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Mario Tomè – questa sosta non è un orto
Attraverso un’azione di sospensione e sollevamento, l’artista propone la propria riflessione su temi legati alla montagna, all’arrampicata, alla condizione naturale/artificiale che investe l’uomo durante la progressione della salita. La sua montagna capovolta è costituita stavolta dalla piramide rovesciata che campeggia al centro dello spazio del Cubo (12 metri lungo largo alto), al cui vertice superiore (reverso inferiore) egli è collegato ed assicurato con tecnica di rocciatore.
Comunicato stampa
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Attraverso un'azione di sospensione e sollevamento, l'artista propone la propria riflessione su temi legati alla montagna, all'arrampicata, alla condizione naturale/artificiale che investe l'uomo durante la progressione della salita. La sua montagna capovolta è costituita stavolta dalla piramide rovesciata che campeggia al centro dello spazio del Cubo (12 metri lungo largo alto), al cui vertice superiore (reverso inferiore) egli è collegato ed assicurato con tecnica di rocciatore.
La montagna è girata. Tomè compie la propria ascensione da sotto, ma la cima non si erge, e già lo guarda dall'alto. La montagna, bianca, è dentro, costretta tra le nere pareti del Cubo, apicchi perpendicolari.
Nell'arrampicata la salita non è sempre lirica, o libera.
Ma quale free-climbing.
Alcuni, assorti o superstiziosi, vogliono ritenere, o sostenere, che salire equivalga ad un atto di libertà. Ma la liberazione dalla costrizione è sempre parziale, la liberazione dalla gravità un'illusione letteraria (letteratura a basso costo).
L'uomo che sale non è libero che a tratti, come l'uomo nel mondo.
La progressione verticale è un processo, fisico e mentale, che prevede un'alternanza di situazioni, stati naturali e artificiali, movimenti e soste, slanci e procedure tecnico/meccaniche di assicurazione.
I passaggi liberi e armonici si alternano alle lunghe fasi di immobilità e attesa e di costruzione della sicurezza, l'illusione della leggerezza al peso della fatica.
La progressione, tranne in alcune fasi di trance, procede per stalli, anche all'interno della fluidità d'azione.
L'atomo della successione è scisso, fermo: è collegato al successivo grazie ad un connettore.
Per procedere, bisogna fermarsi. Andare è dunque anche stare. Bisogna saper stare, per poter andare.
E' necessario saper realizzare un sistema di collegamento e connessione. L'"ottimo punto di ancoraggio" è anche un sicuro punto di osservazione sullo spazio attorno.
A partire dal 2009 (Skyhook, Semplicemente Contemporaneo, Padova; Suspensions, 2010, GumStudio, Carrara), Mario Tomè ha sviluppato una riflessione sui temi dell'arrampicata, del rapporto dell'uomo con l'ambiente della montagna, concentrandosi in particolare su alcune pratiche, alpinistiche ed estetiche. La performance "questa sosta non è un orto" insiste su un elemento nuovo, intervenuto nell'esperienza di lavoro e di vita dell'artista. Nell'ultimo anno, Tomè ha lavorato come rocciatore per una ditta che esegue lavori temporanei in quota con l'impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi. Questo tipo di attività viene generalmente svolta in montagna, e consiste nella messa in sicurezza e nel consolidamento di pendii e versanti rocciosi. In questo genere di attività, il lavoratore è "esposto costantemente a rischi particolarmente elevati" (rischio di caduta dall'alto), che vengono controllati attraverso l'impiego di sistemi di ancoraggio, attrezzature, dispositivi meccanici e corde, la cui perfetta conoscenza risulta indispensabile.
Questa conoscenza tecnica particolare, è uguale o simile, per molti aspetti, a quella impiegata abitualmente nell'alpinismo. I sistemi di assicurazione, trasferimento, sospensione, sono più elaborati, dato il carattere complesso e delicato delle manovre da eseguire.
L'apprendimento e la metabolizzazione di questa tecnica, e la necessità di un'attenzione costante, hanno modificato l'atteggiamento di Tomè, che ha inserito questa nuova pratica d'attenzione, a la conoscenza acquisita, nel proprio lavoro artistico legato alla montagna e al concetto di salire. Il suo sguardo diviene più circospetto, la sosta conta quanto la cima, senza la sosta non vi è alcuna cima.
Una componente, necessaria, di artificialità, è intervenuta nel ragionamento. La progressione è una complessità, che si sviluppa per cesure, soste, procedimenti.
L'arrampicata, nella realtà, non è quasi mai libera, ma condizionata da diversi fattori di vincolo.
La sosta in sicurezza è uno degli elementi imprescindibili. La sosta è necessaria al movimento, sua parte integrante. Se non si sa attrezzare adeguatamente una sosta, non si è in grado di salire: meglio rimanere nell'orto condominiale.
sosta 1KN
la sosta non è un orto
criteri e dotazioni/criteri di esecuzione
requisiti di sicurezza
lavori temporanei
l'operatore è direttamente sostenuto dalla fune
dispositivi di protezione individuale anticaduta
piattaforma di lavoro/bivacco sospeso
accesso
caduta dall'alto
frazionamento
posizionamento
ancoraggio
tirante d'aria
fune in tensione
corda semistatica
imbrago
dispositivi di ancoraggio
connettore
cordino
assorbitore di energia
fettucce
discendore
dispositivo assicuratore
carrucola
Gianluca D'Incà Levis, giugno 2012
12
giugno 2012
Mario Tomè – questa sosta non è un orto
Dal 12 giugno al primo luglio 2012
performance - happening
Location
PALAZZO CREPADONA
Belluno, Via Ripa, 3, (Belluno)
Belluno, Via Ripa, 3, (Belluno)
Orario di apertura
dal martedì al giovedì: 15.00-19.00; da venerdì a domenica: 10.00-12.00 e 15.00-19.00
Vernissage
12 Giugno 2012, h 18
Autore
Curatore