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Matteo Procaccioli – Microcities
Microcities è un atlante aereo, il primo a muoversi come un moderno global trotter, dalla Pianura Padana al Cairo, dalle campagne francesi a Casablanca, dalle regioni desertiche di Iran e Iraq ai campi da golf del centro Italia, da Napoli a Miami, da Shenzhen a Dubai, passando per Roma, Hong Kong e la periferia di Madrid
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Milano, Gennaio 2016: Atmosfere dalle quali essere avvolti e coinvolti per venire
trascinati all’interno dell’immagine e non solo narrazioni e trame da scoprire;
questa è l’anima delle opere di Matteo Procaccioli, artista italiano nato a Jesi nel
1983.
Le sue opere rappresentano una necessità di stacco rispetto al mondo
circostante, una costante ricerca di silenzio interiore, in una sorta di
pacificazione che si traduce nella necessità di esternare la quiete che sempre più
raramente viene vissuta nelle giornate convulse della quotidianità.
In 10 anni di ricerca e lavoro sul tema del paesaggio, urbano e non, Matteo
Procaccioli ha realizzato tre principali lavori: Structures (2012-2014) con cui
fotografando dal basso verso l’alto, ha ritratto l’imponenza architettonica degli
involucri di cemento rispetto all’esiguità dell’uomo, raccontando così il
mutamento delle città; Urban Landscape (2013 – 2014) dedicata agli
agglomerati urbani a 360° e un lavoro con cui l’artista ha allargato la propria
prospettiva e Microcities (2014-2015), oggetto dell’attuale esposizione al Museo
della Permanente a Milano.
“Il lavoro di Matteo Procaccioli – commenta il critico Luca Beatrice – si inserisce
sia nella tradizione di fotografia di paesaggio, sia in una storia più lontana, quella
della fotografia aerea di tardo Ottocento, dal primo scatto del porto di Boston
realizzato da una mongolfiera a un’altitudine di 630 metri, che ha trovato il suo
boom nell’applicazione militare, in particolare durante la Prima Guerra Mondiale.
Nel percorso che unisce tra loro questi lavori, il filo conduttore è il desiderio
dell’artista di cogliere il “tra” ovvero il complesso momento di passaggio fra
tradizione, storia e contemporaneità. Nei suoi lavori l’uomo, assente
fisicamente, è presente soltanto attraverso la testimonianza del suo passaggio
nei vuoti sconfinati dei paesaggi silenziosi che li contraddistinguono.
Microcities, in esposizione presso il Museo della Permanente di Milano dal
5 al 18 febbraio 2016, è il più recente ciclo di lavori di Procaccioli, *un progetto
ambizioso e seriale, che guarda il paesaggio, quello delle città, delle campagne,
delle periferie, da una visione aerea. Nell’epoca dei droni, anni luce dall’exploit di
un Nadar ottocentesco e distante dai banchi ottici agganciati a piccioni viaggiatori
o aquiloni, Procaccioli mostra una prospettiva oramai familiare ma che conserva i
contorni romantici di un viaggio in mongolfiera. Siamo abituati a Google Maps, alle
visioni satellitari e al volo, eppure questi paesaggi dalle sfumature pittoriche, alla
maniera di Mario Giacomelli, presentano forme e segni che si astraggono fino
quasi a far scomparire l’identità di ogni scatto e risultare finzioni, maquette, still-
life costruiti in studio o post prodotti. Microcities è un atlante aereo, il primo a
muoversi come un moderno global trotter, dalla Pianura Padana al Cairo,
dalle campagne francesi a Casablanca, dalle regioni desertiche di Iran e Iraq
ai campi da golf del centro Italia, da Napoli a Miami, da Shenzhen a Dubai,
passando per Roma, Hong Kong e la periferia di Madrid. Non esiste città ideale,
non esiste differenza, non esiste localismo. Il soggetto qui è il silenzio e il vuoto di
micropaesaggi dove il segno dell’uomo svanisce: le case, le architetture, i fiumi, gli
argini o i monti, non c’è natura o urbanizzazione, non c’è tecnologia e progresso. Ci
sono curve, linee, punti, forme geometriche e infinite, ripetizioni di colore, di chiari
e scuri, disegnati su un planisfero indagato in lungo e in largo. Da quella
prospettiva il mondo si fa piccolo, è una raccolta al microscopio del tessuto che il
progresso ha disegnato sulla sua superficie. (*testo di Luca Beatrice)
I suoi lavori nascono da un’elaborazione che coniuga tecniche tradizionali e
innovative. La registrazione del reale è un punto di partenza obbligato per
giungere all’opera finita, frutto di un cammino articolato, in cui l’artista opera
fisicamente sulla matericità dell’immagine. Nelle Microcities ad esempio si
uniscono tra loro i paradigmi propri del mezzo fotografico dell’era 2.0 come il
rapporto naturale vs. artificiale, l’utilizzo delle tecnologie, l’evoluzione del ruolo
di fotografo e la cura dell’immagine visiva
Matteo Procaccioli in un dialogo con la storica d’arte Angela Madesani
commenta così Microcities: “È sicuramente il mio lavoro più completo e anche il
più dedicato. Tornavo dalla Cina in Italia. Saturo di palazzi, di grandi strutture,
frutto del progresso, mi sentivo quasi inquinato, avevo voglia di raccontare
qualcos’altro. Così ho utilizzato la macchina fotografica dal finestrino dell’aereo
come un filtro tra il mio occhio e quanto stava sotto il velivolo. Guardando
attraverso l’ottica, era come se non fossi più lì, ero proiettato in quello che vedevo
fuori. Ho scattato due o tre foto, poi ho smesso e ho iniziato a prendere appunti. I
viaggi in aereo sono come dei sogni. Nei miei ricordi sono ovattati: quando si pensa
a un sogno, a un ricordo i contorni non sono mai nitidi, precisi, è come se sopra ci
fosse un velo. Ho cercato di riprodurre quelle sensazioni, quelle emozioni”.
Gillo Dorfles e Vittorio Sgarbi hanno a loro volta così commentato il lavoro di
Matteo Procaccioli:
“Credo che uno dei meriti di Procaccioli sia appunto quello di saper ritrarre la
realtà nel modo più coerente e figurativamente responsabile ma allo stesso tempo
trasformare queste realtà esistenziali in un tipo di esperienza inventiva e
fantastica, in un certo senso, lontana da quella che è la semplice raffigurazione
fotografica”.
Gillo Dorfles
Le fotografie di Matteo Procaccioli non documentano, non riproducono, non
riflettono né realtà né stati d’animo. Perlustrano luoghi aridi e impraticabili,
rendendoli accostabili soltanto alle vedute a cavaliere consentite da una distanza
che ritaglia porzioni di un mondo più inconoscibile che sconosciuto. Non è il primo
e non è il solo ma è certamente il più distaccato, come se il suo occhio coincidesse
con l’obiettivo che scatta immagini prescindendo dalla volontà dell’uomo.
C’è dunque una umanità delle cose, una emotività della macchina che vede, pensa e
sente per chi la usa prescindendo dalla propria sensibilità.
(…) Le ho guardate e riguardate e benché sia fra gli uomini uno di quelli che ha più
visto, non ho riconosciuto un solo luogo, un solo continente, un solo estuario, una
sola collina. E dove sembra di conoscere, una luce nebbiosa scende sulle cose come
per dissolverle, così Procaccioli si porta dietro il suo segreto con tanta convinzione
da nascondere il mondo anche a se’ stesso.
Vittorio Sgarbi
Sito: www.matteoprocaccioli.com
Ufficio stampa: Elettra Pr Srl
Mail: elettra.zadra@elettrapr.it - mobile: 335 5929854
trascinati all’interno dell’immagine e non solo narrazioni e trame da scoprire;
questa è l’anima delle opere di Matteo Procaccioli, artista italiano nato a Jesi nel
1983.
Le sue opere rappresentano una necessità di stacco rispetto al mondo
circostante, una costante ricerca di silenzio interiore, in una sorta di
pacificazione che si traduce nella necessità di esternare la quiete che sempre più
raramente viene vissuta nelle giornate convulse della quotidianità.
In 10 anni di ricerca e lavoro sul tema del paesaggio, urbano e non, Matteo
Procaccioli ha realizzato tre principali lavori: Structures (2012-2014) con cui
fotografando dal basso verso l’alto, ha ritratto l’imponenza architettonica degli
involucri di cemento rispetto all’esiguità dell’uomo, raccontando così il
mutamento delle città; Urban Landscape (2013 – 2014) dedicata agli
agglomerati urbani a 360° e un lavoro con cui l’artista ha allargato la propria
prospettiva e Microcities (2014-2015), oggetto dell’attuale esposizione al Museo
della Permanente a Milano.
“Il lavoro di Matteo Procaccioli – commenta il critico Luca Beatrice – si inserisce
sia nella tradizione di fotografia di paesaggio, sia in una storia più lontana, quella
della fotografia aerea di tardo Ottocento, dal primo scatto del porto di Boston
realizzato da una mongolfiera a un’altitudine di 630 metri, che ha trovato il suo
boom nell’applicazione militare, in particolare durante la Prima Guerra Mondiale.
Nel percorso che unisce tra loro questi lavori, il filo conduttore è il desiderio
dell’artista di cogliere il “tra” ovvero il complesso momento di passaggio fra
tradizione, storia e contemporaneità. Nei suoi lavori l’uomo, assente
fisicamente, è presente soltanto attraverso la testimonianza del suo passaggio
nei vuoti sconfinati dei paesaggi silenziosi che li contraddistinguono.
Microcities, in esposizione presso il Museo della Permanente di Milano dal
5 al 18 febbraio 2016, è il più recente ciclo di lavori di Procaccioli, *un progetto
ambizioso e seriale, che guarda il paesaggio, quello delle città, delle campagne,
delle periferie, da una visione aerea. Nell’epoca dei droni, anni luce dall’exploit di
un Nadar ottocentesco e distante dai banchi ottici agganciati a piccioni viaggiatori
o aquiloni, Procaccioli mostra una prospettiva oramai familiare ma che conserva i
contorni romantici di un viaggio in mongolfiera. Siamo abituati a Google Maps, alle
visioni satellitari e al volo, eppure questi paesaggi dalle sfumature pittoriche, alla
maniera di Mario Giacomelli, presentano forme e segni che si astraggono fino
quasi a far scomparire l’identità di ogni scatto e risultare finzioni, maquette, still-
life costruiti in studio o post prodotti. Microcities è un atlante aereo, il primo a
muoversi come un moderno global trotter, dalla Pianura Padana al Cairo,
dalle campagne francesi a Casablanca, dalle regioni desertiche di Iran e Iraq
ai campi da golf del centro Italia, da Napoli a Miami, da Shenzhen a Dubai,
passando per Roma, Hong Kong e la periferia di Madrid. Non esiste città ideale,
non esiste differenza, non esiste localismo. Il soggetto qui è il silenzio e il vuoto di
micropaesaggi dove il segno dell’uomo svanisce: le case, le architetture, i fiumi, gli
argini o i monti, non c’è natura o urbanizzazione, non c’è tecnologia e progresso. Ci
sono curve, linee, punti, forme geometriche e infinite, ripetizioni di colore, di chiari
e scuri, disegnati su un planisfero indagato in lungo e in largo. Da quella
prospettiva il mondo si fa piccolo, è una raccolta al microscopio del tessuto che il
progresso ha disegnato sulla sua superficie. (*testo di Luca Beatrice)
I suoi lavori nascono da un’elaborazione che coniuga tecniche tradizionali e
innovative. La registrazione del reale è un punto di partenza obbligato per
giungere all’opera finita, frutto di un cammino articolato, in cui l’artista opera
fisicamente sulla matericità dell’immagine. Nelle Microcities ad esempio si
uniscono tra loro i paradigmi propri del mezzo fotografico dell’era 2.0 come il
rapporto naturale vs. artificiale, l’utilizzo delle tecnologie, l’evoluzione del ruolo
di fotografo e la cura dell’immagine visiva
Matteo Procaccioli in un dialogo con la storica d’arte Angela Madesani
commenta così Microcities: “È sicuramente il mio lavoro più completo e anche il
più dedicato. Tornavo dalla Cina in Italia. Saturo di palazzi, di grandi strutture,
frutto del progresso, mi sentivo quasi inquinato, avevo voglia di raccontare
qualcos’altro. Così ho utilizzato la macchina fotografica dal finestrino dell’aereo
come un filtro tra il mio occhio e quanto stava sotto il velivolo. Guardando
attraverso l’ottica, era come se non fossi più lì, ero proiettato in quello che vedevo
fuori. Ho scattato due o tre foto, poi ho smesso e ho iniziato a prendere appunti. I
viaggi in aereo sono come dei sogni. Nei miei ricordi sono ovattati: quando si pensa
a un sogno, a un ricordo i contorni non sono mai nitidi, precisi, è come se sopra ci
fosse un velo. Ho cercato di riprodurre quelle sensazioni, quelle emozioni”.
Gillo Dorfles e Vittorio Sgarbi hanno a loro volta così commentato il lavoro di
Matteo Procaccioli:
“Credo che uno dei meriti di Procaccioli sia appunto quello di saper ritrarre la
realtà nel modo più coerente e figurativamente responsabile ma allo stesso tempo
trasformare queste realtà esistenziali in un tipo di esperienza inventiva e
fantastica, in un certo senso, lontana da quella che è la semplice raffigurazione
fotografica”.
Gillo Dorfles
Le fotografie di Matteo Procaccioli non documentano, non riproducono, non
riflettono né realtà né stati d’animo. Perlustrano luoghi aridi e impraticabili,
rendendoli accostabili soltanto alle vedute a cavaliere consentite da una distanza
che ritaglia porzioni di un mondo più inconoscibile che sconosciuto. Non è il primo
e non è il solo ma è certamente il più distaccato, come se il suo occhio coincidesse
con l’obiettivo che scatta immagini prescindendo dalla volontà dell’uomo.
C’è dunque una umanità delle cose, una emotività della macchina che vede, pensa e
sente per chi la usa prescindendo dalla propria sensibilità.
(…) Le ho guardate e riguardate e benché sia fra gli uomini uno di quelli che ha più
visto, non ho riconosciuto un solo luogo, un solo continente, un solo estuario, una
sola collina. E dove sembra di conoscere, una luce nebbiosa scende sulle cose come
per dissolverle, così Procaccioli si porta dietro il suo segreto con tanta convinzione
da nascondere il mondo anche a se’ stesso.
Vittorio Sgarbi
Sito: www.matteoprocaccioli.com
Ufficio stampa: Elettra Pr Srl
Mail: elettra.zadra@elettrapr.it - mobile: 335 5929854
04
febbraio 2016
Matteo Procaccioli – Microcities
Dal 04 al 18 febbraio 2016
fotografia
Location
MUSEO DELLA PERMANENTE
Milano, Via Filippo Turati, 34, (Milano)
Milano, Via Filippo Turati, 34, (Milano)
Vernissage
4 Febbraio 2016, Ore 19
Sito web
www.matteoprocaccioli.com
Autore
Curatore