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Maura Biava / Dike Blair – Scintillascopy
Progetto Cuccagna è finalizzato all’emersione dal basso e dall’interno del territorio
dell’eccellenza artistica, culturale, artigianale e tecnologica. Esso contribuisce alla
costruzione di una identità culturale del territorio urbano fondata sulla consapevolezza
delle sue nuove complessità
Comunicato stampa
Segnala l'evento
MAURA BIAVA, DIKE BLAIR
SCINTILLASCOPY
a cura di Alessandro De March
Opening 2 Dicembre 2011, h. 18.00
2 Dicembre / 14 Gennaio 2012
PROGETTO CUCCAGNA
via Cuccagna 2/4, ang. via Muratori
20135 Milano
T/F 39 02 54118733
www.cuccagna.org
Nel cuore del centro cittadino, nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta
Romana, si trova una delle più antiche cascine agricole milanesi: la Cascina Cuccagna,
a Milano dal 1695.
Per strapparla dall'abbandono, un consorzio di otto associazioni milanesi ha elaborato
un progetto che vede la sua trasformazione in un nuovo spazio pubblico: "un centro
polifunzionale d'iniziativa e partecipazione territoriale".
Progetto Cuccagna è finalizzato all'emersione dal basso e dall'interno del territorio
dell'eccellenza artistica, culturale, artigianale e tecnologica. Esso contribuisce alla
costruzione di una identità culturale del territorio urbano fondata sulla consapevolezza
delle sue nuove complessità.
Di seguito riportiamo uno stralcio del dialogo tra i due artisti protagonisti del progetto:
Maura Biava e Dike Blair, entrambi presenti all’inaugurazione della mostra.
Maura Biava: Perché dipinge gli occhi delle donne?
Dike Blair: L’occhio è ricco di metafore, in modo particolare se considerato dal punto di
vista dell’arte e del guardare, per cui è naturale che da sempre moltissimi artisti abbiano
scelto di dipingere gli occhi nelle loro opere. Uno degli aspetti più misteriosi e
affascinanti dell’occhio è la sua funzione di “filtro” tra il mondo interiore e quello
esteriore. Un altro soggetto che amo dipingere sono le finestre, la cui funzione è
assimilabile a quella degli occhi. Osservare gli occhi e cercare di penetrarne i segreti è
una delle interazioni più complesse, e a volte piacevoli, che possiamo sperimentare. Il
fatto che i soggetti delle mie opere siano donne ha sicuramente a che fare con il piacere
nella sua accezione erotica.
DB: Mi può descrivere il metodo che usa? So che lei inizia numerosi progetti
sintetizzando una formula matematica e dando ai risultati un nome evocativo e poetico.
Ritengo che il suo metodo si possa descrivere come poesia scientifica o scienza
poetica.
MB: Considero la matematica alla stessa stregua di un linguaggio, un linguaggio in
grado di informare e dare forma, difatti molte formule matematiche possono essere
convertite in rappresentazioni grafiche di tipo geometrico. Queste rappresentazioni
geometriche sono alle volte presenti nella produzione artistica dei secoli passati per
descrivere nozioni o idee universalmente condivise sul mondo. Ad esempio, Dio crea un
www.alessandrodemarch.it
cerchio, con o senza compasso, e quel cerchio rappresenta la terra appena creata.
Ecco perché io posso utilizzare la formula e darle un nome: cerchio = creazione.
Quando abbino due o piu' formule matematiche per creare una nuova forma
tridimensionale, la nuova forma riflette anche la combinazione linguistica. Una delle
opere esposte, ad esempio, si intitola 'In search of sinchronyc creation' 'Alla ricerca
della creazione sincronica ' .
DB: Per la nostra mostra ha portato il cibo in tavola. Ce ne parla?
MB: Si tratta fondamentalmente di pasta. Ho iniziato a guardare la pasta con occhi
diversi quando frequentavamo l’American Academy di Roma. All’Accademia c’erano
numerosi borsisti di origine italiana, le cui famiglie vivevano negli Stati Uniti da
generazioni, eppure loro si consideravano italoamericani, e nutrivano un profondo
legame con la cultura italiana. Sono cresciuti sentendo raccontare le storie del loro
paese di origine e sentono nostalgia dell’Italia, di cui subiscono il fascino. Anche se
negli ultimi 15 anni ho vissuto ad Amsterdam, sono italiana e avevo sempre pensato alla
pasta come ad una sorta di cliché sull’Italia; invece ho compreso che per gli italiani nati
e vissuti all’estero la pasta può avere connotazioni molto personali e profonde, ad
esempio può dare corpo ad una fantasia ed evocare vecchie storie e messaggi
subliminali. Così le forme della pasta si sono trasformate per me da cliché a simboli. Per
la nostra mostra ho voluto “decostruire” le diverse forme di pasta elaborando le formule
matematiche che le generano. Con questo metodo riesco a scoprire i lori nomi reconditi.
DB: In questo caso ha invertito la sua metodologia abituale?
MB: Proprio così. E lei? Lʼesperienza dellʼAccademia che influenza ha sulla sua arte?
DB: Desideravo creare opere che riflettessero la mia esperienza in terra italiana, ma
senza “concepirle”: volevo infatti che nascessero spontaneamente. È stato un processo
molto lungo, ma un giorno, mentre stavo osservando un dettaglio di una fotografia che
avevo scattato al ritratto di Luca Pacioli dipinto da Jacopo de Barbari, conservato a
Napoli nel Museo di Capodimonte, ho capito che buona parte del tempo trascorso a
Roma senza creare lo avevo passato ammirando gli antichi capolavori artistici e quindi
perché non mettere a frutto tutto questo? Ho compreso inoltre che cosa rappresenta per
l’identità italiana questo patrimonio artistico, come sia integrato nel DNA della nazione, a
prescindere dal grado di consapevolezza degli italiani di oggi. Nel dipinto erano
rappresentati vetro, riflessi e finestre, tutti soggetti che amo dipingere. Per la nostra
mostra ho preparato un dettaglio di una Santa Lucia del Guercino conservata a Villa
Aurora a Roma. Inutile dire che adoro gli occhi della santa nella fondina.
MB: Ritengo che quell’opera sia fondamentale nella nostra mostra perché affronta
apertamente il concetto di visione. Anche se l’immagine che ha ispirato il suo lavoro
risale all’inizio del diciassettesimo secolo e costituisce un classico esempio di
iconografia tradizionale, sembra un’opera quasi surrealistica. Le mie opere spingono
spesso chi le osserva a riconsiderare la loro percezione della realtà, così come le sue
del resto. Ho risposto alla sua Santa Lucia con opere che raffigurano piatti e occhi,
spero che le piaceranno.
www.alessandrodemarch.it
SCINTILLASCOPY
a cura di Alessandro De March
Opening 2 Dicembre 2011, h. 18.00
2 Dicembre / 14 Gennaio 2012
PROGETTO CUCCAGNA
via Cuccagna 2/4, ang. via Muratori
20135 Milano
T/F 39 02 54118733
www.cuccagna.org
Nel cuore del centro cittadino, nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta
Romana, si trova una delle più antiche cascine agricole milanesi: la Cascina Cuccagna,
a Milano dal 1695.
Per strapparla dall'abbandono, un consorzio di otto associazioni milanesi ha elaborato
un progetto che vede la sua trasformazione in un nuovo spazio pubblico: "un centro
polifunzionale d'iniziativa e partecipazione territoriale".
Progetto Cuccagna è finalizzato all'emersione dal basso e dall'interno del territorio
dell'eccellenza artistica, culturale, artigianale e tecnologica. Esso contribuisce alla
costruzione di una identità culturale del territorio urbano fondata sulla consapevolezza
delle sue nuove complessità.
Di seguito riportiamo uno stralcio del dialogo tra i due artisti protagonisti del progetto:
Maura Biava e Dike Blair, entrambi presenti all’inaugurazione della mostra.
Maura Biava: Perché dipinge gli occhi delle donne?
Dike Blair: L’occhio è ricco di metafore, in modo particolare se considerato dal punto di
vista dell’arte e del guardare, per cui è naturale che da sempre moltissimi artisti abbiano
scelto di dipingere gli occhi nelle loro opere. Uno degli aspetti più misteriosi e
affascinanti dell’occhio è la sua funzione di “filtro” tra il mondo interiore e quello
esteriore. Un altro soggetto che amo dipingere sono le finestre, la cui funzione è
assimilabile a quella degli occhi. Osservare gli occhi e cercare di penetrarne i segreti è
una delle interazioni più complesse, e a volte piacevoli, che possiamo sperimentare. Il
fatto che i soggetti delle mie opere siano donne ha sicuramente a che fare con il piacere
nella sua accezione erotica.
DB: Mi può descrivere il metodo che usa? So che lei inizia numerosi progetti
sintetizzando una formula matematica e dando ai risultati un nome evocativo e poetico.
Ritengo che il suo metodo si possa descrivere come poesia scientifica o scienza
poetica.
MB: Considero la matematica alla stessa stregua di un linguaggio, un linguaggio in
grado di informare e dare forma, difatti molte formule matematiche possono essere
convertite in rappresentazioni grafiche di tipo geometrico. Queste rappresentazioni
geometriche sono alle volte presenti nella produzione artistica dei secoli passati per
descrivere nozioni o idee universalmente condivise sul mondo. Ad esempio, Dio crea un
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cerchio, con o senza compasso, e quel cerchio rappresenta la terra appena creata.
Ecco perché io posso utilizzare la formula e darle un nome: cerchio = creazione.
Quando abbino due o piu' formule matematiche per creare una nuova forma
tridimensionale, la nuova forma riflette anche la combinazione linguistica. Una delle
opere esposte, ad esempio, si intitola 'In search of sinchronyc creation' 'Alla ricerca
della creazione sincronica ' .
DB: Per la nostra mostra ha portato il cibo in tavola. Ce ne parla?
MB: Si tratta fondamentalmente di pasta. Ho iniziato a guardare la pasta con occhi
diversi quando frequentavamo l’American Academy di Roma. All’Accademia c’erano
numerosi borsisti di origine italiana, le cui famiglie vivevano negli Stati Uniti da
generazioni, eppure loro si consideravano italoamericani, e nutrivano un profondo
legame con la cultura italiana. Sono cresciuti sentendo raccontare le storie del loro
paese di origine e sentono nostalgia dell’Italia, di cui subiscono il fascino. Anche se
negli ultimi 15 anni ho vissuto ad Amsterdam, sono italiana e avevo sempre pensato alla
pasta come ad una sorta di cliché sull’Italia; invece ho compreso che per gli italiani nati
e vissuti all’estero la pasta può avere connotazioni molto personali e profonde, ad
esempio può dare corpo ad una fantasia ed evocare vecchie storie e messaggi
subliminali. Così le forme della pasta si sono trasformate per me da cliché a simboli. Per
la nostra mostra ho voluto “decostruire” le diverse forme di pasta elaborando le formule
matematiche che le generano. Con questo metodo riesco a scoprire i lori nomi reconditi.
DB: In questo caso ha invertito la sua metodologia abituale?
MB: Proprio così. E lei? Lʼesperienza dellʼAccademia che influenza ha sulla sua arte?
DB: Desideravo creare opere che riflettessero la mia esperienza in terra italiana, ma
senza “concepirle”: volevo infatti che nascessero spontaneamente. È stato un processo
molto lungo, ma un giorno, mentre stavo osservando un dettaglio di una fotografia che
avevo scattato al ritratto di Luca Pacioli dipinto da Jacopo de Barbari, conservato a
Napoli nel Museo di Capodimonte, ho capito che buona parte del tempo trascorso a
Roma senza creare lo avevo passato ammirando gli antichi capolavori artistici e quindi
perché non mettere a frutto tutto questo? Ho compreso inoltre che cosa rappresenta per
l’identità italiana questo patrimonio artistico, come sia integrato nel DNA della nazione, a
prescindere dal grado di consapevolezza degli italiani di oggi. Nel dipinto erano
rappresentati vetro, riflessi e finestre, tutti soggetti che amo dipingere. Per la nostra
mostra ho preparato un dettaglio di una Santa Lucia del Guercino conservata a Villa
Aurora a Roma. Inutile dire che adoro gli occhi della santa nella fondina.
MB: Ritengo che quell’opera sia fondamentale nella nostra mostra perché affronta
apertamente il concetto di visione. Anche se l’immagine che ha ispirato il suo lavoro
risale all’inizio del diciassettesimo secolo e costituisce un classico esempio di
iconografia tradizionale, sembra un’opera quasi surrealistica. Le mie opere spingono
spesso chi le osserva a riconsiderare la loro percezione della realtà, così come le sue
del resto. Ho risposto alla sua Santa Lucia con opere che raffigurano piatti e occhi,
spero che le piaceranno.
www.alessandrodemarch.it
02
dicembre 2011
Maura Biava / Dike Blair – Scintillascopy
Dal 02 dicembre 2011 al 14 gennaio 2012
arte contemporanea
Location
CASCINA CUCCAGNA
Milano, Via Cuccagna, 2/4, (Milano)
Milano, Via Cuccagna, 2/4, (Milano)
Vernissage
2 Dicembre 2011, ore 18
Sito web
www.alessandrodemarch.it
Autore
Curatore