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Matthew Lauretti – Mirrors
un’esposizione tutta incentrata sulla ricerca: quella che da anni sta portando avanti Matthew Lauretti sulla luce e sui materiali che generano soluzioni cangianti raffinate e immagini in continuo movimento
Comunicato stampa
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Si intitola “Mirrors”, la mostra personale di Matthew Lauretti che inaugura – in concomitanza ai giorni di ArteFiera – il calendario degli appuntamenti del 2007 della Galleria d’Arte 18, lo “spazio delle arti e delle parole” che dal 2004 a Bologna è punto di ritrovo del mondo della cultura e dello spettacolo.
Nel suggestivo interno, cui si accede da via San Felice - una delle strade più creative della città - sabato 27 gennaio inaugura Mirrors, un’esposizione tutta incentrata sulla ricerca: quella che da anni sta portando avanti Matthew Lauretti sulla luce e sui materiali che generano soluzioni cangianti raffinate e immagini in continuo movimento.
Attorno alla pittura di Matthew Lauretti aleggia un mistero. Avvicinarsi ad essa è come entrare in un cerchio magico, dove l’arte recupera il suo ancestrale ruolo sciamanico, per rendere visibile ciò che è invisibile e rivelare spiriti nascosti. Ciò è possibile solo quando il processo creativo si sottrae al vaglio della ragione per affidarsi alle potenti capacità immaginative dell’inconscio, che amplia le facoltà percettive oltre le normali sensazioni e le lascia fluire in un gesto pittorico completamente libero. La pittura diviene così materia incandescente, luce attraverso cui l’uomo oltrepassa la linea d’ombra che lo divide dall’ignoto. Il rapporto con il soggetto rappresentato e con la prassi attraverso cui nasce la rappresentazione, è il medesimo che portò nelle culture arcaiche alla nascita dell’arte, quando ancora non vi vera estetica, bensì estasi.
Il gesto e il colore
Un segno gestuale e ritmico, connotato da vivaci contrasti su gamme cromatiche essenziali, è già presente nelle opere di Lauretti all’inizio del 2000, quando dipinge ampie superfici ispirate ai Territori: in questa serie tutta l’ampiezza è percorsa da tracce, colature, dripping eseguiti su drappi stesi a terra, in un rapporto fisico molto stretto con l’opera. In questa fase egli sperimenta una tecnica densa di riferimenti rituali ispirata ai sandpaintings dei navajo, come già fece l’espressionismo astratto americano degli anni Cinquanta. Evocati da un mondo interiore, compaiono ancora riferimenti naturalistici, campi di grano, rocce, deserti, fioriture, già liberamente interpretati come elementi di una poetica animista, sottolineata dai titoli: “Where is the bird” del 2000, “Earth” del 2001, “Wheat field” del 2003. Sono opere dove l’artista trasfigura dettagli rimasti impressi nella memoria, suggeriti da un’immersione panica nei luoghi che egli predilige, le grandi distese naturali americane e australiane.
Poco dopo inizia la serie delle grandi Teste, simili a totem in una fantasiosa molteplicità, con facce curiose e comunicative, occhi spalancati e deformazioni che ne stravolgono le fisionomie. Qui l’uso del colore si amplia a gamme sature, diventa un’esplosione “fauve”, e il segno si fa ancora più espressionista, determinando una ulteriore maturazione del percorso.
Questa alchimia pittorica, con cui Lauretti riesce a produrre anche effetti tridimensionali, è certamente una delle caratteristiche più interessanti e nuove di questo lavoro, e giunge ad effetti spettacolari in opere come “Ice hot” del 2002, “Hungry”, “Mad almost odd” e “Magic wood” del 2004 e in “The Fable of…” del 2006.
Nel suggestivo interno, cui si accede da via San Felice - una delle strade più creative della città - sabato 27 gennaio inaugura Mirrors, un’esposizione tutta incentrata sulla ricerca: quella che da anni sta portando avanti Matthew Lauretti sulla luce e sui materiali che generano soluzioni cangianti raffinate e immagini in continuo movimento.
Attorno alla pittura di Matthew Lauretti aleggia un mistero. Avvicinarsi ad essa è come entrare in un cerchio magico, dove l’arte recupera il suo ancestrale ruolo sciamanico, per rendere visibile ciò che è invisibile e rivelare spiriti nascosti. Ciò è possibile solo quando il processo creativo si sottrae al vaglio della ragione per affidarsi alle potenti capacità immaginative dell’inconscio, che amplia le facoltà percettive oltre le normali sensazioni e le lascia fluire in un gesto pittorico completamente libero. La pittura diviene così materia incandescente, luce attraverso cui l’uomo oltrepassa la linea d’ombra che lo divide dall’ignoto. Il rapporto con il soggetto rappresentato e con la prassi attraverso cui nasce la rappresentazione, è il medesimo che portò nelle culture arcaiche alla nascita dell’arte, quando ancora non vi vera estetica, bensì estasi.
Il gesto e il colore
Un segno gestuale e ritmico, connotato da vivaci contrasti su gamme cromatiche essenziali, è già presente nelle opere di Lauretti all’inizio del 2000, quando dipinge ampie superfici ispirate ai Territori: in questa serie tutta l’ampiezza è percorsa da tracce, colature, dripping eseguiti su drappi stesi a terra, in un rapporto fisico molto stretto con l’opera. In questa fase egli sperimenta una tecnica densa di riferimenti rituali ispirata ai sandpaintings dei navajo, come già fece l’espressionismo astratto americano degli anni Cinquanta. Evocati da un mondo interiore, compaiono ancora riferimenti naturalistici, campi di grano, rocce, deserti, fioriture, già liberamente interpretati come elementi di una poetica animista, sottolineata dai titoli: “Where is the bird” del 2000, “Earth” del 2001, “Wheat field” del 2003. Sono opere dove l’artista trasfigura dettagli rimasti impressi nella memoria, suggeriti da un’immersione panica nei luoghi che egli predilige, le grandi distese naturali americane e australiane.
Poco dopo inizia la serie delle grandi Teste, simili a totem in una fantasiosa molteplicità, con facce curiose e comunicative, occhi spalancati e deformazioni che ne stravolgono le fisionomie. Qui l’uso del colore si amplia a gamme sature, diventa un’esplosione “fauve”, e il segno si fa ancora più espressionista, determinando una ulteriore maturazione del percorso.
Questa alchimia pittorica, con cui Lauretti riesce a produrre anche effetti tridimensionali, è certamente una delle caratteristiche più interessanti e nuove di questo lavoro, e giunge ad effetti spettacolari in opere come “Ice hot” del 2002, “Hungry”, “Mad almost odd” e “Magic wood” del 2004 e in “The Fable of…” del 2006.
26
gennaio 2007
Matthew Lauretti – Mirrors
Dal 26 gennaio all'otto febbraio 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE 18
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì, dalle 15.30 alle 19.30
Autore
Curatore