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Mario Schifano – Immediaticamente
Questa esposizione ospitata nelle sale della galleria bolognese di Telemarket vuole dare risalto ad un interessante aspetto della poetica di Mario Schifano: la mediaticità
Comunicato stampa
Segnala l'evento
S C H I F A N O
I M M E D I A T I C A M E N T E
“Ti consideri un uomo forte?”
“Fortissimo. Ho la debolezza giusta di fronte a cose contro le quali non è
possibile lottare”.
Moravia e Schifano (intervista del 9 maggio 1974, su “Il Mondo” pag. 16-17)
Questa esposizione ospitata nelle sale della galleria bolognese di
Telemarket vuole dare risalto ad un interessante aspetto della poetica di
Mario Schifano: la mediaticità.
Egli stesso si definisce in un’intervista a Moravia del 1974: “.. Io
veramente non sono un pittore, ma uno che ha una grande attitudine a
guardare”.
Questo suo dono innato lo rende speciale ai nostri occhi.
In un momento storico, come quello attuale, dove l’apparente e il
superficiale godono di grande consenso, la capacità tipica di Schifano di
saper guardare, ci inoltra nel talento innovativo di quest’artista
contemporaneo, e ne spiega in parte la grande lungimiranza, anzi quasi
preveggenza nella sua produzione.
Si, perché Schifano non solo guarda, ma VEDE.
Il gap fra queste due azioni prevede un processo intellettivo di evoluzione.
E come se non bastasse, il vedere di Schifano, in questa particolare
produzione di opere, implica il coinvolgimento tecnico di strumenti atti a
STOPPARE, cioè a comandare il fermo immagine che salva, isola, marca un
unico fotogramma, talmente importante e significativo da essere elaborato
per divenire un’opera d’arte, proiettato immediatamente e immediaticamente
in una nuova dimensione percettiva e mentale, dove diverrà il VEDUTO,
emblema della poesia virtuale e mediatica di Schifano, consegnato alla
riflessione di tutti.
L’artista italiano che più di ogni altro, negli ultimi cinquant’anni, ha
dato attenzione ed importanza all’immagine, dapprima fotografica con le
famose polaroid, successivamente con il computer e soprattutto con la
televisione, trasformando il suo studio d’arte in una specie di sala regia,
colma di monitor e di televisori collegati (in tempi non sospetti) con le
emittenti di tutto il mondo, ha portato all’esasperazione il concetto di
SERIALITA’ della Pop Art americana, di Warhol, issando al ruolo di
protagonista l’icona televisiva, elaborata al computer e personalizzata
dalla mano dell’artista, quindi reinventando ciò che altri avevano già
inventato, e con questo concetto giustifica la negazione dell’arte
“assoluta”, ormai impossibile da proporre in maniera innovativa.
Schifano non è un pittore maledetto, non è un autodistruttivo. Queste
definizioni, amate dai neoromantici, non si addicono a quest’artista, a modo
suo sereno ed in pace con se stesso, soprattutto negli ultimi dieci anni
della sua vita.
Invece, Schifano è un grande artigiano, che, nonostante la famosa rapidità
di esecuzione, le infiltrazioni massicce, la semplicità di lettura, l’
attualità delle argomentazioni, possiede ancora una mano scrupolosa, una
maniacale puntualità propria degli artigiani, come era il padre
restauratore.
Ed inoltre, non si può negare che le caratteristiche ora elencate ne abbiamo
fatto un grande divulgatore d’arte e d’immagine, riconoscibilissima, tanto
da renderlo, in maniera “mistica”, un PREDICATORE. Uomo di poche parole e
propenso alla solitudine, aveva la grande capacità di esprimersi
visivamente, con immagini seduttive e adescanti, facilissime da godere, che,
unite alla innata attitudine a capire i tempi prima degli altri, lo ha
giustamente convinto come il suo dono era una sorta di missione, un obbligo
sociale, un privilegio da condividere.
CENNI BIOGRAFICI
Mario Schifano nasce a Homs in Libia il 20 settembre 1934.
Nel primo dopoguerra si trasferisce a Roma con la famiglia; qui lavora
inizialmente come commesso e poi collabora con il padre archeologo e
restauratore al Museo etrusco di Valle Giulia.
La critica comincia ad interessarsi al suo lavoro in occasione della mostra
“5 pittori - Roma ‘60”, alla Galleria La Salita di Roma, dove espone i
monocromi insieme a Angeli, Festa, Lo Savio, Uncini.
I monocromi sono per Schifano un punto di partenza; già nel 1961 e poi nel
1966 Maurizio Calvesi scrive, a proposito dei monocromi realizzati in questi
primi anni,: “questo azzeramento, queste prime opere, questo niente, un
niente che conteneva un progetto di tutto” - e ancora - “il quadro vuoto da
cui partiva Schifano fa pensare alla classica tabula rasa, che gli antichi
paragonavano alla tavoletta di cera su cui i segni della conoscenza dovranno
imprimersi.”
Nel 1962 Schifano va negli Stati Uniti dove si avvicina alla Pop Art, entra
in contatto con le opere di Dine e Kline ed espone alla Sidney Janis Gallery
nella mostra “New Realists”.
E’ sempre nel 1962 che l’immagine comincia a essere inserita nel campo
pittorico che prima era vuoto: sono loghi e scritte prese dalla pubblicità
come: la Coca Cola e la Esso.
Le due passioni di Schifano saranno il cinema e la televisione.
Del cinema, già nel 1969, Schifano afferma: “la pittura, almeno la mia, con
i suoi limiti non ha sbocchi, il cinema offre maggiori possibilità di
inventare immagini”. Tra la pittura e il cinema per Schifano sembra esserci
un’identità di metodo: frammentarietà, velocità (sono del 1963-’64 le sue
prime esperienze cinematografiche “Reflex” e “Round Trip” realizzate durante
un viaggio in America).
La televisione sarà invece l’ossessione che lo accompagnerà tutta la vita:
sono degli anni ‘70 le prime tele in cui isola le immagini video, le riporta
su tela emulsionata e le ripropone con tocchi di colore alla nitro. Dapprima
utilizza immagini raccolte negli Stati Uniti per i sopralluoghi del film,
mai realizzato, “Laboratorio Umano”, poi utilizza le immagini trasmesse
quotidianamente dalla televisione. Dice Schifano “il processo è lungo ed
elaborato ma solo così riesco ad ottenere quegli effetti di realismo e
visionarietà che rincorro con l’immaginazione” - e ancora - “Sceglievo l’
immagine, era un paesaggio anche quello: il paesaggio che entra dentro casa,
che ti vizia di più quello che ti trovi dentro senza saperlo. Naturalmente
quello che mi interessava non era la cultura della TV, ma la cultura dell’
immagine della televisione.”
Nel 1964 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia.
Tra il ’70 e l’80 partecipa a importanti mostre “Vitalità del negativo nell’
arte italiana 1960-‘70” e “Contemporanea” curate da Achille Bonito Oliva,
“Europa/America, l’astrazione determinata 1960-1976” alla Galleria d’Arte
Moderna di Bologna e “Arte e Critica 1980” al Palazzo delle Esposizioni di
Roma.
Nel ’74 l’Università di Parma gli dedica una vasta antologica.
Partecipa alle Biennali di Venezia del 1978 – ’82 – ‘84.
Nel 1981 è tra i pochissimi artisti selezionati da Germano Celant per la
mostra organizzata al Centre Georges Pompidou di Parigi “Identité Italienne”
.
Nel 1984 al Palazzo delle Prigioni vecchie di Venezia la mostra “Naturale
sconosciuto”.
Gli anni ’80 sono caratterizzati da un suo riavvicinarsi alla pittura.
Schifano riscopre il fascino dei colori dati direttamente al tubetto senza
la mediazione del pennello. Scrive di lui Marco Goldin a proposito di questa
fase: “Sono del 1981 le prime versioni di Orto Botanico. Prende l’animo in
un decennio tutto felice in cui la pittura più di sempre celebra i suoi
fasti, non ha timori, riverenze e si muove libera, desiderosa di esplorare
il grande regno del naturale.”
Nel 1996, con circa quaranta tele, rende omaggio alla sua musa, la
televisione. L’anno successivo cura gli allestimenti del carnevale romano.
Muore a Roma il 26 gennaio 1998.
I M M E D I A T I C A M E N T E
“Ti consideri un uomo forte?”
“Fortissimo. Ho la debolezza giusta di fronte a cose contro le quali non è
possibile lottare”.
Moravia e Schifano (intervista del 9 maggio 1974, su “Il Mondo” pag. 16-17)
Questa esposizione ospitata nelle sale della galleria bolognese di
Telemarket vuole dare risalto ad un interessante aspetto della poetica di
Mario Schifano: la mediaticità.
Egli stesso si definisce in un’intervista a Moravia del 1974: “.. Io
veramente non sono un pittore, ma uno che ha una grande attitudine a
guardare”.
Questo suo dono innato lo rende speciale ai nostri occhi.
In un momento storico, come quello attuale, dove l’apparente e il
superficiale godono di grande consenso, la capacità tipica di Schifano di
saper guardare, ci inoltra nel talento innovativo di quest’artista
contemporaneo, e ne spiega in parte la grande lungimiranza, anzi quasi
preveggenza nella sua produzione.
Si, perché Schifano non solo guarda, ma VEDE.
Il gap fra queste due azioni prevede un processo intellettivo di evoluzione.
E come se non bastasse, il vedere di Schifano, in questa particolare
produzione di opere, implica il coinvolgimento tecnico di strumenti atti a
STOPPARE, cioè a comandare il fermo immagine che salva, isola, marca un
unico fotogramma, talmente importante e significativo da essere elaborato
per divenire un’opera d’arte, proiettato immediatamente e immediaticamente
in una nuova dimensione percettiva e mentale, dove diverrà il VEDUTO,
emblema della poesia virtuale e mediatica di Schifano, consegnato alla
riflessione di tutti.
L’artista italiano che più di ogni altro, negli ultimi cinquant’anni, ha
dato attenzione ed importanza all’immagine, dapprima fotografica con le
famose polaroid, successivamente con il computer e soprattutto con la
televisione, trasformando il suo studio d’arte in una specie di sala regia,
colma di monitor e di televisori collegati (in tempi non sospetti) con le
emittenti di tutto il mondo, ha portato all’esasperazione il concetto di
SERIALITA’ della Pop Art americana, di Warhol, issando al ruolo di
protagonista l’icona televisiva, elaborata al computer e personalizzata
dalla mano dell’artista, quindi reinventando ciò che altri avevano già
inventato, e con questo concetto giustifica la negazione dell’arte
“assoluta”, ormai impossibile da proporre in maniera innovativa.
Schifano non è un pittore maledetto, non è un autodistruttivo. Queste
definizioni, amate dai neoromantici, non si addicono a quest’artista, a modo
suo sereno ed in pace con se stesso, soprattutto negli ultimi dieci anni
della sua vita.
Invece, Schifano è un grande artigiano, che, nonostante la famosa rapidità
di esecuzione, le infiltrazioni massicce, la semplicità di lettura, l’
attualità delle argomentazioni, possiede ancora una mano scrupolosa, una
maniacale puntualità propria degli artigiani, come era il padre
restauratore.
Ed inoltre, non si può negare che le caratteristiche ora elencate ne abbiamo
fatto un grande divulgatore d’arte e d’immagine, riconoscibilissima, tanto
da renderlo, in maniera “mistica”, un PREDICATORE. Uomo di poche parole e
propenso alla solitudine, aveva la grande capacità di esprimersi
visivamente, con immagini seduttive e adescanti, facilissime da godere, che,
unite alla innata attitudine a capire i tempi prima degli altri, lo ha
giustamente convinto come il suo dono era una sorta di missione, un obbligo
sociale, un privilegio da condividere.
CENNI BIOGRAFICI
Mario Schifano nasce a Homs in Libia il 20 settembre 1934.
Nel primo dopoguerra si trasferisce a Roma con la famiglia; qui lavora
inizialmente come commesso e poi collabora con il padre archeologo e
restauratore al Museo etrusco di Valle Giulia.
La critica comincia ad interessarsi al suo lavoro in occasione della mostra
“5 pittori - Roma ‘60”, alla Galleria La Salita di Roma, dove espone i
monocromi insieme a Angeli, Festa, Lo Savio, Uncini.
I monocromi sono per Schifano un punto di partenza; già nel 1961 e poi nel
1966 Maurizio Calvesi scrive, a proposito dei monocromi realizzati in questi
primi anni,: “questo azzeramento, queste prime opere, questo niente, un
niente che conteneva un progetto di tutto” - e ancora - “il quadro vuoto da
cui partiva Schifano fa pensare alla classica tabula rasa, che gli antichi
paragonavano alla tavoletta di cera su cui i segni della conoscenza dovranno
imprimersi.”
Nel 1962 Schifano va negli Stati Uniti dove si avvicina alla Pop Art, entra
in contatto con le opere di Dine e Kline ed espone alla Sidney Janis Gallery
nella mostra “New Realists”.
E’ sempre nel 1962 che l’immagine comincia a essere inserita nel campo
pittorico che prima era vuoto: sono loghi e scritte prese dalla pubblicità
come: la Coca Cola e la Esso.
Le due passioni di Schifano saranno il cinema e la televisione.
Del cinema, già nel 1969, Schifano afferma: “la pittura, almeno la mia, con
i suoi limiti non ha sbocchi, il cinema offre maggiori possibilità di
inventare immagini”. Tra la pittura e il cinema per Schifano sembra esserci
un’identità di metodo: frammentarietà, velocità (sono del 1963-’64 le sue
prime esperienze cinematografiche “Reflex” e “Round Trip” realizzate durante
un viaggio in America).
La televisione sarà invece l’ossessione che lo accompagnerà tutta la vita:
sono degli anni ‘70 le prime tele in cui isola le immagini video, le riporta
su tela emulsionata e le ripropone con tocchi di colore alla nitro. Dapprima
utilizza immagini raccolte negli Stati Uniti per i sopralluoghi del film,
mai realizzato, “Laboratorio Umano”, poi utilizza le immagini trasmesse
quotidianamente dalla televisione. Dice Schifano “il processo è lungo ed
elaborato ma solo così riesco ad ottenere quegli effetti di realismo e
visionarietà che rincorro con l’immaginazione” - e ancora - “Sceglievo l’
immagine, era un paesaggio anche quello: il paesaggio che entra dentro casa,
che ti vizia di più quello che ti trovi dentro senza saperlo. Naturalmente
quello che mi interessava non era la cultura della TV, ma la cultura dell’
immagine della televisione.”
Nel 1964 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia.
Tra il ’70 e l’80 partecipa a importanti mostre “Vitalità del negativo nell’
arte italiana 1960-‘70” e “Contemporanea” curate da Achille Bonito Oliva,
“Europa/America, l’astrazione determinata 1960-1976” alla Galleria d’Arte
Moderna di Bologna e “Arte e Critica 1980” al Palazzo delle Esposizioni di
Roma.
Nel ’74 l’Università di Parma gli dedica una vasta antologica.
Partecipa alle Biennali di Venezia del 1978 – ’82 – ‘84.
Nel 1981 è tra i pochissimi artisti selezionati da Germano Celant per la
mostra organizzata al Centre Georges Pompidou di Parigi “Identité Italienne”
.
Nel 1984 al Palazzo delle Prigioni vecchie di Venezia la mostra “Naturale
sconosciuto”.
Gli anni ’80 sono caratterizzati da un suo riavvicinarsi alla pittura.
Schifano riscopre il fascino dei colori dati direttamente al tubetto senza
la mediazione del pennello. Scrive di lui Marco Goldin a proposito di questa
fase: “Sono del 1981 le prime versioni di Orto Botanico. Prende l’animo in
un decennio tutto felice in cui la pittura più di sempre celebra i suoi
fasti, non ha timori, riverenze e si muove libera, desiderosa di esplorare
il grande regno del naturale.”
Nel 1996, con circa quaranta tele, rende omaggio alla sua musa, la
televisione. L’anno successivo cura gli allestimenti del carnevale romano.
Muore a Roma il 26 gennaio 1998.
02
dicembre 2006
Mario Schifano – Immediaticamente
Dal 02 dicembre 2006 al 13 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
SHOW ROOM TELEMARKET
Bologna, Via Caprarie, 4, (Bologna)
Bologna, Via Caprarie, 4, (Bologna)
Orario di apertura
Martedì/Venerdì 10.00-13.00/15.00-19.30
Sabato 10.00-19.30
Domenica e lunedì chiuso
Vernissage
2 Dicembre 2006, ore 18
Editore
CHRISTIAN MARETTI
Autore