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Marissa Morelli / Max Rommel – Case di cartone
Un villaggio del Vajont, ormai demolito, costruito dopo la frana, abitazioni provvisorie che hanno continuato ad esistere molto più a lungo di quanto era stato programmato; il lavoro mostra ciò che rimane dell’identità di quei luoghi e della memoria privata e collettiva degli abitanti.
Comunicato stampa
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Il 9 ottobre 1963 si stacca dalla costa del monte Toc in Friuli, una frana lunga 3 chilometri, da oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e terra. La frana arriva a valle, generando una scossa sismica e riempiendo il bacino artificiale. L'impatto con l'acqua causa due ondate: la prima si schianta contro la montagna, la seconda, scavalca la diga e, precipitando verso la valle, travolge Longarone e altri paesi limitrofi, causando la completa distruzione della città e la morte di quasi 2000 persone.
La comunità riprende subito a ricostruire il tessuto sociale distrutto, ma viene deciso di costruire anche alcuni paesi ex novo. Vengono così progettati da zero il comune di Vajont e altri centri più piccoli, come in provincia di Belluno, dove gli abitanti sfollati si insediano. Anche in provincia di Pordenone, a Claut, tra le montagne friulane, in seguito a quel disastro, vengono costruiti 50 alloggi prefabbricati per la sistemazione provvisoria delle famiglie "sfrattate" dal disastro. Il villaggio viene collocato poco fuori dall'abitato, su una radura pianeggiante e soleggiata.
Alcune di quelle famiglie continueranno ad abitare in quelle case prefabbricate, per oltre 40 anni.
Marissa Morelli e Max Rommel hanno documentato, tra il 2005 e il 2008, ciò che rimaneva del villaggio confinato fuori Claut (PN). Le strutture precarie adibite ad abitazione hanno continuato ad esistere molto più a lungo di quanto era stato programmato, sfidando le leggi del tempo, trasformando il paesaggio, creando una memoria di quartiere, tracciando ed allargando confini. Nell’estate del 2008 il villaggio è stato demolito.
Il lavoro mostra ciò che rimane dell’identità di quei luoghi e della memoria privata e collettiva degli abitanti ed è stato raccolto in una prima mostra e in un libro (Case di cartone, Spilimbergo Fotografia 2008, a cura di Antonio Giusa e Case di cartone/Cardboard houses, Forum ed., Udine, 2008). Ad ASSAB ONE viene presentato un allestimento inedito che comprende due serie di fotografie, circa venticinque C-print, dodici digital print e due video.
Marissa Morelli (Paesi Bassi, 1967) e Max Rommel (Pordenone, 1972), vivono e lavorano a Milano. Attraverso la fotografia e il video indagano le realtà della sottrazione, la memoria dei luoghi, delle persone e delle cose. Nel 2004 hanno creato WOM/workingonmemory: un serbatoio di microstorie, un archivio di memorie, un corpus visivo ed orale sottratto alla dimenticanza.
Tra le mostre a cui hanno partecipato: Arte XXI, Centro Culturale Aldo Moro, a cura di Chiara Tavella, Cordenons (PN), 2009; Case di cartone, Spilimbergo Fotografia 2008, a cura di Antonio Giusa, 2008; Luoghi della memoria/Places of Memory. 20 anni di fotografia nei cotonifici dismessi del pordenonese, Ex convento di San Francesco, Pordenone, a cura di Antonio Giusa, 2008; Storia di una strada, Villa Carinzia, Pordenone, 2004.
La comunità riprende subito a ricostruire il tessuto sociale distrutto, ma viene deciso di costruire anche alcuni paesi ex novo. Vengono così progettati da zero il comune di Vajont e altri centri più piccoli, come in provincia di Belluno, dove gli abitanti sfollati si insediano. Anche in provincia di Pordenone, a Claut, tra le montagne friulane, in seguito a quel disastro, vengono costruiti 50 alloggi prefabbricati per la sistemazione provvisoria delle famiglie "sfrattate" dal disastro. Il villaggio viene collocato poco fuori dall'abitato, su una radura pianeggiante e soleggiata.
Alcune di quelle famiglie continueranno ad abitare in quelle case prefabbricate, per oltre 40 anni.
Marissa Morelli e Max Rommel hanno documentato, tra il 2005 e il 2008, ciò che rimaneva del villaggio confinato fuori Claut (PN). Le strutture precarie adibite ad abitazione hanno continuato ad esistere molto più a lungo di quanto era stato programmato, sfidando le leggi del tempo, trasformando il paesaggio, creando una memoria di quartiere, tracciando ed allargando confini. Nell’estate del 2008 il villaggio è stato demolito.
Il lavoro mostra ciò che rimane dell’identità di quei luoghi e della memoria privata e collettiva degli abitanti ed è stato raccolto in una prima mostra e in un libro (Case di cartone, Spilimbergo Fotografia 2008, a cura di Antonio Giusa e Case di cartone/Cardboard houses, Forum ed., Udine, 2008). Ad ASSAB ONE viene presentato un allestimento inedito che comprende due serie di fotografie, circa venticinque C-print, dodici digital print e due video.
Marissa Morelli (Paesi Bassi, 1967) e Max Rommel (Pordenone, 1972), vivono e lavorano a Milano. Attraverso la fotografia e il video indagano le realtà della sottrazione, la memoria dei luoghi, delle persone e delle cose. Nel 2004 hanno creato WOM/workingonmemory: un serbatoio di microstorie, un archivio di memorie, un corpus visivo ed orale sottratto alla dimenticanza.
Tra le mostre a cui hanno partecipato: Arte XXI, Centro Culturale Aldo Moro, a cura di Chiara Tavella, Cordenons (PN), 2009; Case di cartone, Spilimbergo Fotografia 2008, a cura di Antonio Giusa, 2008; Luoghi della memoria/Places of Memory. 20 anni di fotografia nei cotonifici dismessi del pordenonese, Ex convento di San Francesco, Pordenone, a cura di Antonio Giusa, 2008; Storia di una strada, Villa Carinzia, Pordenone, 2004.
18
aprile 2009
Marissa Morelli / Max Rommel – Case di cartone
Dal 18 aprile al 15 maggio 2009
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ASSAB ONE – EX GEA
Milano, Via Assab, 1, (Milano)
Milano, Via Assab, 1, (Milano)
Biglietti
Contributo per la tessera, valida un anno: 5 euro
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 15-19 e su appuntamento
Vernissage
18 Aprile 2009, dalle 12.00 alle 22.00. opening alla presenza degli artisti alle 19.00
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