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Mario Palma – Xilemi
Mostra personale
Comunicato stampa
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Il legno. Il suo corpo è duttile e coriaceo, tenero e resistente, modellato sulle svariate esperienze che accompagnano il prodursi della vita e sedimentano e imprimono sul tessuto vegetale i loro segni, le loro rughe.
La porta. La sua è una funzione definitasi e consolidatasi nel tempo, alla quale è associato un valore simbolico che ha finanche referenze ancestrali, connotati antropologici. L’aprirsi e il chiudersi dei battenti, così delimitando lo spazio e tracciando il confine tra un “di qua” e un “di là”, svolgono un compito di protezione e di difesa, ma lasciano che si esprima in chiaro, e con forza come materica, il significato di uno scambio tra interno ed esterno, privato e pubblico, tra ciò che ci appartiene e trattiene le nostre radici – e conchiude il nostro consistere – e ciò che è dell’altro, territorio di altre pertinenze, premessa ad una possibile sperimentazione del mondo verso cui ci proiettiamo. Pertanto alla porta si legano i sentimenti contrastanti del ripiegamento su di sé che può provocare asfissia – o della costrizione che occlude – e quelli del mistero che sgomenta e della paura che incombe: i sentimenti della sicurezza che ci conforta – del noto in cui ci ritroviamo – e quelli del desiderio della scoperta che può esaltarci o della volontà di aprire uno spiraglio sull’ignoto che ci invita al viaggio, l’ignoto che è fuori di noi, l’ignoto che è in noi. I surrealisti avevano in repertorio, quasi stemma araldico, la figura di una portebattante.
Su questo insieme di elementi poggiano le fondamenta della scelta di Mario Palma di lavorare le immagini del legno delle porte. La sua è una prassi di costruzione ipertestuale sopra ipotesti, secondo principi di metodo che in specie oggi non mancano di caratterizzare arte e letteratura.
Gli ipotesti provengono da un’attenta cernita, regolata da un occhio panoramico e microscopico che penetra e che prende, attentissimo anche ai dettagli minimi. La convergenza dell’azione del tempo (sono antichi, sono annosi i portali posti sotto esame: portali di case anonime, portali di gente comune, portali di una diffusa cultura materiale) e dell’intervento umano (gli aggiustamenti, i rimaneggiamenti, i restauri), il combinato di natura e cultura, le suggestioni che emanano dagli avvolgimenti labirintici incisi sulla superficielignea tra crepe e cretti, isoipse e depressioni, corrugamenti e doline, trasudamenti e aridità: ecco le trame complesse – hanno in sé l’apertura e la ricchezza di racconti, istoriati sui tessuti vegetali fattisi porte – che orientano il prelievo ipotestuale.
La ricerca fotografica che s’avvale del computer prima isola i particolari e ne fa gli elementi di base per un cosmo in miniatura, poi ne prova la definizione e infine ne decide i colori tra riprese, sviluppi e modifiche delle cromie originali, delle preesistenze: così sugli ipotesti delle porte Mario Palma porta a compimento l’ipertesto, nel segno di un rapporto necessariamente vitale tra antico e moderno, tra un archetipo dai risvolti antropologici –di stanza nell’immaginario collettivo – e il novissimo della più recente tecnologia.
Negli Xilemi – nello slargo tra antico e moderno e nella composizione di ipotesto e ipertesto – mentre si leggono riporti o riverberi dei vari periodi che hanno ritmato il percorso pittorico di Mario Palma, si colgono movimenti e sfumature del polisenso proprio della sua arte. È il trascorrere fluente, in andata e ritorno:dalla chiarezza della ragione e della precisone artigianale all’oscurità insondata, sospesa sul destino dell’uomo; dall’esteriorità all’interiorità, politra i quali è scandito il cammino della nostra esistenza e si tracciano le coordinate della nostra consapevolezza; dall’anonimo e collettivo (quali sono la firma e l’agibilità nel tempo dell’ipotesto che è la porta di una diffusa cultura materiale) alla singolarità autoriale; dall’oggettivo al marcatamente soggettivo; dal descrittivo analitico al visionario, sporto sulle regioni del sogno; dall’informale nell’arte al trasparire in esso (per memoria, per associazione, per comparazione) di una figurazione possibile, di una figurazione altra; dall’apparentemente asemantico alla significazione che affiora, che sgorga; dalla fotografia alla pittura (in uno scambio delle parti vivace, ininterrotto, considerato che l’immagine fotografica qui ha una resa che comporta parentele strettissime con l’immagine pittorica, ottenuta stavolta con gli strumenti tecnici della realtà virtuale).
Una trama serrata in un discorso coerente, in un racconto multiforme che si apre a chi guarda e lo invita ad entrare in gioco prendendovi parte: questi gli Xilemi. Marcello Carlino
La porta. La sua è una funzione definitasi e consolidatasi nel tempo, alla quale è associato un valore simbolico che ha finanche referenze ancestrali, connotati antropologici. L’aprirsi e il chiudersi dei battenti, così delimitando lo spazio e tracciando il confine tra un “di qua” e un “di là”, svolgono un compito di protezione e di difesa, ma lasciano che si esprima in chiaro, e con forza come materica, il significato di uno scambio tra interno ed esterno, privato e pubblico, tra ciò che ci appartiene e trattiene le nostre radici – e conchiude il nostro consistere – e ciò che è dell’altro, territorio di altre pertinenze, premessa ad una possibile sperimentazione del mondo verso cui ci proiettiamo. Pertanto alla porta si legano i sentimenti contrastanti del ripiegamento su di sé che può provocare asfissia – o della costrizione che occlude – e quelli del mistero che sgomenta e della paura che incombe: i sentimenti della sicurezza che ci conforta – del noto in cui ci ritroviamo – e quelli del desiderio della scoperta che può esaltarci o della volontà di aprire uno spiraglio sull’ignoto che ci invita al viaggio, l’ignoto che è fuori di noi, l’ignoto che è in noi. I surrealisti avevano in repertorio, quasi stemma araldico, la figura di una portebattante.
Su questo insieme di elementi poggiano le fondamenta della scelta di Mario Palma di lavorare le immagini del legno delle porte. La sua è una prassi di costruzione ipertestuale sopra ipotesti, secondo principi di metodo che in specie oggi non mancano di caratterizzare arte e letteratura.
Gli ipotesti provengono da un’attenta cernita, regolata da un occhio panoramico e microscopico che penetra e che prende, attentissimo anche ai dettagli minimi. La convergenza dell’azione del tempo (sono antichi, sono annosi i portali posti sotto esame: portali di case anonime, portali di gente comune, portali di una diffusa cultura materiale) e dell’intervento umano (gli aggiustamenti, i rimaneggiamenti, i restauri), il combinato di natura e cultura, le suggestioni che emanano dagli avvolgimenti labirintici incisi sulla superficielignea tra crepe e cretti, isoipse e depressioni, corrugamenti e doline, trasudamenti e aridità: ecco le trame complesse – hanno in sé l’apertura e la ricchezza di racconti, istoriati sui tessuti vegetali fattisi porte – che orientano il prelievo ipotestuale.
La ricerca fotografica che s’avvale del computer prima isola i particolari e ne fa gli elementi di base per un cosmo in miniatura, poi ne prova la definizione e infine ne decide i colori tra riprese, sviluppi e modifiche delle cromie originali, delle preesistenze: così sugli ipotesti delle porte Mario Palma porta a compimento l’ipertesto, nel segno di un rapporto necessariamente vitale tra antico e moderno, tra un archetipo dai risvolti antropologici –di stanza nell’immaginario collettivo – e il novissimo della più recente tecnologia.
Negli Xilemi – nello slargo tra antico e moderno e nella composizione di ipotesto e ipertesto – mentre si leggono riporti o riverberi dei vari periodi che hanno ritmato il percorso pittorico di Mario Palma, si colgono movimenti e sfumature del polisenso proprio della sua arte. È il trascorrere fluente, in andata e ritorno:dalla chiarezza della ragione e della precisone artigianale all’oscurità insondata, sospesa sul destino dell’uomo; dall’esteriorità all’interiorità, politra i quali è scandito il cammino della nostra esistenza e si tracciano le coordinate della nostra consapevolezza; dall’anonimo e collettivo (quali sono la firma e l’agibilità nel tempo dell’ipotesto che è la porta di una diffusa cultura materiale) alla singolarità autoriale; dall’oggettivo al marcatamente soggettivo; dal descrittivo analitico al visionario, sporto sulle regioni del sogno; dall’informale nell’arte al trasparire in esso (per memoria, per associazione, per comparazione) di una figurazione possibile, di una figurazione altra; dall’apparentemente asemantico alla significazione che affiora, che sgorga; dalla fotografia alla pittura (in uno scambio delle parti vivace, ininterrotto, considerato che l’immagine fotografica qui ha una resa che comporta parentele strettissime con l’immagine pittorica, ottenuta stavolta con gli strumenti tecnici della realtà virtuale).
Una trama serrata in un discorso coerente, in un racconto multiforme che si apre a chi guarda e lo invita ad entrare in gioco prendendovi parte: questi gli Xilemi. Marcello Carlino
20
settembre 2017
Mario Palma – Xilemi
Dal 20 al 30 settembre 2017
fotografia
Location
GALLERIA RILIEVI
Roma, Via Della Reginella, 1a, (Roma)
Roma, Via Della Reginella, 1a, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 11-19.30
Vernissage
20 Settembre 2017, ore 18.00
Autore
Curatore