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Massimo Giannoni – Ricercato equilibrio
Saranno presenti circa venti opere dipinte dall’artista toscano tra il 2012 ed il 2016, una selezione qualificata delle serie “Natura morta”, “Specola”, “Libreria”, “Biblioteca” e “Stock Exchange”. Il tema comune è il ricercato equilibrio tra sentimento e ragione, tradizione e innovazione.
Comunicato stampa
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Un ricercato equilibrio tra sentimento e ragione
di Sergio Risaliti
In epoca moderna, a cominciare da Gustave Courbet, si sono sperimentate pratiche pittoriche alternative a quelle più tradizionali e accademiche, quelle per intendersi vincolate a una rappresentazione mimetica della realtà. Si è avverato uno sfaldamento del contorno e sono saltate le velature a favore di una pennellata carica di materia pittorica, del lavoro a spatola, del tocco, della spremitura e della colatura. L’immagine figurativa si è così dissolta, decostruita, frammentata fino a deflagrare nel novecento. Gli ultimi quadri di Monet ad esempio -siamo nei primi anni del XX secolo- dissolvono il dato naturale per dar vita a un’esperienza panica della vegetazione, della luce, dei colori e dell’acqua. La pennellata si sfalda, la materia pittorica si afferma in autonomia rinunciando al contorno, assume una dimensione fenomenologica propria, prende corpo e si fa realtà visibile in sé. L'esperienza dell'arte non é più quella della riconoscibilità ma della scoperta e della rivelazione di un'altra realtà o meglio di altra realtà. Sicuramente ha giocato a favore della pittura la sfida con la fotografia, cui è stato lasciato il compito di riprodurre il vicino e il lontano. La pittura informe è uno dei casi più evidenti -assieme all’action painting- di questo doppio processo di dissoluzione e di ri-creazione. L’informe nei suoi diversi modi di espressione e di realizzazione, si colloca distante dal naturalismo e tuttavia resta tangente alla natura; in particolare alle forze generatrici tutte le forme di vita, sia di quelle inorganiche che organiche. Così, l’arte pittorica ha conquistato una propria autonomia dando luogo a un realismo assoluto e a se stante, che vive e si rigenera in rapporto con il fatto pittorico in sé, con la vita stessa del colore, dei supporti e dei materiali pittorici. Dalla seconda metà del novecento sono aumentati a dismisura i casi di artisti intenzionati a mantenere un certo qual equilibrio tra i partiti opposti dell’informe e del figurativo. Uno tra massimi esempi è Lucian Freud, i cui ritratti pastosi non esagerano mai in un senso o nell’altro: non sono né piatta fotografia né confusa raffigurazione. Massino Giannoni sembra aver cercato un simile equilibrio: tra pittura materica, risolta anche con notevoli spessori di pasta pittorica, come quella degli ultimi informali, e mimesi fotografica, come quella analitica e di stampo concettuale degli anni Novanta -ad esempio quella di Andreas Gursky che fotografa interni di grandi magazzini e supermercati, sedi d contrattazione finanziaria, come Tokyo Stock Exchange del 1999, stadi e immense abitazioni a più piani. Con artisti fotografi come questi, Giannoni condivide la passione per gli spazi dell’archiviazione e della memoria, che sono in prevalenza spazi panottici, come le borse valori e le biblioteche, dove è normale provare un senso di vertigine per la sovrabbondanza ordinata e gerarchizzata di informazioni, di nomi e dati anche visivi. Dove la necessità di inquadrare prospetticamente, conservando una griglia, bilancia quella forma di vertigine che coglie in tali ambienti, che sono poi nella cultura occidentale luoghi del sublime. In altre parole le borse valori di Milano o New York o le biblioteche, come la Magliabechiana degli Uffizi, e pure musei come quello della Specola di Firenze, o librerie piene di scaffali e libri, valgono per Giannoni quanto le carceri immaginate da Piranesi nel XVIII secolo. Giannoni preleva riproduzioni fotografiche di questi luoghi per aggredirle con un lavoro materico che giunge a disgregare il disegno prospettico a favore di una nuova rappresentazioni informale. La maestria sta nel bilanciare pittoricamente zone di raffigurazione analitica, oltre che mimetica, a piani di composizione materica, dove il corpo spesso dei colori crea porzioni di visibilità e godibilità pittorica a rischio della dissoluzione dei contorni e della riconoscibilità figurativa. La rappresentazione classica, per non dire rigorosamente accademica, convive allora nella composizione generale con la dimensione più sensuale di una figuratività informe. Un desiderio di smembramento del codice figurativo invade e prevale nell’opera di Giannoni, che si libera tanto dal rimorso quanto dalla frustrazione: rimorso per aver ucciso ontologicamente la lingua paterna della pittura rinascimentale e accademica –che è prospettica e mimetica-, e di conseguenza l’ideale spinta a prendere possesso figurativo della realtà secondo schemi geometrici e formule matematiche. Frustrazione, per non aver risolto drasticamente la dipendenza dall'ordine prospettico, dal codice figurativo, e non aver perseguito una diversa e alternativa esperienza fenomenologica, di cui l’arte informe è portatrice e rivelatrice. In questo modo il godimento arrecato dal contatto con la natura o con la realtà resta sospeso in cerca di un equilibrio tra due momenti della vita e dell’opera del pittore: quello razionale e quello irrazionale, quello ideologico e quello panico. La riuscita del lavoro sta nel saper scomporre e ricomporre quest’equilibrio, provandone la resistenza e il limite. Offrire un punto di appoggio allo spettatore che ha la stessa funzione dello scoglio di fronte a un mare in tempesta, emblematica situazione utilizzata per descrivere l'esperienza del sublime sia in antico che in epoca moderna, come in Immanuel Kant. In più punti della tela si determinano campi di tensione, faglie, dove l'immagine sembra sorgere o franare a seconda del punto d vista con cui la si guardi. Per un verso l’immagine, appare, anzi, è sul punto di collassare nell’informe bellezza della materia in sé. Contemporaneamente, la materia si riordina in forme riconoscibili che riproducono, ridisegnano un ambiente, una libreria, una biblioteca, una borsa valori, un mazzo di fiori, secondo gerarchie spaziali che rispettano le regole prospettiche. Disegno e geometrizazzione hanno il compito di bloccare il reale, fissare le percezioni, ridurre la complessità e il disordine. E in particolare congelare il ricordo e come in una fotografia riprodurre qualcosa che è stato. L'emozione suscitata da queste opere sta proprio in questa tensione e in queso ricercato equilibrio di forze e desideri contrapposti: nella conquista quasi fotografica del reale e nel desiderio di un più di realtà, un'immagine che si forma sulla tela, tra le maglie liquefatte di una prospettiva geometrica già arresasi di fronte alla potenza dell'informe.
Massimo Giannoni
Massimo Giannoni nasce ad Empoli nel 1954. Nel 1979 vince il Premio Lubiam (Mantova) assegnato al miglior studente delle Accademie di Belle Arti d’Italia. Dopo le due prime personali alla Galleria Vivita di Firenze, nel 1986 e nel 1987, si trasferisce per alcuni anni in Australia e negli Stati Uniti dove prosegue l’attività espositiva con le personali a Sidney (1989, Brown Street Gallery) e Chicago (1996 e 1997, Thomas Monahan Fine Arts).
Rientrato in Italia si dedica a quelli che ancora oggi sono i suoi temi preferiti, la serie delle librerie e degli interni di borsa, che espone a Firenze, alla galleria La Corte Arte Contemporanea (2008) e alla Libreria Seeber (2000), quest’ultima soggetto di numerose sue tele.
Le opere di Giannoni sono rappresentazioni tattili, dove il toccare con mano e il vedere con gli occhi sembrano fondersi, grazie ad una tecnica personalissima in cui la materia e i grumi di colore ad olio accentuano prospettive e masse tanto nelle raffigurazioni delle biblioteche quanto nelle piazze, fitte di presenze umane appena accennate.
Fra il 2004 e il 2008 si susseguono diverse personali a Milano (2004 e 2007, Galleria Rubin), Brescia (2005 e 2008, Studio d’Arte Tonelli) e Roma (2006, Galleria Il Segno, a cura di Marco Tonelli).
Nel 2005 partecipa alla XIV Quadriennale di Roma Fuori tema/Italian Feeling a cura di Marco Tonelli (Roma, Palazzo delle Esposizioni); nel 2007 è selezionato per l’importante retrospettiva 1968-2007 Arte italiana curata da Vittorio Sgarbi per il Palazzo Reale a Milano, mentre nel 2009 partecipa alla collettiva Contemplazioni. Bellezza e tradizione del Nuovo nella pittura italiana contemporanea curata da Alberto Agazzani al Castel Sismondo e al Palazzo del Podestà di Rimini.
Espone anche al Palazzo Ducale di Gubbio (2005), ai Grandi Magazzini Teatrali di Campobasso (2008) e alla Hanhouse Gallery di Hangzhou in Cina (2011). Nel 2011 è fra gli artisti selezionati dalla Fondazione Roma ad esporre alla 54 Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia, Padiglione Italia, 10 artisti selezionati dalla Fondazione Roma (Roma, Palazzo Venezia).
L’anno seguente prepara una nuova serie di opere per l’esposizione Massimo Giannoni. Four Tripthycs, a cura di Marco Tonelli, al Palazzo delle Esposizioni di Roma e partecipa inoltre alla collettiva Stanze d’Artista organizzata dalla Galleria Russo presso la Biblioteca Angelica-Galleria Angelica, nello stesso anno.
Nel 2013 espone a Palazzo Giureconsulti di Milano per una nuova personale a cura di Flaminio Gualdoni Massimo Giannoni. Durata dell’immagine e partecipa alla mostra collettiva Mimesis. Variazioni sul libro curata da Sergio Risaliti presso la Biblioteca degli Uffizi di Firenze.
Nel 2015 inaugura la prima personale in Turchia The Wisdom of Silence a cura di Marcus Graf alla Russo Art Gallery di Istanbul e partecipa alla mostra collettiva Linee di Confine. La natura, il corpo, le città a cura di Marco di Capua al Museo Carlo Bilotti a Roma.
Le sue opere sono esposte in numerose fiere nazionali e internazionali: MIART Milano, Artefiera Bologna, Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma, Art Factory Catania, Contemporary Istanbul, Art London, Art Paris, The Armory Show New York, Art Chicago e Swab Barcellona.
Vive e lavora a Firenze.
Opere in mostra
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 80x110
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 160x270
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 160x270
Specola, 2015, olio su lino, cm 100x130
Specola, 2013, olio su tela, cm 135x200
Specola, 2013, olio su tela, cm 135x200
Interno di libreria Seeber, 2016, olio su lino, cm 50x80
Interno di libreria Seeber, 2016, olio su lino, cm 100x150
Bookstore, 2016, olio su lino, cm 170x250
Interno di libreria, 2016, olio su lino, cm 110x150
Libreria, 2016, olio su lino, cm 110x170
Biblioteca Mantova, 2015, olio su lino, cm 150x200
Magliabechiana Uffizi, 2016, olio su lino, cm 70x105
Magliabechiana Uffizi, 2014, olio su lino, cm 150x220
Libreria Seeber, 2012, olio su tela, cm 150x200
Biblioteca Mantova, 2014, olio su lino, cm 220x340
Teresiana Mantova, 2016, olio su lino, cm 170x120
Interno Palazzo Serristori, 2016, olio su lino, cm 150x200
Stock Exchange, 2016, olio su tela, cm 170x250
Stock Exchange, 2016, olio su tela, cm 150x200
Stock Exchange, 2016, olio su lino, cm 90x110
di Sergio Risaliti
In epoca moderna, a cominciare da Gustave Courbet, si sono sperimentate pratiche pittoriche alternative a quelle più tradizionali e accademiche, quelle per intendersi vincolate a una rappresentazione mimetica della realtà. Si è avverato uno sfaldamento del contorno e sono saltate le velature a favore di una pennellata carica di materia pittorica, del lavoro a spatola, del tocco, della spremitura e della colatura. L’immagine figurativa si è così dissolta, decostruita, frammentata fino a deflagrare nel novecento. Gli ultimi quadri di Monet ad esempio -siamo nei primi anni del XX secolo- dissolvono il dato naturale per dar vita a un’esperienza panica della vegetazione, della luce, dei colori e dell’acqua. La pennellata si sfalda, la materia pittorica si afferma in autonomia rinunciando al contorno, assume una dimensione fenomenologica propria, prende corpo e si fa realtà visibile in sé. L'esperienza dell'arte non é più quella della riconoscibilità ma della scoperta e della rivelazione di un'altra realtà o meglio di altra realtà. Sicuramente ha giocato a favore della pittura la sfida con la fotografia, cui è stato lasciato il compito di riprodurre il vicino e il lontano. La pittura informe è uno dei casi più evidenti -assieme all’action painting- di questo doppio processo di dissoluzione e di ri-creazione. L’informe nei suoi diversi modi di espressione e di realizzazione, si colloca distante dal naturalismo e tuttavia resta tangente alla natura; in particolare alle forze generatrici tutte le forme di vita, sia di quelle inorganiche che organiche. Così, l’arte pittorica ha conquistato una propria autonomia dando luogo a un realismo assoluto e a se stante, che vive e si rigenera in rapporto con il fatto pittorico in sé, con la vita stessa del colore, dei supporti e dei materiali pittorici. Dalla seconda metà del novecento sono aumentati a dismisura i casi di artisti intenzionati a mantenere un certo qual equilibrio tra i partiti opposti dell’informe e del figurativo. Uno tra massimi esempi è Lucian Freud, i cui ritratti pastosi non esagerano mai in un senso o nell’altro: non sono né piatta fotografia né confusa raffigurazione. Massino Giannoni sembra aver cercato un simile equilibrio: tra pittura materica, risolta anche con notevoli spessori di pasta pittorica, come quella degli ultimi informali, e mimesi fotografica, come quella analitica e di stampo concettuale degli anni Novanta -ad esempio quella di Andreas Gursky che fotografa interni di grandi magazzini e supermercati, sedi d contrattazione finanziaria, come Tokyo Stock Exchange del 1999, stadi e immense abitazioni a più piani. Con artisti fotografi come questi, Giannoni condivide la passione per gli spazi dell’archiviazione e della memoria, che sono in prevalenza spazi panottici, come le borse valori e le biblioteche, dove è normale provare un senso di vertigine per la sovrabbondanza ordinata e gerarchizzata di informazioni, di nomi e dati anche visivi. Dove la necessità di inquadrare prospetticamente, conservando una griglia, bilancia quella forma di vertigine che coglie in tali ambienti, che sono poi nella cultura occidentale luoghi del sublime. In altre parole le borse valori di Milano o New York o le biblioteche, come la Magliabechiana degli Uffizi, e pure musei come quello della Specola di Firenze, o librerie piene di scaffali e libri, valgono per Giannoni quanto le carceri immaginate da Piranesi nel XVIII secolo. Giannoni preleva riproduzioni fotografiche di questi luoghi per aggredirle con un lavoro materico che giunge a disgregare il disegno prospettico a favore di una nuova rappresentazioni informale. La maestria sta nel bilanciare pittoricamente zone di raffigurazione analitica, oltre che mimetica, a piani di composizione materica, dove il corpo spesso dei colori crea porzioni di visibilità e godibilità pittorica a rischio della dissoluzione dei contorni e della riconoscibilità figurativa. La rappresentazione classica, per non dire rigorosamente accademica, convive allora nella composizione generale con la dimensione più sensuale di una figuratività informe. Un desiderio di smembramento del codice figurativo invade e prevale nell’opera di Giannoni, che si libera tanto dal rimorso quanto dalla frustrazione: rimorso per aver ucciso ontologicamente la lingua paterna della pittura rinascimentale e accademica –che è prospettica e mimetica-, e di conseguenza l’ideale spinta a prendere possesso figurativo della realtà secondo schemi geometrici e formule matematiche. Frustrazione, per non aver risolto drasticamente la dipendenza dall'ordine prospettico, dal codice figurativo, e non aver perseguito una diversa e alternativa esperienza fenomenologica, di cui l’arte informe è portatrice e rivelatrice. In questo modo il godimento arrecato dal contatto con la natura o con la realtà resta sospeso in cerca di un equilibrio tra due momenti della vita e dell’opera del pittore: quello razionale e quello irrazionale, quello ideologico e quello panico. La riuscita del lavoro sta nel saper scomporre e ricomporre quest’equilibrio, provandone la resistenza e il limite. Offrire un punto di appoggio allo spettatore che ha la stessa funzione dello scoglio di fronte a un mare in tempesta, emblematica situazione utilizzata per descrivere l'esperienza del sublime sia in antico che in epoca moderna, come in Immanuel Kant. In più punti della tela si determinano campi di tensione, faglie, dove l'immagine sembra sorgere o franare a seconda del punto d vista con cui la si guardi. Per un verso l’immagine, appare, anzi, è sul punto di collassare nell’informe bellezza della materia in sé. Contemporaneamente, la materia si riordina in forme riconoscibili che riproducono, ridisegnano un ambiente, una libreria, una biblioteca, una borsa valori, un mazzo di fiori, secondo gerarchie spaziali che rispettano le regole prospettiche. Disegno e geometrizazzione hanno il compito di bloccare il reale, fissare le percezioni, ridurre la complessità e il disordine. E in particolare congelare il ricordo e come in una fotografia riprodurre qualcosa che è stato. L'emozione suscitata da queste opere sta proprio in questa tensione e in queso ricercato equilibrio di forze e desideri contrapposti: nella conquista quasi fotografica del reale e nel desiderio di un più di realtà, un'immagine che si forma sulla tela, tra le maglie liquefatte di una prospettiva geometrica già arresasi di fronte alla potenza dell'informe.
Massimo Giannoni
Massimo Giannoni nasce ad Empoli nel 1954. Nel 1979 vince il Premio Lubiam (Mantova) assegnato al miglior studente delle Accademie di Belle Arti d’Italia. Dopo le due prime personali alla Galleria Vivita di Firenze, nel 1986 e nel 1987, si trasferisce per alcuni anni in Australia e negli Stati Uniti dove prosegue l’attività espositiva con le personali a Sidney (1989, Brown Street Gallery) e Chicago (1996 e 1997, Thomas Monahan Fine Arts).
Rientrato in Italia si dedica a quelli che ancora oggi sono i suoi temi preferiti, la serie delle librerie e degli interni di borsa, che espone a Firenze, alla galleria La Corte Arte Contemporanea (2008) e alla Libreria Seeber (2000), quest’ultima soggetto di numerose sue tele.
Le opere di Giannoni sono rappresentazioni tattili, dove il toccare con mano e il vedere con gli occhi sembrano fondersi, grazie ad una tecnica personalissima in cui la materia e i grumi di colore ad olio accentuano prospettive e masse tanto nelle raffigurazioni delle biblioteche quanto nelle piazze, fitte di presenze umane appena accennate.
Fra il 2004 e il 2008 si susseguono diverse personali a Milano (2004 e 2007, Galleria Rubin), Brescia (2005 e 2008, Studio d’Arte Tonelli) e Roma (2006, Galleria Il Segno, a cura di Marco Tonelli).
Nel 2005 partecipa alla XIV Quadriennale di Roma Fuori tema/Italian Feeling a cura di Marco Tonelli (Roma, Palazzo delle Esposizioni); nel 2007 è selezionato per l’importante retrospettiva 1968-2007 Arte italiana curata da Vittorio Sgarbi per il Palazzo Reale a Milano, mentre nel 2009 partecipa alla collettiva Contemplazioni. Bellezza e tradizione del Nuovo nella pittura italiana contemporanea curata da Alberto Agazzani al Castel Sismondo e al Palazzo del Podestà di Rimini.
Espone anche al Palazzo Ducale di Gubbio (2005), ai Grandi Magazzini Teatrali di Campobasso (2008) e alla Hanhouse Gallery di Hangzhou in Cina (2011). Nel 2011 è fra gli artisti selezionati dalla Fondazione Roma ad esporre alla 54 Esposizione Internazionale d’Arte Biennale di Venezia, Padiglione Italia, 10 artisti selezionati dalla Fondazione Roma (Roma, Palazzo Venezia).
L’anno seguente prepara una nuova serie di opere per l’esposizione Massimo Giannoni. Four Tripthycs, a cura di Marco Tonelli, al Palazzo delle Esposizioni di Roma e partecipa inoltre alla collettiva Stanze d’Artista organizzata dalla Galleria Russo presso la Biblioteca Angelica-Galleria Angelica, nello stesso anno.
Nel 2013 espone a Palazzo Giureconsulti di Milano per una nuova personale a cura di Flaminio Gualdoni Massimo Giannoni. Durata dell’immagine e partecipa alla mostra collettiva Mimesis. Variazioni sul libro curata da Sergio Risaliti presso la Biblioteca degli Uffizi di Firenze.
Nel 2015 inaugura la prima personale in Turchia The Wisdom of Silence a cura di Marcus Graf alla Russo Art Gallery di Istanbul e partecipa alla mostra collettiva Linee di Confine. La natura, il corpo, le città a cura di Marco di Capua al Museo Carlo Bilotti a Roma.
Le sue opere sono esposte in numerose fiere nazionali e internazionali: MIART Milano, Artefiera Bologna, Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma, Art Factory Catania, Contemporary Istanbul, Art London, Art Paris, The Armory Show New York, Art Chicago e Swab Barcellona.
Vive e lavora a Firenze.
Opere in mostra
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 80x110
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 160x270
Natura morta, 2016, olio su tela, cm 160x270
Specola, 2015, olio su lino, cm 100x130
Specola, 2013, olio su tela, cm 135x200
Specola, 2013, olio su tela, cm 135x200
Interno di libreria Seeber, 2016, olio su lino, cm 50x80
Interno di libreria Seeber, 2016, olio su lino, cm 100x150
Bookstore, 2016, olio su lino, cm 170x250
Interno di libreria, 2016, olio su lino, cm 110x150
Libreria, 2016, olio su lino, cm 110x170
Biblioteca Mantova, 2015, olio su lino, cm 150x200
Magliabechiana Uffizi, 2016, olio su lino, cm 70x105
Magliabechiana Uffizi, 2014, olio su lino, cm 150x220
Libreria Seeber, 2012, olio su tela, cm 150x200
Biblioteca Mantova, 2014, olio su lino, cm 220x340
Teresiana Mantova, 2016, olio su lino, cm 170x120
Interno Palazzo Serristori, 2016, olio su lino, cm 150x200
Stock Exchange, 2016, olio su tela, cm 170x250
Stock Exchange, 2016, olio su tela, cm 150x200
Stock Exchange, 2016, olio su lino, cm 90x110
07
maggio 2016
Massimo Giannoni – Ricercato equilibrio
Dal 07 maggio al 30 giugno 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA FREDIANO FARSETTI
Firenze, Lungarno Guicciardini, 21/23, (Firenze)
Firenze, Lungarno Guicciardini, 21/23, (Firenze)
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10-13.30 e 14.30-19.30
Vernissage
7 Maggio 2016, ore 18.00
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