Parigi diventa amico di molti scrittori e intellettuali francesi. Notissima e ormai entrata a pieno titolo nella mitologia letteraria del Novecento, la foto di gruppo degli scrittori del cosiddetto Nouveau roman (Nathalie Serraute, Samuel Beckett, Alain Robbe-Grillet, Claude Mauriac, Claude Simon, Jerome Lindon, Robert Pinget, Claude Ollier) ripresi a Parigi nell’ottobre del 1959, davanti la sede di Les Editions de Minuit.
Alain Robbe-Grillet ha detto in un’intervista che il gruppo del Nouveau Roman non è mai esistito: l’ha inventato Mario Dondero una mattina in cui era lì, appunto, a Parigi, davanti alle Editions de Minuti mentre ne uscivano Robbe-Grillet, Beckett, Nathalie Serraute, Claude Simon e anche qualcuno che non c’entrava. E ha fatto la fotografia, e facendola ha “inventato” un movimento letterario
“Tornando dalla Francia, ho vissuto a Roma per circa nove anni e quella è l’epoca in cui ho frequentato Pasolini incontrandolo con i comuni amici che erano Alberto Moravia, Dacia Maraini, Laura Betti, Enzo Siciliano,Goffredo Parise: pranzavamo spessissimo insieme da “Cesaretto” in via della Croce…Era un formidabile luogo di aggregazione, ci veniva Gian Maria Volontè e altra gente del cinema…poi ci capitavano Giovannino Russo, Corrado Stajano, Ennio Flaiano, Mino Maccari, Gianbattista Vicari, Giuseppe Berto, perché Roma lì si riduceva a un piccolo villaggio di cui “Cesaretto” era appunto un epicentro…”.
Mario ha viaggiato moltissimo: in Algeria negli anni della tortura,a Stoccolma con il tribunale Russell, tra i medici cinesi del Mali, in Russia, a Cuba, in Cina, in Afghanistan per Emergency.
In collaborazione con lo scrittore del Mali Makan Diabaté, ha realizzato un documentario nel territorio dell’antico impero Mandingo.
“Nei villaggi perduti delle savane e nelle più remote aree forestali del Mali, del Senegal, del Burkina-Faso, della Guinea e in tutti gli antichi paesi dell’Africa nera, da secoli la storia si racconta a voce sotto gli”alberi delle parole” e a narrarla ai giovani sono i grandi vecchi, membri della casta dei griots i custodi della memoria. Sono musici e cantori e anche esperti delle arti incantatorie. Ho spesso pensato che nel nostro mondo senza memoria i fotografi - sia gli oscuri artigiani radicati da generazioni nello stesso paese che i fotografi giornalisti dediti a registrare il divenire della società, le lotte e le fatiche degli uomini- sono anch’essi dei griots.
13
aprile 2006
Mario Dondero
Dal 13 aprile al 06 maggio 2006
fotografia
Location
LIBRERIA-GALLERIA IL MUSEO DEL LOUVRE
Roma, Via Della Reginella, 28, (Roma)
Roma, Via Della Reginella, 28, (Roma)
Orario di apertura
lun-sab 11–14 e 15.30-19.30
Vernissage
13 Aprile 2006, ore 18.30
Autore
Curatore