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Matthew Brzostoski – They love it!
Due colori brillanti per background, soggetti semplici guizzati dall’immaginario quotidiano, e semplici armonie di forme e colori
Comunicato stampa
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Menestrelli, trovatori pellegrini e cantori si esprimono da sempre per le strade del mondo, vox peregrina senza fissa dimora. La libertà di espressione è infatti come “possedere” una valigia: uno strano diritto che viaggia sempre con noi e che deve fare i conti con il luogo che lo ospita. Un fragile diritto dunque - collocato - che si può perdere in ogni momento.
Matthew Brzostoski è un artista di strada. Luogo “naturale” di espressione: Madison Avenue, N.Y. E’ arrivato a Roma venerdì scorso: è di passaggio, è in partenza. Troppo poco il tempo per superare in apparenza il jet lag così come il lag culturale e sentirsi a casa “propria”. Non parla la lingua italiana e mantiene i suoi abiti stranieri: jeans larghi, scarpe colorate e un cappellino da baseball. Però è un abitante della strada e prima ancora viaggiatore del mondo: memori i capelli, lunghi e annodati, già guida, nel Nepal, dove si è arrampicato per i sentieri stretti dell’Himalaya e ha attraversato foreste dove, mi dice, l’erba è alta il doppio di te e hai bisogno di un elefante. Anche il volto, malgrado il taglio tutto civile della barba, appare segnato.
Inizia a dipingere nel 1988. Due colori brillanti per background, soggetti semplici guizzati dall’immaginario quotidiano, e semplici armonie di forme e colori. «Einblick ist das was ist» il motto heideggeriano. Se qualcosa lo colpisce ergo potrà colpire anche altri. Questo il suo evidente test. Ed ecco che nei quadri riaffiorano alla memoria le tigri del passato, i maiali del Vermont, il distributore di chewing gum, pesci e zebre, gatti, scintillanti aeroplani, elefanti, fiori sulla tavola, una tazza di caffè presa dalla vetrina di un italian bar.
La scelta di soggetti, e di stile – un pop semplificato e immediatamente comunicativo - sono funzionali all’operazione “they love it!”, tutta folk e segreto del suo successo: 6000 i quadri venduti nei primi 5 anni. Vista l’enorme richiesta deve elaborare tecniche di produzione sempre più efficienti per soddisfare il mercato. «A faster way»: un “modo” che è anche una “strada”.
Un’accelerazione del mercato cui riesce alla fine a rispondere con l’utilizzo di una “tablechart” per classificare le mance, di plastica, della forma di una carta di credito, trovata per caso in un supermarket. Vera e propria Tip[1] mi verrebbe da dire.
Matthew Brzostoski diviene un bambino con una “carta di credito” e la fede nella transazione.
Con questa riesce a realizzare velocemente grandi campiture brillanti, risparmiando una gran quantità di colore, senza far perdere matericità al quadro, quel peso che ne costituisce uno degli elementi di attrattiva. «La tela, che per lui è soltanto merce, depositaria di valore, viene data in cambio dell’oro, che è la sua figura di valore, e questa figura viene data via di nuovo in cambio di un’altra merce …», scrisse un famoso economista barbuto sullo spirito dell’arte commerciale. Intanto (1993) i suoi dipinti vengono utilizzati a mo’ di tessere per un allestimento a mosaico nella vetrina di Fendi sulla 5th avenue.
Da lì a poco è costretto a lasciare la metropoli per girovagare per gli States (Missisippi, Texas, California): sono gli anni della repressione: storia di vendor’s licence e incursioni della polizia. Alcuni pittori di strada di New York iniziano a farsi sistematicamente ad arrestare, e portano alla fine il caso in tribunale. La causa Bery vs. N.Y.C. del 1996 sancisce una prima vittoria dei pittori: la vendita su strada dell’espressione artistica è legittimata dal First Emendement a cui si appellano come diritto costituzionale inalienabile. L’attività viene regolamentata dalla concessione di licenze ad personam, e lo Stato di New York è costretto a pagare diversi milioni di dollari di risarcimento agli artisti ingiustamente perseguitati.
Nel 1999 Brzostoski ritorna quindi downtown a Madison Avenue, la lussuosa strada del Silk Stokings District di New York. Tra i passanti i suoi collezionisti: impiegati, impiegate, casalinghe, mamme e papà, ristoratori e turisti per caso tra cui Sting (quello che cantava lamentoso «I am An englishman in N.Y.») Muriel Hemingway (collezionista di mucche), Valerie Bertinelli, Etro e figlio (a cui sono state dipinte le scarpe anche) e tanti altri. Se il denaro elimina ogni distinzione qualitativa delle merci e livella, l’immagine venduta sulla strada riscatta - al limite - la differenza e l’accesso. E ancora, i Supercollezionisti: come il Principe S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, che di quadri ne ha comprati 60 per regalarli ai suoi regali amici, e che lo ha invitato a un’internazionale esposizione/vendita di beneficenza de luxe tenuta in un tendone da circo sotto la Tour Eiffel. Eppure quando chiedo a Matthew cosa si ricorda di questa prima mostra europea mi racconta di una sensazione allucinata da “pet-artist”, di non essersi sentito a suo agio in quella situazione, soprattutto quando gli invitati iniziarono a mangiare le Veneri di Samotracia fatte di cioccolata che erano state create per la scenografia. Perché Matthew è un artista della strada. E sulla strada la mia amica Alessia Ricciotti, in visita a N.Y, trova una sua opera che riporta a Roma. They love it! ha colpito ancora….
And then he flew to Rome!
Aprile 2005. Brzostoski ed io a spasso per Roma. Per cercare il luogo giusto, dove si sentisse accolto e dove potesse ritrarre qualche cosa che gli balzasse all’occhio. Fugge da Trastevere (troppo romano forse, o troppo anonimo?), e arriviamo a Via della Pace. Nel settore considerato il “triangolo d’oro” della vita notturna romana nota subito delle cose: il giornalaio, la colonna della pace, la fontanella, una barca (una barca?!), i giocatori di scacchi. Solo gli abitanti di questo luogo riconoscono immediatamente questi elementi urbani. Gli chiedo: «ti piace Santa Maria della Pace?». Non l’aveva vista. Mi dice: non sono un artista accademico, non ho mai preso un “ego degree”. E così viene accolto al Bar del Fico che, sabato 16 aprile ospiterà da mezzogiorno al crepuscolo, l’installazione di 40 dipinti distribuiti sulla facciata esterna. Esibizione al limite, come espressione di un volto che guarda e si appella al mondo. E il mondo risponde.
E proprio questa caratteristica dell’arte di Brzostoski: la capacità di rimanere esemplare, esito di un giocare con i piedi per terra e di rispondere, anche vendendo l’opera, al mondo che lo circonda. Espressione dunque di una comunicazione e di una vox estranea che permette al riflesso estetico, (dove sempre e ripetuta brilla speculare la tentazione di un’identità fissile) di sfuggire alla cattura del processo speculativo. Liberazione dunque da un mito di un altrove che non si colloca qui ed ora e tutto riassunto nell’occhio spalancato di Rossella e nel Domani è un altro giorno, motto sgranato di un american way of life che già volge lo sguardo all’orizzonte, in direzione di una conquista interplanetaria. La stessa che edifica monumenti interni al tempo come la statua della libertà che ai miei occhi estranei rimane il primo grande gadget dei diritti umani alienati.
[1] tip = nf dritta (dritta, suggerimento)
tip = nf estremità (estremità)
tip = nf mancia
tip = (guide) nf guida (dritta)
tip = (indication) nf indicazione (suggerimento, dritta)
tip = (advice) nm consiglio
tip = (suggestion) nm suggerimento (suggerimento)
tip = v versare (versare)
tip = (incline) v inclinare (rovesciare, inclinare)
tip = (lean) v sporgere
Matthew Brzostoski è un artista di strada. Luogo “naturale” di espressione: Madison Avenue, N.Y. E’ arrivato a Roma venerdì scorso: è di passaggio, è in partenza. Troppo poco il tempo per superare in apparenza il jet lag così come il lag culturale e sentirsi a casa “propria”. Non parla la lingua italiana e mantiene i suoi abiti stranieri: jeans larghi, scarpe colorate e un cappellino da baseball. Però è un abitante della strada e prima ancora viaggiatore del mondo: memori i capelli, lunghi e annodati, già guida, nel Nepal, dove si è arrampicato per i sentieri stretti dell’Himalaya e ha attraversato foreste dove, mi dice, l’erba è alta il doppio di te e hai bisogno di un elefante. Anche il volto, malgrado il taglio tutto civile della barba, appare segnato.
Inizia a dipingere nel 1988. Due colori brillanti per background, soggetti semplici guizzati dall’immaginario quotidiano, e semplici armonie di forme e colori. «Einblick ist das was ist» il motto heideggeriano. Se qualcosa lo colpisce ergo potrà colpire anche altri. Questo il suo evidente test. Ed ecco che nei quadri riaffiorano alla memoria le tigri del passato, i maiali del Vermont, il distributore di chewing gum, pesci e zebre, gatti, scintillanti aeroplani, elefanti, fiori sulla tavola, una tazza di caffè presa dalla vetrina di un italian bar.
La scelta di soggetti, e di stile – un pop semplificato e immediatamente comunicativo - sono funzionali all’operazione “they love it!”, tutta folk e segreto del suo successo: 6000 i quadri venduti nei primi 5 anni. Vista l’enorme richiesta deve elaborare tecniche di produzione sempre più efficienti per soddisfare il mercato. «A faster way»: un “modo” che è anche una “strada”.
Un’accelerazione del mercato cui riesce alla fine a rispondere con l’utilizzo di una “tablechart” per classificare le mance, di plastica, della forma di una carta di credito, trovata per caso in un supermarket. Vera e propria Tip[1] mi verrebbe da dire.
Matthew Brzostoski diviene un bambino con una “carta di credito” e la fede nella transazione.
Con questa riesce a realizzare velocemente grandi campiture brillanti, risparmiando una gran quantità di colore, senza far perdere matericità al quadro, quel peso che ne costituisce uno degli elementi di attrattiva. «La tela, che per lui è soltanto merce, depositaria di valore, viene data in cambio dell’oro, che è la sua figura di valore, e questa figura viene data via di nuovo in cambio di un’altra merce …», scrisse un famoso economista barbuto sullo spirito dell’arte commerciale. Intanto (1993) i suoi dipinti vengono utilizzati a mo’ di tessere per un allestimento a mosaico nella vetrina di Fendi sulla 5th avenue.
Da lì a poco è costretto a lasciare la metropoli per girovagare per gli States (Missisippi, Texas, California): sono gli anni della repressione: storia di vendor’s licence e incursioni della polizia. Alcuni pittori di strada di New York iniziano a farsi sistematicamente ad arrestare, e portano alla fine il caso in tribunale. La causa Bery vs. N.Y.C. del 1996 sancisce una prima vittoria dei pittori: la vendita su strada dell’espressione artistica è legittimata dal First Emendement a cui si appellano come diritto costituzionale inalienabile. L’attività viene regolamentata dalla concessione di licenze ad personam, e lo Stato di New York è costretto a pagare diversi milioni di dollari di risarcimento agli artisti ingiustamente perseguitati.
Nel 1999 Brzostoski ritorna quindi downtown a Madison Avenue, la lussuosa strada del Silk Stokings District di New York. Tra i passanti i suoi collezionisti: impiegati, impiegate, casalinghe, mamme e papà, ristoratori e turisti per caso tra cui Sting (quello che cantava lamentoso «I am An englishman in N.Y.») Muriel Hemingway (collezionista di mucche), Valerie Bertinelli, Etro e figlio (a cui sono state dipinte le scarpe anche) e tanti altri. Se il denaro elimina ogni distinzione qualitativa delle merci e livella, l’immagine venduta sulla strada riscatta - al limite - la differenza e l’accesso. E ancora, i Supercollezionisti: come il Principe S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, che di quadri ne ha comprati 60 per regalarli ai suoi regali amici, e che lo ha invitato a un’internazionale esposizione/vendita di beneficenza de luxe tenuta in un tendone da circo sotto la Tour Eiffel. Eppure quando chiedo a Matthew cosa si ricorda di questa prima mostra europea mi racconta di una sensazione allucinata da “pet-artist”, di non essersi sentito a suo agio in quella situazione, soprattutto quando gli invitati iniziarono a mangiare le Veneri di Samotracia fatte di cioccolata che erano state create per la scenografia. Perché Matthew è un artista della strada. E sulla strada la mia amica Alessia Ricciotti, in visita a N.Y, trova una sua opera che riporta a Roma. They love it! ha colpito ancora….
And then he flew to Rome!
Aprile 2005. Brzostoski ed io a spasso per Roma. Per cercare il luogo giusto, dove si sentisse accolto e dove potesse ritrarre qualche cosa che gli balzasse all’occhio. Fugge da Trastevere (troppo romano forse, o troppo anonimo?), e arriviamo a Via della Pace. Nel settore considerato il “triangolo d’oro” della vita notturna romana nota subito delle cose: il giornalaio, la colonna della pace, la fontanella, una barca (una barca?!), i giocatori di scacchi. Solo gli abitanti di questo luogo riconoscono immediatamente questi elementi urbani. Gli chiedo: «ti piace Santa Maria della Pace?». Non l’aveva vista. Mi dice: non sono un artista accademico, non ho mai preso un “ego degree”. E così viene accolto al Bar del Fico che, sabato 16 aprile ospiterà da mezzogiorno al crepuscolo, l’installazione di 40 dipinti distribuiti sulla facciata esterna. Esibizione al limite, come espressione di un volto che guarda e si appella al mondo. E il mondo risponde.
E proprio questa caratteristica dell’arte di Brzostoski: la capacità di rimanere esemplare, esito di un giocare con i piedi per terra e di rispondere, anche vendendo l’opera, al mondo che lo circonda. Espressione dunque di una comunicazione e di una vox estranea che permette al riflesso estetico, (dove sempre e ripetuta brilla speculare la tentazione di un’identità fissile) di sfuggire alla cattura del processo speculativo. Liberazione dunque da un mito di un altrove che non si colloca qui ed ora e tutto riassunto nell’occhio spalancato di Rossella e nel Domani è un altro giorno, motto sgranato di un american way of life che già volge lo sguardo all’orizzonte, in direzione di una conquista interplanetaria. La stessa che edifica monumenti interni al tempo come la statua della libertà che ai miei occhi estranei rimane il primo grande gadget dei diritti umani alienati.
[1] tip = nf dritta (dritta, suggerimento)
tip = nf estremità (estremità)
tip = nf mancia
tip = (guide) nf guida (dritta)
tip = (indication) nf indicazione (suggerimento, dritta)
tip = (advice) nm consiglio
tip = (suggestion) nm suggerimento (suggerimento)
tip = v versare (versare)
tip = (incline) v inclinare (rovesciare, inclinare)
tip = (lean) v sporgere
16
aprile 2005
Matthew Brzostoski – They love it!
Dal 16 aprile al 16 maggio 2005
arte contemporanea
Location
BAR DEL FICO
Roma, Piazza Del Fico, 26, (Roma)
Roma, Piazza Del Fico, 26, (Roma)
Orario di apertura
dalle 12 alle 20
Vernissage
16 Aprile 2005, ore 12-20
Ufficio stampa
CALAMARO AGENCY
Autore
Curatore