Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Massimo Palumbo – L’invisibile è visibile
A uno sguardo d’insieme, tutta l’opera di Massimo Palumbo sembra percorsa da un monito rivelatore che muove dall’invisibilità alla visibilità plastica e concettuale.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
COMUNICATO STAMPA/INVITO
Bibliothè Art Gallery
Dodicesimo appuntamento della rassegna
Signum
Opera unica di Massimo Palumbo
L’invisibile è visibile
a cura di Francesco Gallo Mazzeo
con il coordinamento di Enzo Barchi
Testo di Giacomo Ravesi
dal 9 luglio al 6 agosto 2019
Inaugurazione martedì 9 luglio 2019 ore 18
Cocktail ayurvedico
Bibliothè Art Gallery
Via Celsa n 4/5, Roma
L’esposizione resterà aperta fino al 6 agosto 2019
Orario: dal lunedì al sabato: 11.00/23.00
Info: (+39) 06 6781427
https://bibliotheartgallery.com
https://www.facebook.com/events/1276367319194655/
Signum
FrancescoGalloMazzeo
Nome è l’impronta maggiore che si possa dare ad ogni giusta, vera,
persona, per portarla fuori dalla negatività, dalla assenza,intesa
come dispersione, dissolvimento, dovuto alla mancata nascita o
alla morte, della leva vocativa capace di sollevare caos in mondo e
nel caso specifico di suscitare, la quiddità, la personalità, la spiritualità,
che sta sul verbo, senza di cui non è possibile la parola, il lievito
di un pensiero, l’innalzarsi metafisico, astrattivo, sulla folla visibile.
Un assolvimento cronologico, storico, necessario, per dare fondazione
per dare alimento ad ogni furore, che possa essere profetico, che
possa essere rituale, che possa essere poetico, che possa essere passionale,
permettendo quella generazione di idee e di forme, che possano essere
atto di nascita di invisibile che diventa visibile, di potenza che si fa atto.
Stile come cultura che è conoscenza e comprensione, come lo
sono storia e filosofia, unite insieme in una tensione asimmetrica,
a dare profondità nello stesso momento in cui s’aspira all’atto,
alla vocazione al gesto orientato, come premessa e conseguenza di
una conoscenza, che è confidenza verso l’ignoto, che continua ad
essere tale, anzi prosegue la sua distinzione in lungo e in largo,
tanto più, quanto più s’allunga un raggio di luce e il suo diametro.
Una conferma vale una lievitazione, che è una conseguenza della
vita e quindi della vitalità, che non cessa mai di dare segni, miti,
di quanto sia necessario avere radici, per innalzamento e per un
cammino, che deve diventare mappa, perché tutto ciò che è vuoto
deve sempre confrontare il noto con l’ignoto, perché poggia su entrambi
l’alternarsi di luce ed ombra, come essenzialità di ogni codice
che esige la forza tetragona dell’esegesi e la leggerezza dell’allegoria.
Poetica è affiancamento dell’effimero al sostanziale, lingua e parola,
più che mai essenziale, appartenente ad una metafisica delle conoscenze
che permette al contenitore spirituale di essere tale, diventando laboratorio
ideale e reale della fantasia, nelle sue oscillazioni sul bello che
è misura e simmetria, sul sublime che è infinitudine e ineffabilità,
ma che hanno in comune il tessuto stellare dell’armonia, che
permette al piccolo di stare col grande e allo sconfinato di colloquiare
con l’infinitesimale, in una misturazione alchemica e sapienziale.
Attualità come scorrimento, come temporalità, che per quanto
abbia virgole e punti e cronologia discontinua e non sistematica,
ha una sua propria scivolosità che fa percepire più come concettualità
che non come effettività, perché nel momento dell’accadimento non
è coscienza e quando diventa coscienza appartiene ad un passato,
appena accennato, ma ciò nonostante, inesorabile, all’imprescindibile.
Scoperta è la ribalta dell’inattesa, una illuminazione magica, altra,
nella misura temporale dell’ordinanza, originarietà di un cammino di idee
e continuità che sono coperte da polvere, da caligine, da colpe e chimere,
come le idee platoniche, vengono musicate, significate, visibilizzate,
tattilizzate, ammesse nel circolo delle virtù, che sono cardini per stare
nel mondo, da sole, nella verticalità della mistica e della leggerezza
come itineraria, nella orizzontalità, come salire montagne, andare
per stelle e incontrare se stessi in forma difforme, d’uno e di tutti.
E Pluribus unum, nel segno di una ricerca continua, di una scalare
immensa fede nell’universo, che contiene tutto e che muoviamo in
via psicologica, per aggiungerci ed affermare certezze, dell’hic et nunc,
mentre l’ignoto è in mezzo a noi, motore immobile, altro, oltre, di vita.
Nella confidenza che il tempo dei cicli stia concludendo, la rivoluzione
e alla fase di discente di Kali yuga nel segno dell’acquario e subentri
quello ascendente, verso l’intelligenza, la grazia, nel cuore del sapere.
Specchio, non significa immobilità, tutt’altro, vuol dire sguardo mobile,
magico, sulla transizione, sulla velocità di porta e trasporta, carro con
una carica di attualità, che spesso non permette una vera conoscenza,
ma una presentazione a mezzo ludico e tragico, in forma tremolante
di schemi che si affollano da tutte le parti, esaltando e deprimendo,
in forma plastica che non prevede assestamenti, perché lo spettacolo
continua, ma non è sempre lo stesso, non è più quello, uno qualsiasi.
L’unica cosa che sappiamo è appunto, che l’ignoto si espande, è grande,
sempre più grande e lo stesso concetto di perimetro diventa insignificante,
macinando teorie su teorie, metafore su metafore, annunciandoci
territorialità “assurde” energie oscure, rispetto a cui I tempi del cielo, della
volta celeste, del firmamento erano risposte a domande e non domande (…).
Enigma come universo sconosciuto che contiene imprevisti, forme e
contenuti instabili, di cui non conosciamo l’origine, né il destino,
lo vediamo solo un tratto di percorso, troppo breve per conoscerlo,
ammesso che ci convenga farlo nostro e non averlo sempre come
fascinoso orizzonte in grado di scatenare la nostra fantasia e
non farla rinchiudere in una monade, senza più porte, né finestre.
É stato oro, è stato argento, è stato bronzo, continua ad
essere ferro, anche se lo chiamiamo in modi diversi, perché tratta
sempre dello smarrimento, in un sublime che si espande, si espande
e ci lascia con sempre nuovi interrogativi, perché tutto tende a
scivolare, ma verrà un giorno, un mese, un anno, per alzare lo sguardo .
Verranno un giorno pensieri e forme, perfettamente espresse, come
la verità prima che le oscurità e le profondità la coprissero e
riprenderanno, in eterna primavera, con radici profonde di terra
e terra, fronde e fronde, fiori e fiori, imperturbabili come firmamenti.
«Sul foglio vuoto che il candor difende»
di Giacomo Ravesi *
A uno sguardo d’insieme, tutta l’opera di Massimo Palumbo sembra percorsa da un monito rivelatore che muove dall’invisibilità alla visibilità plastica e concettuale. Fin dalla seriei bianchi(1992), i suoi lavori trattengono e assolutizzano la forma rivelatrice dell’intuizione artistica e congelano la precarietà aurorale della scoperta, concentrandosi sull’instabilità del momento epifanico della creazione. Sia che si tratti di pittura, scultura, architettura o intervento ambientale, le opere di Palumbo emergono e si solidificano nel “bianco” (reale o metaforico) della tabula rasa dell’origine, che si tramuta, di volta in volta, in tela, pannello, supporto architettonico, schermo.
Nella ricerca dell’artista l’impiego frequente di materiali poveri e riciclati, spesso combinati e sovrapposti in tecniche miste, così come la scelta di procedere per astrazioni formali, confermano le ascendenze artistiche delle tradizioni poveriste e informali ma, allo stesso tempo, ne amplificano le risonanze in un’ottica spiccatamente concettuale. La contaminazione dei linguaggi artistici (dalla scrittura al disegno, dall’architettura all’installazione) e l’accostamento espressivo di materiali eterogenei (dall’oggetto scultoreo all’astrazione geometrica, dal collagepolimaterico al cut-updi testi e fotografie) operano un mash-upsull’attualità sociale, intesa come forma antropologica emblematica per riflettere sul discrimine fra forme di conservazione e pratiche di ri-edificazione. Molto spesso, infatti, le sue opere ritraggono un universo ricolmo di residui e detriti oggettuali che sembrano inabissarsi o riemergere sospinti da forze utopiche (talvolta ironiche) che segnalano l’avvio di un nuovo corso o di una nuova possibilità del ragionamento. In questo senso, i titoli delle opere apportano un decisivo ribaltamento concettuale, aprendosi, mediante la formula linguistica, a eccentriche formule interpretative.
È così che nell’opera presentata, il monito di Gramsci è soffocato figurativamente in una lotta grafica e spaziale immersa fra pagine, frammenti e ciarpame, dai quali emerge, tuttavia, una memoria rinnovata, ricca di pathos e consapevolezza critica, che afferma perentoriamente: «l’invisibile è visibile: siamo umani!». La pagnotta di pane immersa nella calce bianca e disposta su di un grande vassoio d’acciaio controbilancia l’intervento sul muro ricordandoci il valore etico del cibo: forma e sostanza morale di una cultura arcaica e contadina da preservare, che elogia i valori del lavoro e del sacrifico e ripudia il vilipendio oltraggioso del consumo e dello spreco. Nato come riflessione all’indomani dell’avvenimento accaduto nel quartiere periferico romano di Torre Maura, in cui vennero gettate e calpestate forme di pane in segno di sfregio, l’intervento ne ribalta il sistema valoriale allestendo un altare laico in cui il pane assume il ruolo simbolico di oggetto comunitario: incontaminato, rispettato e venerato.
Assommando diversi livelli e orientamenti spaziali, l’opera configura, inoltre, un montaggio visivo antelitteram, che risemantizza i singoli “interventi-concetti” nella loro reciprocità di idee, predisponendo un dispositivo semantico e comunicativo, che allude a immaginari mediatici e culturali eterogenei (da Gramsci all’attualità) e ne valorizza i tratti universalizzanti e paradossali, rivendicando precise implicazioni politiche e civiche.
Come il «foglio vuoto che il candor difende» cantato dal poeta Stéphane Mallarmé, l’opera di Palumbo trattiene sottovuoto immagini significative della nostra contemporaneità, sovrapponendone i significati, come i layersdi un’immagine digitale o le stratificazioni di un fossile primitivo.
_______________
*storico del cinema
BIOGRAFIA
Massimo Palumbo
Nasce nel 1946 a Casacalenda nel Molise. Risiede a Latina, dove opera. È architetto ed artista. Ama la trasversalità e il piacere delle contaminazioni sia linguistiche che dei materiali, ed il suo operare è caratterizzato dall’estrema semplicità con cui utilizza i materiali poveri, senza mai dimenticare che l’arte e l’architettura sono discipline in cui la memoria gioca un ruolo fondamentale e i territori su cui si configurano sono sempre luoghi dello “spazio della memoria”.
Dagli anni ottanta, una attenzione particolare per il Design e le Arti Visive lo portano ad essere presente anche a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero (Modena, New York, Perugia, Roma, Napoli, Kuhlungsborn, Catania) indagando prevalentemente sul rapporto tra operazione estetica e ambiente. Tra i diversi interventi sicuramente sono da ricordare quelli della serie “i bianchi” del 1992; “… la fine dei valori stabili, delle antiche convinzioni, la caduta dei miti, delle ideologie… “, oppure “l’aria è irrespirabile”, “…un naufragio ci salverà”, degli inizi degli anni novanta.
L’interesse sul binomio Arte-Architettura lo fa promotore del Progetto Kalenarte per la realizzazione di un Museo all’Aperto d’Arte Contemporanea a Casacalenda (Molise),
il MAACK.
Nel 1993 fonda a Latina l’Associazione Culturale Olimpalus93, che si propone di promuovere nella città l’Arte Contemporanea e le sinergie possibili con il territorio. Molte le iniziative culturali che hanno per tema il rapporto Arte Architettura, Arte Città; nel 1995 è tra i promotori di Eventi Arte Contemporanea a Sermonetae l’anno successivo si adopera per la realizzazione del progetto Fogliano Artecontemporanea nel parco di Fogliano a Latina.
Da ricordare diversi lavori ed interventi in spazi pubblici: Del 1995 “la sedia di Polifemo; “l’ago di Fogliano”;il progetto per la posa di una grande ruota di bicicletta con “gira la ruota gira” per un intervento a scala urbana nel centro direzionale di Latina; “chiasmos”; ”Lituo”, fino a “gli angeli del terzo millennio” del 1999.
Nel 1995 è tra i fondatori della rivista “La casa di pietra”, organo trimestrale dell’Ordine degli Architetti della provincia di Latina, e nel 1997 è tra i curatori della rassegna “Arcipelaghi d’Architettura”.
Nel 1999 partecipa al Premio Internazionale “Premio Mediterraneo sull’ambiente” a Siviglia in Spagna. Nel 1999-2000 è ideatore del progetto “… una cartolina per la pace...”, rassegna-evento contro la guerra nel Kossovo, che coinvolge più di cento artisti.
È curatore nel 1999 e nel 2002 del primo e secondo “Premio d’Architettura Ernesto Lusana”, istituito dall’Ordine degli Architetti di Latina e Provincia a cadenza biennale per promuovere sul territorio il progetto d’Architettura.
Nel 2003 promuove a Latina la Mostra-Evento realizzata presso il Palazzo M: “Littoria poi Latina Contemporanea 1945-2003 Riflessioni per una storia delle Arti Visive”.
Nel 2004 realizza su incarico del Comune di Latina e dell’Assessorato alla Qualità Urbana il monumento al carabiniere in Largo Caduti di Nassyria: “la fiamma del carabiniere”.
È del 2007 il libro su Franco Libertucci: “Franco Libertucci scultore Re, Regine, Alfieri, Torri, Cavalli”, Testimonianza di Franco Purini, Edizioni Levante.
Nel 2008 è invitato da Giorgio Bonomi alla XXV Biennale di Scultura di GUBBIO Museo della Scultura Contemporanea Parco Ranghiasci con il lavoro “il dardo viola” 2008. Del 2009 “…le dodici sedie ”, installazione.
Corte in via terravecchia artecontempoRane Casacalenda 2009, a cura di Eva Bellini. Nel 2010 è curatore degli eventi riguardanti il Ventennale del progetto Kalenarte, in occasione del quale viene pubblicato il catalogo “XX Kalenarte 1990-2010”, a cura di Massimo Palumbo, con Testi critici di Lorenza Cariello, Beatrice Mastrorillo, Federica Rigillo.
Nel 2011, i venti anni di attività di Kalenarte, raccolti nel catalogo “XX Kalenarte 1990-2010… un filo lungo vent’anni”, valicando i confini del Molise, vengono presentati a Roma nella sala della Protomoteca, in Campidoglio.
Nel gennaio del 2011 propone, presso il Foyer del Teatro Comunale Gabriele D’Annunzio di Latina, l’installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2011).
In concomitanza con tale evento, a cura di Fabio D’Achille, si tiene la sua prima personale “ ...noi che non abbiamo tetti “, presso il Palazzo della Cultura di Latina. In catalogo il testo critico è di Cristina Costanzo. Con il progetto “Mad Procoio Artecontemporanea” di Fabio D’Achille lo vede presente, presso il Procoio Museo Antiquarium di Borgo Sabotino a Latina. Tra le opere che sono esposte è da ricordare “Procoio, orto o scavo?” che viene presentato per l’occasione da Vincenzo Scozzarella Direttore Scientifico della Galleria Civica di Latina. Nello stesso anno la Galleria Operaunica di Roma lo invita a presentare “cambio di stagione... A quando?”, installazione del 2011. L’evento è a cura di Francesca Piovan.
Marcella Cossu, direttrice del Museo Manzù GNAM di Roma, ad Ardea nell’ambito del progetto Manzù, l’Arte e il territorio lo invita a presentare l’installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2011). Nel 2012, Diego Gulizia storico dell’arte e curatore dell’evento “per un esegesi visiva” lo invita e partecipa presentando l’installazione “i giorni del castigo... i giorni del rendiconto”, presso la Chiesa di Maria SS. Immacolata in Serradifalco a Caltanissetta. A Latina presso l’Arena Museo Cambellotti in occasione di una giornata per la legalità è presente con “no alle mafie: cortocircuito” 2012, una installazione luminosa site-specific al neon con Mirko Cannizzaro. A Campobasso è invitato nel progetto _RESTART Permanenze/Evoluzioni a cura di Tommaso Evangelista e Silvia Valente
Sempre nel 2012 è vincitore con “Hangar 3.0” del Concorso Nazionale di idee per la riqualificazione di Piazza del Popolo a Latina. Concorso a cura del Comune di Latina e dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Latina.
Nel 2013, la ricerca di nuovi spazi non deputati all’arte lo vedono presente presso la Stazione Ferroviaria di Latina. Sala delle autorità. Presenta anche qui una significativa installazione a metà tra Arte ed Architettura dal titolo “Sul filo della memoria. Omaggio ad Angiolo Mazzoni.”2013 il progetto promosso dalla Casa dell’Architettura di Latina è presentato da Pietro Cefaly e Fabio D’Achille.
E’ del 2013 l’invito per una sua personale presso i Cantieri Culturali alla Zisa, a Palermo. Ed è presente con “Vivi”. Opere di Massimo Palumbo, mostra a cura di Cristina Costanzo.
Nel 2014 su invito a Petrosino Trapani partecipa e risulta tra i vincitori del Concorso Internazionale Premio d'Arte Oasi. Art's Oasis. I Edizione. Patrocinio Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana e della Fondazione Orestiadi, con l’opera " buon vento". Del 2015 la personale UTOPIA/Massimo Palumbo a cura di Lorenzo Canovae Piernicola Maria di Iorio presso l’ARATRO Università del Molise.2015 Latina Conservatorio di Musica Ottorino Respighi “ La musica che ci piace” a cura di Fabio d’Achille presentazione di Marcella Cossu.
2016 “Un unico viaggio. Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1970-2015)” a cura di Teresa Lucia Cicciarella. Barcellona. Casa degli Italiani. Reial Cercle Artistic de Barcelona.Sempre del 2016 per l’evento Lievito a Latina palazzo M, Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1975-2016) a cura di Fabio D’Achille.
2017 NIHIL _NADA opere di Massimo Palumbo a cura di Joan Abellò Juanpere Ciculo de Bellas Artes Madrid
Mostre Personali
1992 “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri, Galleria A come Arte, Napoli.
1992 “leuche polis” Centro d’arte Stieglitz, Modena.
1993 “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri, Centro Luigi Di Sarro, Roma.
1993 “l’aria è irrespirabile” Galleria Spazio Arte, Perugia.
1995 “Discontinua”, Associazione culturale piazza San Placido, Catania.
2002 “...e poi?” Galleria d’Arte San Giorgio, San Giorgio a Cremano. Napoli.
2003 “Metafisici, straniati” Palazzo Comunale, Casacalenda.
2004 “nodi” Wunderkammern, Spello.
2004 “la fiamma del carabiniere” Monumento al carabiniere Lg. Caduti di Nassyria, Latina.
2005 “tzunami” Arena Museo Cambellotti, Latina.
2005 “Clandestini” Museo Emilio Greco, Sabaudia.
2011 “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” a cura di Fabio D’Achille e Vincenzo Scozzarella. Foyer del Teatro Comunale Gabriele D’Annunzio, Latina.
2011 “...noi che non abbiamo tetti” Palazzo della Cultura, Latina.
2011 “cambio di stagione... A quando?” a cura di F. Piovan, Galleria Operaunica, Roma.
2011 “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” a cura di Marcella Cossu, Raccolta Manzù, Ardea. Roma
2013 “Vivi”. Opere di Massimo Palumbo, a cura di Cristina Costanzo, Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo.
2015 Campobasso. ARATRO Università del Molise UTOPIA/Massimo Palumbo a cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria di Iorio
2015 Latina CONSERVATORIO di Latina “Massimo Palumbo la musica che ci piace” a cura di Fabio D’Achille presentazione di Marcella Cossu.
2015 “Un unico viaggio. Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1970-2015)” a cura di T. L.Cicciarella. Barcellona Reial Cercle Artistic de Barcelona, Palau Pignatelli.
2016 Lievito a Latina palazzo M, “Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1975-2016)” a cura di Fabio D’Achille
Hanno scritto di lui:
Joan Abellò Juanpere, Gabriella Ardissone, Paolo Balmas, Andrea Bellini, Franco Bonfiglio, Giorgio Bonomi, Lorenza Cariello, Laura Cianfarani, Teresa Lucia Cicciarella, Anna Cochetti, Marcella Cossu, Cristina Costanzo, Fabio D’Achille, Federica Di Castro, Patrizia Ferri, Renato Gabriele, Francesco Gallo, Rffaele Gavarro, Antonio Gasparrini, Diego Gulizia, Cristina Marinelli, Barbara Martuscello, Alessandro Masi, Susanna Misiano, Beatrice Mastrorilli, Carmine Mario Muliere, Achille Pace, Gabriele Perretta, Azzurra Piattella, Jolanda Pietrobelli, Francesca Piovan, Michele Porsia, Federica Rigillo, Enzo Santese, Gabriele Simongini, Lorella Scacco, Vincenzo Scozzarella, Silvia Sfrecola, Caterina Vicino, Giuliana Videtta, Maurizio Vitiello, Teresa Zambrotta
L’invisibile è visibile, 2019 collage carta &carta su carta 0.70x5.00 installazione Massimo Palumbo
PHOTO by Marcello Scopellitti
***********************************************
Bibliothè Art Gallery
Dodicesimo appuntamento della rassegna
Signum
Opera unica di Massimo Palumbo
L’invisibile è visibile
a cura di Francesco Gallo Mazzeo
con il coordinamento di Enzo Barchi
Testo di Giacomo Ravesi
dal 9 luglio al 6 agosto 2019
Inaugurazione martedì 9 luglio 2019 ore 18
Cocktail ayurvedico
Bibliothè Art Gallery
Via Celsa n 4/5, Roma
L’esposizione resterà aperta fino al 6 agosto 2019
Orario: dal lunedì al sabato: 11.00/23.00
Info: (+39) 06 6781427
https://bibliotheartgallery.com
https://www.facebook.com/events/1276367319194655/
Signum
FrancescoGalloMazzeo
Nome è l’impronta maggiore che si possa dare ad ogni giusta, vera,
persona, per portarla fuori dalla negatività, dalla assenza,intesa
come dispersione, dissolvimento, dovuto alla mancata nascita o
alla morte, della leva vocativa capace di sollevare caos in mondo e
nel caso specifico di suscitare, la quiddità, la personalità, la spiritualità,
che sta sul verbo, senza di cui non è possibile la parola, il lievito
di un pensiero, l’innalzarsi metafisico, astrattivo, sulla folla visibile.
Un assolvimento cronologico, storico, necessario, per dare fondazione
per dare alimento ad ogni furore, che possa essere profetico, che
possa essere rituale, che possa essere poetico, che possa essere passionale,
permettendo quella generazione di idee e di forme, che possano essere
atto di nascita di invisibile che diventa visibile, di potenza che si fa atto.
Stile come cultura che è conoscenza e comprensione, come lo
sono storia e filosofia, unite insieme in una tensione asimmetrica,
a dare profondità nello stesso momento in cui s’aspira all’atto,
alla vocazione al gesto orientato, come premessa e conseguenza di
una conoscenza, che è confidenza verso l’ignoto, che continua ad
essere tale, anzi prosegue la sua distinzione in lungo e in largo,
tanto più, quanto più s’allunga un raggio di luce e il suo diametro.
Una conferma vale una lievitazione, che è una conseguenza della
vita e quindi della vitalità, che non cessa mai di dare segni, miti,
di quanto sia necessario avere radici, per innalzamento e per un
cammino, che deve diventare mappa, perché tutto ciò che è vuoto
deve sempre confrontare il noto con l’ignoto, perché poggia su entrambi
l’alternarsi di luce ed ombra, come essenzialità di ogni codice
che esige la forza tetragona dell’esegesi e la leggerezza dell’allegoria.
Poetica è affiancamento dell’effimero al sostanziale, lingua e parola,
più che mai essenziale, appartenente ad una metafisica delle conoscenze
che permette al contenitore spirituale di essere tale, diventando laboratorio
ideale e reale della fantasia, nelle sue oscillazioni sul bello che
è misura e simmetria, sul sublime che è infinitudine e ineffabilità,
ma che hanno in comune il tessuto stellare dell’armonia, che
permette al piccolo di stare col grande e allo sconfinato di colloquiare
con l’infinitesimale, in una misturazione alchemica e sapienziale.
Attualità come scorrimento, come temporalità, che per quanto
abbia virgole e punti e cronologia discontinua e non sistematica,
ha una sua propria scivolosità che fa percepire più come concettualità
che non come effettività, perché nel momento dell’accadimento non
è coscienza e quando diventa coscienza appartiene ad un passato,
appena accennato, ma ciò nonostante, inesorabile, all’imprescindibile.
Scoperta è la ribalta dell’inattesa, una illuminazione magica, altra,
nella misura temporale dell’ordinanza, originarietà di un cammino di idee
e continuità che sono coperte da polvere, da caligine, da colpe e chimere,
come le idee platoniche, vengono musicate, significate, visibilizzate,
tattilizzate, ammesse nel circolo delle virtù, che sono cardini per stare
nel mondo, da sole, nella verticalità della mistica e della leggerezza
come itineraria, nella orizzontalità, come salire montagne, andare
per stelle e incontrare se stessi in forma difforme, d’uno e di tutti.
E Pluribus unum, nel segno di una ricerca continua, di una scalare
immensa fede nell’universo, che contiene tutto e che muoviamo in
via psicologica, per aggiungerci ed affermare certezze, dell’hic et nunc,
mentre l’ignoto è in mezzo a noi, motore immobile, altro, oltre, di vita.
Nella confidenza che il tempo dei cicli stia concludendo, la rivoluzione
e alla fase di discente di Kali yuga nel segno dell’acquario e subentri
quello ascendente, verso l’intelligenza, la grazia, nel cuore del sapere.
Specchio, non significa immobilità, tutt’altro, vuol dire sguardo mobile,
magico, sulla transizione, sulla velocità di porta e trasporta, carro con
una carica di attualità, che spesso non permette una vera conoscenza,
ma una presentazione a mezzo ludico e tragico, in forma tremolante
di schemi che si affollano da tutte le parti, esaltando e deprimendo,
in forma plastica che non prevede assestamenti, perché lo spettacolo
continua, ma non è sempre lo stesso, non è più quello, uno qualsiasi.
L’unica cosa che sappiamo è appunto, che l’ignoto si espande, è grande,
sempre più grande e lo stesso concetto di perimetro diventa insignificante,
macinando teorie su teorie, metafore su metafore, annunciandoci
territorialità “assurde” energie oscure, rispetto a cui I tempi del cielo, della
volta celeste, del firmamento erano risposte a domande e non domande (…).
Enigma come universo sconosciuto che contiene imprevisti, forme e
contenuti instabili, di cui non conosciamo l’origine, né il destino,
lo vediamo solo un tratto di percorso, troppo breve per conoscerlo,
ammesso che ci convenga farlo nostro e non averlo sempre come
fascinoso orizzonte in grado di scatenare la nostra fantasia e
non farla rinchiudere in una monade, senza più porte, né finestre.
É stato oro, è stato argento, è stato bronzo, continua ad
essere ferro, anche se lo chiamiamo in modi diversi, perché tratta
sempre dello smarrimento, in un sublime che si espande, si espande
e ci lascia con sempre nuovi interrogativi, perché tutto tende a
scivolare, ma verrà un giorno, un mese, un anno, per alzare lo sguardo .
Verranno un giorno pensieri e forme, perfettamente espresse, come
la verità prima che le oscurità e le profondità la coprissero e
riprenderanno, in eterna primavera, con radici profonde di terra
e terra, fronde e fronde, fiori e fiori, imperturbabili come firmamenti.
«Sul foglio vuoto che il candor difende»
di Giacomo Ravesi *
A uno sguardo d’insieme, tutta l’opera di Massimo Palumbo sembra percorsa da un monito rivelatore che muove dall’invisibilità alla visibilità plastica e concettuale. Fin dalla seriei bianchi(1992), i suoi lavori trattengono e assolutizzano la forma rivelatrice dell’intuizione artistica e congelano la precarietà aurorale della scoperta, concentrandosi sull’instabilità del momento epifanico della creazione. Sia che si tratti di pittura, scultura, architettura o intervento ambientale, le opere di Palumbo emergono e si solidificano nel “bianco” (reale o metaforico) della tabula rasa dell’origine, che si tramuta, di volta in volta, in tela, pannello, supporto architettonico, schermo.
Nella ricerca dell’artista l’impiego frequente di materiali poveri e riciclati, spesso combinati e sovrapposti in tecniche miste, così come la scelta di procedere per astrazioni formali, confermano le ascendenze artistiche delle tradizioni poveriste e informali ma, allo stesso tempo, ne amplificano le risonanze in un’ottica spiccatamente concettuale. La contaminazione dei linguaggi artistici (dalla scrittura al disegno, dall’architettura all’installazione) e l’accostamento espressivo di materiali eterogenei (dall’oggetto scultoreo all’astrazione geometrica, dal collagepolimaterico al cut-updi testi e fotografie) operano un mash-upsull’attualità sociale, intesa come forma antropologica emblematica per riflettere sul discrimine fra forme di conservazione e pratiche di ri-edificazione. Molto spesso, infatti, le sue opere ritraggono un universo ricolmo di residui e detriti oggettuali che sembrano inabissarsi o riemergere sospinti da forze utopiche (talvolta ironiche) che segnalano l’avvio di un nuovo corso o di una nuova possibilità del ragionamento. In questo senso, i titoli delle opere apportano un decisivo ribaltamento concettuale, aprendosi, mediante la formula linguistica, a eccentriche formule interpretative.
È così che nell’opera presentata, il monito di Gramsci è soffocato figurativamente in una lotta grafica e spaziale immersa fra pagine, frammenti e ciarpame, dai quali emerge, tuttavia, una memoria rinnovata, ricca di pathos e consapevolezza critica, che afferma perentoriamente: «l’invisibile è visibile: siamo umani!». La pagnotta di pane immersa nella calce bianca e disposta su di un grande vassoio d’acciaio controbilancia l’intervento sul muro ricordandoci il valore etico del cibo: forma e sostanza morale di una cultura arcaica e contadina da preservare, che elogia i valori del lavoro e del sacrifico e ripudia il vilipendio oltraggioso del consumo e dello spreco. Nato come riflessione all’indomani dell’avvenimento accaduto nel quartiere periferico romano di Torre Maura, in cui vennero gettate e calpestate forme di pane in segno di sfregio, l’intervento ne ribalta il sistema valoriale allestendo un altare laico in cui il pane assume il ruolo simbolico di oggetto comunitario: incontaminato, rispettato e venerato.
Assommando diversi livelli e orientamenti spaziali, l’opera configura, inoltre, un montaggio visivo antelitteram, che risemantizza i singoli “interventi-concetti” nella loro reciprocità di idee, predisponendo un dispositivo semantico e comunicativo, che allude a immaginari mediatici e culturali eterogenei (da Gramsci all’attualità) e ne valorizza i tratti universalizzanti e paradossali, rivendicando precise implicazioni politiche e civiche.
Come il «foglio vuoto che il candor difende» cantato dal poeta Stéphane Mallarmé, l’opera di Palumbo trattiene sottovuoto immagini significative della nostra contemporaneità, sovrapponendone i significati, come i layersdi un’immagine digitale o le stratificazioni di un fossile primitivo.
_______________
*storico del cinema
BIOGRAFIA
Massimo Palumbo
Nasce nel 1946 a Casacalenda nel Molise. Risiede a Latina, dove opera. È architetto ed artista. Ama la trasversalità e il piacere delle contaminazioni sia linguistiche che dei materiali, ed il suo operare è caratterizzato dall’estrema semplicità con cui utilizza i materiali poveri, senza mai dimenticare che l’arte e l’architettura sono discipline in cui la memoria gioca un ruolo fondamentale e i territori su cui si configurano sono sempre luoghi dello “spazio della memoria”.
Dagli anni ottanta, una attenzione particolare per il Design e le Arti Visive lo portano ad essere presente anche a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero (Modena, New York, Perugia, Roma, Napoli, Kuhlungsborn, Catania) indagando prevalentemente sul rapporto tra operazione estetica e ambiente. Tra i diversi interventi sicuramente sono da ricordare quelli della serie “i bianchi” del 1992; “… la fine dei valori stabili, delle antiche convinzioni, la caduta dei miti, delle ideologie… “, oppure “l’aria è irrespirabile”, “…un naufragio ci salverà”, degli inizi degli anni novanta.
L’interesse sul binomio Arte-Architettura lo fa promotore del Progetto Kalenarte per la realizzazione di un Museo all’Aperto d’Arte Contemporanea a Casacalenda (Molise),
il MAACK.
Nel 1993 fonda a Latina l’Associazione Culturale Olimpalus93, che si propone di promuovere nella città l’Arte Contemporanea e le sinergie possibili con il territorio. Molte le iniziative culturali che hanno per tema il rapporto Arte Architettura, Arte Città; nel 1995 è tra i promotori di Eventi Arte Contemporanea a Sermonetae l’anno successivo si adopera per la realizzazione del progetto Fogliano Artecontemporanea nel parco di Fogliano a Latina.
Da ricordare diversi lavori ed interventi in spazi pubblici: Del 1995 “la sedia di Polifemo; “l’ago di Fogliano”;il progetto per la posa di una grande ruota di bicicletta con “gira la ruota gira” per un intervento a scala urbana nel centro direzionale di Latina; “chiasmos”; ”Lituo”, fino a “gli angeli del terzo millennio” del 1999.
Nel 1995 è tra i fondatori della rivista “La casa di pietra”, organo trimestrale dell’Ordine degli Architetti della provincia di Latina, e nel 1997 è tra i curatori della rassegna “Arcipelaghi d’Architettura”.
Nel 1999 partecipa al Premio Internazionale “Premio Mediterraneo sull’ambiente” a Siviglia in Spagna. Nel 1999-2000 è ideatore del progetto “… una cartolina per la pace...”, rassegna-evento contro la guerra nel Kossovo, che coinvolge più di cento artisti.
È curatore nel 1999 e nel 2002 del primo e secondo “Premio d’Architettura Ernesto Lusana”, istituito dall’Ordine degli Architetti di Latina e Provincia a cadenza biennale per promuovere sul territorio il progetto d’Architettura.
Nel 2003 promuove a Latina la Mostra-Evento realizzata presso il Palazzo M: “Littoria poi Latina Contemporanea 1945-2003 Riflessioni per una storia delle Arti Visive”.
Nel 2004 realizza su incarico del Comune di Latina e dell’Assessorato alla Qualità Urbana il monumento al carabiniere in Largo Caduti di Nassyria: “la fiamma del carabiniere”.
È del 2007 il libro su Franco Libertucci: “Franco Libertucci scultore Re, Regine, Alfieri, Torri, Cavalli”, Testimonianza di Franco Purini, Edizioni Levante.
Nel 2008 è invitato da Giorgio Bonomi alla XXV Biennale di Scultura di GUBBIO Museo della Scultura Contemporanea Parco Ranghiasci con il lavoro “il dardo viola” 2008. Del 2009 “…le dodici sedie ”, installazione.
Corte in via terravecchia artecontempoRane Casacalenda 2009, a cura di Eva Bellini. Nel 2010 è curatore degli eventi riguardanti il Ventennale del progetto Kalenarte, in occasione del quale viene pubblicato il catalogo “XX Kalenarte 1990-2010”, a cura di Massimo Palumbo, con Testi critici di Lorenza Cariello, Beatrice Mastrorillo, Federica Rigillo.
Nel 2011, i venti anni di attività di Kalenarte, raccolti nel catalogo “XX Kalenarte 1990-2010… un filo lungo vent’anni”, valicando i confini del Molise, vengono presentati a Roma nella sala della Protomoteca, in Campidoglio.
Nel gennaio del 2011 propone, presso il Foyer del Teatro Comunale Gabriele D’Annunzio di Latina, l’installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2011).
In concomitanza con tale evento, a cura di Fabio D’Achille, si tiene la sua prima personale “ ...noi che non abbiamo tetti “, presso il Palazzo della Cultura di Latina. In catalogo il testo critico è di Cristina Costanzo. Con il progetto “Mad Procoio Artecontemporanea” di Fabio D’Achille lo vede presente, presso il Procoio Museo Antiquarium di Borgo Sabotino a Latina. Tra le opere che sono esposte è da ricordare “Procoio, orto o scavo?” che viene presentato per l’occasione da Vincenzo Scozzarella Direttore Scientifico della Galleria Civica di Latina. Nello stesso anno la Galleria Operaunica di Roma lo invita a presentare “cambio di stagione... A quando?”, installazione del 2011. L’evento è a cura di Francesca Piovan.
Marcella Cossu, direttrice del Museo Manzù GNAM di Roma, ad Ardea nell’ambito del progetto Manzù, l’Arte e il territorio lo invita a presentare l’installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2011). Nel 2012, Diego Gulizia storico dell’arte e curatore dell’evento “per un esegesi visiva” lo invita e partecipa presentando l’installazione “i giorni del castigo... i giorni del rendiconto”, presso la Chiesa di Maria SS. Immacolata in Serradifalco a Caltanissetta. A Latina presso l’Arena Museo Cambellotti in occasione di una giornata per la legalità è presente con “no alle mafie: cortocircuito” 2012, una installazione luminosa site-specific al neon con Mirko Cannizzaro. A Campobasso è invitato nel progetto _RESTART Permanenze/Evoluzioni a cura di Tommaso Evangelista e Silvia Valente
Sempre nel 2012 è vincitore con “Hangar 3.0” del Concorso Nazionale di idee per la riqualificazione di Piazza del Popolo a Latina. Concorso a cura del Comune di Latina e dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Latina.
Nel 2013, la ricerca di nuovi spazi non deputati all’arte lo vedono presente presso la Stazione Ferroviaria di Latina. Sala delle autorità. Presenta anche qui una significativa installazione a metà tra Arte ed Architettura dal titolo “Sul filo della memoria. Omaggio ad Angiolo Mazzoni.”2013 il progetto promosso dalla Casa dell’Architettura di Latina è presentato da Pietro Cefaly e Fabio D’Achille.
E’ del 2013 l’invito per una sua personale presso i Cantieri Culturali alla Zisa, a Palermo. Ed è presente con “Vivi”. Opere di Massimo Palumbo, mostra a cura di Cristina Costanzo.
Nel 2014 su invito a Petrosino Trapani partecipa e risulta tra i vincitori del Concorso Internazionale Premio d'Arte Oasi. Art's Oasis. I Edizione. Patrocinio Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana e della Fondazione Orestiadi, con l’opera " buon vento". Del 2015 la personale UTOPIA/Massimo Palumbo a cura di Lorenzo Canovae Piernicola Maria di Iorio presso l’ARATRO Università del Molise.2015 Latina Conservatorio di Musica Ottorino Respighi “ La musica che ci piace” a cura di Fabio d’Achille presentazione di Marcella Cossu.
2016 “Un unico viaggio. Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1970-2015)” a cura di Teresa Lucia Cicciarella. Barcellona. Casa degli Italiani. Reial Cercle Artistic de Barcelona.Sempre del 2016 per l’evento Lievito a Latina palazzo M, Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1975-2016) a cura di Fabio D’Achille.
2017 NIHIL _NADA opere di Massimo Palumbo a cura di Joan Abellò Juanpere Ciculo de Bellas Artes Madrid
Mostre Personali
1992 “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri, Galleria A come Arte, Napoli.
1992 “leuche polis” Centro d’arte Stieglitz, Modena.
1993 “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri, Centro Luigi Di Sarro, Roma.
1993 “l’aria è irrespirabile” Galleria Spazio Arte, Perugia.
1995 “Discontinua”, Associazione culturale piazza San Placido, Catania.
2002 “...e poi?” Galleria d’Arte San Giorgio, San Giorgio a Cremano. Napoli.
2003 “Metafisici, straniati” Palazzo Comunale, Casacalenda.
2004 “nodi” Wunderkammern, Spello.
2004 “la fiamma del carabiniere” Monumento al carabiniere Lg. Caduti di Nassyria, Latina.
2005 “tzunami” Arena Museo Cambellotti, Latina.
2005 “Clandestini” Museo Emilio Greco, Sabaudia.
2011 “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” a cura di Fabio D’Achille e Vincenzo Scozzarella. Foyer del Teatro Comunale Gabriele D’Annunzio, Latina.
2011 “...noi che non abbiamo tetti” Palazzo della Cultura, Latina.
2011 “cambio di stagione... A quando?” a cura di F. Piovan, Galleria Operaunica, Roma.
2011 “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” a cura di Marcella Cossu, Raccolta Manzù, Ardea. Roma
2013 “Vivi”. Opere di Massimo Palumbo, a cura di Cristina Costanzo, Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo.
2015 Campobasso. ARATRO Università del Molise UTOPIA/Massimo Palumbo a cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria di Iorio
2015 Latina CONSERVATORIO di Latina “Massimo Palumbo la musica che ci piace” a cura di Fabio D’Achille presentazione di Marcella Cossu.
2015 “Un unico viaggio. Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1970-2015)” a cura di T. L.Cicciarella. Barcellona Reial Cercle Artistic de Barcelona, Palau Pignatelli.
2016 Lievito a Latina palazzo M, “Massimo Palumbo_Arte e Architettura (1975-2016)” a cura di Fabio D’Achille
Hanno scritto di lui:
Joan Abellò Juanpere, Gabriella Ardissone, Paolo Balmas, Andrea Bellini, Franco Bonfiglio, Giorgio Bonomi, Lorenza Cariello, Laura Cianfarani, Teresa Lucia Cicciarella, Anna Cochetti, Marcella Cossu, Cristina Costanzo, Fabio D’Achille, Federica Di Castro, Patrizia Ferri, Renato Gabriele, Francesco Gallo, Rffaele Gavarro, Antonio Gasparrini, Diego Gulizia, Cristina Marinelli, Barbara Martuscello, Alessandro Masi, Susanna Misiano, Beatrice Mastrorilli, Carmine Mario Muliere, Achille Pace, Gabriele Perretta, Azzurra Piattella, Jolanda Pietrobelli, Francesca Piovan, Michele Porsia, Federica Rigillo, Enzo Santese, Gabriele Simongini, Lorella Scacco, Vincenzo Scozzarella, Silvia Sfrecola, Caterina Vicino, Giuliana Videtta, Maurizio Vitiello, Teresa Zambrotta
L’invisibile è visibile, 2019 collage carta &carta su carta 0.70x5.00 installazione Massimo Palumbo
PHOTO by Marcello Scopellitti
***********************************************
09
luglio 2019
Massimo Palumbo – L’invisibile è visibile
Dal 09 luglio al 06 agosto 2019
arte contemporanea
Location
BIBLIOTHE’ CONTEMPORARY ART GALLERY
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato: 11.00 alle 23.00
Vernissage
9 Luglio 2019, h 18.00
Autore
Curatore