Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Maurizio Bonora – Epifanie. Sculture e disegni
La rassegna dedicata a Don Franco Patruno propone un ciclo di sculture e disegni inediti di Maurizio Bonora che hanno per tema l’Epifania.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
I Magi evangelici, primizia delle genti.
di Marco Bertozzi
Anni fa, ospite di una Università tedesca, mi capitò di essere interrogato da un collega sul numero dei re Magi. Ammesso che siano re (ricordo di aver risposto) e non sacerdoti di Zoroastro, in attesa di un Salvatore, e sapienti astrologi, i Magi erano quattro… Pensavo, come è ovvio, al celebre romanzo di Dumas, I tre moschettieri, dove il giovane d’Artagnan aveva ridato senso alla disordinata vita dei suoi più anziani spadaccini. Scopo e ragione dei tre Magi stavano nel quarto, cioè nel neonato re, il più grande di tutti.
La scarna narrazione del testo di Matteo, l’unico dei Vangeli a parlarne, aveva lasciato ampie lacune, che erano state poi colmate da una vasta letteratura. Nuove informazioni e varie interpretazioni si erano così aggiunte nei secoli, dai Vangeli apocrifi a diversi commenti ed esegesi dei padri della chiesa, fino alla Leggenda aurea di Jacopo da Varazze e alla Storia dei tre re di Giovanni da Hildesheim, morto nel 1375.
Il testo attribuito al venerabile Beda (VII secolo d.C.) aveva precisato i nomi e la successione dei Magi nel cerimoniale di prostrazione davanti al neonato re (Melchior, Caspar, Balthasar), l’età (vecchiaia, gioventù, maturità), l’incarnato del terzo (che da fuscus diventerà poi niger), l’abbigliamento e i calzari, il significato dei doni (l’oro indicava regalità, l’incenso la natura divina e la mirra quella umana), nonché il luogo di provenienza dei tre saggi dal favoloso Oriente (l’Assiria).
La domanda sul numero dei Magi mi aveva fatto ricordare anche quanto ne aveva detto Marco Polo, che asseriva di averne visto le tombe in una zona tra Iran e Afghanistan. I tre, secondo la leggenda raccolta in loco dal viaggiatore veneziano, si presentarono separatamente al neonato re, che apparve a ciascuno della sua età (giovane, maturo, vecchio). Ma, quando poi andarono tutti insieme, egli si mostrò per quello che era, cioè un fanciullo di tredici giorni. Mancava, dunque, la quarta età, quella dell’origine, cioè l’infanzia…
Quanto alla stella, che viene designata nel Vangelo di Matteo proprio con questo termine, possiamo dire che ci sono state, nel tempo, diverse interpretazioni. Pensiamo alla famosa cometa, raffigurata da Giotto (che aveva visto, nel 1301, quella di Halley) nella cappella degli Scrovegni a Padova, oppure ad una eventuale grande congiunzione tra Giove e Saturno (che sembra sia avvenuta tre volte nel 7 a.C.), come riteneva il grande Keplero.
Sappiamo però che l’apparizione di una cometa, per la cultura astrologica dei tre Magi venuti dal favoloso Oriente, rappresentava semmai un cattivo segno, cioè l’annuncio di un pericoloso disordine cosmico, non dunque la nascita dell’atteso Salvatore. Inoltre, una teoria sui mutamenti e il succedersi delle religioni, scanditi da grandi congiunzioni astrali, era ancora prematura. Tali dottrine (di origine iranica, ma posteriori alla nascita di Gesù) saranno poi trasmesse all’Occidente cristiano dalla cultura araba.
Difficile attribuire alla stella (segno causato dalla nascita del divino re, e non il contrario, come sosteneva anche Marsilio Ficino nel De stella magorum) un significato matematico-astronomico. Il suo senso sembra piuttosto quello di una “sospensione della norma”, di una miracolosa apparizione, che aveva il compito di orientare (e deviare anche, nell’incontro con Erode) il pellegrinaggio dei Magi: un fulgido angelo posto a guida del cammino verso il mistero di un bambinello che era, al contempo, re, dio e uomo.
Come si può capire, la storia dei Magi è lunga, affascinante e simbolicamente significativa. Non posso fare a meno di pensare che, oggi, novelli Magi avrebbero incontrato, sulla loro strada, i luciferini bagliori della guerra, tra genti che chiedono disperatamente di poter vivere in pace, ciascuno sulla propria terra.
scritto per don Franco Patruno, in memoriam.
--------------------------------------------------------------------------------
Agli orologi del tempo è sempre Natale.
di Gianni Cerioli
Eppure stupisce ogni volta che la festa ritorna, accolta da luci che isteriche occhieggiano nelle nebbie della pianura, trovare il vuoto dietro lustrini e consumi. Una sorta di gioco dei bilanciamenti si produce tra le buone intenzioni e le ritualità formali. È il desiderio di un giusto equilibrio, che richiede che ogni affetto sia reso senza mai forzare la mano.
A don Franco in questa Epifania del 2009 gli amici portano i doni che più sono cari. Maurizio Bonora e Marco Bertozzi dicono con le parole e le immagini di Re Magi, di doni, della Madre e un Bambino.
“Mauro” da tempo lavora e colloquia con sollecitazioni e voci che vengono da molto lontano. Lo fa con il tocco insuperabile che lo contraddistingue. Richiede alla materia di esprimersi senza diventare mai troppo pesante. Con le mani manipola terra e il cemento e tutto quanto può diventare plastico sotto le dita. Con un’immediatezza sorprendente narra per piccoli tocchi che mantengono la forza della spontaneità iniziale. La freschezza del modellato corteggia le forme, l’approccio espressivo coinvolge lo spettatore, lo colloca all’interno di un’azione teatrale in cui si valorizzano registri alti e tensioni nuove nella ricerca delle radici della vita dell’uomo. Torna così a interessare l’arte, gli artisti, gli spettatori quel punto di vista figurativo che è stato per molti versi, a torto o a ragione, espropriato dalla pratica dell’arte. Ogni elemento della rappresentazione riconduce a movimenti essenziali senza disperdersi in digressioni gratuite. Seguendo le immagini, gli archetipi tornano nel contemporaneo con forza inaudita. Solo riappropriandosi del peso della tradizione e riconducendo all’arte “figurativa” anche il più piccolo tassello che l’artista produce, ogni cosa torna a colloquiare con altre voci presenti e passate.
La grafite allora traccia, contorna, delimita, compone. Sul foglio bianco compaiono segni che danno ragione di altri segni e altri sensi. L’intensità che Maurizio Bonora realizza sul supporto permette di “andare alla narrazione” senza retorica e finzioni. Del tutto convinto, com’è, che l’immagine possa sostenersi da sola per la sua conformazione interna, per la sua essenzialità, per la sua poesia, per il suo lungo passato che dietro si porta.
Anche la scultura ha una sua levitas se, decantato ogni aspetto teorico, può fermare gli elementi che significano qualcosa per l’artista. La terracotta diventa colore. Senza mai fare perdere la tensione del tema., diventa colore il cemento. Aggetti e rientranze segnano un ritmo in accordo con i rialzi cromatici che all’interno della composizione compaiono. È da tempo che il nostro artista gioca nel campo della scultura la sfida di tenere uno stesso contenitore. Questi spazi sono la magistrale messa in scena dell’evento. Anche nell’arte si producono, infatti, delle rivelazioni improvvise. La nicchia accoglie e si apre di volta in volta ad ambientazioni completamente diverse. Qui la figura della Madre e del Bambino si complica con la presenza di altre figure. Sono i tre re magi che presentano al nato bambino i doni a questo effetto portati In quelle nicchie Bonora ha racchiuso la vita del Cristo, ma ancor più il senso della figura della Madre. I doni che vengono offerti parlano dell’azione di disvelamento, di manifestazione, di apparizione della divinità. Eppure Maurizio accorda da tempo ogni attenzione a quella <> che viene immolata. In questo consiste il dono segreto con cui il Bambino ricambia i doni dei Magi. Il suo contro dono è la Salvezza dell’umanità tutta intera. Solo per questo agli orologi del tempo è sempre Natale.
di Marco Bertozzi
Anni fa, ospite di una Università tedesca, mi capitò di essere interrogato da un collega sul numero dei re Magi. Ammesso che siano re (ricordo di aver risposto) e non sacerdoti di Zoroastro, in attesa di un Salvatore, e sapienti astrologi, i Magi erano quattro… Pensavo, come è ovvio, al celebre romanzo di Dumas, I tre moschettieri, dove il giovane d’Artagnan aveva ridato senso alla disordinata vita dei suoi più anziani spadaccini. Scopo e ragione dei tre Magi stavano nel quarto, cioè nel neonato re, il più grande di tutti.
La scarna narrazione del testo di Matteo, l’unico dei Vangeli a parlarne, aveva lasciato ampie lacune, che erano state poi colmate da una vasta letteratura. Nuove informazioni e varie interpretazioni si erano così aggiunte nei secoli, dai Vangeli apocrifi a diversi commenti ed esegesi dei padri della chiesa, fino alla Leggenda aurea di Jacopo da Varazze e alla Storia dei tre re di Giovanni da Hildesheim, morto nel 1375.
Il testo attribuito al venerabile Beda (VII secolo d.C.) aveva precisato i nomi e la successione dei Magi nel cerimoniale di prostrazione davanti al neonato re (Melchior, Caspar, Balthasar), l’età (vecchiaia, gioventù, maturità), l’incarnato del terzo (che da fuscus diventerà poi niger), l’abbigliamento e i calzari, il significato dei doni (l’oro indicava regalità, l’incenso la natura divina e la mirra quella umana), nonché il luogo di provenienza dei tre saggi dal favoloso Oriente (l’Assiria).
La domanda sul numero dei Magi mi aveva fatto ricordare anche quanto ne aveva detto Marco Polo, che asseriva di averne visto le tombe in una zona tra Iran e Afghanistan. I tre, secondo la leggenda raccolta in loco dal viaggiatore veneziano, si presentarono separatamente al neonato re, che apparve a ciascuno della sua età (giovane, maturo, vecchio). Ma, quando poi andarono tutti insieme, egli si mostrò per quello che era, cioè un fanciullo di tredici giorni. Mancava, dunque, la quarta età, quella dell’origine, cioè l’infanzia…
Quanto alla stella, che viene designata nel Vangelo di Matteo proprio con questo termine, possiamo dire che ci sono state, nel tempo, diverse interpretazioni. Pensiamo alla famosa cometa, raffigurata da Giotto (che aveva visto, nel 1301, quella di Halley) nella cappella degli Scrovegni a Padova, oppure ad una eventuale grande congiunzione tra Giove e Saturno (che sembra sia avvenuta tre volte nel 7 a.C.), come riteneva il grande Keplero.
Sappiamo però che l’apparizione di una cometa, per la cultura astrologica dei tre Magi venuti dal favoloso Oriente, rappresentava semmai un cattivo segno, cioè l’annuncio di un pericoloso disordine cosmico, non dunque la nascita dell’atteso Salvatore. Inoltre, una teoria sui mutamenti e il succedersi delle religioni, scanditi da grandi congiunzioni astrali, era ancora prematura. Tali dottrine (di origine iranica, ma posteriori alla nascita di Gesù) saranno poi trasmesse all’Occidente cristiano dalla cultura araba.
Difficile attribuire alla stella (segno causato dalla nascita del divino re, e non il contrario, come sosteneva anche Marsilio Ficino nel De stella magorum) un significato matematico-astronomico. Il suo senso sembra piuttosto quello di una “sospensione della norma”, di una miracolosa apparizione, che aveva il compito di orientare (e deviare anche, nell’incontro con Erode) il pellegrinaggio dei Magi: un fulgido angelo posto a guida del cammino verso il mistero di un bambinello che era, al contempo, re, dio e uomo.
Come si può capire, la storia dei Magi è lunga, affascinante e simbolicamente significativa. Non posso fare a meno di pensare che, oggi, novelli Magi avrebbero incontrato, sulla loro strada, i luciferini bagliori della guerra, tra genti che chiedono disperatamente di poter vivere in pace, ciascuno sulla propria terra.
scritto per don Franco Patruno, in memoriam.
--------------------------------------------------------------------------------
Agli orologi del tempo è sempre Natale.
di Gianni Cerioli
Eppure stupisce ogni volta che la festa ritorna, accolta da luci che isteriche occhieggiano nelle nebbie della pianura, trovare il vuoto dietro lustrini e consumi. Una sorta di gioco dei bilanciamenti si produce tra le buone intenzioni e le ritualità formali. È il desiderio di un giusto equilibrio, che richiede che ogni affetto sia reso senza mai forzare la mano.
A don Franco in questa Epifania del 2009 gli amici portano i doni che più sono cari. Maurizio Bonora e Marco Bertozzi dicono con le parole e le immagini di Re Magi, di doni, della Madre e un Bambino.
“Mauro” da tempo lavora e colloquia con sollecitazioni e voci che vengono da molto lontano. Lo fa con il tocco insuperabile che lo contraddistingue. Richiede alla materia di esprimersi senza diventare mai troppo pesante. Con le mani manipola terra e il cemento e tutto quanto può diventare plastico sotto le dita. Con un’immediatezza sorprendente narra per piccoli tocchi che mantengono la forza della spontaneità iniziale. La freschezza del modellato corteggia le forme, l’approccio espressivo coinvolge lo spettatore, lo colloca all’interno di un’azione teatrale in cui si valorizzano registri alti e tensioni nuove nella ricerca delle radici della vita dell’uomo. Torna così a interessare l’arte, gli artisti, gli spettatori quel punto di vista figurativo che è stato per molti versi, a torto o a ragione, espropriato dalla pratica dell’arte. Ogni elemento della rappresentazione riconduce a movimenti essenziali senza disperdersi in digressioni gratuite. Seguendo le immagini, gli archetipi tornano nel contemporaneo con forza inaudita. Solo riappropriandosi del peso della tradizione e riconducendo all’arte “figurativa” anche il più piccolo tassello che l’artista produce, ogni cosa torna a colloquiare con altre voci presenti e passate.
La grafite allora traccia, contorna, delimita, compone. Sul foglio bianco compaiono segni che danno ragione di altri segni e altri sensi. L’intensità che Maurizio Bonora realizza sul supporto permette di “andare alla narrazione” senza retorica e finzioni. Del tutto convinto, com’è, che l’immagine possa sostenersi da sola per la sua conformazione interna, per la sua essenzialità, per la sua poesia, per il suo lungo passato che dietro si porta.
Anche la scultura ha una sua levitas se, decantato ogni aspetto teorico, può fermare gli elementi che significano qualcosa per l’artista. La terracotta diventa colore. Senza mai fare perdere la tensione del tema., diventa colore il cemento. Aggetti e rientranze segnano un ritmo in accordo con i rialzi cromatici che all’interno della composizione compaiono. È da tempo che il nostro artista gioca nel campo della scultura la sfida di tenere uno stesso contenitore. Questi spazi sono la magistrale messa in scena dell’evento. Anche nell’arte si producono, infatti, delle rivelazioni improvvise. La nicchia accoglie e si apre di volta in volta ad ambientazioni completamente diverse. Qui la figura della Madre e del Bambino si complica con la presenza di altre figure. Sono i tre re magi che presentano al nato bambino i doni a questo effetto portati In quelle nicchie Bonora ha racchiuso la vita del Cristo, ma ancor più il senso della figura della Madre. I doni che vengono offerti parlano dell’azione di disvelamento, di manifestazione, di apparizione della divinità. Eppure Maurizio accorda da tempo ogni attenzione a quella <
23
dicembre 2009
Maurizio Bonora – Epifanie. Sculture e disegni
Dal 23 dicembre 2009 al 28 febbraio 2010
arte contemporanea
Location
CASTELLO DELLA ROCCA
Cento, Piazzale Della Rocca, (Ferrara)
Cento, Piazzale Della Rocca, (Ferrara)
Orario di apertura
sabato, domenica e festivi, ore 10.00 - 13.00 e 15.00 - 18.30
Vernissage
23 Dicembre 2009, ore 17.00
Autore
Curatore