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Mario Vespasiani – Le nove porte celesti
L’artista ha composto nove opere di formato verticale che, come porte, spingono l’osservatore ad attraversare metaforicamente la superficie e perdersi nelle nubi dei fondali delle grandi pale barocche presenti nelle cappelle della chiesa
Comunicato stampa
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Le Nove Porte celesti è un progetto realizzato da Mario Vespasiani (1978) appositamente per la chiesa di Sant’Andrea
di Gualtieri: un edificio ancora consacrato al culto e, perciò, denso di suggestioni religiose vive e pulsanti. Va detto
che lo spazio sacro, da sempre, pretende dall’artista un confronto con la dimensione spirituale, prima che con la propria
creatività. Anzi, si può dire che qualunque luogo dello spirito pretenda un certo grado di abbandono alle suggestioni che
la fede (qualunque fede) richiede. Il confronto con lo spazio sacro impone, dunque, precise scelte simboliche (riferite ai
contenuti) ed estetiche (riferite alle forme). Nel caso attuale di Vespasiani si può dire che forma e simbolo coincidono
pienamente. L’artista marchigiano, infatti, ha composto nove opere di formato verticale che, come porte, spingono
l’osservatore ad attraversare metaforicamente la superficie e a perdersi in quelle nubi che, a loro volta, appaiono negli
spiragli dei fondali delle grandi pale barocche presenti nelle cappelle della chiesa di Sant’Andrea.
Al centro dell’installazione, Vespasiani ha inserito una ciotola di terracotta nera dalla quale si solleva una colonna
di fumo d’incenso liturgico proveniente dal Santuario di Loreto. Non si tratta di una leziosità scenografica, ma della
volontà di stringere più saldamente, sebbene in modo impalpabile, il legame tra l’insieme dell’opera artistica e la
dimensione spirituale che la ispira per l’importanza dell’incenso nella liturgia, usato fin da epoche antichissime, nelle
religioni orientali, come offerta alle divinità. In questo modo Vespasiani aggiunge alle nove porte pittoriche una decima
porta realizzata con un elemento aereo, effimero eppure ben visibile e percepibile persino olfattivamente; un velo che,
sollevandosi verso l’alto, trascina con sé lo sguardo e i sentimenti dell’osservatore.
Per Vespasiani, mostrare l’assenza di “forme” in un contesto così ricco di capolavori della fede è come una liberazione
dell’intelletto dalle vicende quotidiane per trasformarlo in un “occhio di fuoco” capace di sperimentare una sorta di
ascesi.
Le nove porte, collocate in circolo all’interno dell’architettura sacra, diventano cifre espressive di una superiore realtà
invisibile in cui i colori, le luci e i bagliori richiamano i misteri di un oltre che supera le terrestri condizioni di tempo e
di spazio.
Le opere si riferiscono ad un canale invisibile tra cielo e terra, in altre parole al dialogo tra la componente razionale e
quella spirituale: un’esperienza intima con la divinità di cui ogni uomo può esserne testimone.
Ricollegandosi alle componenti visionarie della pittura romantica e a sperimentazioni che non mirano a rappresentare la
realtà oggettiva bensì a riflettere un mondo interiore, questa mostra non affronta il concreto rapporto con la società, ma
subordina la comunicazione alla conoscenza del simbolo in quanto strumento per comunicare significati inesprimibili a
parole.
Come per gli altri dipinti, anche questa nuova serie Vespasiani non tende a specificare, quanto ad ispirare. Il titolo
dato al tema, e non alle singole opere, mira a guidare l’osservatore attraverso sentieri eterei che portano alle soglie
dell’infinito. Là, di fronte a quelle porte, la realtà materiale sfuma, si dissolve, si stempera progressivamente verso
il Centro che dà senso alla realtà, essendone la fonte. Queste “nove porte celesti” dipinte da Vespasiani sono un
invito a tentare di svelare la realtà “seconda” che si nasconde dietro la realtà esteriore, ad immergersi nel punto in cui
l’immagine scompare e lascia spazio ad abbinamenti cromatici che richiamano fenomeni naturali e soprannaturali,
insomma, un avvicinarsi al mistero profondo della vita.
La scelta di presentare nove tele è legata all’aspetto simbolico del numero, che rappresenta tanto la creatività umana
quanto l’amore divino; nove, com’è noto, è il numero delle Muse, dei mesi di gestazione, dei cori angelici, delle sfere
celesti.
La chiave di lettura di questo ciclo sta dunque nel desiderio del singolo osservatore di astrarsi dalla realtà contingente
per avvicinarsi alla dimora nello spirito ed arrivare a contemplare le immagini non come un godimento estetico chiuso,
ma come una grazia, dove un corpo diventa continuità spirituale di un altro corpo.
L’autore richiede quindi una visione vigile, per cogliere il simbolo nella sua densità trasparente, per ricevere una
rivelazione da decifrare in maniera creativa, verso per trovare una traccia della singola esistenza personale, allo stesso
modo in cui la Vera Luce è una sorgente esterna ed interna a noi, costituendo il substrato essenziale della nostra
immagine interiore che dialoga con un altro sguardo.
Come la persona è un segreto che si rivela senza mai cessare di essere un segreto, queste opere disgelano, nella loro
freschezza originaria, parte dell’energia cosmica: ritmi del respiro che dalle profondità spingono verso cieli più alti.
Il procedimento di comprensione richiesto dalle opere di Vespasiani è di una meditazione che mira ad allontanare ogni
pensiero, a fare il vuoto attorno a sé per unire il proprio pensiero passivo alla dimensione superiore che “Le Nove Porte
celesti” vogliono evocare. (GB)
di Gualtieri: un edificio ancora consacrato al culto e, perciò, denso di suggestioni religiose vive e pulsanti. Va detto
che lo spazio sacro, da sempre, pretende dall’artista un confronto con la dimensione spirituale, prima che con la propria
creatività. Anzi, si può dire che qualunque luogo dello spirito pretenda un certo grado di abbandono alle suggestioni che
la fede (qualunque fede) richiede. Il confronto con lo spazio sacro impone, dunque, precise scelte simboliche (riferite ai
contenuti) ed estetiche (riferite alle forme). Nel caso attuale di Vespasiani si può dire che forma e simbolo coincidono
pienamente. L’artista marchigiano, infatti, ha composto nove opere di formato verticale che, come porte, spingono
l’osservatore ad attraversare metaforicamente la superficie e a perdersi in quelle nubi che, a loro volta, appaiono negli
spiragli dei fondali delle grandi pale barocche presenti nelle cappelle della chiesa di Sant’Andrea.
Al centro dell’installazione, Vespasiani ha inserito una ciotola di terracotta nera dalla quale si solleva una colonna
di fumo d’incenso liturgico proveniente dal Santuario di Loreto. Non si tratta di una leziosità scenografica, ma della
volontà di stringere più saldamente, sebbene in modo impalpabile, il legame tra l’insieme dell’opera artistica e la
dimensione spirituale che la ispira per l’importanza dell’incenso nella liturgia, usato fin da epoche antichissime, nelle
religioni orientali, come offerta alle divinità. In questo modo Vespasiani aggiunge alle nove porte pittoriche una decima
porta realizzata con un elemento aereo, effimero eppure ben visibile e percepibile persino olfattivamente; un velo che,
sollevandosi verso l’alto, trascina con sé lo sguardo e i sentimenti dell’osservatore.
Per Vespasiani, mostrare l’assenza di “forme” in un contesto così ricco di capolavori della fede è come una liberazione
dell’intelletto dalle vicende quotidiane per trasformarlo in un “occhio di fuoco” capace di sperimentare una sorta di
ascesi.
Le nove porte, collocate in circolo all’interno dell’architettura sacra, diventano cifre espressive di una superiore realtà
invisibile in cui i colori, le luci e i bagliori richiamano i misteri di un oltre che supera le terrestri condizioni di tempo e
di spazio.
Le opere si riferiscono ad un canale invisibile tra cielo e terra, in altre parole al dialogo tra la componente razionale e
quella spirituale: un’esperienza intima con la divinità di cui ogni uomo può esserne testimone.
Ricollegandosi alle componenti visionarie della pittura romantica e a sperimentazioni che non mirano a rappresentare la
realtà oggettiva bensì a riflettere un mondo interiore, questa mostra non affronta il concreto rapporto con la società, ma
subordina la comunicazione alla conoscenza del simbolo in quanto strumento per comunicare significati inesprimibili a
parole.
Come per gli altri dipinti, anche questa nuova serie Vespasiani non tende a specificare, quanto ad ispirare. Il titolo
dato al tema, e non alle singole opere, mira a guidare l’osservatore attraverso sentieri eterei che portano alle soglie
dell’infinito. Là, di fronte a quelle porte, la realtà materiale sfuma, si dissolve, si stempera progressivamente verso
il Centro che dà senso alla realtà, essendone la fonte. Queste “nove porte celesti” dipinte da Vespasiani sono un
invito a tentare di svelare la realtà “seconda” che si nasconde dietro la realtà esteriore, ad immergersi nel punto in cui
l’immagine scompare e lascia spazio ad abbinamenti cromatici che richiamano fenomeni naturali e soprannaturali,
insomma, un avvicinarsi al mistero profondo della vita.
La scelta di presentare nove tele è legata all’aspetto simbolico del numero, che rappresenta tanto la creatività umana
quanto l’amore divino; nove, com’è noto, è il numero delle Muse, dei mesi di gestazione, dei cori angelici, delle sfere
celesti.
La chiave di lettura di questo ciclo sta dunque nel desiderio del singolo osservatore di astrarsi dalla realtà contingente
per avvicinarsi alla dimora nello spirito ed arrivare a contemplare le immagini non come un godimento estetico chiuso,
ma come una grazia, dove un corpo diventa continuità spirituale di un altro corpo.
L’autore richiede quindi una visione vigile, per cogliere il simbolo nella sua densità trasparente, per ricevere una
rivelazione da decifrare in maniera creativa, verso per trovare una traccia della singola esistenza personale, allo stesso
modo in cui la Vera Luce è una sorgente esterna ed interna a noi, costituendo il substrato essenziale della nostra
immagine interiore che dialoga con un altro sguardo.
Come la persona è un segreto che si rivela senza mai cessare di essere un segreto, queste opere disgelano, nella loro
freschezza originaria, parte dell’energia cosmica: ritmi del respiro che dalle profondità spingono verso cieli più alti.
Il procedimento di comprensione richiesto dalle opere di Vespasiani è di una meditazione che mira ad allontanare ogni
pensiero, a fare il vuoto attorno a sé per unire il proprio pensiero passivo alla dimensione superiore che “Le Nove Porte
celesti” vogliono evocare. (GB)
31
marzo 2012
Mario Vespasiani – Le nove porte celesti
Dal 31 marzo al 30 aprile 2012
arte contemporanea
Location
CHIESA DI SANT’ANDREA
Gualtieri, Piazza Felice Cavallotti, (Reggio Nell'emilia)
Gualtieri, Piazza Felice Cavallotti, (Reggio Nell'emilia)
Orario di apertura
10.00 – 12,30 e 15,00 – 18,30 Sabato, Domenica e festivi
Vernissage
31 Marzo 2012, ore 17
Autore
Curatore