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Marwin Lee Beck – Benvenuti in Etruvia
L’esposizione è dedicata esclusivamente alle opere dell’Anonimo Etruviano (reperti etruschi riconducibili allo stesso autore o al massimo ad una bottega) ritrovate, ricomposte e restaurate dall’artista
Comunicato stampa
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Difficile definire lo stile con cui esordisce nel 2007 questo eccentrico artista praghese d'origine uzbeca. Immagini poetiche e ironiche allo stesso tempo di animali totemici, temi naturalistici in riduzione geometriche, ritratti e figure d'origine o ispirazione asiatica, anzi, a suo dire, sciamanica, ma tutti con forte impatto visivo e coloristico. Acquarelli che il più delle volte appaiono come stampe impresse su superfici irregolari, alterate da tracce precedenti, quasi palinsesti riciclati o pergamene sbiadite; opere con titoli che intersecano uzbeco, yiddish, inglese maccheronico, russo e spagnolo, creando a volte raffinati giochi di parole o di senso messi a contrasto con un’impostazione della visione pittorica di giocosa limpidezza. Ma sullo sfondo di questa pittura sciamanica c'è proprio questo - attraverso i simboli e i segmenti materici che vengono antropomorfizzati o attraverso le forme del mondo animato e vivente riportati sul piano simbolico dall’appiattimento geometrico e con la dichiarata iconizzazione dell'immagine - si realizza lo scontro costante tra i piani sovrapposti di segni e i significati da cui scaturisce un paradigma di lettura sempre divertente e trascinante, un discorso le cui suggestive implicazioni simboliche non pregiudicano e anzi valorizzano l'apparente semplicità del messaggio visivo.
Quasi parallelamente alla pittura scimanica, nasce anche il filone dedicato all'ambiente italiano, anzi toscano per eccellenza, dove Beck ha trovato dimora negli ultimi anni. Intersecando le influenze spirituali asiatiche con l'alone misterico che da sempre avvolge la scomparsa cultura etrusca – Beck ricrea la propria visione dell’habitat del popolo arrivato dal mare. Colpito profondamente dalle imponenti statue etrusche riportate alla luce negli anni settanta e oggi esposte nel Museo etrusco di Murlo, nei pressi di Siena, statue che indossano cappelli identici per forma a quelli dei carreteros messicani (ma anche di alcune antiche statue funerarie cinesi), con gli occhi modellati secondo i canoni delle maschere tribali africane e lunghe barbe in puro stile babilonese, l’Artista percepisce che questi reperti, veri "archetipi del meticcio" possono essere la punta di un iceberg molto più imponente e si getta in un estenuante lavoro di ricerca. Alla fine la sua intuizione lo porta sulle tracce di una antico insediamento etrusco e di una cultura autoctona che Beck, per distinguerla dalle ipotesi storiche ormai note, rinomina Etruvia. Ben presto i suoi sforzi portano i primi frutti (il poliedrico Beck ha appreso anni fa il lavoro di archeologo direttamente sul campo, partecipando agli scavi nella zona di Samarcanda e Khiva in Uzbekistan) e antichi muretti e cavità sotterranee tra sperdute campagne toscane ignorate dal turismo cominciano a restituire tesori custoditi per millenni. E così che Beck annuncia nella tarda primavera del 2007 il ritrovamento di un’imponente quantità di frammenti manoscritti e disegni denominato più tardi "il tesoro Etruviano" e si mette a restaurare e riportare alla luce le parti meno violate da tempo e intemperie. Ben presto realizzerà che in mezzo a materiale ampiamente eterogeneo, sia per l’incomprensibilità linguistica (non dimentichiamo che la scrittura di questo popolo rimane fino a oggi indecifrata), sia per la moltitudine di contenuti artistici appartenenti a tutti i livelli espressivi, si distingue per chiarezza del linguaggio visivo e compattezza stilistica un gruppo di opere di cui alcune recano traccia di un’identica sigla artigianale. In questo modo Beck giunge, attraverso un lavoro minuzioso, a identificare e isolare una fonte di arte antica finora sconosciuta attribuibile a un autore (o al massimo alla sua bottega) che chiamerà Anonimo Etruviano.
L'esposizione dedicata esclusivamente alle opere dell’Anonimo Etruviano, ritrovate, ricomposte e restaurate da Marwin Beck offre all’interno del prestigioso spazio del LifeGate Cafè che lo ospita, uno sguardo affascinante del passato che per tanto tempo è stato ammantato d’oblio. Beck ci riconduce nel cuore dell'antica Etruvia, popolata da gente dedita a pesca e giardinaggio, ci offre sguardi avvolgenti e intensi, pieni di singolare nostalgia per il loro mondo scomparso sullo sfondo del suadente scenario collinare toscano. I gesti e le posture carichi di traboccante emotività interiore, quasi barocchi e di chiara matrice mediterranea, con lucida semplicità e tagliente abilità preannunciano ciò che riemergerà secoli dopo nelle miriadi di influenze piccole o evidenti prestiti compositivi, tematici o strutturali, sia nell’epoca della pittura classica sia, e questo ormai è più che evidente confrontandoci con gli straordinari esempi portati alla luce da Beck, nell'epoca del modernismo antiaccademico dell’inizio del XX sec.
Un’ampia sezione di opere esposte è dedicata a fauna e flora etruviana, in cui domina la serie ittografica e aviografica che ci sorprende e affascina non solo per l'antica maestria della dettagliata esecuzione, ma anche per le sue implicazioni scientifiche, dato che pare preannunciare a distanza di secoli, ciò che soltanto l'epoca moderna, l'Illuminismo e enciclopedismo europeo renderanno possibile – ovvero la classificazione e scientifica osservazione nel dettaglio delle specie viventi, dimostrando anche in questo campo come la cultura etruviana fu una grande precorritrice delle basi su cui poggia la nostra stessa civiltà.
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Marwin Lee Beck
Nella tradizione centroasiatica il numero magico per eccellenza è il 41. Infatti è allo scoccare di questa data fatidica, i 41 anni, che Marwin Lee Beck può finalmente spezzare il sigillo di devozione fatta al suo maestro e guida spirituale Hd. Duad al-Din Sharisbani, umile decoratore di case ma anche finissimo pittore di miniature, e dedicarsi all’Arte. L’apprendistato è stato lungo e variegato: imbianchino, attore di teatro lirico, addetto alle pulizie, operaio, ferroviere, traduttore, insegnate di lingue e allevatore di cavalli… Nato a Buchara, nell’odierno Uzbekistan, discendente di una famiglia la cui memoria risale ancora all’epoca del grande Canato di Chazaria, Marwin, prima ancora di camminare bene sapeva già andare a cavallo. A 4 anni va a vivere a Praga, nel cuore di un’altra cultura satura di tradizioni e misticismo. Qui viene per la prima volta a contatto delle scritture, frequenta le prime scuole e respira la ricca vita culturale: teatri, mostre, gallerie, concerti, sempre però attratto dal deserto colmo di tensione nascosta e dal richiamo dell’accecante verde dei prati primaverili della sua patria. Tornato a Buchara si iscrive all’Istituto di Arti applicate e artigianato, specializzandosi in calligrafia. Vaga per i paesi dell’Asia centrale, mantenendosi con lavori occasionali, partecipa ai movimenti culturali clandestini, vive alla giornata e in una piccola bottega artigianale di Ferghara conosce il suo maestro, uno degli ultimi membri sopravvissuti della leggendaria congregazione di dervisci danzanti. Per alcuni anni studia e lavora con il maestro e dopo il lungo apprendistato torna alla vita nomade, ma questa volta con lo scopo preciso di approfondire le proprie conoscenze a abilità. Vive tra i pastori di cavalli in montagna, conosce il mondo popolato di miti e tradizioni orali, sprofonda nella meditazione mistica. A questo punto il suo cammino interiore è compiuto. Si riunisce a Praga con la famiglia, studia all’università, infine si stabilisce in Italia. Il tempo ha dissuggellato il suo giuramento: nel 2007, a 41 anni, Marwin scende in campo. Ricomincia a dipingere e a disegnare. Organizza le prime mostre informali e soprattutto, getta le basi della disciplina in cui riesce a intrecciare le radici orientali con l’ambiente italiano, dando vita al filone che passerà alla storia come Archeologia creativa.
Quasi parallelamente alla pittura scimanica, nasce anche il filone dedicato all'ambiente italiano, anzi toscano per eccellenza, dove Beck ha trovato dimora negli ultimi anni. Intersecando le influenze spirituali asiatiche con l'alone misterico che da sempre avvolge la scomparsa cultura etrusca – Beck ricrea la propria visione dell’habitat del popolo arrivato dal mare. Colpito profondamente dalle imponenti statue etrusche riportate alla luce negli anni settanta e oggi esposte nel Museo etrusco di Murlo, nei pressi di Siena, statue che indossano cappelli identici per forma a quelli dei carreteros messicani (ma anche di alcune antiche statue funerarie cinesi), con gli occhi modellati secondo i canoni delle maschere tribali africane e lunghe barbe in puro stile babilonese, l’Artista percepisce che questi reperti, veri "archetipi del meticcio" possono essere la punta di un iceberg molto più imponente e si getta in un estenuante lavoro di ricerca. Alla fine la sua intuizione lo porta sulle tracce di una antico insediamento etrusco e di una cultura autoctona che Beck, per distinguerla dalle ipotesi storiche ormai note, rinomina Etruvia. Ben presto i suoi sforzi portano i primi frutti (il poliedrico Beck ha appreso anni fa il lavoro di archeologo direttamente sul campo, partecipando agli scavi nella zona di Samarcanda e Khiva in Uzbekistan) e antichi muretti e cavità sotterranee tra sperdute campagne toscane ignorate dal turismo cominciano a restituire tesori custoditi per millenni. E così che Beck annuncia nella tarda primavera del 2007 il ritrovamento di un’imponente quantità di frammenti manoscritti e disegni denominato più tardi "il tesoro Etruviano" e si mette a restaurare e riportare alla luce le parti meno violate da tempo e intemperie. Ben presto realizzerà che in mezzo a materiale ampiamente eterogeneo, sia per l’incomprensibilità linguistica (non dimentichiamo che la scrittura di questo popolo rimane fino a oggi indecifrata), sia per la moltitudine di contenuti artistici appartenenti a tutti i livelli espressivi, si distingue per chiarezza del linguaggio visivo e compattezza stilistica un gruppo di opere di cui alcune recano traccia di un’identica sigla artigianale. In questo modo Beck giunge, attraverso un lavoro minuzioso, a identificare e isolare una fonte di arte antica finora sconosciuta attribuibile a un autore (o al massimo alla sua bottega) che chiamerà Anonimo Etruviano.
L'esposizione dedicata esclusivamente alle opere dell’Anonimo Etruviano, ritrovate, ricomposte e restaurate da Marwin Beck offre all’interno del prestigioso spazio del LifeGate Cafè che lo ospita, uno sguardo affascinante del passato che per tanto tempo è stato ammantato d’oblio. Beck ci riconduce nel cuore dell'antica Etruvia, popolata da gente dedita a pesca e giardinaggio, ci offre sguardi avvolgenti e intensi, pieni di singolare nostalgia per il loro mondo scomparso sullo sfondo del suadente scenario collinare toscano. I gesti e le posture carichi di traboccante emotività interiore, quasi barocchi e di chiara matrice mediterranea, con lucida semplicità e tagliente abilità preannunciano ciò che riemergerà secoli dopo nelle miriadi di influenze piccole o evidenti prestiti compositivi, tematici o strutturali, sia nell’epoca della pittura classica sia, e questo ormai è più che evidente confrontandoci con gli straordinari esempi portati alla luce da Beck, nell'epoca del modernismo antiaccademico dell’inizio del XX sec.
Un’ampia sezione di opere esposte è dedicata a fauna e flora etruviana, in cui domina la serie ittografica e aviografica che ci sorprende e affascina non solo per l'antica maestria della dettagliata esecuzione, ma anche per le sue implicazioni scientifiche, dato che pare preannunciare a distanza di secoli, ciò che soltanto l'epoca moderna, l'Illuminismo e enciclopedismo europeo renderanno possibile – ovvero la classificazione e scientifica osservazione nel dettaglio delle specie viventi, dimostrando anche in questo campo come la cultura etruviana fu una grande precorritrice delle basi su cui poggia la nostra stessa civiltà.
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Marwin Lee Beck
Nella tradizione centroasiatica il numero magico per eccellenza è il 41. Infatti è allo scoccare di questa data fatidica, i 41 anni, che Marwin Lee Beck può finalmente spezzare il sigillo di devozione fatta al suo maestro e guida spirituale Hd. Duad al-Din Sharisbani, umile decoratore di case ma anche finissimo pittore di miniature, e dedicarsi all’Arte. L’apprendistato è stato lungo e variegato: imbianchino, attore di teatro lirico, addetto alle pulizie, operaio, ferroviere, traduttore, insegnate di lingue e allevatore di cavalli… Nato a Buchara, nell’odierno Uzbekistan, discendente di una famiglia la cui memoria risale ancora all’epoca del grande Canato di Chazaria, Marwin, prima ancora di camminare bene sapeva già andare a cavallo. A 4 anni va a vivere a Praga, nel cuore di un’altra cultura satura di tradizioni e misticismo. Qui viene per la prima volta a contatto delle scritture, frequenta le prime scuole e respira la ricca vita culturale: teatri, mostre, gallerie, concerti, sempre però attratto dal deserto colmo di tensione nascosta e dal richiamo dell’accecante verde dei prati primaverili della sua patria. Tornato a Buchara si iscrive all’Istituto di Arti applicate e artigianato, specializzandosi in calligrafia. Vaga per i paesi dell’Asia centrale, mantenendosi con lavori occasionali, partecipa ai movimenti culturali clandestini, vive alla giornata e in una piccola bottega artigianale di Ferghara conosce il suo maestro, uno degli ultimi membri sopravvissuti della leggendaria congregazione di dervisci danzanti. Per alcuni anni studia e lavora con il maestro e dopo il lungo apprendistato torna alla vita nomade, ma questa volta con lo scopo preciso di approfondire le proprie conoscenze a abilità. Vive tra i pastori di cavalli in montagna, conosce il mondo popolato di miti e tradizioni orali, sprofonda nella meditazione mistica. A questo punto il suo cammino interiore è compiuto. Si riunisce a Praga con la famiglia, studia all’università, infine si stabilisce in Italia. Il tempo ha dissuggellato il suo giuramento: nel 2007, a 41 anni, Marwin scende in campo. Ricomincia a dipingere e a disegnare. Organizza le prime mostre informali e soprattutto, getta le basi della disciplina in cui riesce a intrecciare le radici orientali con l’ambiente italiano, dando vita al filone che passerà alla storia come Archeologia creativa.
26
marzo 2008
Marwin Lee Beck – Benvenuti in Etruvia
Dal 26 marzo al 13 aprile 2008
archeologia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
LIFEGATE CAFE’
Milano, Via Della Commenda, 43, (Milano)
Milano, Via Della Commenda, 43, (Milano)
Orario di apertura
dalle 12 alle 15 e dalle 20 alle 23.30. Chiuso il martedì
Vernissage
26 Marzo 2008, ore 18.30
Sito web
derwishbeck.blogspot.com
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