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Mario Gomboli – Gatti senza fissa dimora
Installazioni e tecniche miste
Comunicato stampa
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La dimensione favolistica di Mario Gomboli: Pinocchio, il Gatto & C.
SE CREDETE CHE SIA PROFONDO CIÒ CHE COMUNEMENTE S’INTENDE PER SERIO SIETE DEI SUPERFICIALI. La superiorità dell’uomo su tutti gli animali è che ad esso solo fu dato il privilegio divino del riso… BISOGNA ABITUARSI A RIDERE DI TUTTO QUELLO DI CUI ABITUALMENTE SI PIANGE… L’UOMO NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO SERIAMENTE CHE QUANDO SI RIDE… NULLA È TRISTE PROFONDAMENTE, TUTTO E’ GIOIOSO… Così nel 1913 il Manifesto del controdolore di Aldo Giurlani, vulgo Aldo Palazzeschi, concittadino – fatte salve le coordinate cronologiche – di Mario Gomboli. E c’è tutto, nelle righe del Palazzeschi come nelle “favole figurate” – il Gomboli ci passi la definizione – dell’artista fiorentino / torinese. Gomboli si è ispirato a Pinocchio, al Gatto, alla Gallina, alla Balena… per dare una forma alla propria “visione del Mondo”, per esprimere il proprio “sentimento del contrario”, la propria romantica Spottlust. Ed una cosa accomuna tutti gli alter ego dell’artista, il guardare il mondo dall’esterno, il considerare che tutto quanto par certo, può essere il contrario. Così – mettendo insieme quanto sino ad ora abbiamo visto dell’opera del Gomboli artista , ché è anche acuto critico – si desume un fattor comune, che è insieme del Romanticismo e del Decadentismo europei: la coscienza che tutto è o può esser diverso o contrario da quanto appare. Che poi è atteggiamento quanto mai adatto al nostro tempo, quando la vera lotta sta nel salire su un podio a gridare la propria verità e nell’autoaffermazione. E il gatto? Animale di antichissimo rispetto, che si è conquistato l’onore della mummificazione e dell’esposizione nei Musei Egizi, è l’essere sornione, e – nonostante le apparenze – indipendente per antonomasia.
È flessuoso e agile, sì da passare silenzioso e quasi incorporeo fra le cose; è affettuosissimo e casalingo, ma vive benissimo nell’indipendenza e persino nel randagismo; è animale domestico, famigliare, eppure in Hoffmann, Poe, Agatha Christie è tramite inquietante con un oltre o con un mistero che lui solo conosce. E poi è il compare della volpe collodiana, in verità un poco in secondo piano rispetto alla Volpe, la vera mente degl’inganni e dei misfatti. Il mondo occidentale odierno, nella sua estrema banalità e superficialità, in cui i miti non sono quelli greci, ma la loro traduzione in cartoons giapponesi nei quali si fa opera non già di colta contaminatio, né di consapevole pastiche, ma semplicemente di insipiente orecchiare nomi e lacerti di racconto, in cui la verità è quella che ognun crede sulla base del sentito dire dall’ultimo che ha parlato in modo convincente, il mondo occidentale fatto da volpi – per rimanere nella metafora collodiana e perché no evangelica – da una parte deve guardarsi dai silenziosi, felpati gatti, dall’altra richiede un po’ delle “virtù” del domestico felino: affettuoso, ma indipendente, sonnacchioso e in apparenza pacifico, ma pronto a scattare e a trar fuori l’ugne che quelle stesse morbide zampe nascondono. Come sempre, nell’opera del Gomboli, una favola; e come in ogni favola una metafora ed una riflessione profonda – amara come sempre nel Nostro: profonda sotto l’apparente famigliarità del soggetto, in fondo crudele sotto l’apparente, soffice bonarietà. E – quello che interessa lo studioso d’arte – con un’armonica serie di riferimenti ad una profonda tradizione culturale.
Francesco De Caria
C’est l’esprit familier du lieu; / il juge, il préside, il inspire / toutes choses dans son empire; / peut être est- il fée, est- il Dieu? Con gli occhi di opale, d’argento, di agata, di particelle d’oro, amico della scienza e della voluttà… il gatto è il mistero per Baudelaire e non solo per lui; con quell’aspetto consapevole e riservato, diverso da ogni altro animale da compagnia, è stato simbolo del sacro e del demoniaco, segno di un impercettibile contatto fra il mondo quotidiano e il segreto celato dietro le cose. Gomboli non sfugge a questa sollecitazione misteriosa, anche se la sua distaccata ironia lo induce a toni assai più riservati di quelli di Baudelaire. I suoi gatti segreti, bizzarri, a volte beffardi, fanno solo capolino dietro complessi equilibri di forme, oppure si dispiegano a volte aggressivi a volte supplichevoli, a volte sornioni…. Paradigma delle umane esistenze, strette in un groviglio nel quale il disordine e l’incomprensibilità sono solo apparenti, il gatto a volte sembra, nella pittura e nelle forme polimateriche di Gomboli, il solo capace di sciogliere l’enigma o almeno di alluderne la soluzione. Fata o demonio, il gatto traversa queste immagini imprendibile e silenzioso, riporta via con sé il suo mistero, ma affascina l’osservatore e lo costringe a pensare e ripensare, ad aguzzare lo sguardo, al di là di quelle apparenze che il pittore e il gatto suo alter ego gli rivelano ingannevoli: e quel mondo segreto appare attraente e affascinante, armonico e avventuroso. Il magico nel quotidiano, come insegnavano i Romantici tedeschi e francesi, i Poeti maledetti e i mistici antichi…
Donatella Taverna
Mario Gomboli nasce a Firenze il 12 dicembre del 1945. Figlio di una importante mercante di quadri cresce in un ambiente di artisti. Da bambino frequenta il Caffè Le Giubbe Rosse e il ristorante Sabatini sedendo ai tavoli di Rosai, Papini, Soffici, Primo Conti, personaggi che abitualmente si ritrovavano anche a casa di sua madre. Giovanni March, Giulio Ghelarducci, Aldo Pazzagli, Mario Borgiotti, erano gli amici più vicini a casa Gomboli. Nel ’64 si trasferisce a Torino. La sua prima personale avviene nel ’69 alla Galleria d’Arte Moderna di Rivoli. Negli anni ’70 diviene amico di Guido Seborga, e frequenta la casa di Garelli a Beinasco. Nei numerosi soggiorni fiorentini conosce Vinicio Berti e stringe amicizia con Silvio Loffredo. In seguito entra in amicizia con Sandro Cherchi ed è tra i fondatori di un archivio storico dedicato allo Scultore genovese spentosi a Torino il 25 dicembre 1998. Ha pubblicato diverse piccole opere letterarie che stanno tra il libro d'artista, la poesia e la critica d'arte. Ha allestito numerose personali e partecipato a varie manifestazioni d’arte.
SE CREDETE CHE SIA PROFONDO CIÒ CHE COMUNEMENTE S’INTENDE PER SERIO SIETE DEI SUPERFICIALI. La superiorità dell’uomo su tutti gli animali è che ad esso solo fu dato il privilegio divino del riso… BISOGNA ABITUARSI A RIDERE DI TUTTO QUELLO DI CUI ABITUALMENTE SI PIANGE… L’UOMO NON PUÒ ESSERE CONSIDERATO SERIAMENTE CHE QUANDO SI RIDE… NULLA È TRISTE PROFONDAMENTE, TUTTO E’ GIOIOSO… Così nel 1913 il Manifesto del controdolore di Aldo Giurlani, vulgo Aldo Palazzeschi, concittadino – fatte salve le coordinate cronologiche – di Mario Gomboli. E c’è tutto, nelle righe del Palazzeschi come nelle “favole figurate” – il Gomboli ci passi la definizione – dell’artista fiorentino / torinese. Gomboli si è ispirato a Pinocchio, al Gatto, alla Gallina, alla Balena… per dare una forma alla propria “visione del Mondo”, per esprimere il proprio “sentimento del contrario”, la propria romantica Spottlust. Ed una cosa accomuna tutti gli alter ego dell’artista, il guardare il mondo dall’esterno, il considerare che tutto quanto par certo, può essere il contrario. Così – mettendo insieme quanto sino ad ora abbiamo visto dell’opera del Gomboli artista , ché è anche acuto critico – si desume un fattor comune, che è insieme del Romanticismo e del Decadentismo europei: la coscienza che tutto è o può esser diverso o contrario da quanto appare. Che poi è atteggiamento quanto mai adatto al nostro tempo, quando la vera lotta sta nel salire su un podio a gridare la propria verità e nell’autoaffermazione. E il gatto? Animale di antichissimo rispetto, che si è conquistato l’onore della mummificazione e dell’esposizione nei Musei Egizi, è l’essere sornione, e – nonostante le apparenze – indipendente per antonomasia.
È flessuoso e agile, sì da passare silenzioso e quasi incorporeo fra le cose; è affettuosissimo e casalingo, ma vive benissimo nell’indipendenza e persino nel randagismo; è animale domestico, famigliare, eppure in Hoffmann, Poe, Agatha Christie è tramite inquietante con un oltre o con un mistero che lui solo conosce. E poi è il compare della volpe collodiana, in verità un poco in secondo piano rispetto alla Volpe, la vera mente degl’inganni e dei misfatti. Il mondo occidentale odierno, nella sua estrema banalità e superficialità, in cui i miti non sono quelli greci, ma la loro traduzione in cartoons giapponesi nei quali si fa opera non già di colta contaminatio, né di consapevole pastiche, ma semplicemente di insipiente orecchiare nomi e lacerti di racconto, in cui la verità è quella che ognun crede sulla base del sentito dire dall’ultimo che ha parlato in modo convincente, il mondo occidentale fatto da volpi – per rimanere nella metafora collodiana e perché no evangelica – da una parte deve guardarsi dai silenziosi, felpati gatti, dall’altra richiede un po’ delle “virtù” del domestico felino: affettuoso, ma indipendente, sonnacchioso e in apparenza pacifico, ma pronto a scattare e a trar fuori l’ugne che quelle stesse morbide zampe nascondono. Come sempre, nell’opera del Gomboli, una favola; e come in ogni favola una metafora ed una riflessione profonda – amara come sempre nel Nostro: profonda sotto l’apparente famigliarità del soggetto, in fondo crudele sotto l’apparente, soffice bonarietà. E – quello che interessa lo studioso d’arte – con un’armonica serie di riferimenti ad una profonda tradizione culturale.
Francesco De Caria
C’est l’esprit familier du lieu; / il juge, il préside, il inspire / toutes choses dans son empire; / peut être est- il fée, est- il Dieu? Con gli occhi di opale, d’argento, di agata, di particelle d’oro, amico della scienza e della voluttà… il gatto è il mistero per Baudelaire e non solo per lui; con quell’aspetto consapevole e riservato, diverso da ogni altro animale da compagnia, è stato simbolo del sacro e del demoniaco, segno di un impercettibile contatto fra il mondo quotidiano e il segreto celato dietro le cose. Gomboli non sfugge a questa sollecitazione misteriosa, anche se la sua distaccata ironia lo induce a toni assai più riservati di quelli di Baudelaire. I suoi gatti segreti, bizzarri, a volte beffardi, fanno solo capolino dietro complessi equilibri di forme, oppure si dispiegano a volte aggressivi a volte supplichevoli, a volte sornioni…. Paradigma delle umane esistenze, strette in un groviglio nel quale il disordine e l’incomprensibilità sono solo apparenti, il gatto a volte sembra, nella pittura e nelle forme polimateriche di Gomboli, il solo capace di sciogliere l’enigma o almeno di alluderne la soluzione. Fata o demonio, il gatto traversa queste immagini imprendibile e silenzioso, riporta via con sé il suo mistero, ma affascina l’osservatore e lo costringe a pensare e ripensare, ad aguzzare lo sguardo, al di là di quelle apparenze che il pittore e il gatto suo alter ego gli rivelano ingannevoli: e quel mondo segreto appare attraente e affascinante, armonico e avventuroso. Il magico nel quotidiano, come insegnavano i Romantici tedeschi e francesi, i Poeti maledetti e i mistici antichi…
Donatella Taverna
Mario Gomboli nasce a Firenze il 12 dicembre del 1945. Figlio di una importante mercante di quadri cresce in un ambiente di artisti. Da bambino frequenta il Caffè Le Giubbe Rosse e il ristorante Sabatini sedendo ai tavoli di Rosai, Papini, Soffici, Primo Conti, personaggi che abitualmente si ritrovavano anche a casa di sua madre. Giovanni March, Giulio Ghelarducci, Aldo Pazzagli, Mario Borgiotti, erano gli amici più vicini a casa Gomboli. Nel ’64 si trasferisce a Torino. La sua prima personale avviene nel ’69 alla Galleria d’Arte Moderna di Rivoli. Negli anni ’70 diviene amico di Guido Seborga, e frequenta la casa di Garelli a Beinasco. Nei numerosi soggiorni fiorentini conosce Vinicio Berti e stringe amicizia con Silvio Loffredo. In seguito entra in amicizia con Sandro Cherchi ed è tra i fondatori di un archivio storico dedicato allo Scultore genovese spentosi a Torino il 25 dicembre 1998. Ha pubblicato diverse piccole opere letterarie che stanno tra il libro d'artista, la poesia e la critica d'arte. Ha allestito numerose personali e partecipato a varie manifestazioni d’arte.
27
febbraio 2010
Mario Gomboli – Gatti senza fissa dimora
Dal 27 febbraio al 28 marzo 2010
arte contemporanea
Location
PIAZZA CONTE ROSSO
Avigliana, Piazza Conte Rosso, 1, (Torino)
Avigliana, Piazza Conte Rosso, 1, (Torino)
Orario di apertura
venerdì, sabato e domenica – dalle ore 15,00 alle 19,00
Vernissage
27 Febbraio 2010, ore 16 le opere di Mario Gomboli sono presentate da: Donatella Taverna e Francesco De Caria
Sito web
www.artepervoi.it
Autore
Curatore