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Martina Riescher – Eyes to touch hands to see
La mostra si articola in una installazione che copre l’intero spazio con centinaia di “santini” di divinità femminili dell’Oriente e dell’Occidente, sottoposte a un processo di desacralizzazione, e “Rotoli di preghiera” buddisti con immagini femminili srotolandosi in un senso o in un altro.
Comunicato stampa
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Nella ricerca di Martina Riescher il vissuto si lega strettamente agli archetipi, la dimensione interiore rimanda in filigrana a quella collettiva, la percezione individuale ai livelli inconsci del profondo per cui il passato e la memoria si intrecciano al presente nell’istanza della scelta che agisce carmicamente nel determinare il futuro individuale e collettivo.
I titoli delle opere, narrativi e poetici sono il contrappunto di un linguaggio visionario complesso ed essenziale, denso di archetipi, metafore, simboli, ossimori, dove l’immagine fatata ed ironica esprime una condizione esistenziale condivisa e trasfigurata, eterea e incombente, volatile e permanente. Spazi e figure dell’arte si contaminano con i luoghi personali del quotidiano dell’artista , le persone, gli animali, le cose che lo abitano e gli danno identità, manifestandosi in una messa in scena onirica che solleva enigmi e domande, dove come in una sorta di rebus metafisico le ulteriori domande possibili sono delegate a di chi guarda.
Lo sguardo di Riescher è portatore di un’ottica antropologica al femminile, una visione affettiva e differente come nel ciclo “Non conosco il tuo eroe, so del sapore delle sue lacrime”, dove affronta il tema del tempo soggettivo della donna, misurato sul rovescio, sull’ombra, denso delle istanze cangianti del ciclo vitale come divenire fluido, in una temporalità come tessitura dei fili di storie individuali in una trama di soglia e scambio fluido, da toccare con lo sguardo e da vedere con tatto e delicatezza, sottratta all’ottica astratta del sistema gerarchico e cristallizzato di una Storia che seppure alla deriva, soverchia e cancella particolarità, diversità, sinergie, relazioni e vitali contraddizioni, indispensabili per ristabilire un rapporto con una realtà in costante trasformazione.
La mostra si articola in una installazione che copre l’intero spazio della galleria con centinaia di “santini” ed “ex voto” di divinità femminili dell’Oriente e dell’Occidente, sottoposte a un processo di desacralizzazione, stravolgendone particolarità ed attributi, nelle quali a volte si incarna la stessa artista assumendo di volta in volta connotazioni differenti , come uno Zelig sciamanico e irriverente. Al centro della galleria i “Rotoli di preghiera” buddisti anch’essi istoriati con immagini femminili e ritratti, saranno lasciati all’iniziativa di chi srotolandoli e leggendoli in un senso o in un altro, compirà cosi un piccolo gesto sacrale, di una sacralità non trascendente che trasfigura e illumina un breve momento di vita riconsegnandolo al senso profondo e fluido dell’esistenza come esperienza integrale ed olistica senza dicotomie separazioni in una visione che unisca Oriente e Occidente, femminile e maschile.
I titoli delle opere, narrativi e poetici sono il contrappunto di un linguaggio visionario complesso ed essenziale, denso di archetipi, metafore, simboli, ossimori, dove l’immagine fatata ed ironica esprime una condizione esistenziale condivisa e trasfigurata, eterea e incombente, volatile e permanente. Spazi e figure dell’arte si contaminano con i luoghi personali del quotidiano dell’artista , le persone, gli animali, le cose che lo abitano e gli danno identità, manifestandosi in una messa in scena onirica che solleva enigmi e domande, dove come in una sorta di rebus metafisico le ulteriori domande possibili sono delegate a di chi guarda.
Lo sguardo di Riescher è portatore di un’ottica antropologica al femminile, una visione affettiva e differente come nel ciclo “Non conosco il tuo eroe, so del sapore delle sue lacrime”, dove affronta il tema del tempo soggettivo della donna, misurato sul rovescio, sull’ombra, denso delle istanze cangianti del ciclo vitale come divenire fluido, in una temporalità come tessitura dei fili di storie individuali in una trama di soglia e scambio fluido, da toccare con lo sguardo e da vedere con tatto e delicatezza, sottratta all’ottica astratta del sistema gerarchico e cristallizzato di una Storia che seppure alla deriva, soverchia e cancella particolarità, diversità, sinergie, relazioni e vitali contraddizioni, indispensabili per ristabilire un rapporto con una realtà in costante trasformazione.
La mostra si articola in una installazione che copre l’intero spazio della galleria con centinaia di “santini” ed “ex voto” di divinità femminili dell’Oriente e dell’Occidente, sottoposte a un processo di desacralizzazione, stravolgendone particolarità ed attributi, nelle quali a volte si incarna la stessa artista assumendo di volta in volta connotazioni differenti , come uno Zelig sciamanico e irriverente. Al centro della galleria i “Rotoli di preghiera” buddisti anch’essi istoriati con immagini femminili e ritratti, saranno lasciati all’iniziativa di chi srotolandoli e leggendoli in un senso o in un altro, compirà cosi un piccolo gesto sacrale, di una sacralità non trascendente che trasfigura e illumina un breve momento di vita riconsegnandolo al senso profondo e fluido dell’esistenza come esperienza integrale ed olistica senza dicotomie separazioni in una visione che unisca Oriente e Occidente, femminile e maschile.
17
marzo 2010
Martina Riescher – Eyes to touch hands to see
Dal 17 marzo al 17 aprile 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA GIULIA
Roma, Via Della Barchetta, 13, (Roma)
Roma, Via Della Barchetta, 13, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10,30-13 e 16-19,30
Vernissage
17 Marzo 2010, ore 18,30
Autore
Curatore