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Mario Russo – La pittura e l’emblema
La mostra rende omaggio a Mario Russo, a undici anni dalla scomparsa, ripercorrendo l’intero suo cammino umano e artistico attraverso un centinaio di olii realizzati dagli anni ’50 fino alla fine degli anni ’90. Maschere, clown, arlecchini, eleganti figure femminili, paesaggi, fiori, conchiglie e ritratti passano al vaglio realista e visionario del pittore trasformandosi in una pittura che ottiene l’effetto di un caleidoscopio simbolico del mondo e della vita contemporanea.
Comunicato stampa
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La mostra “La pittura e l’emblema”, ospitata al Complesso del Vittoriano dal 2 al 25 febbraio 2011, vuole rendere omaggio a Mario Russo, nato a Napoli nel 1925, a undici anni dalla scomparsa ripercorrendo l’intero suo cammino umano e artistico attraverso un centinaio di olii realizzati dagli anni ’50 fino alla fine degli anni ’90. Maschere, clown, arlecchini, eleganti figure femminili, paesaggi, fiori, conchiglie e ritratti – tra cui Moravia, Croce, De Gaulle, Ungaretti, Nenni, Paolo VI – passano al vaglio realista e visionario del pittore trasformandosi in una pittura che ottiene l’effetto di un caleidoscopio simbolico del mondo e della vita contemporanea.
“Incastonati come preziosi cammei (tanto i volti che i calici dei fiori, tanto gli attori in maschera quanto gli alberi battuti dal vento, tanto le belle donne ingioiellate quanto i parchi in tumulto tra gruppi marmorei) passano al setaccio dello sguardo pubblico le immagini confezionate da Mario Russo, il realista visionario che allestisce uno spettacolo trasfigurante e ininterrotto della commedia umana dove la pittura diventa metafora ed emblema della vita.” (Duccio Trombadori).
La mostra, che si avvale del Patrocinio del Comune di Roma, della Provincia di Roma - Assessorato alle Politiche culturali -, della Regione Lazio - Assessorato alla Cultura, Arte e Sport – ed è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia, è a cura di Duccio Trombadori e sarà inaugurata martedì 1° febbraio alle ore 18.30 presso il Complesso del Vittoriano.
Mario Russo, pittore, disegnatore e grafico, nasce a Napoli nel 1925. Nel 1948 si diploma all’Istituto d’Arte di Napoli. Nel 1950 si trasferisce a Roma nel quartiere Trastevere. In questi anni inizia la partecipazione a mostre italiane e all’estero. Tra il 1973 ed il 1974 effettua vari viaggi per l’Italia. Nel 1977 soggiorna in Canada e nel 1984 realizza alcune tele che riguardano il teatro cinese e giapponese. Nel 1985 si dedica agli studi e alla realizzazione di grandi opere ispirate al mondo del cinema e ai personaggi Felliniani. Nel 1992 realizza un’antologica a Palazzo Braschi. Muore a Roma il 7 marzo del 2000.
La mostra
Le lodi del corpo e dell’abbigliamento femminile, le gallerie di personaggi e interpeti di un gran teatro della mondanità - da De Chirico a Fellini, da De Gaulle a Mao Tse Tung, fino a Ungaretti e Marina Ripa Di Meana -, i paesaggi mediterranei, le periferie, le ville e i giardini, le visite al museo, le fiere, i pagliacci, i popolani derelitti, vengono fissati del pittore che allestisce una commedia umana “più vera del vero”.
Spiritualmente vitale e capace di profonde meditazioni, Mario Russo è sempre partito dalla cronaca e dalla illustrazione della vita quotidiana per esaltarne l’aspetto di favola e di leggenda.
In una sintesi sorprendente di realtà e fantasia, secondo la migliore tradizione artistica e culturale italiana, Mario Russo assimila diverse esperienze della civiltà delle immagini (dal cinema, al teatro, alla pubblicità, alla moda) e allestisce così uno spettacolo dipinto che diventa metafora del nostro tempo.
Nel momento in cui la nobile arte della pittura sembra quasi dimenticata o messa da parte dagli idoli vigenti nella “società dello spettacolo”, è merito del generoso immaginario di un artista italiano come Russo di rilanciarne il valore attuale come bandiera estetica e impulso morale per fissare gli “emblemi” di tutta una cultura, un modo di vivere e di pensare.
“E’ un planetario mondano, il suo. Arricchito e costellato da episodi di vita vissuta o rivissuta grazie all’evento e al mezzo della comunicazione contemporanea per eccellenza: l’immagine fotografica, riprodotta tanto a fini informativi che pubblicitari, o pure inserita nei metodi di riproduzione giornalistica e cinematografica degli accadimenti registrati in tempo reale.
Nata a commento della contemporaneità, concepita ed elaborata come cronistoria, la sequenza di immagini riversate sulla tela fa l’effetto del caleidoscopio che miscela eventi disparati, o del “collage” di prelievi visivi ricavati in diretta da un tempo pieno di fragori e rumori quale è il nostro. E tuttavia Mario Russo non ha mai avuto l’animo freddo e oggettivante del cronista, di chi predilige il documento, e tantomeno del fotografo puro e semplice. La sua anima di pittore, per entusiasmo, lo ha sempre portato ad indagare la “forma” delle situazioni e ciò che essa nasconde, piuttosto che limitarsi a descrivere quanto all’occhio risulta in superficie. Egli ha sempre cercato di scoprire o perlomeno di rendere intuibile (se non proprio visibile) la inquietante presenza di ciò che Giorgio De Chirico chiamava “l’occhio in ogni cosa”.” (D. Trombadori).
L’artista si preoccupa di segnalare la dimensione misteriosa della realtà, quella dimensione “metafisica” della vita che si rivela e ci appare sempre nella pittura degna di questo nome.
Come sottolinea Duccio Trombadori “senza mettere capo alle automatiche panoplìe dell’inconscio, come capitò ai surrealisti, l’arte di Russo miscela con effetti sorprendenti realtà e fantasia: e riduce la distanza tra i due campi spirituali con beneamato piglio “ariostesco” che è suggello e sintomo stilistico, secondo tradizione, della più genuina arte italiana.”
Attento più che mai fin dall’inizio alla resa pittorica del vero (poiché seguace di una vena naturalista acquisita con i versatili artifici della più antica tradizione napoletana, dal ‘600 di Luca Giordano e Aniello Falcone fino allo ’800 di Irolli e Morelli) Mario Russo ha la virtù di far lievitare l’immagine in una sorta di argentea atmosfera che ne sottolinea l’aspetto di favola o di leggenda, anche quando si impegna nel dettaglio narrativo o nella minuzia del particolare .
Mondano, e al tempo stesso tipizzante, è il tratto di un disegno che per quanto analitico e descrittivo riesce sempre ad introdurre un sentimento di strana follìa sulla superficie visiva, senza indugiare troppo in associazioni dettate dall’arbitrio e dalla fantasia.
“Visionario, ma ben piantato sulla esperienza della realtà storica e umana, Mario Russo si rivolge al repertorio di immagini che la vita stessa fornisce ad uno spirito sensibile come il suo: e tutto il mondo viene alla fine riassorbito e trasfigurato dal potere della pittura, che esalta particolari, accende colori, soffonde la stesura formale di quel tono luminoso che è proprio dei sogni, e sottolinea così il valore emblematico della visione.” (D. Trombadori).
“Incastonati come preziosi cammei (tanto i volti che i calici dei fiori, tanto gli attori in maschera quanto gli alberi battuti dal vento, tanto le belle donne ingioiellate quanto i parchi in tumulto tra gruppi marmorei) passano al setaccio dello sguardo pubblico le immagini confezionate da Mario Russo, il realista visionario che allestisce uno spettacolo trasfigurante e ininterrotto della commedia umana dove la pittura diventa metafora ed emblema della vita.” (Duccio Trombadori).
La mostra, che si avvale del Patrocinio del Comune di Roma, della Provincia di Roma - Assessorato alle Politiche culturali -, della Regione Lazio - Assessorato alla Cultura, Arte e Sport – ed è organizzata e realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia, è a cura di Duccio Trombadori e sarà inaugurata martedì 1° febbraio alle ore 18.30 presso il Complesso del Vittoriano.
Mario Russo, pittore, disegnatore e grafico, nasce a Napoli nel 1925. Nel 1948 si diploma all’Istituto d’Arte di Napoli. Nel 1950 si trasferisce a Roma nel quartiere Trastevere. In questi anni inizia la partecipazione a mostre italiane e all’estero. Tra il 1973 ed il 1974 effettua vari viaggi per l’Italia. Nel 1977 soggiorna in Canada e nel 1984 realizza alcune tele che riguardano il teatro cinese e giapponese. Nel 1985 si dedica agli studi e alla realizzazione di grandi opere ispirate al mondo del cinema e ai personaggi Felliniani. Nel 1992 realizza un’antologica a Palazzo Braschi. Muore a Roma il 7 marzo del 2000.
La mostra
Le lodi del corpo e dell’abbigliamento femminile, le gallerie di personaggi e interpeti di un gran teatro della mondanità - da De Chirico a Fellini, da De Gaulle a Mao Tse Tung, fino a Ungaretti e Marina Ripa Di Meana -, i paesaggi mediterranei, le periferie, le ville e i giardini, le visite al museo, le fiere, i pagliacci, i popolani derelitti, vengono fissati del pittore che allestisce una commedia umana “più vera del vero”.
Spiritualmente vitale e capace di profonde meditazioni, Mario Russo è sempre partito dalla cronaca e dalla illustrazione della vita quotidiana per esaltarne l’aspetto di favola e di leggenda.
In una sintesi sorprendente di realtà e fantasia, secondo la migliore tradizione artistica e culturale italiana, Mario Russo assimila diverse esperienze della civiltà delle immagini (dal cinema, al teatro, alla pubblicità, alla moda) e allestisce così uno spettacolo dipinto che diventa metafora del nostro tempo.
Nel momento in cui la nobile arte della pittura sembra quasi dimenticata o messa da parte dagli idoli vigenti nella “società dello spettacolo”, è merito del generoso immaginario di un artista italiano come Russo di rilanciarne il valore attuale come bandiera estetica e impulso morale per fissare gli “emblemi” di tutta una cultura, un modo di vivere e di pensare.
“E’ un planetario mondano, il suo. Arricchito e costellato da episodi di vita vissuta o rivissuta grazie all’evento e al mezzo della comunicazione contemporanea per eccellenza: l’immagine fotografica, riprodotta tanto a fini informativi che pubblicitari, o pure inserita nei metodi di riproduzione giornalistica e cinematografica degli accadimenti registrati in tempo reale.
Nata a commento della contemporaneità, concepita ed elaborata come cronistoria, la sequenza di immagini riversate sulla tela fa l’effetto del caleidoscopio che miscela eventi disparati, o del “collage” di prelievi visivi ricavati in diretta da un tempo pieno di fragori e rumori quale è il nostro. E tuttavia Mario Russo non ha mai avuto l’animo freddo e oggettivante del cronista, di chi predilige il documento, e tantomeno del fotografo puro e semplice. La sua anima di pittore, per entusiasmo, lo ha sempre portato ad indagare la “forma” delle situazioni e ciò che essa nasconde, piuttosto che limitarsi a descrivere quanto all’occhio risulta in superficie. Egli ha sempre cercato di scoprire o perlomeno di rendere intuibile (se non proprio visibile) la inquietante presenza di ciò che Giorgio De Chirico chiamava “l’occhio in ogni cosa”.” (D. Trombadori).
L’artista si preoccupa di segnalare la dimensione misteriosa della realtà, quella dimensione “metafisica” della vita che si rivela e ci appare sempre nella pittura degna di questo nome.
Come sottolinea Duccio Trombadori “senza mettere capo alle automatiche panoplìe dell’inconscio, come capitò ai surrealisti, l’arte di Russo miscela con effetti sorprendenti realtà e fantasia: e riduce la distanza tra i due campi spirituali con beneamato piglio “ariostesco” che è suggello e sintomo stilistico, secondo tradizione, della più genuina arte italiana.”
Attento più che mai fin dall’inizio alla resa pittorica del vero (poiché seguace di una vena naturalista acquisita con i versatili artifici della più antica tradizione napoletana, dal ‘600 di Luca Giordano e Aniello Falcone fino allo ’800 di Irolli e Morelli) Mario Russo ha la virtù di far lievitare l’immagine in una sorta di argentea atmosfera che ne sottolinea l’aspetto di favola o di leggenda, anche quando si impegna nel dettaglio narrativo o nella minuzia del particolare .
Mondano, e al tempo stesso tipizzante, è il tratto di un disegno che per quanto analitico e descrittivo riesce sempre ad introdurre un sentimento di strana follìa sulla superficie visiva, senza indugiare troppo in associazioni dettate dall’arbitrio e dalla fantasia.
“Visionario, ma ben piantato sulla esperienza della realtà storica e umana, Mario Russo si rivolge al repertorio di immagini che la vita stessa fornisce ad uno spirito sensibile come il suo: e tutto il mondo viene alla fine riassorbito e trasfigurato dal potere della pittura, che esalta particolari, accende colori, soffonde la stesura formale di quel tono luminoso che è proprio dei sogni, e sottolinea così il valore emblematico della visione.” (D. Trombadori).
01
febbraio 2011
Mario Russo – La pittura e l’emblema
Dal primo al 25 febbraio 2011
arte contemporanea
Location
COMPLESSO DEL VITTORIANO
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 9.30/18.30 - sabato e domenica 9.30/19.30
Vernissage
1 Febbraio 2011, ore 18.30
Sito web
www.pittoremariorusso.com
Ufficio stampa
COMUNICAREORGANIZZANDO
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