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Mario Fortunato – Percorsi
E’ un concentrato lineare di amore per il mondo tutto, ancora ed ala di aspettative attente, affettuosamente delicate e sornioni, cordiali con il mondo
Comunicato stampa
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Abbiamo letto ed assorbito quello che hanno scritto amici e critici vicini a Mario Fortunato.
Preferiamo scrivere con calma e non staccare lo sguardo da quel “fil rouge”, che, nonostante tutto, resta e resterà sempre nascosto, ma che netto e consistente marca sicuro ed inderogabile una linea di permanenza del mistero e della luce.
Quel “fil rouge”, che noi abbiamo visto, intravisto, subodorato, capito o immaginato di vedere, consiste in quella linea di rifugio sottile da cui non si può prescindere.
E’ un concentrato lineare di amore per il mondo tutto, ancora ed ala di aspettative attente, affettuosamente delicate e sornioni, cordiali con il mondo.
L’artista prende la vita a prestito per capire di sé e degli uomini e delle donne che conosce.
Il suo rapporto con l’arte è un pretesto per leggere di sé e degli altri, nonché possibilità d’interpretare il mondo come va e della domanda se ha senso proseguire oppure è meglio scendere alla prossima fermata.
Ma guardiamo dagli anni Sessanta ad oggi.
Le opere degli anni Sessanta ci balzarono agli occhi quando le visionammo in una galleria vomerese.
Ci colpì un’opera eccellente, intitolata “Pensiero moderno”.
Si tratta, in realtà, di una carta di piccole dimensioni, del 1962, che crediamo sia stata, con altre prove della stessa serie, una tessitura, tra le tessiture fondamentali, sorgiva, autentica, brillante per caratura estetica e per consapevole freschezza di gesto dell’artista.
Tutti i suoi lavori, di codice e chiave informale, che sono seguiti nel corso degli anni Sessanta e sino ai primi degli anni Settanta, sono stati precisati da significative elaborazioni.
L’artista, proprio in questo periodo, ha significativamente prodotto acquatinte, acqueforti ed altre ed ulteriori incisioni, superando, nel 1965, un avvelenamento epatico dovuto a manipolazioni, sin troppo disinvolte, delle lastre in bacinelle con acidi corrosivi e devastanti.
Le significazioni visive di Mario Fortunato sono sempre piaciute in Europa ed in America e se la memoria non c’inganna alcune sue opere grafiche risultano presenti al Museo d’Arte Moderna di Hartford, in Connecticut.
All’epoca fu preferita e gradita una teoria che riproponeva ispirate tarlatane, che chi è del mestiere sa che servono a pulire le lastre.
Le acquisizioni di questo museo sono avvenute nel lontano 1974 grazie alla richiesta di una speciale commissione composta da bambini.
Le direzioni museali succedutesi facevano scegliere i lavori degli artisti a disincantati ed esperti fanciulli e fanciulle.
Ma dai successi a un bel giorno in cui Mario Fortunato si blocca e si autodimette da artista dopo aver visto la mostra di Picasso a New York.
Fascino e malia dell’arte picassiana vincono la temerarietà sino ad allora espressa da Mario Fortunato, che, richiamato da un’imprescindibile esigenza della sua anima, ritiene di doversi fermare per riflettere e per porre una pausa tra sé e le vicende artistiche.
Per un lungo periodo, difatti, non produce, non dipinge.
Sceglie l’ombra del ritiro, una serenità pacata dal silenzio, festa intima dell’anima.
Poi, riprende man mano e riscopre le architetture fantastiche, le grandi vedute e con speciale dedizione cura particolari “still life”.
Poi, con collages a metà degli anni Ottanta studia Braque, Picasso, Léger, Gris, Severini e tutto ciò che gli può piacere da un Eugenio Carmi ad un Volaire.
Attualmente le intelaiature, le incastellature, le impalcature, le strutture determinate dalla mano felice, accorta e meditativa di Mario Fortunato sezionano una rete di enucleazioni e di elaborazioni.
In una liturgia sommessa elabora un “framework” dopo l’altro.
Rimandi a Napoli, alla mediterraneità, all’architettura che gli è sempre piaciuta come ordine e materia dello spirito che indaga lo spazio, alla solarità delle donne conosciute vengono a porsi come spessori d’indagine.
Ogni composizione che Mario Fortunato presenta è, in realtà, un unico multiplo, realizzato con la diffusione cromatica dovuta al plotter, che viene fatto derivare da un originale cartaceo, sezionato da riquadri a doppia finestra.
Tutti i tasselli visivi di Mario Fortunato combinano finestre spazio-temporali e ribalte segnico-visive per comprendere se è il caso di affrontare viaggi epocali.
Di rimando in rimando, di richiamo in richiamo, di ricordo in ricordo, di sospiro in sospiro, di vertigine in vertigine le immagini di Mario Fortunato sondano tanti perché ed il senso vitale dell’esistenza.
L’uomo corre da solo, può anche salire con tanti amici ed amiche su “un autobus per utopia”, ma dinnanzi ad una corsa pluralista ed infinita potrebbe anche preferire una corsa saggia con la chance periscopica di scoprire l’amicizia e di interpretare il mondo su cui viaggia.
La sua attuale fabbricazione pittorica è una realtà interessante ed accattivante.
Il senso della scoperta domina gli scenari inconsueti che l’osservazione, misuratissima ed ormai esperta, di Mario Fortunato costruisce.
Paesaggi dai forti sapori esotici, insolite visioni d'insieme, scenografie purgate da assilli contemporanei, macchie di coralità estreme, scenari esuberanti, architetture minime dai simbolismi occulti e dai risvolti esoterici guadagnano lo spazio della dimensione data.
La mano di Mario Fortunato inscrive sull'area trattata preziosismi e calibrati segni.
Queste due caratterizzazioni producono tessiture di panorami immaginati.
E da queste suggestive tessiture emergono visibilità estreme, riconducibili ad una volontà sospesa tra segreti ed emozioni.
Scatti silenti incontrano impalcature segnate ed intervallate da luminescenze.
Tensioni ed intensità fanno vibrare brani raffinati che agglomerano fremiti memoriali e scarti di surrealtà.
Mario Fortunato dettaglia segni e con sequenze vitali riesce a produrre illustrate immaginazioni, che si ricombinano con fertili atmosfere serene e sospese icasticità.
Maurizio Vitiello
Preferiamo scrivere con calma e non staccare lo sguardo da quel “fil rouge”, che, nonostante tutto, resta e resterà sempre nascosto, ma che netto e consistente marca sicuro ed inderogabile una linea di permanenza del mistero e della luce.
Quel “fil rouge”, che noi abbiamo visto, intravisto, subodorato, capito o immaginato di vedere, consiste in quella linea di rifugio sottile da cui non si può prescindere.
E’ un concentrato lineare di amore per il mondo tutto, ancora ed ala di aspettative attente, affettuosamente delicate e sornioni, cordiali con il mondo.
L’artista prende la vita a prestito per capire di sé e degli uomini e delle donne che conosce.
Il suo rapporto con l’arte è un pretesto per leggere di sé e degli altri, nonché possibilità d’interpretare il mondo come va e della domanda se ha senso proseguire oppure è meglio scendere alla prossima fermata.
Ma guardiamo dagli anni Sessanta ad oggi.
Le opere degli anni Sessanta ci balzarono agli occhi quando le visionammo in una galleria vomerese.
Ci colpì un’opera eccellente, intitolata “Pensiero moderno”.
Si tratta, in realtà, di una carta di piccole dimensioni, del 1962, che crediamo sia stata, con altre prove della stessa serie, una tessitura, tra le tessiture fondamentali, sorgiva, autentica, brillante per caratura estetica e per consapevole freschezza di gesto dell’artista.
Tutti i suoi lavori, di codice e chiave informale, che sono seguiti nel corso degli anni Sessanta e sino ai primi degli anni Settanta, sono stati precisati da significative elaborazioni.
L’artista, proprio in questo periodo, ha significativamente prodotto acquatinte, acqueforti ed altre ed ulteriori incisioni, superando, nel 1965, un avvelenamento epatico dovuto a manipolazioni, sin troppo disinvolte, delle lastre in bacinelle con acidi corrosivi e devastanti.
Le significazioni visive di Mario Fortunato sono sempre piaciute in Europa ed in America e se la memoria non c’inganna alcune sue opere grafiche risultano presenti al Museo d’Arte Moderna di Hartford, in Connecticut.
All’epoca fu preferita e gradita una teoria che riproponeva ispirate tarlatane, che chi è del mestiere sa che servono a pulire le lastre.
Le acquisizioni di questo museo sono avvenute nel lontano 1974 grazie alla richiesta di una speciale commissione composta da bambini.
Le direzioni museali succedutesi facevano scegliere i lavori degli artisti a disincantati ed esperti fanciulli e fanciulle.
Ma dai successi a un bel giorno in cui Mario Fortunato si blocca e si autodimette da artista dopo aver visto la mostra di Picasso a New York.
Fascino e malia dell’arte picassiana vincono la temerarietà sino ad allora espressa da Mario Fortunato, che, richiamato da un’imprescindibile esigenza della sua anima, ritiene di doversi fermare per riflettere e per porre una pausa tra sé e le vicende artistiche.
Per un lungo periodo, difatti, non produce, non dipinge.
Sceglie l’ombra del ritiro, una serenità pacata dal silenzio, festa intima dell’anima.
Poi, riprende man mano e riscopre le architetture fantastiche, le grandi vedute e con speciale dedizione cura particolari “still life”.
Poi, con collages a metà degli anni Ottanta studia Braque, Picasso, Léger, Gris, Severini e tutto ciò che gli può piacere da un Eugenio Carmi ad un Volaire.
Attualmente le intelaiature, le incastellature, le impalcature, le strutture determinate dalla mano felice, accorta e meditativa di Mario Fortunato sezionano una rete di enucleazioni e di elaborazioni.
In una liturgia sommessa elabora un “framework” dopo l’altro.
Rimandi a Napoli, alla mediterraneità, all’architettura che gli è sempre piaciuta come ordine e materia dello spirito che indaga lo spazio, alla solarità delle donne conosciute vengono a porsi come spessori d’indagine.
Ogni composizione che Mario Fortunato presenta è, in realtà, un unico multiplo, realizzato con la diffusione cromatica dovuta al plotter, che viene fatto derivare da un originale cartaceo, sezionato da riquadri a doppia finestra.
Tutti i tasselli visivi di Mario Fortunato combinano finestre spazio-temporali e ribalte segnico-visive per comprendere se è il caso di affrontare viaggi epocali.
Di rimando in rimando, di richiamo in richiamo, di ricordo in ricordo, di sospiro in sospiro, di vertigine in vertigine le immagini di Mario Fortunato sondano tanti perché ed il senso vitale dell’esistenza.
L’uomo corre da solo, può anche salire con tanti amici ed amiche su “un autobus per utopia”, ma dinnanzi ad una corsa pluralista ed infinita potrebbe anche preferire una corsa saggia con la chance periscopica di scoprire l’amicizia e di interpretare il mondo su cui viaggia.
La sua attuale fabbricazione pittorica è una realtà interessante ed accattivante.
Il senso della scoperta domina gli scenari inconsueti che l’osservazione, misuratissima ed ormai esperta, di Mario Fortunato costruisce.
Paesaggi dai forti sapori esotici, insolite visioni d'insieme, scenografie purgate da assilli contemporanei, macchie di coralità estreme, scenari esuberanti, architetture minime dai simbolismi occulti e dai risvolti esoterici guadagnano lo spazio della dimensione data.
La mano di Mario Fortunato inscrive sull'area trattata preziosismi e calibrati segni.
Queste due caratterizzazioni producono tessiture di panorami immaginati.
E da queste suggestive tessiture emergono visibilità estreme, riconducibili ad una volontà sospesa tra segreti ed emozioni.
Scatti silenti incontrano impalcature segnate ed intervallate da luminescenze.
Tensioni ed intensità fanno vibrare brani raffinati che agglomerano fremiti memoriali e scarti di surrealtà.
Mario Fortunato dettaglia segni e con sequenze vitali riesce a produrre illustrate immaginazioni, che si ricombinano con fertili atmosfere serene e sospese icasticità.
Maurizio Vitiello
24
febbraio 2004
Mario Fortunato – Percorsi
Dal 24 febbraio al 14 marzo 2004
arte contemporanea
Location
MURAT LIVE CLUB
Napoli, Via Vincenzo Bellini, 8, (Napoli)
Napoli, Via Vincenzo Bellini, 8, (Napoli)
Vernissage
24 Febbraio 2004, ore 19.30