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Massimiliano Pelletti – Io mostro
Prima personale a Pietrasanta di Massimiliano Pelletti da Della Pina Artecontemporanea, un percorso dove fruire le differenti tecniche impiegate lungo il suo cammino artistico. Il suo lavoro è in presa diretta con il mondo, la società, la religione e la sfera del mondo umano e animale.
Comunicato stampa
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massimiliano pelletti
io mostro
a cura di enrico mattei
17.04 | 06.05 2010
Il progetto per la galleria Della Pina ha come punto di partenza uno strumento didattico che porta il titolo della mostra e che si pone come formazione culturale dell’individuo, una scatola in legno con un cassetto pieno di lettere per insegnare ai bambini a giocare con l’alfabeto componendo frasi. Un ready-made aiutato vista la composizione della frase che troviamo sopra, un’opera non eseguita ma scelta, affettazione di non serietà e di indifferenza per il “mestiere” tanto caro alla realtà locale di Pietrasanta, città nativa del nostro Pelletti. L’artisticità si nasconde e si ritira nelle pieghe del “gesto” compiuto dall’autore, nella capacità di scegliere o prevedere più che in quella di “eseguire”: l’atto mentale anticipa e supera il gesto manuale, lo comprende all’interno di se stesso, lo autorizza solo come espediente necessario alla comunicazione.
L’artista in questa personale offre un percorso dove fruire le differenti tecniche impiegate lungo il suo cammino artistico. Il suo lavoro è in presa diretta con il mondo, la società, la religione e la sfera del mondo umano e animale, indaga le situazioni possibili del nostro quotidiano vivere. Non si ferma davanti ad ostacoli di natura tecnica, è il vero artista contemporaneo, promotore di se stesso che si muove in un ambito di ricerca attuale e sperimentale.
Il tema della rappresentazione della natura morta nel contemporaneo è molto diffuso e serve per capire come la nostra società susciti un sentimento di precarietà della vita. Come la maggior parte di voi avrà notato da qualche tempo a questa parte fiere, riviste e cataloghi di mostre d’arte contemporanea hanno visto il proliferare inedito di un’icona che tutto sommato per la storia dell’arte così inedita non è: il teschio. La consuetudine di rappresentare nelle opere d’arte la macabra icona ha infatti origini ben più antiche, se si pensa che lo stesso Masaccio usò uno scheletro come richiamo della morte incombente già nella nota Trinità di Santa Maria Novella, in seguito, nel Seicento con la Controriforma, il teschio lascia la pittura religiosa per assumere nella natura morta il significato laico che porta con sé ancora oggi. Da allora il teschio è simbolo per eccellenza di vanitas, del memento mori, ossia del monito della morte. La transitorietà del corpo che, complice il tempo, si consuma fino a ridursi scheletro. Tutto sommato nell’arte visiva più recente l’eco ossessivo di questa immagine non è sempre ridotto a mera rappresentazione macabra così per come nasce. Vari sono stati nel tempo gli artisti contemporanei che lo hanno utilizzato, anche precedenti a Damien Hirst, dai teschi nasuti di Gino De Dominicis alle performance di Marina Abramovich, etc. etc…
Cosa spinge Massimiliano Pelletti ad utilizzare un’icona classica come il memento mori? Sicuramente la paura della morte come qualsiasi essere umano, ma cercando di coglierne il vero senso, oppure, per denunciare l’ipocrisia che caratterizza l’intera società contemporanea e ancora di più il mondo dell’arte. Sta di fatto che il mosaico e il video in mostra sono la visione interna della costituente umana, raccapricciante, ma pur sempre una bellezza interiore, come nelle sue opere in marmo bianco statuario di Carrara come . Interiorità che cerca di far ragionare senza soffermarsi sulla superficie degli involucri esterni, la naturale consumazione del corpo umano dopo la morte, procedimento scultoreo del “levare”: i pezzi se ne vanno come fosse un’esplosione che lascia prima gli organi interni e poi lo scheletro.
Il video parte, non a caso, da una schermata nera, per arrivare alla figura di un teschio visto di profilo, su cui si stoppa per alcuni secondi, per poi andare avanti fino al bianco assoluto. L’insieme ricorda il tema del cuore e di una serie di sculture eseguite da Pelletti, frammenti anatomici quali cervello, stomaco, fegato, intestino che tutte insieme nel loro bianco splendore, dato dalla levigatura del marmo, allievano la crudità del soggetto rappresentato.
Il mosaico sta a metà tra la rappresentazione di un volto e di un teschio, una zona di passaggio, quasi fosse uno still da video, un fermo immagine del video che gira in loop dentro la galleria, la scarnificazione dei tessuti della faccia che mostra la costituente interna, quasi fossimo di fronte ad una lezione di anatomia.
In netto contrasto con i precedenti lavori, ma sempre inerente al tema del memento mori, troviamo i tre teschi bianchi su piedistalli in ferro con sopra una ricarnificazione data da piccoli bambini Gesù, incollati quasi fossero un contaminazione, un’appartenenza ad una origine data dalla dottrina religiosa, un plasmare il pensare, il vedere e il sentire umano. Per Pelletti ogni religione è una pura costruzione umana per rendere più dolce la morte, l’individuo viene visto non più arbitrario, ma plasmato dall’insegnamento religioso e scolastico, similitudine dello strumento didattico “io mostro” della scatola in legno quale punto di partenza della mostra.
Lo scheletro di Snoopy e Woodstock rimane fedele a quanto detto sopra, ma con una tipologia differente e, per certi versi, isolata dal resto del gruppo d’opere. Concepita nel febbraio 2010 per ricordare i dieci anni dalla scomparsa di Charles M. Schulz ed omaggiare il grande fumettista, che non ha voluto vendere i diritti d’autore sul fumetto, Massimiliano ci mostra i resti e la memoria di un grande personaggio che ha accompagnato la nostra infanzia. Un’installazione isolata, questa di Snoopy, che mostra una morte apparente, il soggetto appartiene al mondo della fantasia e quindi, un decesso che va a toccare la storia del fumetto. Tema ludico già affrontato dall’artista nella serie d’opere “Contiene parti ingeribili” realizzate con giocattoli modificati (playmobil) che sono lo specchio della realtà, dell’umanità e del mondo odierno, il bambino che si accinge a giocare in questo “mondo fantastico”, recepisce fin da piccolo un approccio diretto verso il mondo circostante.
Chiudiamo il cerchio di questa prima mostra personale di Massimiliano Pelletti a Pietrasanta con l’opera Untitled, un cuore umano iperrealista da cui tutto parte e tutto torna. Un cuore purissimo come il marmo bianco statuario di Carrara, ma duro e pesante come la funzione che si prefigge di portare avanti, la pesantezza d’essere personalità indipendenti che non si piegano di fronte all’arroganza e all’ignoranza dei corrotti. Una scultura formata da un materiale nobile, la cui lavorazione artigianale ha reso la terra del nostro artista famosa in ogni parte del mondo, uno sguardo alla scultura classica di Michelangelo e al suo procedimento “a levare”, ma in netta contrapposizione alla ricerca del bello ideale per indagare e lavorare sull’interiorità della figura umana.
io mostro
a cura di enrico mattei
17.04 | 06.05 2010
Il progetto per la galleria Della Pina ha come punto di partenza uno strumento didattico che porta il titolo della mostra e che si pone come formazione culturale dell’individuo, una scatola in legno con un cassetto pieno di lettere per insegnare ai bambini a giocare con l’alfabeto componendo frasi. Un ready-made aiutato vista la composizione della frase che troviamo sopra, un’opera non eseguita ma scelta, affettazione di non serietà e di indifferenza per il “mestiere” tanto caro alla realtà locale di Pietrasanta, città nativa del nostro Pelletti. L’artisticità si nasconde e si ritira nelle pieghe del “gesto” compiuto dall’autore, nella capacità di scegliere o prevedere più che in quella di “eseguire”: l’atto mentale anticipa e supera il gesto manuale, lo comprende all’interno di se stesso, lo autorizza solo come espediente necessario alla comunicazione.
L’artista in questa personale offre un percorso dove fruire le differenti tecniche impiegate lungo il suo cammino artistico. Il suo lavoro è in presa diretta con il mondo, la società, la religione e la sfera del mondo umano e animale, indaga le situazioni possibili del nostro quotidiano vivere. Non si ferma davanti ad ostacoli di natura tecnica, è il vero artista contemporaneo, promotore di se stesso che si muove in un ambito di ricerca attuale e sperimentale.
Il tema della rappresentazione della natura morta nel contemporaneo è molto diffuso e serve per capire come la nostra società susciti un sentimento di precarietà della vita. Come la maggior parte di voi avrà notato da qualche tempo a questa parte fiere, riviste e cataloghi di mostre d’arte contemporanea hanno visto il proliferare inedito di un’icona che tutto sommato per la storia dell’arte così inedita non è: il teschio. La consuetudine di rappresentare nelle opere d’arte la macabra icona ha infatti origini ben più antiche, se si pensa che lo stesso Masaccio usò uno scheletro come richiamo della morte incombente già nella nota Trinità di Santa Maria Novella, in seguito, nel Seicento con la Controriforma, il teschio lascia la pittura religiosa per assumere nella natura morta il significato laico che porta con sé ancora oggi. Da allora il teschio è simbolo per eccellenza di vanitas, del memento mori, ossia del monito della morte. La transitorietà del corpo che, complice il tempo, si consuma fino a ridursi scheletro. Tutto sommato nell’arte visiva più recente l’eco ossessivo di questa immagine non è sempre ridotto a mera rappresentazione macabra così per come nasce. Vari sono stati nel tempo gli artisti contemporanei che lo hanno utilizzato, anche precedenti a Damien Hirst, dai teschi nasuti di Gino De Dominicis alle performance di Marina Abramovich, etc. etc…
Cosa spinge Massimiliano Pelletti ad utilizzare un’icona classica come il memento mori? Sicuramente la paura della morte come qualsiasi essere umano, ma cercando di coglierne il vero senso, oppure, per denunciare l’ipocrisia che caratterizza l’intera società contemporanea e ancora di più il mondo dell’arte. Sta di fatto che il mosaico e il video in mostra sono la visione interna della costituente umana, raccapricciante, ma pur sempre una bellezza interiore, come nelle sue opere in marmo bianco statuario di Carrara come . Interiorità che cerca di far ragionare senza soffermarsi sulla superficie degli involucri esterni, la naturale consumazione del corpo umano dopo la morte, procedimento scultoreo del “levare”: i pezzi se ne vanno come fosse un’esplosione che lascia prima gli organi interni e poi lo scheletro.
Il video parte, non a caso, da una schermata nera, per arrivare alla figura di un teschio visto di profilo, su cui si stoppa per alcuni secondi, per poi andare avanti fino al bianco assoluto. L’insieme ricorda il tema del cuore e di una serie di sculture eseguite da Pelletti, frammenti anatomici quali cervello, stomaco, fegato, intestino che tutte insieme nel loro bianco splendore, dato dalla levigatura del marmo, allievano la crudità del soggetto rappresentato.
Il mosaico sta a metà tra la rappresentazione di un volto e di un teschio, una zona di passaggio, quasi fosse uno still da video, un fermo immagine del video che gira in loop dentro la galleria, la scarnificazione dei tessuti della faccia che mostra la costituente interna, quasi fossimo di fronte ad una lezione di anatomia.
In netto contrasto con i precedenti lavori, ma sempre inerente al tema del memento mori, troviamo i tre teschi bianchi su piedistalli in ferro con sopra una ricarnificazione data da piccoli bambini Gesù, incollati quasi fossero un contaminazione, un’appartenenza ad una origine data dalla dottrina religiosa, un plasmare il pensare, il vedere e il sentire umano. Per Pelletti ogni religione è una pura costruzione umana per rendere più dolce la morte, l’individuo viene visto non più arbitrario, ma plasmato dall’insegnamento religioso e scolastico, similitudine dello strumento didattico “io mostro” della scatola in legno quale punto di partenza della mostra.
Lo scheletro di Snoopy e Woodstock rimane fedele a quanto detto sopra, ma con una tipologia differente e, per certi versi, isolata dal resto del gruppo d’opere. Concepita nel febbraio 2010 per ricordare i dieci anni dalla scomparsa di Charles M. Schulz ed omaggiare il grande fumettista, che non ha voluto vendere i diritti d’autore sul fumetto, Massimiliano ci mostra i resti e la memoria di un grande personaggio che ha accompagnato la nostra infanzia. Un’installazione isolata, questa di Snoopy, che mostra una morte apparente, il soggetto appartiene al mondo della fantasia e quindi, un decesso che va a toccare la storia del fumetto. Tema ludico già affrontato dall’artista nella serie d’opere “Contiene parti ingeribili” realizzate con giocattoli modificati (playmobil) che sono lo specchio della realtà, dell’umanità e del mondo odierno, il bambino che si accinge a giocare in questo “mondo fantastico”, recepisce fin da piccolo un approccio diretto verso il mondo circostante.
Chiudiamo il cerchio di questa prima mostra personale di Massimiliano Pelletti a Pietrasanta con l’opera Untitled, un cuore umano iperrealista da cui tutto parte e tutto torna. Un cuore purissimo come il marmo bianco statuario di Carrara, ma duro e pesante come la funzione che si prefigge di portare avanti, la pesantezza d’essere personalità indipendenti che non si piegano di fronte all’arroganza e all’ignoranza dei corrotti. Una scultura formata da un materiale nobile, la cui lavorazione artigianale ha reso la terra del nostro artista famosa in ogni parte del mondo, uno sguardo alla scultura classica di Michelangelo e al suo procedimento “a levare”, ma in netta contrapposizione alla ricerca del bello ideale per indagare e lavorare sull’interiorità della figura umana.
17
aprile 2010
Massimiliano Pelletti – Io mostro
Dal 17 aprile al 06 maggio 2010
arte contemporanea
Location
DELLA PINA ARTE CONTEPORANEA
Pietrasanta, Piazza Duomo, 11, (Lucca)
Pietrasanta, Piazza Duomo, 11, (Lucca)
Orario di apertura
da giovedì a domenica ore 16-20
Vernissage
17 Aprile 2010, ore 18:30
Autore
Curatore