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Massimo Luccioli / Luigi Pagano – Continuità della Materia
Continuità della Materia è il naturale incontro tra Massimo Luccioli, tarquiniese, scultore, ceramista, e Luigi Pagano, scafatese, pittore. È la complicità di due artisti apparentati, due archeologi e cercatori dell’immagine, che hanno al denominatore comune delle proprie ricerche quella materia tanto oggetto di discussione prima dei filosofi e poi dei fisici. Materia pura, decisa, continua, da essere il filo rosso che unisce la selezione delle opere in esposizione ed il trait d’union della maturità artistica di questi due instancabili solitari della scultura in ceramica e della pittura
Comunicato stampa
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“CONTINUITÀ DELLA MATERIA”
Massimo LUCCIOLI – Luigi PAGANO
Luccioli e Pagano eseguono opere di ceramica e di pittura.
Queste esperienze arricchiscono oggi la loro arte di nuovi soggetti e li orientano stilisticamente verso un’espressione dalle forme e dalle linee sempre più semplificate e pure.
I personaggi di queste loro composizioni sembrano provenire da un mondo arcaico e primordiale, sacerdoti e fedeli di un rito religioso misterioso ed esoterico, scandito dai colori freddi e spenti, protagonisti che perdono sempre più la loro identità, che sembrano smaterializzarsi in presenze impalpabili.
Sono composizioni che lasciano spazio alla memoria ed alla fantasia dello spettatore di ricostruire le immagini che costituiscono il racconto. Il nostro sguardo sarà in grado di rivedere l’immagine creata dall’artista? Ricordo ancestrale o semplice suggestione?
E con ciò, quel che v’è alle spalle: quell’amore trepido, che è in Luccioli e Pagano, per la pittura e la scultura; gesti mai uguali e predefinibili, ed ogni volta pertinacemente ricercati in una gamma di scelte infinite, che sono alla base di quelle azioni quotidianamente conosciute e ripercorse.
Con la consapevolezza che questi riti si espletano procedendo su di un sottile confine, limen, che ha da un canto il baratro dell’approssimazione, e dall’altro quello di una gratuita fuga in avanti.
Luccioli
La calligrafia di Massimo Luccioli, dal segno filante ed ora marcato e graffiato, parla la lingua della scultura con un lirismo etrusco, orientaleggiante. Disegnatore accanito, ama il disegno libero da ogni formula stilistica che non sia la sua. Imperniato sulla figura umana, la sua rappresentazione è un elemento essenziale per la sua arte. Egli ha creato una visione del corpo dal contorno rivelatore di volumi e moti nello spazio come se fosse quasi sempre disegnato dal vero prima di essere scultura, con l’abitudine di una pura semplicità carica di sentimento. Però c’è qualcosa di inquietante in questa normalità. L’artista valorizza il disegno con una sorta di purificazione preliminare vertiginosa e con intuizione formale, un problema di formulazione stilistica ed un’incessante ricerca emblematica disegnativa prima di portarla in plastica nella modulata essenzialità delle forme.
Luccioli ha creato un proprio universo fantastico, popolato da segni posti in uno spazio indefinito, delle morfologie psicologiche, dei paesaggi interiori, che lasciano libertà espressiva al gesto guidato dall’inconscio, senza il controllo della ragione. Pannelli come questi sembrano ambientati in un universo parallelo, che potremmo definire siderale, che l’artista colloca non all’esterno, ma all’interno della propria mente: è uno spazio immaginario, popolato da inverosimili segni e complicate forme, vagamente biomorfe o antropomorfe. Lo sfondo è illuminato con stridenti contrasti di ombre del tutto illogiche o inaspettate. Le forme, sia rigidamente geometriche, sia dalle linee sinuose ed intricate, sgorgano liberamente dalla mano felice dello scultore, senza un ordine preciso. L’impressione finale, chiaramente voluta, è quella di un insieme disordinato, in frenetico ed incessante movimento.
Gli scultori sono devastati dalla materia come certi dottori dai raggi X. La materia è il cuore della scultura di Luccioli, ed il disegno l’anima della sua arte che doveva stare nella legalità della purezza.
Luccioli, tarquiniese con serenità severa, ha col suo genio creativo fermato l’arte al suo orologio. Ha consumato il matrimonio della scultura con la pittura ed in particolare con la mimica del disegno che è segno dell’avvento al trono di un’arte completa.
Pagano
Uomo preciso, limpido, pieno di esperienza vitale, ecco com’è Luigi Pagano, pittore: un artista antico del secolo in corso. Nella pittura, imponente e seducente, ha impresso un dialogo forte, come certe unità murarie delle chiese gotiche che suscitano ammirazione nella loro timida maestà.
Pagano nella tavolozza come nei disegni mescola la natura cupa, che nel suo mondo significa dar loro forza.
Forza del luogo esterno, chiuso in sé stesso, compatto, che la pressione degli orizzonti ravvicinati porta ad un massimo di intensità. Caratterizzando con straordinaria forza espressiva, rinforzando anche i disegni con i neri decisi, per ottenere forti contrasti chiaroscurali tipicamente suoi: Pagano ama il bianco e nero, e il nero è uno dei suoi colori preferiti – c’è un nero Pagano.
Guarisce la pittura ed il disegno dalla prostituzione degli abbracci leziosi, cercando di obbligarli a restare con l’epidermide fortemente negromantico. La sua attenzione è rivolta alle molteplici possibilità espressive della materia; perciò dispone sulla tela materiali eterogenei. I suoi interventi sulla superficie pittorica sembrano istintivi e causali, che nascono dall’inconscio e sfuggono al controllo della razionalità. La simmetria assume un certo rilievo per due motivi: da una parte una reminiscenza dell’arte antica, che vedeva nell’ordine degli elementi e nell’armonia uno dei suoi cardini principali. Dall’altra una concezione organica della materia, che qui si nota in un’allusione, appena accennata, a figure umane, nella trasparenza delle pelle. L’artista mette in primo piano la forza e l’energia dell’atto pittorico fine a se stesso, che si alimenta della propria vitalità creatrice. C’è maggiore attenzione al ritmo delle varie parti, che seguono un andamento meno nervoso; allo stesso modo la luce accarezza la composizione, invece di aggredirla e tormentarla come faceva nelle opere degli anni precedenti.
La superficie di questi dipinti mettono in primo piano la gestualità pittorica dell’artista. La sua pittura è contemporaneamente semplice ed ermetica, perché si basa su pochi segni elementari, ma al tempo stesso il loro significato è volutamente oscuro ed indefinito, come un alfabeto misterioso, come se le masse fossero coinvolte in una danza vorticosa ed incontrollata. In questo modo il gesto pittorico viene enfatizzato ed insieme drammatizzato, così da esasperare la dimensione dionisiaca, istintiva e sfrenata, che parte dall’inconscio.
L’arte di questo solitario è una dimostrazione di forza vitale, un impeto arcaico e barbarico, un primitivismo, ed i suoi eroi partecipano dell’angoscia moderna che rende ormai incapaci di attingere alla sublime indifferenza del mondo classico. Un’inquietudine nuova li pervade, quella di un tempo in cerca di sé stesso ma che non può non indulgere alle nostalgie anche quando pensa di dover costruire una nuova storia.
La loro arte non lusinga subito l’occhio.
Luccioli e Pagano sono artisti archeologi e cercatori.
C’è parentela tra i due.
Vorrei spendere poche parole su questi due artisti, su come ci siamo conosciuti, incontrati.
E che spiegherà anche il legame che ci unisce, oramai più che decennale; complicità anch’essa che sa d’arcaico ed antico. E d’autentico.
Luccioli. Mi invitò un maturo maestro, anch’esso partenopeo, scultore, Vincenzo Gaetaniello, a conoscere il suo lavoro, e l’artista. Magnifico gesto, quello di un maestro che indica ad un allievo un altro artista di valore.
Pagano. Da un libro, da un catalogo. Vi era pubblicato un suo disegno. Volevo conoscere l’autore di quel disegno. L’ho cercato, così ci siamo incontrati.
Da un artista nel suo studio e da un libro. Per me cose indispensabili.
Oggi indispensabile è per me la loro arte, ma soprattutto l’autenticità di questi due artisti.
Roberto Savi
Massimo Luccioli (Tarquinia, 1952) inizia la sua attività espositiva nel 1977 e da allora, all’interno di una ricerca coerente, sperimenta diverse modalità espressive passando dalla pittura alla scultura in terracotta. Tra le varie esperienze, si ricordano le mostre personali: “I Sentieri dell’Arte” galleria Rondinini di Roma del 1992; l’installazione in ceramica “Wie die Blätter im wind” alla Galleria Brotundspiele di Berlino del 2000. Con “Armonie” al Museo Laboratorio Arte Contemporanea Università La Sapienza di Roma del 2002, ed “Elaborazioni Sonore nel Segno” evento collaterale ad Artefiera di Bologna del 2004, riproposta a Berlino, Istituto Italiano di Cultura nel 2004, a Venezia, Accademia di Belle Arti nel 2005 e come “Elaboración sonora en el signo” Facultad de Artes y Letras, Universidad Habana, a Cuba nel 2007, Luccioli compie un’ulteriore passo nello studio delle possibilità di creare un parallelo artistico tra la sua ricerca grafica e quella sonora.
Negli ultimi anni si dedica soprattutto a lavori in terracotta e su carta; si ricordano le mostre: “Spazio e tempo dell’Evocazione”, al Centro di paleontologia vegetale della Foresta Fossile di Dunarobba ad Avigliano Umbro (TR), nel 2011 e “Lo Studiolo di San Girolamo, il Pellegrino del Dubbio”, istallazione in terracotta, al Chiostro di San Salvatore in Lauro, a Roma nel 2010.
Tra le mostre collettive, varie, ricordiamo alcune partecipazioni al Premio Michetti di Francavilla a mare (PE), in particolare la “Biennale d’arte ceramica contemporanea” a Frascati nel e la mostra “Scultura ceramica contemporanea in Italia” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 2015.
Luigi Pagano (Scafati, 1963) inizia ad esporre dal 1984 ed ha seguito negli anni una continua ricerca nella pittura che lo ha portato a ricevere apprezzamenti in Italia ed in Germania.
Tra le varie mostre personali e collettive, ricordiamo la partecipazione alla XI Quadriennale Nazionale d’Arte nel 1986 al Palazzo delle Esposizioni di Roma e nel 1987 ad Arezzo ed a Scafati una mostra celebra l’esperienza artistica de L’Officina di Scafati, riproposta nel 2015 nella rassegna antologica degli anni ottanta Rewind ospitata nelle sale di Castel Sant’ Elmo di Napoli.
E’ del 1988 la sua mostra personale alla galleria Morone 6 a Milano e la partecipazione a Roma arte oggi, Galleria Break Club, Roma, e nel 1999 al Premio Michetti.
Diverse esperienze espositive al Museo FRAC Baronissi ed alle Biennali d’Arte Sacra al Museo Stauros di San Gabriele Colledara, sono stati appuntamenti che gli hanno consentito di presentare con continuità lo sviluppo della sua ricerca nel corso degli anni novanta. Nel 1999 è uno degli artisti di BNL, Una banca per l’arte oltre il mecenatismo, presso il Chiostro del Bramante a Roma e l’anno successivo sempre a Roma la sua importante personale alla galleria Giulia. Nel 2003 è protagonista presso la storica Libreria Guida di Napoli di un Incontro d’arte.
Del 2004 la prima esperienza in Germania con la mostra personale presso l’istituto di Cultura Italiano a Monaco di Baviera promosso dalla Regione Campania. Nel 2005 realizza nel Duomo di Napoli l’opera celebrativa Ferita in permanenza, che lo porta all’invito della 51a Biennale di Venezia con l’evento Già e non ancora nella chiesa di San Lio.
Nel 2006 presenta la personale Ad occhi chiusi, al Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, di Napoli, che ripeterà a Monaco di Baviera come Mitgeschlossenenenaugen all’Accademia di Musica e Teatro. Nel 2007 la sua personale alla galleria Grafio di Prato.
Nel 2011 è la partecipazione a Lo stato dell’arte, 54° Biennale di Venezia, Pontecagnano Faiano e la mostra Fienga, Pagano,Vollaro, presenze di Scafati alla Biennale di Venezia, presso il Real Polverificio Borbonico di Scafati. Nel 2012 realizza la mostra a due Trasmutazioni, presso l’ObersteBaubehördeimBayerischenStaatsministeriumdesInnern, a Monaco di Baviera, con la scultrice Maria Rucker. Nel 2013 partecipa a Monaco di Baviera a 200 Verdi Wagner-Face to Face, Gasteig-Foyer-BereichMünchnerPhilharmonie.
Massimo LUCCIOLI – Luigi PAGANO
Luccioli e Pagano eseguono opere di ceramica e di pittura.
Queste esperienze arricchiscono oggi la loro arte di nuovi soggetti e li orientano stilisticamente verso un’espressione dalle forme e dalle linee sempre più semplificate e pure.
I personaggi di queste loro composizioni sembrano provenire da un mondo arcaico e primordiale, sacerdoti e fedeli di un rito religioso misterioso ed esoterico, scandito dai colori freddi e spenti, protagonisti che perdono sempre più la loro identità, che sembrano smaterializzarsi in presenze impalpabili.
Sono composizioni che lasciano spazio alla memoria ed alla fantasia dello spettatore di ricostruire le immagini che costituiscono il racconto. Il nostro sguardo sarà in grado di rivedere l’immagine creata dall’artista? Ricordo ancestrale o semplice suggestione?
E con ciò, quel che v’è alle spalle: quell’amore trepido, che è in Luccioli e Pagano, per la pittura e la scultura; gesti mai uguali e predefinibili, ed ogni volta pertinacemente ricercati in una gamma di scelte infinite, che sono alla base di quelle azioni quotidianamente conosciute e ripercorse.
Con la consapevolezza che questi riti si espletano procedendo su di un sottile confine, limen, che ha da un canto il baratro dell’approssimazione, e dall’altro quello di una gratuita fuga in avanti.
Luccioli
La calligrafia di Massimo Luccioli, dal segno filante ed ora marcato e graffiato, parla la lingua della scultura con un lirismo etrusco, orientaleggiante. Disegnatore accanito, ama il disegno libero da ogni formula stilistica che non sia la sua. Imperniato sulla figura umana, la sua rappresentazione è un elemento essenziale per la sua arte. Egli ha creato una visione del corpo dal contorno rivelatore di volumi e moti nello spazio come se fosse quasi sempre disegnato dal vero prima di essere scultura, con l’abitudine di una pura semplicità carica di sentimento. Però c’è qualcosa di inquietante in questa normalità. L’artista valorizza il disegno con una sorta di purificazione preliminare vertiginosa e con intuizione formale, un problema di formulazione stilistica ed un’incessante ricerca emblematica disegnativa prima di portarla in plastica nella modulata essenzialità delle forme.
Luccioli ha creato un proprio universo fantastico, popolato da segni posti in uno spazio indefinito, delle morfologie psicologiche, dei paesaggi interiori, che lasciano libertà espressiva al gesto guidato dall’inconscio, senza il controllo della ragione. Pannelli come questi sembrano ambientati in un universo parallelo, che potremmo definire siderale, che l’artista colloca non all’esterno, ma all’interno della propria mente: è uno spazio immaginario, popolato da inverosimili segni e complicate forme, vagamente biomorfe o antropomorfe. Lo sfondo è illuminato con stridenti contrasti di ombre del tutto illogiche o inaspettate. Le forme, sia rigidamente geometriche, sia dalle linee sinuose ed intricate, sgorgano liberamente dalla mano felice dello scultore, senza un ordine preciso. L’impressione finale, chiaramente voluta, è quella di un insieme disordinato, in frenetico ed incessante movimento.
Gli scultori sono devastati dalla materia come certi dottori dai raggi X. La materia è il cuore della scultura di Luccioli, ed il disegno l’anima della sua arte che doveva stare nella legalità della purezza.
Luccioli, tarquiniese con serenità severa, ha col suo genio creativo fermato l’arte al suo orologio. Ha consumato il matrimonio della scultura con la pittura ed in particolare con la mimica del disegno che è segno dell’avvento al trono di un’arte completa.
Pagano
Uomo preciso, limpido, pieno di esperienza vitale, ecco com’è Luigi Pagano, pittore: un artista antico del secolo in corso. Nella pittura, imponente e seducente, ha impresso un dialogo forte, come certe unità murarie delle chiese gotiche che suscitano ammirazione nella loro timida maestà.
Pagano nella tavolozza come nei disegni mescola la natura cupa, che nel suo mondo significa dar loro forza.
Forza del luogo esterno, chiuso in sé stesso, compatto, che la pressione degli orizzonti ravvicinati porta ad un massimo di intensità. Caratterizzando con straordinaria forza espressiva, rinforzando anche i disegni con i neri decisi, per ottenere forti contrasti chiaroscurali tipicamente suoi: Pagano ama il bianco e nero, e il nero è uno dei suoi colori preferiti – c’è un nero Pagano.
Guarisce la pittura ed il disegno dalla prostituzione degli abbracci leziosi, cercando di obbligarli a restare con l’epidermide fortemente negromantico. La sua attenzione è rivolta alle molteplici possibilità espressive della materia; perciò dispone sulla tela materiali eterogenei. I suoi interventi sulla superficie pittorica sembrano istintivi e causali, che nascono dall’inconscio e sfuggono al controllo della razionalità. La simmetria assume un certo rilievo per due motivi: da una parte una reminiscenza dell’arte antica, che vedeva nell’ordine degli elementi e nell’armonia uno dei suoi cardini principali. Dall’altra una concezione organica della materia, che qui si nota in un’allusione, appena accennata, a figure umane, nella trasparenza delle pelle. L’artista mette in primo piano la forza e l’energia dell’atto pittorico fine a se stesso, che si alimenta della propria vitalità creatrice. C’è maggiore attenzione al ritmo delle varie parti, che seguono un andamento meno nervoso; allo stesso modo la luce accarezza la composizione, invece di aggredirla e tormentarla come faceva nelle opere degli anni precedenti.
La superficie di questi dipinti mettono in primo piano la gestualità pittorica dell’artista. La sua pittura è contemporaneamente semplice ed ermetica, perché si basa su pochi segni elementari, ma al tempo stesso il loro significato è volutamente oscuro ed indefinito, come un alfabeto misterioso, come se le masse fossero coinvolte in una danza vorticosa ed incontrollata. In questo modo il gesto pittorico viene enfatizzato ed insieme drammatizzato, così da esasperare la dimensione dionisiaca, istintiva e sfrenata, che parte dall’inconscio.
L’arte di questo solitario è una dimostrazione di forza vitale, un impeto arcaico e barbarico, un primitivismo, ed i suoi eroi partecipano dell’angoscia moderna che rende ormai incapaci di attingere alla sublime indifferenza del mondo classico. Un’inquietudine nuova li pervade, quella di un tempo in cerca di sé stesso ma che non può non indulgere alle nostalgie anche quando pensa di dover costruire una nuova storia.
La loro arte non lusinga subito l’occhio.
Luccioli e Pagano sono artisti archeologi e cercatori.
C’è parentela tra i due.
Vorrei spendere poche parole su questi due artisti, su come ci siamo conosciuti, incontrati.
E che spiegherà anche il legame che ci unisce, oramai più che decennale; complicità anch’essa che sa d’arcaico ed antico. E d’autentico.
Luccioli. Mi invitò un maturo maestro, anch’esso partenopeo, scultore, Vincenzo Gaetaniello, a conoscere il suo lavoro, e l’artista. Magnifico gesto, quello di un maestro che indica ad un allievo un altro artista di valore.
Pagano. Da un libro, da un catalogo. Vi era pubblicato un suo disegno. Volevo conoscere l’autore di quel disegno. L’ho cercato, così ci siamo incontrati.
Da un artista nel suo studio e da un libro. Per me cose indispensabili.
Oggi indispensabile è per me la loro arte, ma soprattutto l’autenticità di questi due artisti.
Roberto Savi
Massimo Luccioli (Tarquinia, 1952) inizia la sua attività espositiva nel 1977 e da allora, all’interno di una ricerca coerente, sperimenta diverse modalità espressive passando dalla pittura alla scultura in terracotta. Tra le varie esperienze, si ricordano le mostre personali: “I Sentieri dell’Arte” galleria Rondinini di Roma del 1992; l’installazione in ceramica “Wie die Blätter im wind” alla Galleria Brotundspiele di Berlino del 2000. Con “Armonie” al Museo Laboratorio Arte Contemporanea Università La Sapienza di Roma del 2002, ed “Elaborazioni Sonore nel Segno” evento collaterale ad Artefiera di Bologna del 2004, riproposta a Berlino, Istituto Italiano di Cultura nel 2004, a Venezia, Accademia di Belle Arti nel 2005 e come “Elaboración sonora en el signo” Facultad de Artes y Letras, Universidad Habana, a Cuba nel 2007, Luccioli compie un’ulteriore passo nello studio delle possibilità di creare un parallelo artistico tra la sua ricerca grafica e quella sonora.
Negli ultimi anni si dedica soprattutto a lavori in terracotta e su carta; si ricordano le mostre: “Spazio e tempo dell’Evocazione”, al Centro di paleontologia vegetale della Foresta Fossile di Dunarobba ad Avigliano Umbro (TR), nel 2011 e “Lo Studiolo di San Girolamo, il Pellegrino del Dubbio”, istallazione in terracotta, al Chiostro di San Salvatore in Lauro, a Roma nel 2010.
Tra le mostre collettive, varie, ricordiamo alcune partecipazioni al Premio Michetti di Francavilla a mare (PE), in particolare la “Biennale d’arte ceramica contemporanea” a Frascati nel e la mostra “Scultura ceramica contemporanea in Italia” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 2015.
Luigi Pagano (Scafati, 1963) inizia ad esporre dal 1984 ed ha seguito negli anni una continua ricerca nella pittura che lo ha portato a ricevere apprezzamenti in Italia ed in Germania.
Tra le varie mostre personali e collettive, ricordiamo la partecipazione alla XI Quadriennale Nazionale d’Arte nel 1986 al Palazzo delle Esposizioni di Roma e nel 1987 ad Arezzo ed a Scafati una mostra celebra l’esperienza artistica de L’Officina di Scafati, riproposta nel 2015 nella rassegna antologica degli anni ottanta Rewind ospitata nelle sale di Castel Sant’ Elmo di Napoli.
E’ del 1988 la sua mostra personale alla galleria Morone 6 a Milano e la partecipazione a Roma arte oggi, Galleria Break Club, Roma, e nel 1999 al Premio Michetti.
Diverse esperienze espositive al Museo FRAC Baronissi ed alle Biennali d’Arte Sacra al Museo Stauros di San Gabriele Colledara, sono stati appuntamenti che gli hanno consentito di presentare con continuità lo sviluppo della sua ricerca nel corso degli anni novanta. Nel 1999 è uno degli artisti di BNL, Una banca per l’arte oltre il mecenatismo, presso il Chiostro del Bramante a Roma e l’anno successivo sempre a Roma la sua importante personale alla galleria Giulia. Nel 2003 è protagonista presso la storica Libreria Guida di Napoli di un Incontro d’arte.
Del 2004 la prima esperienza in Germania con la mostra personale presso l’istituto di Cultura Italiano a Monaco di Baviera promosso dalla Regione Campania. Nel 2005 realizza nel Duomo di Napoli l’opera celebrativa Ferita in permanenza, che lo porta all’invito della 51a Biennale di Venezia con l’evento Già e non ancora nella chiesa di San Lio.
Nel 2006 presenta la personale Ad occhi chiusi, al Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella, di Napoli, che ripeterà a Monaco di Baviera come Mitgeschlossenenenaugen all’Accademia di Musica e Teatro. Nel 2007 la sua personale alla galleria Grafio di Prato.
Nel 2011 è la partecipazione a Lo stato dell’arte, 54° Biennale di Venezia, Pontecagnano Faiano e la mostra Fienga, Pagano,Vollaro, presenze di Scafati alla Biennale di Venezia, presso il Real Polverificio Borbonico di Scafati. Nel 2012 realizza la mostra a due Trasmutazioni, presso l’ObersteBaubehördeimBayerischenStaatsministeriumdesInnern, a Monaco di Baviera, con la scultrice Maria Rucker. Nel 2013 partecipa a Monaco di Baviera a 200 Verdi Wagner-Face to Face, Gasteig-Foyer-BereichMünchnerPhilharmonie.
05
giugno 2015
Massimo Luccioli / Luigi Pagano – Continuità della Materia
Dal 05 giugno al 03 luglio 2015
arte contemporanea
Location
PAGEA ARTE CONTEMPORANEA
Angri, Via Concilio, 50, (Salerno)
Angri, Via Concilio, 50, (Salerno)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 17,00 alle 20,00, lunedì chiuso, domenica e festivi su appuntamento
Vernissage
5 Giugno 2015, ore 18.30
Autore
Curatore