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Massimo Festi – Is the party over?
Massimo Festi ci presenta attraverso la tecnica della tecnopittura, dipinti elettronici dove i volti, spesso mascherati, si stagliano bidimensionalmente su sfondi importanti, textures di carte da parati che l’artista cerca nelle case o crea lui stesso
Comunicato stampa
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In linea con i concepts di Orfeo Hotel, tra i quali le tematiche
identitarie come specifiche caratterizzanti le proposte espositive, Is
the
party over? personale di Massimo Festi, e’ un contenitore epistemologico
comprendente molti degli elementi volti a definire l’identità della
nostra
società contemporanea.
Is the party over? trasforma gli spazi di Orfeo Hotel in scenari post
party, il percorso espositivo si sviluppa tra i postumi di una festa,
incontrando, quasi casualmente tra coriandoli, posaceneri pieni e
bicchieri sporchi, i personaggi che l’hanno animata.
Icone statiche, pseudo ritratti di ragazzi, ragazze, anche un vecchio,
che
Massimo Festi ci presenta attraverso la tecnica della tecnopittura,
dipinti elettronici dove i volti, spesso mascherati, si stagliano
bidimensionalmente su sfondi importanti, textures di carte da parati che
l’artista cerca nelle case o crea lui stesso.
La festa, limbo terreno, mondo intermedio, stato d’animo, condizione
psichica, e’ simbolo della nuova societa’ dell’effimero nella quale
viviamo e della quale siamo protagonisti troppo attivi e troppo
stimolati,
dove il consumismo ha democratizzato l’idea di felicita’, dove tutti ci
sentiamo spesso soli.
Is the party over? diviene contesto metonimico e metaforico, del nostro
tempo, epoca poco contemporanea a se’ stessa all’interno della quale noi
vaghiamo ancora tra i detriti di un passato romantico, giustificando la
nostra solitudine, ricercando la nostra liberta’, costruendoci la
felicita’, adottando una identita’.
Con i suoi pseudo ritratti Massimo Festi incarna l’umanita’ delle “big
issues” odierne creando una sorta di “commedia umana contemporanea” della
quale l’artista diviene interprete sensibile.
La maggior parte di questi personaggi indossa una maschera, non piu’ per
nascondersi ma per presentarsi nella loro vera identita’ come antieroi
censurati che hanno smesso di credere di essere liberi, menomati nel loro
non poter lasciarsi andare completamente.
La protagonista di “la festa e’ finita” rimanda all’antieroina, manifesto
stravolto nell’immaginario collettivo della consapevole lacerazione tra
il
nostro animo, ancora romantico, e il nostro corpo, immerso nella ferocia
dei consumi sessuali, nella volubilita’ del desiderio fattosi legge
comportamentale, causa di un enorme volume di sofferenza psichica e di
malessere sociale.
“I quit” ci parla di anticonformismo, forse come reazione alla realta’ di
giorno in giorno piu’ precaria e sconvolgente, “Bunny Boy” e’ simbolo di
sensualita’ libera, forse conseguenza della deriva voyeuristica della
nostra societa’ nell’era della soap opera in diretta.
Figura fuori contesto, o meglio, perfettamente calata nel contesto
strabico e atrofico di questo tempo appare il vecchio di “No mask no
party”, sguardo triste e rassegnato di borghese, politico o pensionato
qualunque, senza piu’ la maschera, usata probabilmente durante tutta la
vita per copripre la sua corruzione, l’assenza di valori, dubbi e
compromessi, che ormai non gli serve piu’.
Del tutto in sintonia con l’attuale contesto culturale sempre piu’
mutevole, labile e aperto, l’ambigua “Yakuza”, orientale vestita da uomo
che racchiude molteplici significati: la confusione e la malleabilità dei
sessi, parallela a quella dei generi, l’ascesa economica della Cina, la
sua presenza forte e le conseguenti opportunità e minacce che questa
apertura comporta.
Il rosso protagonista di “Senza parole” sembra incarnare gli stereotipi
del “worried happiness”, felicita’ preoccupata, persone insoddisfatte
dalla societa’ odierna, afflitta da rischi globali e problematiche
nazionali ma soddisfatte della propria vita. Dall’aria stanca e gli occhi
gonfi, nel suo monito di fare silenzio sembra zittire coloro che abbiano
intenzione di lamentarsi.
La protagonista di “Today I am a woman” rappresenta lo stereotipo di
tutte
quelle vite dall’identita’ non bene definita, tipiche di coloro che non
sono cio’ che sono o che sono cio’ che credono di essere.
Parti integranti di Is the party over? sono un video “reality” girato
negli spazi di Orfeo Hotel durante “la festa” della sera prima, e un
momento performativo con la partecipazione di Silvia Guandalini: nella
realta’ discordante del post festa e’ rimasto qualquno, un’eroina
dall’aria confusa che pare chiedersi cosa sia rimasto di vero.
Is the party over? La festa e’ finita? E adesso?
Le questioni che ci pongono questi interrogativi divengono pretesti di
riflessione sulla nostra situazione attuale, risultato di un passato
appena trascorso e punto di partenza del futuro imminente.
Isabella Falbo
identitarie come specifiche caratterizzanti le proposte espositive, Is
the
party over? personale di Massimo Festi, e’ un contenitore epistemologico
comprendente molti degli elementi volti a definire l’identità della
nostra
società contemporanea.
Is the party over? trasforma gli spazi di Orfeo Hotel in scenari post
party, il percorso espositivo si sviluppa tra i postumi di una festa,
incontrando, quasi casualmente tra coriandoli, posaceneri pieni e
bicchieri sporchi, i personaggi che l’hanno animata.
Icone statiche, pseudo ritratti di ragazzi, ragazze, anche un vecchio,
che
Massimo Festi ci presenta attraverso la tecnica della tecnopittura,
dipinti elettronici dove i volti, spesso mascherati, si stagliano
bidimensionalmente su sfondi importanti, textures di carte da parati che
l’artista cerca nelle case o crea lui stesso.
La festa, limbo terreno, mondo intermedio, stato d’animo, condizione
psichica, e’ simbolo della nuova societa’ dell’effimero nella quale
viviamo e della quale siamo protagonisti troppo attivi e troppo
stimolati,
dove il consumismo ha democratizzato l’idea di felicita’, dove tutti ci
sentiamo spesso soli.
Is the party over? diviene contesto metonimico e metaforico, del nostro
tempo, epoca poco contemporanea a se’ stessa all’interno della quale noi
vaghiamo ancora tra i detriti di un passato romantico, giustificando la
nostra solitudine, ricercando la nostra liberta’, costruendoci la
felicita’, adottando una identita’.
Con i suoi pseudo ritratti Massimo Festi incarna l’umanita’ delle “big
issues” odierne creando una sorta di “commedia umana contemporanea” della
quale l’artista diviene interprete sensibile.
La maggior parte di questi personaggi indossa una maschera, non piu’ per
nascondersi ma per presentarsi nella loro vera identita’ come antieroi
censurati che hanno smesso di credere di essere liberi, menomati nel loro
non poter lasciarsi andare completamente.
La protagonista di “la festa e’ finita” rimanda all’antieroina, manifesto
stravolto nell’immaginario collettivo della consapevole lacerazione tra
il
nostro animo, ancora romantico, e il nostro corpo, immerso nella ferocia
dei consumi sessuali, nella volubilita’ del desiderio fattosi legge
comportamentale, causa di un enorme volume di sofferenza psichica e di
malessere sociale.
“I quit” ci parla di anticonformismo, forse come reazione alla realta’ di
giorno in giorno piu’ precaria e sconvolgente, “Bunny Boy” e’ simbolo di
sensualita’ libera, forse conseguenza della deriva voyeuristica della
nostra societa’ nell’era della soap opera in diretta.
Figura fuori contesto, o meglio, perfettamente calata nel contesto
strabico e atrofico di questo tempo appare il vecchio di “No mask no
party”, sguardo triste e rassegnato di borghese, politico o pensionato
qualunque, senza piu’ la maschera, usata probabilmente durante tutta la
vita per copripre la sua corruzione, l’assenza di valori, dubbi e
compromessi, che ormai non gli serve piu’.
Del tutto in sintonia con l’attuale contesto culturale sempre piu’
mutevole, labile e aperto, l’ambigua “Yakuza”, orientale vestita da uomo
che racchiude molteplici significati: la confusione e la malleabilità dei
sessi, parallela a quella dei generi, l’ascesa economica della Cina, la
sua presenza forte e le conseguenti opportunità e minacce che questa
apertura comporta.
Il rosso protagonista di “Senza parole” sembra incarnare gli stereotipi
del “worried happiness”, felicita’ preoccupata, persone insoddisfatte
dalla societa’ odierna, afflitta da rischi globali e problematiche
nazionali ma soddisfatte della propria vita. Dall’aria stanca e gli occhi
gonfi, nel suo monito di fare silenzio sembra zittire coloro che abbiano
intenzione di lamentarsi.
La protagonista di “Today I am a woman” rappresenta lo stereotipo di
tutte
quelle vite dall’identita’ non bene definita, tipiche di coloro che non
sono cio’ che sono o che sono cio’ che credono di essere.
Parti integranti di Is the party over? sono un video “reality” girato
negli spazi di Orfeo Hotel durante “la festa” della sera prima, e un
momento performativo con la partecipazione di Silvia Guandalini: nella
realta’ discordante del post festa e’ rimasto qualquno, un’eroina
dall’aria confusa che pare chiedersi cosa sia rimasto di vero.
Is the party over? La festa e’ finita? E adesso?
Le questioni che ci pongono questi interrogativi divengono pretesti di
riflessione sulla nostra situazione attuale, risultato di un passato
appena trascorso e punto di partenza del futuro imminente.
Isabella Falbo
25
maggio 2006
Massimo Festi – Is the party over?
Dal 25 maggio al 09 giugno 2006
arte contemporanea
Location
ORFEO HOTEL
Bologna, Via Orfeo, 4A, (Bologna)
Bologna, Via Orfeo, 4A, (Bologna)
Orario di apertura
da lunedì a sabato dalle 17:00 alle 20:00 o su appuntamento
Vernissage
25 Maggio 2006, ore 18
Autore