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Martin Pardatscher – Normal Thing
Martin Pardatscher associa la fredda presentazione di un mondo di oggetti ordinari con titoli soggettivi, talvolta quasi poetici, che creano un rapporto singolare con l’oggetto fotografato
Comunicato stampa
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NORMAL THINGS
“a thing is a thing and sometimes something else”.
„Un oggetto è un oggetto talvolta però, è anche qualcos’altro.“
(M. Pardatscher)
Il mondo è pieno di oggetti la cui essenza è più forte della loro apparenza o la cui apparenza è più forte della loro essenza. In nessun altro periodo storico gli uomini hanno avuto bisogno di così tanti oggetti come nella nostra cultura, elevata e civilizzata. Pertanto oggi si può gioire con le cose o sentirsi superiori ad esse, ma sfuggire alla loro presenza non è possibile. (Peter Waibl)
Queste 25 fotografie dal titolo "NORMAL THINGS", nel formato 60X60 cm (Lambda-Prints), sono state realizzate nei primi mesi dell'anno 2004. Esse sono la prima serie di un lavoro, diviso in quattro parti, per complessive 100 fotografie, che verrà ultimata negli prossimi due anni.
Il mondo è pieno di oggetti la cui essenza è più forte della loro apparenza o la cui apparenza è più forte della loro essenza. In nessun altro periodo storico gli uomini hanno avuto bisogno di così tanti oggetti come nella nostra cultura, elevata e civilizzata. Pertanto oggi si può gioire con le cose o sentirsi superiori ad esse, ma sfuggire alla loro presenza non è possibile.
Così scrive Peter Weibl riferendosi agli oggetti , ai simboli, alle merci: “ Il dibattito sulle cose parte dall’idea che in origine non ne esisteva il concetto di immagine e neppure quello di quantità, né quello di vocabolo, ma dominava esclusivamente l’idea della cosa in sé. E proprio con le cose adesso si scontra l’uomo. Lui le osserva, le medita, le scruta, le produce, le consuma, le brama, le odia. Appunto da tali sentimenti nasce il collegamento tra l’Io e il Mondo degli oggetti. Tale relazione del Soggetto con l’Oggetto vissuto come sfondo dell’esperienza e della conoscenza e come interfaccia tra uomo e mondo esteriore, si presenta come un tema tradizionale e fondamentale in filosofia come in arte.”
Furono infatti proprio gli oggetti quotidiani che grandi pensatori quali Karl Marx, Sigmund Freud, Ludwig Wittgenstein e altri utilizzarono per sviluppare le loro teorie.
Oggi viviamo in un mondo costruito sugli oggetti ed è appunto questo mondo artificiale che Martin Pardatscher vuole presentarci in questa sua ricerca fotografica, senza, però, costringerci ad una loro visione dettagliata. I suoi click fotografici si esplicitano nel concetto: “Rinuncia a tutto ciò che ti distrae e che è superfluo.” Così la sistemazione degli oggetti risulta piatta, strettamente formale, isolata, sempre frontale e centrale, senza particolari incidenze di luce e comunque sempre su sfondo bianco, come se fosse un prodotto da catalogo, e vistosamente priva di emozioni. Gli oggetti si presentano, a livello fotografico, sempre nella loro unicità, essendo focalizzati singolarmente. Questa tecnica di presa non permette nessuna interpretazione e non fa emergere nessuna visuale personale bensì ammette soltanto la comprensione dell’oggetto tramite l’occhio della fotografia.
Così gli oggetti normali, quelli di uso quotidiano o i loro elementi costitutivi, si presentano puramente attraverso la loro forma, la loro superficie e il loro materiale. La corporeità si lascia intuire spesso solo attraverso la forma, poiché la presa frontale sottolinea la doppia dimensionalità dell’immagine fotografica. E’ un mondo di oggetti disposti in un modo estremamente preciso, quello che Martin Pardatscher ci mostra nella sua esposizione e che costringe l’osservatore ad una percezione consapevole.
La disposizione degli oggetti, che sembrano scelti a caso tra l’innumerevole quantità di cose quotidiane, produce sull’osservatore lo stesso effetto che crea su un analfabeta l’ordine delle lettere in una frase. Gli oggetti si rivelano all’osservatore attraverso l’occhio della fotografia, che comunque non omette né sacrifica nulla. Però allo stesso tempo risulta errata la supposizione per cui tali oggetti di uso comune, presentati in modo tecnicamente oggettivo, possano essere nient’altro che cose con un’unica valenza.
Il paradosso, per cui ad ognuno di essi potrebbe essere attribuito anche un altro significato, viene indotto da un’associazione di idee tra testo, titolo e immagine, e viene costruito in modo discreto e non immediatamente visibile. Per tale ragione diventa importante non attribuire mai di primo acchito un titolo ad un’immagine (“……per evitare incomprensioni”).
Martin Pardatscher associa la fredda presentazione di un mondo di oggetti ordinari con titoli soggettivi, talvolta quasi poetici, che creano un rapporto singolare con l’oggetto fotografato. Così un banale cuscinetto di finta pelle diventa, ad esempio, una “nuvola monotona”, oppure un contenitore di plastica giallo a forma di ventaglio diventa “l’abitazione dei sogni”.
Grazie all’energia creativa di tali oggetti, collegata ai duplici significati ad essi attribuiti, si crea, a livello individuale, un disturbo nella percezione dell’oggetto in visione. Il senso di irritazione nel vedere anche gli oggetti più banali induce l’osservatore a creare un diverso rapporto con il suo senso di percezione. Il collegamento di “ipertitoli”, come Martin Pardatscher li definisce, con gli “oggetti normali”, fa sì che questi ultimi si arricchiscano di nuovi messaggi.
I titoli sono interscambiabili ma non sempre, importanti ma anche no (certamente non per ogni osservatore), soggettivi, mai unici e universali per indicare ciò che viene rappresentato. Per questo sono sempre relegati sul retro delle fotografie. “Non sono sicuro che l’intitolazione di immagini evidenti ne determini un senso, si tratta appunto solo di una personale variante interpretativa di ciò che io stesso vedo” (Martin Pardatscher).
Una cosa è certa: gli oggetti da cui siamo circondati sono inscindibili da ciò che noi siamo. Le cose materiali, per quanto banali possano essere, creano spazi nei quali l’uomo esperimenta e si rende consapevole della propria identità. Che lo si voglia o no, siamo dominati dagli oggetti nella stessa misura in cui noi crediamo di dominarli.
Gli oggetti sono qualcos’ altro di ciò che essi stessi rappresentano: proprio questo Martin Pardatscher cerca di sondare in questa sua trasposizione fotografica.
Curriculum vitae
Nasce nel 1960 a Bolzano, dove tuttora vive.
Consegue il diploma all’Istituto Tecnico Industriale di Bolzano.
Acquisisce la formazione di assistente tecnico sanitario e lavora presso l’ospedale regionale di Bolzano.
Si avvicina alla fotografia attraverso vari circoli fotografici e workshops di ritrattistica e di camera oscura; workshop a Milano.
Si occupa di fotografia artistica dagli inizi degli anni ottanta.
Diventa socio fondatore e membro del consiglio del Foto-Forum di Bolzano.
Nel 2003 lavora come fotografo libero professionista.
Mostre (selezione):
1990 Sguardi sulla fotografia in Trentino Alto Adige (Bolzano).
1991 Dettagli di un panorama fotografico in Trentino Alto Adige (Galleria d’arte comunale. Bolzano).
1993 Contrast (Bolzano)
1994 Paesaggi di confine, Foto-Forum Bolzano.
1995-1996 Workshops con diverse presentazioni (Milano).
1998 Mostra personale “Nature Stills”, Foto-Forum Bolzano.
1998 Workshop con esposizione nell’ambito della mostra “Sehnsucht Heimat” (Salzlager Hall - A).
2000 Sguardo su “Fotografia attuale in Alto Adige”; esposizione a Wels, Linz, Innsbruck, Eisenstadt, Brunico.
2001 Salon de l’animal – Fotogalerie Vienna - A.
2003 Su incarico della Provincia di Bolzano: progetto di lavoro sul tema “acqua”. Esposizione a Bolzano, Brunico, Silandro.
2003/2004 Partecipazione all’esposizione “10 anni di Foto Forum” (Bolzano).
2004 “NORMAL THINGS”, Kunstraum Café Mitterhofer, San Candido, Bolzano.
“a thing is a thing and sometimes something else”.
„Un oggetto è un oggetto talvolta però, è anche qualcos’altro.“
(M. Pardatscher)
Il mondo è pieno di oggetti la cui essenza è più forte della loro apparenza o la cui apparenza è più forte della loro essenza. In nessun altro periodo storico gli uomini hanno avuto bisogno di così tanti oggetti come nella nostra cultura, elevata e civilizzata. Pertanto oggi si può gioire con le cose o sentirsi superiori ad esse, ma sfuggire alla loro presenza non è possibile. (Peter Waibl)
Queste 25 fotografie dal titolo "NORMAL THINGS", nel formato 60X60 cm (Lambda-Prints), sono state realizzate nei primi mesi dell'anno 2004. Esse sono la prima serie di un lavoro, diviso in quattro parti, per complessive 100 fotografie, che verrà ultimata negli prossimi due anni.
Il mondo è pieno di oggetti la cui essenza è più forte della loro apparenza o la cui apparenza è più forte della loro essenza. In nessun altro periodo storico gli uomini hanno avuto bisogno di così tanti oggetti come nella nostra cultura, elevata e civilizzata. Pertanto oggi si può gioire con le cose o sentirsi superiori ad esse, ma sfuggire alla loro presenza non è possibile.
Così scrive Peter Weibl riferendosi agli oggetti , ai simboli, alle merci: “ Il dibattito sulle cose parte dall’idea che in origine non ne esisteva il concetto di immagine e neppure quello di quantità, né quello di vocabolo, ma dominava esclusivamente l’idea della cosa in sé. E proprio con le cose adesso si scontra l’uomo. Lui le osserva, le medita, le scruta, le produce, le consuma, le brama, le odia. Appunto da tali sentimenti nasce il collegamento tra l’Io e il Mondo degli oggetti. Tale relazione del Soggetto con l’Oggetto vissuto come sfondo dell’esperienza e della conoscenza e come interfaccia tra uomo e mondo esteriore, si presenta come un tema tradizionale e fondamentale in filosofia come in arte.”
Furono infatti proprio gli oggetti quotidiani che grandi pensatori quali Karl Marx, Sigmund Freud, Ludwig Wittgenstein e altri utilizzarono per sviluppare le loro teorie.
Oggi viviamo in un mondo costruito sugli oggetti ed è appunto questo mondo artificiale che Martin Pardatscher vuole presentarci in questa sua ricerca fotografica, senza, però, costringerci ad una loro visione dettagliata. I suoi click fotografici si esplicitano nel concetto: “Rinuncia a tutto ciò che ti distrae e che è superfluo.” Così la sistemazione degli oggetti risulta piatta, strettamente formale, isolata, sempre frontale e centrale, senza particolari incidenze di luce e comunque sempre su sfondo bianco, come se fosse un prodotto da catalogo, e vistosamente priva di emozioni. Gli oggetti si presentano, a livello fotografico, sempre nella loro unicità, essendo focalizzati singolarmente. Questa tecnica di presa non permette nessuna interpretazione e non fa emergere nessuna visuale personale bensì ammette soltanto la comprensione dell’oggetto tramite l’occhio della fotografia.
Così gli oggetti normali, quelli di uso quotidiano o i loro elementi costitutivi, si presentano puramente attraverso la loro forma, la loro superficie e il loro materiale. La corporeità si lascia intuire spesso solo attraverso la forma, poiché la presa frontale sottolinea la doppia dimensionalità dell’immagine fotografica. E’ un mondo di oggetti disposti in un modo estremamente preciso, quello che Martin Pardatscher ci mostra nella sua esposizione e che costringe l’osservatore ad una percezione consapevole.
La disposizione degli oggetti, che sembrano scelti a caso tra l’innumerevole quantità di cose quotidiane, produce sull’osservatore lo stesso effetto che crea su un analfabeta l’ordine delle lettere in una frase. Gli oggetti si rivelano all’osservatore attraverso l’occhio della fotografia, che comunque non omette né sacrifica nulla. Però allo stesso tempo risulta errata la supposizione per cui tali oggetti di uso comune, presentati in modo tecnicamente oggettivo, possano essere nient’altro che cose con un’unica valenza.
Il paradosso, per cui ad ognuno di essi potrebbe essere attribuito anche un altro significato, viene indotto da un’associazione di idee tra testo, titolo e immagine, e viene costruito in modo discreto e non immediatamente visibile. Per tale ragione diventa importante non attribuire mai di primo acchito un titolo ad un’immagine (“……per evitare incomprensioni”).
Martin Pardatscher associa la fredda presentazione di un mondo di oggetti ordinari con titoli soggettivi, talvolta quasi poetici, che creano un rapporto singolare con l’oggetto fotografato. Così un banale cuscinetto di finta pelle diventa, ad esempio, una “nuvola monotona”, oppure un contenitore di plastica giallo a forma di ventaglio diventa “l’abitazione dei sogni”.
Grazie all’energia creativa di tali oggetti, collegata ai duplici significati ad essi attribuiti, si crea, a livello individuale, un disturbo nella percezione dell’oggetto in visione. Il senso di irritazione nel vedere anche gli oggetti più banali induce l’osservatore a creare un diverso rapporto con il suo senso di percezione. Il collegamento di “ipertitoli”, come Martin Pardatscher li definisce, con gli “oggetti normali”, fa sì che questi ultimi si arricchiscano di nuovi messaggi.
I titoli sono interscambiabili ma non sempre, importanti ma anche no (certamente non per ogni osservatore), soggettivi, mai unici e universali per indicare ciò che viene rappresentato. Per questo sono sempre relegati sul retro delle fotografie. “Non sono sicuro che l’intitolazione di immagini evidenti ne determini un senso, si tratta appunto solo di una personale variante interpretativa di ciò che io stesso vedo” (Martin Pardatscher).
Una cosa è certa: gli oggetti da cui siamo circondati sono inscindibili da ciò che noi siamo. Le cose materiali, per quanto banali possano essere, creano spazi nei quali l’uomo esperimenta e si rende consapevole della propria identità. Che lo si voglia o no, siamo dominati dagli oggetti nella stessa misura in cui noi crediamo di dominarli.
Gli oggetti sono qualcos’ altro di ciò che essi stessi rappresentano: proprio questo Martin Pardatscher cerca di sondare in questa sua trasposizione fotografica.
Curriculum vitae
Nasce nel 1960 a Bolzano, dove tuttora vive.
Consegue il diploma all’Istituto Tecnico Industriale di Bolzano.
Acquisisce la formazione di assistente tecnico sanitario e lavora presso l’ospedale regionale di Bolzano.
Si avvicina alla fotografia attraverso vari circoli fotografici e workshops di ritrattistica e di camera oscura; workshop a Milano.
Si occupa di fotografia artistica dagli inizi degli anni ottanta.
Diventa socio fondatore e membro del consiglio del Foto-Forum di Bolzano.
Nel 2003 lavora come fotografo libero professionista.
Mostre (selezione):
1990 Sguardi sulla fotografia in Trentino Alto Adige (Bolzano).
1991 Dettagli di un panorama fotografico in Trentino Alto Adige (Galleria d’arte comunale. Bolzano).
1993 Contrast (Bolzano)
1994 Paesaggi di confine, Foto-Forum Bolzano.
1995-1996 Workshops con diverse presentazioni (Milano).
1998 Mostra personale “Nature Stills”, Foto-Forum Bolzano.
1998 Workshop con esposizione nell’ambito della mostra “Sehnsucht Heimat” (Salzlager Hall - A).
2000 Sguardo su “Fotografia attuale in Alto Adige”; esposizione a Wels, Linz, Innsbruck, Eisenstadt, Brunico.
2001 Salon de l’animal – Fotogalerie Vienna - A.
2003 Su incarico della Provincia di Bolzano: progetto di lavoro sul tema “acqua”. Esposizione a Bolzano, Brunico, Silandro.
2003/2004 Partecipazione all’esposizione “10 anni di Foto Forum” (Bolzano).
2004 “NORMAL THINGS”, Kunstraum Café Mitterhofer, San Candido, Bolzano.
03
aprile 2004
Martin Pardatscher – Normal Thing
Dal 03 aprile al 21 maggio 2004
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
KUNSTRAUM CAFE MITTERHOFER
San Candido, Via Peter Paul Rainer, 4, (Bolzano)
San Candido, Via Peter Paul Rainer, 4, (Bolzano)
Orario di apertura
lun-sab 7_20
Vernissage
3 Aprile 2004, ore 19