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Matteo Forli – Dissezioni
Nelle sue rivisitazioni dello scheletro in pittura, Matteo Forli (1981 Genova) frequenta la visceralità del corpo come area seducente di scoperta, materiale di inesauribile spinta creativa. Soggetti della sua pittura e delle sue azioni gestuali sono infatti la struttura ossea umana ed i suoi organi
Comunicato stampa
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DA VENERDÌ 17 MAGGIO A LUNEDÌ 17 GIUGNO 2013 PRESSO ARTRÈ GALLERY DI GENOVA SARÀ VISITABILE LA MOSTRA DI MATTEO FORLI "DISSEZIONI"
Da Venerdì 17 Maggio a Lunedì 17 Giugno 2013 a Genova presso Artregallery dell’Arch. Bruna Solinas (Vico dei Garibaldi 41 – 43 r ; www.artregallery.it ; 010252585 ; Vico dei Garibaldi è una traversa di Via XXV Aprile) sarà visitabile la mostra di Matteo Forli "Dissezioni". Venerdì 17 Maggio alle ore alle 18.00 si terrà il vernissage. La Mostra di ArtreGallery rimarrà aperta tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.30, eccetto il Lunedì. Oppure può essere visitata previo appuntamento allo 010252585 (solo mattina).
APPROFONDIMENTI:
Matteo Forli
Viaggio nella notte del Corpo
di Viana Conti
Nelle sue rivisitazioni dello scheletro in pittura, Matteo Forli (1981 Genova) frequenta la visceralità del corpo come area seducente di scoperta, materiale di inesauribile spinta creativa. Soggetti della sua pittura e delle sue azioni gestuali sono infatti la struttura ossea umana ed i suoi organi. Affascinato dalle funzioni del corpo, alle lezioni di anatomia, in Accademia, è più interessato alla struttura dello scheletro che alla modella dal vivo. L’artista non esita ad affondare la sua capacità di astrazione nelle interiora del corpo, nel moto browniano delle cellule, per portarne alla luce complessità e mistero, flessibilità e rigidità, fluidità e sospensioni, reattività spontanea e condizionata. Rientra nel suo universo artistico la possibile ibridazione di un corpo con quello di un’altra specie, nello spirito del regista canadese David Cronenberg, nei cui film si esaspera il realismo degli effetti speciali, dello scrittore gotico Stephen King, del britannico James Graham Ballard, autore di Crash. Mutazione, infezione, contaminazione della carne, si intrecciano, nelle sue azioni, all’elemento psicologico, delineando scenari più immaginifici che drammatici. Lo spirito con cui vive queste sue esperienze pubbliche, in mostra, o solitarie, in capannoni, strutture abbandonate e in degrado, è quello della Street Art, di quell’arte cioè, nata nel Duemila a Londra con Banksy, ma già con pionieri in Italia negli anni Novanta, che si appropria, spesso illegalmente come già il Graffitismo, della strada, di una proprietà privata, di un muro in rovina, di una piazza, di un capannone abbandonato. Le motivazioni cambiano da un autore all’altro, ma le intenzioni sono quelle di mostrare le proprie opere, con spray, stampini, mascherine, marchi (stencil), autoadesivi (sticker), video-proiezioni, per affermare la propria identità, paradossalmente, attraverso l’anonimato. Matteo Forli, però, non ricorre alla scrittura (writing), ma alla rappresentazione gestuale di una figuralità organica, associata ad un’astrazione segnica. La sua motivazione, conscia o inconscia, sembra essere piuttosto quella di far rivivere, con il suo intervento sul campo, una zona morta. Questo approccio psicologico alla materia che tratta ed alle azioni che progetta è fondamentale per entrare nel suo immaginario. Un immaginario nutrito alle fonti del cinema splatter, del body-horror, di segno più ironico che macabro, più notturno che tragico, accompagnato da un sonoro, spesso di sua composizione, ascrivibile allo stile sperimentale di musica elettronica denominato industrial noise, particolarmente legato a scrittori statunitensi come William S. Burroughs e Philip K. Dick, alternato a momenti provocatori di punk rock, di rock psichedelico e talvolta di new wave; pratica anche la tecnica dello scratching come un dj o vj virtuale. Dedito ad una sorta di Azionismo Metropolitano, Matteo Forli, nelle sue azioni, agisce quasi in trance, assecondando gli impulsi della mano sotto gli stimoli del pubblico. Vestito di nero, figura d’ombra mobile, entra nello schermo di proiezione a cui sta lavorando. La gestualità della mano è ferma, decisa, ma sensibile ad ogni suggestione e sollecitazione esterna o interiore. Quando è intenta nel tracciare ampi ed eleganti grafismi, un fascio di segni neri, un groviglio di organi, viene ritmata e scandita, nelle proiezioni su schermo o parete, dalle pulsazioni del cuore, di una placenta. Il processo del suo Anatomic Stylism muove dal libro di anatomia da cui estrae, per riportarli su tela o altro supporto, il cervello, lo stomaco, il cuore, il fegato, per poi passare alle mani, agli arti ed al loro rivestimento. Si impossessa della radiografia di una persona e vi si instaura per un viaggio visionario, vivendo un’esperienza di familiarità e di estraneità, che rafforza la motivazione del suo segno. Non manca di interessarsi anche alle molecole organiche, in cui risiede l’informazione genetica. Nel viaggio di Matteo Forli dallo spazio extraterrestre a quello interiore rientrano anche i lavori più recenti, realizzati per la mostra all’Artrè Gallery di Bruna Solinas Arte Contemporanea, Genova, una mostra personale incisiva e rappresentativa di tutto il suo scenario ideativo, compositivo, materico e immaginativo. Documentata dalle immagini e dai testi di questo esauriente catalogo, si articola su sei grandi tele, intitolate Untitled, realizzate a tecnica mista su telaio serigrafico, in alcune delle quali si può cogliere una memoria visiva della forza gestuale dei grovigli di Emilio Scanavino, su cinque opere di Fossili numerati, trattati con sabbia, flatting, spray, smalto nero su tela preparata, su alcuni schizzi anatomici a matita, china, pennarello, su tre lastre radiografiche con interventi in serigrafia, incentrate sul tema della ricerca di Identità, e infine su frame da video, che rinviano alle sue coinvolgenti performance dal vivo. Matteo Forli non ama soltanto le strutture dismesse, i capannoni industriali abbandonati, ma anche le testimonianze di vita, rappresentata da quelle particolari conformazioni geologiche che sono i fossili. L’artista è fortemente attratto dalla forma, dai calchi, dai segni del tempo di questi organismi ormai morti, ma che in passato erano energia e che venendo sepolti, prima di decomporsi, da sedimenti come la sabbia o il fango, trasportati dall'acqua, si sono depositati sul fondo, trasferendosi così, nei secoli, dalla biosfera alla litosfera, dalla vita alla pietra. È questo passaggio ad un’altra modalità di esistenza che lo affascina e lo induce a ripensare, nelle sue opere, i termini di una trasformazione, di una metamorfosi potente e inarrestabile della materia. Sotto gli effetti di questa suggestione, l’artista ricrea pittoricamente la crosta terrestre, le rocce sedimentarie, le superfici laviche e cineree atte ad accogliere le vestigia di presenze scaturite dal suo immaginario. Matteo Forli coniuga una formazione accademica, che lo avvicina, nel segno, al Secessionismo ed all’Azionismo viennese, con un’attitudine performativa multimediale. Il connubio è alquanto originale, perché mentre si avverte uno spessore storico e un talento naturale nel tracciare segni e grafie su grandi superfici, si rileva altrettanto chiaramente la sua scelta di campo nell’azione visiva e sonora. Il suo arsenale di strumenti è costituito da smalto nero, penne, carboncino, flating trasparente, mina quadrata, bombole spray, utilizzate per sfumare e velare l’impronta cruda del pennello. Davanti ad una proiezione video, che include l’artista in azione, il giorno della vernice, lo spettatore percepisce l’opera come il divenire di un essere mutante; nei giorni successivi resterà il monitor o la registrazione video in loop a ripetere l’evento. Anche sull’area della grafica, dell’incisione su plexiglas, l’artista attua un suo sperimentalismo, utilizzando telai serigrafici. Gli interni anatomici, strutturati su sottili grafismi e filamenti capillari, sono trattati come un mondo vegetale, floreale, in cui i fasci muscolari e tendinei hanno le venature, la sensibilità e trasparenza di un petalo, un calice, una corolla. Alcuni dipinti, su tela, forex, metallo, in cui il soggetto, evanescente, emana la luce di un fantasma, rimandano alla radiografia di un corpo, di cui l’artista si impossessa per intervenirvi con passaggi di fluidi, sussulti di terminazioni nervose. Disegnando forme organiche, la sua mano trascrive gli impulsi elettrici della mente, le fibrillazioni del battito cardiaco, le eccitazioni e le inibizioni neuronali del sistema muscolare. Estroflessi gli organi dal corpo, vengono visionariamente immessi in uno spazio alieno, dove tutto potrebbe accadere, producendo tensione nell’opera ed in chi guarda. Dal suo immaginario emergono memorie della storia dell’arte, del sound contemporaneo, di scenari filmici, mentre un’onda emozionale ininterrotta attraversa la sua opera, imprimendole un ritmo paranarrativo. Gli organi elaborati da Matteo Forli sono frammenti di un gigante addormentato che potrebbe svegliarsi improvvisamente, uscendo dallo schermo con andatura da robot.
Da Venerdì 17 Maggio a Lunedì 17 Giugno 2013 a Genova presso Artregallery dell’Arch. Bruna Solinas (Vico dei Garibaldi 41 – 43 r ; www.artregallery.it ; 010252585 ; Vico dei Garibaldi è una traversa di Via XXV Aprile) sarà visitabile la mostra di Matteo Forli "Dissezioni". Venerdì 17 Maggio alle ore alle 18.00 si terrà il vernissage. La Mostra di ArtreGallery rimarrà aperta tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.30, eccetto il Lunedì. Oppure può essere visitata previo appuntamento allo 010252585 (solo mattina).
APPROFONDIMENTI:
Matteo Forli
Viaggio nella notte del Corpo
di Viana Conti
Nelle sue rivisitazioni dello scheletro in pittura, Matteo Forli (1981 Genova) frequenta la visceralità del corpo come area seducente di scoperta, materiale di inesauribile spinta creativa. Soggetti della sua pittura e delle sue azioni gestuali sono infatti la struttura ossea umana ed i suoi organi. Affascinato dalle funzioni del corpo, alle lezioni di anatomia, in Accademia, è più interessato alla struttura dello scheletro che alla modella dal vivo. L’artista non esita ad affondare la sua capacità di astrazione nelle interiora del corpo, nel moto browniano delle cellule, per portarne alla luce complessità e mistero, flessibilità e rigidità, fluidità e sospensioni, reattività spontanea e condizionata. Rientra nel suo universo artistico la possibile ibridazione di un corpo con quello di un’altra specie, nello spirito del regista canadese David Cronenberg, nei cui film si esaspera il realismo degli effetti speciali, dello scrittore gotico Stephen King, del britannico James Graham Ballard, autore di Crash. Mutazione, infezione, contaminazione della carne, si intrecciano, nelle sue azioni, all’elemento psicologico, delineando scenari più immaginifici che drammatici. Lo spirito con cui vive queste sue esperienze pubbliche, in mostra, o solitarie, in capannoni, strutture abbandonate e in degrado, è quello della Street Art, di quell’arte cioè, nata nel Duemila a Londra con Banksy, ma già con pionieri in Italia negli anni Novanta, che si appropria, spesso illegalmente come già il Graffitismo, della strada, di una proprietà privata, di un muro in rovina, di una piazza, di un capannone abbandonato. Le motivazioni cambiano da un autore all’altro, ma le intenzioni sono quelle di mostrare le proprie opere, con spray, stampini, mascherine, marchi (stencil), autoadesivi (sticker), video-proiezioni, per affermare la propria identità, paradossalmente, attraverso l’anonimato. Matteo Forli, però, non ricorre alla scrittura (writing), ma alla rappresentazione gestuale di una figuralità organica, associata ad un’astrazione segnica. La sua motivazione, conscia o inconscia, sembra essere piuttosto quella di far rivivere, con il suo intervento sul campo, una zona morta. Questo approccio psicologico alla materia che tratta ed alle azioni che progetta è fondamentale per entrare nel suo immaginario. Un immaginario nutrito alle fonti del cinema splatter, del body-horror, di segno più ironico che macabro, più notturno che tragico, accompagnato da un sonoro, spesso di sua composizione, ascrivibile allo stile sperimentale di musica elettronica denominato industrial noise, particolarmente legato a scrittori statunitensi come William S. Burroughs e Philip K. Dick, alternato a momenti provocatori di punk rock, di rock psichedelico e talvolta di new wave; pratica anche la tecnica dello scratching come un dj o vj virtuale. Dedito ad una sorta di Azionismo Metropolitano, Matteo Forli, nelle sue azioni, agisce quasi in trance, assecondando gli impulsi della mano sotto gli stimoli del pubblico. Vestito di nero, figura d’ombra mobile, entra nello schermo di proiezione a cui sta lavorando. La gestualità della mano è ferma, decisa, ma sensibile ad ogni suggestione e sollecitazione esterna o interiore. Quando è intenta nel tracciare ampi ed eleganti grafismi, un fascio di segni neri, un groviglio di organi, viene ritmata e scandita, nelle proiezioni su schermo o parete, dalle pulsazioni del cuore, di una placenta. Il processo del suo Anatomic Stylism muove dal libro di anatomia da cui estrae, per riportarli su tela o altro supporto, il cervello, lo stomaco, il cuore, il fegato, per poi passare alle mani, agli arti ed al loro rivestimento. Si impossessa della radiografia di una persona e vi si instaura per un viaggio visionario, vivendo un’esperienza di familiarità e di estraneità, che rafforza la motivazione del suo segno. Non manca di interessarsi anche alle molecole organiche, in cui risiede l’informazione genetica. Nel viaggio di Matteo Forli dallo spazio extraterrestre a quello interiore rientrano anche i lavori più recenti, realizzati per la mostra all’Artrè Gallery di Bruna Solinas Arte Contemporanea, Genova, una mostra personale incisiva e rappresentativa di tutto il suo scenario ideativo, compositivo, materico e immaginativo. Documentata dalle immagini e dai testi di questo esauriente catalogo, si articola su sei grandi tele, intitolate Untitled, realizzate a tecnica mista su telaio serigrafico, in alcune delle quali si può cogliere una memoria visiva della forza gestuale dei grovigli di Emilio Scanavino, su cinque opere di Fossili numerati, trattati con sabbia, flatting, spray, smalto nero su tela preparata, su alcuni schizzi anatomici a matita, china, pennarello, su tre lastre radiografiche con interventi in serigrafia, incentrate sul tema della ricerca di Identità, e infine su frame da video, che rinviano alle sue coinvolgenti performance dal vivo. Matteo Forli non ama soltanto le strutture dismesse, i capannoni industriali abbandonati, ma anche le testimonianze di vita, rappresentata da quelle particolari conformazioni geologiche che sono i fossili. L’artista è fortemente attratto dalla forma, dai calchi, dai segni del tempo di questi organismi ormai morti, ma che in passato erano energia e che venendo sepolti, prima di decomporsi, da sedimenti come la sabbia o il fango, trasportati dall'acqua, si sono depositati sul fondo, trasferendosi così, nei secoli, dalla biosfera alla litosfera, dalla vita alla pietra. È questo passaggio ad un’altra modalità di esistenza che lo affascina e lo induce a ripensare, nelle sue opere, i termini di una trasformazione, di una metamorfosi potente e inarrestabile della materia. Sotto gli effetti di questa suggestione, l’artista ricrea pittoricamente la crosta terrestre, le rocce sedimentarie, le superfici laviche e cineree atte ad accogliere le vestigia di presenze scaturite dal suo immaginario. Matteo Forli coniuga una formazione accademica, che lo avvicina, nel segno, al Secessionismo ed all’Azionismo viennese, con un’attitudine performativa multimediale. Il connubio è alquanto originale, perché mentre si avverte uno spessore storico e un talento naturale nel tracciare segni e grafie su grandi superfici, si rileva altrettanto chiaramente la sua scelta di campo nell’azione visiva e sonora. Il suo arsenale di strumenti è costituito da smalto nero, penne, carboncino, flating trasparente, mina quadrata, bombole spray, utilizzate per sfumare e velare l’impronta cruda del pennello. Davanti ad una proiezione video, che include l’artista in azione, il giorno della vernice, lo spettatore percepisce l’opera come il divenire di un essere mutante; nei giorni successivi resterà il monitor o la registrazione video in loop a ripetere l’evento. Anche sull’area della grafica, dell’incisione su plexiglas, l’artista attua un suo sperimentalismo, utilizzando telai serigrafici. Gli interni anatomici, strutturati su sottili grafismi e filamenti capillari, sono trattati come un mondo vegetale, floreale, in cui i fasci muscolari e tendinei hanno le venature, la sensibilità e trasparenza di un petalo, un calice, una corolla. Alcuni dipinti, su tela, forex, metallo, in cui il soggetto, evanescente, emana la luce di un fantasma, rimandano alla radiografia di un corpo, di cui l’artista si impossessa per intervenirvi con passaggi di fluidi, sussulti di terminazioni nervose. Disegnando forme organiche, la sua mano trascrive gli impulsi elettrici della mente, le fibrillazioni del battito cardiaco, le eccitazioni e le inibizioni neuronali del sistema muscolare. Estroflessi gli organi dal corpo, vengono visionariamente immessi in uno spazio alieno, dove tutto potrebbe accadere, producendo tensione nell’opera ed in chi guarda. Dal suo immaginario emergono memorie della storia dell’arte, del sound contemporaneo, di scenari filmici, mentre un’onda emozionale ininterrotta attraversa la sua opera, imprimendole un ritmo paranarrativo. Gli organi elaborati da Matteo Forli sono frammenti di un gigante addormentato che potrebbe svegliarsi improvvisamente, uscendo dallo schermo con andatura da robot.
17
maggio 2013
Matteo Forli – Dissezioni
Dal 17 maggio al 17 giugno 2013
arte contemporanea
Location
ARTREGALLERY
Genova, Vico Dei Garibaldi, 41/43r, (Genova)
Genova, Vico Dei Garibaldi, 41/43r, (Genova)
Orario di apertura
dalle 16.00 alle 19.30, eccetto il Lunedì
Vernissage
17 Maggio 2013, h 18
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