Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Massimo Marangio
personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“BALCONI AD ORIENTE”
Massimo Marangio (ma Giuseppe all’anagrafe) è un artista che vive tra il Salento ed il Molise.
Le sue redazioni, iniziate nell’ambito della “Scuola Salentina”, indirizzano i fruitori a riflettere su motivi di ieri ed a raccogliere istanze interessate a ripassare amori di una terra dalla storia antica.
Le sue interpretazioni paesaggistiche risultano estroflessioni linguistiche di un voluto ventaglio dialettico, regolato da note coordinate da un dolente espressionismo astratto, che alludono a quel territorio che volge lo sguardo verso l’est del mondo, che suggerisce fascini esotici, tristezze secolari, atmosfere gravide di suggestioni, problematiche intense.
Massimo Marangio con il recupero di materiali poveri ed il dominio di tecniche particolari prepara supporti su cui s’alternano versioni cromatiche estreme ed insistono segni, segnacoli e segnature, nonché sottrazioni calcolatissime.
L’artista usa il bitume che scioglie nell’acquaragia e lega con l’olio di lino e questa materia pittorica grumosa, scura, volutamente bruna, che ci collega e ci fa pensare ad un giovanile e gestuale-informale Salvatore De Curtis, di Napoli, e ad un materico-informale Pino Pingitore, di Spezzano della Sila (CS), ma che vive e lavora a Catatnzaro, nonché a Polidoro Caldara da Caravaggio, per alcune tavole brunite in esposizione al Museo di Capodimonte di Napoli, inclina i pensieri alle radici di un tempo indefinito e quasi sfida il concetto di paesaggio.
Massimo Marangio sa perfettamente inquadrare il lavoro, la voglia di esserci e di proseguire ed ormai ha scelto tre colori per sostanziare rese cromatiche certe, forti, sicure.
Il bitume steso e, poi, sottratto gli permette di raccontare la storia attraversandola nelle sudate trasparenti filigrane del tempo.
Il blu di prussia lo convince ad imprimere forza nella strutturazione bituminosa, che si rannuvola o si stinge nella fisarmonica dei suoi pensieri, rideterminata e riflessa in colpi precisi di pennello, ma il rosso carminio, lo fa vivere, gli dà respiro, gli permette di stendere un sottilissimo “fil rouge” di allarmi e di consistenze vitali.
“ULIVI DEL TEMPO”
In questa serie, davvero molto cara a Massimo Marangio, si avverte tutta la forza della terra, nonché il radicamento orgoglioso di un pugliese che negli alberi d’ulivo ritrova pace e serenità d’animo tanto da pensare di trasformarli in persone, in una rete di corpi; sì da umanizzarli per renderli partecipi di considerazioni interiori ed intestine.
Il bravo pittore pugliese ha attraversato l’area delle ricerche figurative, intercettando ed incrociando direzioni diverse, ma sempre legando la dovuta riflessione sulla condizione umana al tema nobile della natura.
Negli ultimissimi anni i suoi dipinti hanno acquistato un largo e profondo respiro scenografico con un’aria metamorfica che puntualizza sulla dualità.
Nell’interessante mondo pittorico di Massimo Marangio, tra desideri incolmabili, sogni, illusioni, miti e realtà irriducibili riaffiorano prepotenti le tracce della magnetica attrazione verso la natura e s’impone, quindi, di nuovo l’amore per il paesaggio. E’ un amore prevalente, quasi di valore assoluto, un atteggiamento visivo che s’indirizza ad essere pensiero ecologico, nostalgicamente protettivo.
Massimo Marangio conserva idealmente e visivamente intatta l’impossibile salvezza della natura e, quindi, del paesaggio con il plausibile, delicato ed affettuoso “inganno” antropomorfico e, così, l’uomo diventa “natura morta” dell’eternità.
Per comprendere il senso ed il valore di questa sua produzione non si può non tener conto delle sue innervate radici pugliesi.
“SLITTAMENTI IN ROSSO”
Le donne slegate da qualsiasi piano etico si dimostrano in corpi nudi in tutta la loro franchezza naturale e solo in tre punti sono “toccate” e “rivestite” da tocchi di colore, di “vernice”.
Questi forti e squillanti rimandi cromatici risultano virgole di pungoli ottici, che stazionano su addensamenti contenutistici.
Il pittore non si lascia coinvolgere da derive astrattizzanti, ma affronta con particolare determinazione il processo di analisi del reale, proponendosi di avanzare una sua particolare lettura di un codice pittorico, mantenendo, come raggiungimento, l’unità morale ed estetica di un afflato lirico sorgivo e ricco di naturalità decise, marcate volutamente, quasi sfioranti incipienti voluttà.
Il supporto, tela o legno, ma quest’ultimo preferito per far sollevare in ridondanze plastiche grumi matrici ed ispessimenti bruni di alto valore timbrico, su cui si stacca, nelle sue definizioni carnali e nelle sue punteggiate sottolineature, manifesta e prorompente, la donna, quale simbolo fertile della vita.
E su tre punti, quasi segnaletici del corpo femminile, nelle opere che da mesi produce l’artista notiamo un significativo e generoso uso di giro della gamma del rosso: dal rubino al sanguigno, dal vermiglio al pompeiano, dal lacca al carminio, dal bordeaux al magenta … .
Vuol essere un richiamo alla bellezza di un colore con tutte le sue sfumature che anche la donna sa avere.
Maurizio Vitiello
Massimo Marangio (ma Giuseppe all’anagrafe) è un artista che vive tra il Salento ed il Molise.
Le sue redazioni, iniziate nell’ambito della “Scuola Salentina”, indirizzano i fruitori a riflettere su motivi di ieri ed a raccogliere istanze interessate a ripassare amori di una terra dalla storia antica.
Le sue interpretazioni paesaggistiche risultano estroflessioni linguistiche di un voluto ventaglio dialettico, regolato da note coordinate da un dolente espressionismo astratto, che alludono a quel territorio che volge lo sguardo verso l’est del mondo, che suggerisce fascini esotici, tristezze secolari, atmosfere gravide di suggestioni, problematiche intense.
Massimo Marangio con il recupero di materiali poveri ed il dominio di tecniche particolari prepara supporti su cui s’alternano versioni cromatiche estreme ed insistono segni, segnacoli e segnature, nonché sottrazioni calcolatissime.
L’artista usa il bitume che scioglie nell’acquaragia e lega con l’olio di lino e questa materia pittorica grumosa, scura, volutamente bruna, che ci collega e ci fa pensare ad un giovanile e gestuale-informale Salvatore De Curtis, di Napoli, e ad un materico-informale Pino Pingitore, di Spezzano della Sila (CS), ma che vive e lavora a Catatnzaro, nonché a Polidoro Caldara da Caravaggio, per alcune tavole brunite in esposizione al Museo di Capodimonte di Napoli, inclina i pensieri alle radici di un tempo indefinito e quasi sfida il concetto di paesaggio.
Massimo Marangio sa perfettamente inquadrare il lavoro, la voglia di esserci e di proseguire ed ormai ha scelto tre colori per sostanziare rese cromatiche certe, forti, sicure.
Il bitume steso e, poi, sottratto gli permette di raccontare la storia attraversandola nelle sudate trasparenti filigrane del tempo.
Il blu di prussia lo convince ad imprimere forza nella strutturazione bituminosa, che si rannuvola o si stinge nella fisarmonica dei suoi pensieri, rideterminata e riflessa in colpi precisi di pennello, ma il rosso carminio, lo fa vivere, gli dà respiro, gli permette di stendere un sottilissimo “fil rouge” di allarmi e di consistenze vitali.
“ULIVI DEL TEMPO”
In questa serie, davvero molto cara a Massimo Marangio, si avverte tutta la forza della terra, nonché il radicamento orgoglioso di un pugliese che negli alberi d’ulivo ritrova pace e serenità d’animo tanto da pensare di trasformarli in persone, in una rete di corpi; sì da umanizzarli per renderli partecipi di considerazioni interiori ed intestine.
Il bravo pittore pugliese ha attraversato l’area delle ricerche figurative, intercettando ed incrociando direzioni diverse, ma sempre legando la dovuta riflessione sulla condizione umana al tema nobile della natura.
Negli ultimissimi anni i suoi dipinti hanno acquistato un largo e profondo respiro scenografico con un’aria metamorfica che puntualizza sulla dualità.
Nell’interessante mondo pittorico di Massimo Marangio, tra desideri incolmabili, sogni, illusioni, miti e realtà irriducibili riaffiorano prepotenti le tracce della magnetica attrazione verso la natura e s’impone, quindi, di nuovo l’amore per il paesaggio. E’ un amore prevalente, quasi di valore assoluto, un atteggiamento visivo che s’indirizza ad essere pensiero ecologico, nostalgicamente protettivo.
Massimo Marangio conserva idealmente e visivamente intatta l’impossibile salvezza della natura e, quindi, del paesaggio con il plausibile, delicato ed affettuoso “inganno” antropomorfico e, così, l’uomo diventa “natura morta” dell’eternità.
Per comprendere il senso ed il valore di questa sua produzione non si può non tener conto delle sue innervate radici pugliesi.
“SLITTAMENTI IN ROSSO”
Le donne slegate da qualsiasi piano etico si dimostrano in corpi nudi in tutta la loro franchezza naturale e solo in tre punti sono “toccate” e “rivestite” da tocchi di colore, di “vernice”.
Questi forti e squillanti rimandi cromatici risultano virgole di pungoli ottici, che stazionano su addensamenti contenutistici.
Il pittore non si lascia coinvolgere da derive astrattizzanti, ma affronta con particolare determinazione il processo di analisi del reale, proponendosi di avanzare una sua particolare lettura di un codice pittorico, mantenendo, come raggiungimento, l’unità morale ed estetica di un afflato lirico sorgivo e ricco di naturalità decise, marcate volutamente, quasi sfioranti incipienti voluttà.
Il supporto, tela o legno, ma quest’ultimo preferito per far sollevare in ridondanze plastiche grumi matrici ed ispessimenti bruni di alto valore timbrico, su cui si stacca, nelle sue definizioni carnali e nelle sue punteggiate sottolineature, manifesta e prorompente, la donna, quale simbolo fertile della vita.
E su tre punti, quasi segnaletici del corpo femminile, nelle opere che da mesi produce l’artista notiamo un significativo e generoso uso di giro della gamma del rosso: dal rubino al sanguigno, dal vermiglio al pompeiano, dal lacca al carminio, dal bordeaux al magenta … .
Vuol essere un richiamo alla bellezza di un colore con tutte le sue sfumature che anche la donna sa avere.
Maurizio Vitiello
30
aprile 2006
Massimo Marangio
Dal 30 aprile al 18 maggio 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA IL RITROVO DELL’ARTE
Acerra, Via Giacomo Leopardi, 6, (Napoli)
Acerra, Via Giacomo Leopardi, 6, (Napoli)
Orario di apertura
16-20, festivi per appuntamento
Vernissage
30 Aprile 2006, ore 11
Autore
Curatore