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Martin Soto Climent – Under the immortal skin
Per celebrare i 10 anni di collaborazione con T293, Martin Soto Climent ha concepito un progetto ambizioso che aspira a rappresentare la concreta testimonianza di un momento di riflessione sulla vera essenza del proprio lavoro: l’essere umano e le sue relazioni con il prossimo e il mondo circostante
Comunicato stampa
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Per celebrare i 10 anni di collaborazione con T293, Martin Soto Climent ha concepito e realizzato un progetto ambizioso, una mostra che aspira a rappresentare la concreta testimonianza di un momento di riflessione sulla vera essenza del proprio lavoro: l’essere umano e le sue relazioni con il prossimo e il mondo circostante. Una mostra che si alleggerisce di sovrastrutture e virtuosismi per interagire senza ostacoli con l’anima dello spettatore, invitato a percepire oltre che osservare.
Fedele a un metodo che si fonda su un’economia dei materiali al fine di valorizzare il messaggio e l’emozione che da esso deriva, Soto Climent è alla costante ricerca del gesto poetico che trasforma, senza produrre, ciò che è già nel mondo per dimostrare come da una semplice piega, intreccio o estensione di uno o più oggetti si possano aprire innumerevoli ‘finestre’ di percezione e comprensione. E’ questa capacità di animare l’inanimato che ci distingue come uomini; quel linguaggio simbolico rivelatore di immaginazione e coscienza che utilizziamo sempre più raramente perché sopraffatti da prodotti ormai privi di qualsiasi carica allegorica e perciò di significato. Per Soto Climent l’arte non deve soccombere a questa insensata sovrapproduzione ma cercare, sprigionare e condividere quell’invisibile energia.
Per questo progetto inedito, Soto Climent si ispira all'intervento di Socrate sulla natura dell’Amore contenuto nel Simposio di Platone e lo ripristina come metafora dell'azione creativa, sostenuta da quello slancio verso qualcosa di mancante ed estraneo da sé come afferma il filosofo greco. L'artista è perso in una giungla di trame e tessuti pensati per abiti, come leggings, bikini o reggiseni che, proprio per l’aderenza che li caratterizza, sono carichi di sostanza umana e rappresentano una sorta di seconda pelle. Sono contorti e tesi, fragili e frangibili, proprio come l’essere umano che li indossa. Li manipola per disporli, per la prima volta, su pannelli di legno che diventano ulteriore strumento per lavorare con libertà e superare così la costrizione e i limiti delle quattro assi del telaio. I colori sono sgargianti, quasi ad emulare i travestimenti di quei rituali primitivi con cui si affidava a indumenti, accessori e maschere il tentativo di comunicare con il sovrumano. L’artista messicano attinge alla poetica di miti e tradizioni per parlare di un’arte che non è necessariamente produzione e innovazione, ma condivisione e unione.
To celebrate the 10th anniversary of his collaboration with T293, Martin Soto Climent has conceived and carried out an ambitious project, an exhibit that aims to represent the concrete evidence of a moment of reflection on the true essence of his work: the human being and his relationship with others and the surrounding world. An exhibit that is unburdened of structure and flourishes to interact without any interferences with the soul of the spectator, who is invited to perceive as well as observe.
Faithful to a method that is based on an economy of materials in order to enhance the message and the emotion that derives from it, Soto Climent is constantly looking for the poetic gesture that transforms, without producing, what is already in the world to demonstrate how a simple fold, intertwining or an extension of one or more objects can open innumerable 'windows' of perception and understanding. It is this ability to animate the inanimate that distinguishes us as men; that symbolic language that reveals imagination and consciousness that we use increasingly rarely because we are overwhelmed by products that lack any allegorical content and, therefore, meaning. For Soto Climent art should not surrender to this meaningless overproduction but has to seek, unleash and share that invisible energy.
For this new project, Soto Climent takes inspiration from the intervention of Socrates on the nature of Love in Plato's Symposium and restores it as a metaphor of creative action, sustained by that impulse towards something missing and estranged from itself as the Greek philosopher affirms. The artist is lost in a jungle of textures and fabrics designed for clothes, such as leggings, bikinis or bras that, because of their adherence, are full of human substance and represent a sort of second skin. They are contorted and stretched, fragile and frangible, just like the human being who wears them. He manipulates these materials to place them, for the first time, on wooden panels that become an additional way to work with freedom, overcoming the constraints and limitations of the four axes of the frame. The colors are bright, almost emulating the costumes worn during those primitive rituals that relied on garments, accessories and masks to try to communicate with the superhuman. The Mexican artist draws on the poetics of myths and traditions to talk about an art that is not necessarily production and innovation, but sharing and union.
Fedele a un metodo che si fonda su un’economia dei materiali al fine di valorizzare il messaggio e l’emozione che da esso deriva, Soto Climent è alla costante ricerca del gesto poetico che trasforma, senza produrre, ciò che è già nel mondo per dimostrare come da una semplice piega, intreccio o estensione di uno o più oggetti si possano aprire innumerevoli ‘finestre’ di percezione e comprensione. E’ questa capacità di animare l’inanimato che ci distingue come uomini; quel linguaggio simbolico rivelatore di immaginazione e coscienza che utilizziamo sempre più raramente perché sopraffatti da prodotti ormai privi di qualsiasi carica allegorica e perciò di significato. Per Soto Climent l’arte non deve soccombere a questa insensata sovrapproduzione ma cercare, sprigionare e condividere quell’invisibile energia.
Per questo progetto inedito, Soto Climent si ispira all'intervento di Socrate sulla natura dell’Amore contenuto nel Simposio di Platone e lo ripristina come metafora dell'azione creativa, sostenuta da quello slancio verso qualcosa di mancante ed estraneo da sé come afferma il filosofo greco. L'artista è perso in una giungla di trame e tessuti pensati per abiti, come leggings, bikini o reggiseni che, proprio per l’aderenza che li caratterizza, sono carichi di sostanza umana e rappresentano una sorta di seconda pelle. Sono contorti e tesi, fragili e frangibili, proprio come l’essere umano che li indossa. Li manipola per disporli, per la prima volta, su pannelli di legno che diventano ulteriore strumento per lavorare con libertà e superare così la costrizione e i limiti delle quattro assi del telaio. I colori sono sgargianti, quasi ad emulare i travestimenti di quei rituali primitivi con cui si affidava a indumenti, accessori e maschere il tentativo di comunicare con il sovrumano. L’artista messicano attinge alla poetica di miti e tradizioni per parlare di un’arte che non è necessariamente produzione e innovazione, ma condivisione e unione.
To celebrate the 10th anniversary of his collaboration with T293, Martin Soto Climent has conceived and carried out an ambitious project, an exhibit that aims to represent the concrete evidence of a moment of reflection on the true essence of his work: the human being and his relationship with others and the surrounding world. An exhibit that is unburdened of structure and flourishes to interact without any interferences with the soul of the spectator, who is invited to perceive as well as observe.
Faithful to a method that is based on an economy of materials in order to enhance the message and the emotion that derives from it, Soto Climent is constantly looking for the poetic gesture that transforms, without producing, what is already in the world to demonstrate how a simple fold, intertwining or an extension of one or more objects can open innumerable 'windows' of perception and understanding. It is this ability to animate the inanimate that distinguishes us as men; that symbolic language that reveals imagination and consciousness that we use increasingly rarely because we are overwhelmed by products that lack any allegorical content and, therefore, meaning. For Soto Climent art should not surrender to this meaningless overproduction but has to seek, unleash and share that invisible energy.
For this new project, Soto Climent takes inspiration from the intervention of Socrates on the nature of Love in Plato's Symposium and restores it as a metaphor of creative action, sustained by that impulse towards something missing and estranged from itself as the Greek philosopher affirms. The artist is lost in a jungle of textures and fabrics designed for clothes, such as leggings, bikinis or bras that, because of their adherence, are full of human substance and represent a sort of second skin. They are contorted and stretched, fragile and frangible, just like the human being who wears them. He manipulates these materials to place them, for the first time, on wooden panels that become an additional way to work with freedom, overcoming the constraints and limitations of the four axes of the frame. The colors are bright, almost emulating the costumes worn during those primitive rituals that relied on garments, accessories and masks to try to communicate with the superhuman. The Mexican artist draws on the poetics of myths and traditions to talk about an art that is not necessarily production and innovation, but sharing and union.
11
maggio 2018
Martin Soto Climent – Under the immortal skin
Dall'undici maggio al 15 giugno 2018
arte contemporanea
Location
T293
Roma, Via Ripense, 6, (Roma)
Roma, Via Ripense, 6, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 12-19
sabato ore 15-19
Vernissage
11 Maggio 2018, ore 18
Autore